Parole nuove

Metaverso: un universo metalinguistico

  • Lucia Francalanci
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2022.17719

Licenza CC BY-NC-ND

Copyright: © 2022 Accademia della Crusca


Il 28 ottobre 2021, durante la conferenza Connect 2021, Mark Zuckerberg, fondatore e amministratore delegato del gruppo Facebook, ha annunciato che l’azienda avrebbe cambiato nome in Meta, appellativo che fa riferimento al termine metaverse ‘metaverso’, che lo stesso Zuckerberg ha poi introdotto nel corso del suo intervento (che può essere ascoltato qui):

Siamo un’azienda che costruisce tecnologie per connettere le persone. Insieme possiamo finalmente mettere le persone al centro della nostra tecnologia. E insieme, possiamo sbloccare un’economia creativa molto più grande. Per riflettere su chi siamo e cosa speriamo di realizzare. Ora come ora, il nostro marchio è strettamente legato a un singolo prodotto, ma spero che col tempo saremo visti come un’azienda del metaverso [“We are a company that builds technologies to connect people. Together we can finally put people at the heart of our technology. And together, we can unlock a much larger creative economy. To reflect on who we are and what we hope to achieve. Right now, our brand is closely tied to a single product, but over time I hope we will be seen as a metaverse company“, trad. mia].

“Il metaverso è la prossima evoluzione della connessione sociale […]”, si legge sul nuovo sito del colosso tecnologico. “La visione della nostra azienda è quella di aiutare a dare vita al metaverso, quindi stiamo cambiando il nostro nome per riflettere il nostro impegno per questo futuro”.

Dopo l’intervento, in molti hanno pensato che il termine metaverse fosse stato coniato da Zuckerberg in tale occasione e allo scopo di rinnovare l’immagine della propria azienda, ma in realtà è stato lo scrittore statunitense Neal Stephenson a usare per la prima volta il sostantivo nel 1992 nel suo romanzo Snow Crash, appartenente al genere cyberpunk, corrente letteraria di ambito fantascientifico nata negli Stati Uniti negli anni Ottanta del secolo scorso, i cui protagonisti sono “eroi solitari e spesso emarginati che si battono contro una società postindustriale con le armi dell’informatica” (GRADIT). Molti sostengono che l’opera di Stephenson appartenga invece al sotto genere postcyberpunk.

Il romanzo di Stephenson, ambientato in America più o meno ai nostri giorni, descrive un mondo governato dalle megacorporazioni (termine proprio della fantascienza e del cyberpunk, con cui si intendono grosso modo le multinazionali), in cui l’economia capitalista è fuori controllo e lo stato è ormai esautorato. Parallelamente al mondo reale, che lascia poco spazio alla speranza e alla libertà individuale, si sviluppa il Metaverso, una sorta di realtà virtuale in cui ciascuno può muoversi e interagire attraverso l’utilizzo di avatar (alter ego digitali) personalizzati. Nel romanzo inglese il sostantivo è sempre usato con la lettera maiuscola: si tratta quindi di un toponimo, in questo caso del nome proprio di un determinato luogo virtuale. La maiuscola viene mantenuta anche nella traduzione italiana.

Il Metaverso di Stephenson è dunque concepito come un nuovo mondo virtuale, una realtà virtuale tridimensionale che si integra e si sovrappone a quella fisica. Viene da chiedersi se l’idea del Metaverso sia nata come una versione futuristica di Internet, ma si deve considerare che all’epoca dell’uscita del romanzo (1992) il web era ancora agli inizi: la rete sperimentale ARPAnet, infatti, era nata nel 1969, ma il World Wide Web viene introdotto ufficialmente nel 1991 e si deve attendere il 1993 per il lancio del primo browser.

Trent’anni dopo, il metaverso, che nel frattempo era rimasto circoscritto a un settore di nicchia, viene trasformato da Zuckerberg in un concetto alla portata di tutti. O quasi. Perché, sebbene si tratti di qualcosa di diverso dal mondo immaginato da Stephenson, non è ben chiaro che cosa sia effettivamente e come possa essere definito. Nel contempo il termine ha subito il passaggio da toponimo a nome comune, con riferimento a una generica realtà virtuale: questa doppia possibilità – per cui è possibile trovare il sostantivo scritto sia con la lettera maiuscola, sia con la minuscola - contribuisce ad alimentare la confusione creata intorno all’idea di metaverso.

Per tentare di chiarire il concetto, senza però avere alcuna pretesa di esaustività, possiamo partire dalla definizione proposta sul sito web di Meta: «Il “metaverso” è un insieme di ambienti virtuali in cui puoi creare ed esplorare con altre persone che non si trovano nel tuo stesso luogo fisico. Potrai uscire con gli amici, lavorare, giocare, imparare, fare acquisti, creare e altro ancora» (The “metaverse” is a set of virtual spaces where you can create and explore with other people who aren’t in the same physical space as you. You’ll be able to hang out with friends, work, play, learn, shop, create and more, trad. mia).

Il metaverso immaginato da Zuckerberg non è però “il metaverso”: non esiste infatti un metaverso sviluppato da una singola azienda tecnologica (come può essere quello di Meta, di Microsoft, di Google, di Epic Games, ecc.) ma esiste – anzi esisteranno – tutta una serie di ambienti virtuali che potranno interagire tra loro.

Una definizione più esauriente sembra quella proposta da Matthew Ball, investitore statunitense e autore della raccolta di saggi The Metaverse Primer: “Il Metaverso è una rete interoperabile su larga scala di mondi virtuali 3D in tempo reale che possono essere vissuti in modo sincrono e persistente da un numero illimitato di utenti, con il proprio senso di presenza fisica e con continuità di dati, come identità, storia, diritti, oggetti, comunicazioni e pagamenti” (“The Metaverse is a massively scaled and interoperable network of real-time rendered 3D virtual worlds which can be experienced synchronously and persistently by an effectively unlimited number of users with an individual sense of presence, and with continuity of data, such as identity, history, entitlements, objects, communications, and payments”, trad. mia).

Dunque, il metaverso è un insieme di spazi virtuali in cui le persone possono interagire tra loro in modo reale nella veste di avatar. Il metaverso non è però una realtà virtuale, come spesso viene rappresentato. La realtà virtuale (virtual reality o VR) è uno dei modi di accedere al metaverso (tramite piattaforme software e dispositivi hardware, come i visori VR), ma sarà possibile “vivere il metaverso” anche tramite la realtà aumentata (augmented reality o AR) e la realtà mista (mixed reality o MR). Per chiarire i concetti, potremmo dire che la realtà virtuale è una simulazione digitale del mondo reale; nella realtà aumentata elementi virtuali si sovrappongono al mondo reale; la realtà mista, invece, è una fusione tra mondo fisico e realtà virtuale.

Talvolta il concetto di metaverso è erroneamente associato anche a quello di multiverso, che indica invece un “insieme di universi coesistenti previsto da alcune teorie cosmologiche e fisiche” (Lessico del XXI Secolo, 2013, Treccani); tali universi sono chiamati anche universi paralleli o universi alternativi o universi multipli.

Il metaverso è persistente, cioè è un’esperienza continua, che non ha interruzioni; è sincrono, ovvero può essere vissuto da tutti simultaneamente e in tempo reale. Non esiste alcun limite al numero di utenti che potranno essere presenti contemporaneamente.

Potenzialmente, cosa sarà possibile fare nel metaverso? Si potrà lavorare, in stanze virtuali e con i nostri avatar; uscire con gli amici, giocare, andare in palestra, partecipare ad eventi, visitare mostre e, perché no, anche sposarsi. Sarà possibile fare acquisti di oggetti digitali in negozi virtuali di marchi reali. Un’altra delle caratteristiche del metaverso descritta da Bell è l’interoperabilità, ovvero la possibilità di interazione tra i vari mondi virtuali: ad esempio, un oggetto digitale (o un indumento, un paio di scarpe, un’auto, ecc.) acquistato per il proprio avatar potrà essere utilizzato in tutti i diversi ambienti virtuali del metaverso.

Il metaverso avrà un’economia perfettamente funzionante (si potrà comprare, vendere, investire, guadagnare), che si baserà sulle criptovalute, sui token non fungibili (non-fungible token, NFT) e sulla tecnologia blockchain (dalla sezione Neologismi 2018 di Treccani: “tecnologia basata su una catena di blocchi che registrano e gestiscono le operazioni contabili accessibili solo agli utenti di ciascun nodo, per assicurarne la tracciabilità”). Gli NFT sono certificati di proprietà di opere digitali, registrati come documenti unici su una blockchain e dunque non modificabili; garantiscono l’attestazione di proprietà al compratore in ambiti digitali e virtuali come appunto il metaverso. È possibile creare un NFT (o un token, da cui il verbo tokenizzare, cioè ‘trasformare in NFT’) a partire da qualsiasi oggetto, come opere d’arte, letteratura, abbigliamento, accessori, ecc. ma possono essere NFT anche video, canzoni, gif, meme o tweet. Potremmo quindi acquistare, nel metaverso ma non solo, sneakers virtuali di alta moda, il token non fungibile di Novecento, il romanzo di Alessandro Baricco o del Codice Atlantico di Leonardo, ma anche il primo tweet del fondatore di Twitter o il codice sorgente del World Wide Web.

Dal punto di vista semantico il concetto di metaverso è alquanto complesso, ma anche dal punto di vista della morfologia italiana la tipologia di formazione del sostantivo risulta piuttosto insolita.

La voce inglese metaverse è una parola macedonia formata dal prefisso meta- ‘con, dietro, oltre, dopo’ e il sostantivo (uni)verse ‘universo’. Nel mondo angloamericano le parole macedonia, o blend, sono un meccanismo di creazione neologica molto produttivo; tra i vari tipi di combinazione prevale la composizione con la parte iniziale della prima parola e la parte finale della seconda parola, come avviene ad esempio per il genere televisivo infotainment, formato da info(rmation) ‘informazione’ + (enter)tainment ‘intrattenimento’. In alcuni casi la prima parola viene mantenuta intatta, come ad esempio in webinar, formato da web + (sem)inar.

Tale tipo di formazione è inusuale in italiano, mentre è più comune la tendenza a lasciare intatto il secondo termine che partecipa alla parola macedonia. È tuttavia possibile trovare alcuni esempi di adattamenti alla morfologia italiana che seguono il modello inglese, come nutraceutico, aggettivo e sostantivo ricalcato sull’inglese nutraceutical, formato dalla fusione di nutr(izione) + (farm)aceutico, o infodemia, sostantivo modellato sull’inglese infodemic, formato da info(rmazione) + (epi)demia.

In italiano molte di queste parole macedonia entrano come prestiti non adattati, per cui la comprensione del loro significato non è sempre immediata. Ma anche se adattati alla morfologia italiana, spesso tali formazioni risultano poco trasparenti: è il caso appunto di metaverso, adattamento dell’inglese metaverse, in cui il richiamo al termine universo non è immediato.

Come abbiamo visto, il toponimo Metaverse è stato coniato da Stephenson nel 1992 ma è rimasto circoscritto all’ambito del cyberpunk fino al rilancio da parte di Zuckerberg a fine ottobre 2021.

Il sostantivo è registrato dalla maggior parte dei dizionari inglesi: l’Oxford Dictionary lo considera un tecnicismo dell’informatica e lo definisce come “uno spazio di realtà virtuale in cui gli utenti possono interagire con un ambiente generato dal computer e con altri utenti” (“A virtual-reality space in which users can interact with a computer-generated environment and other users”); l’Oxford Dictionary registra anche il sostantivo meta-universe, attestato a partire dagli anni Settanta del secolo scorso nell’inglese americano scientifico, con le accezioni “un universo di universi” (“A ‘universe of universes’”) e “un universo o un mondo alternativo” (“An alternative world or universe”). Nell’etimologia di metaverse non si fa però riferimento a tale termine.

Il Collins Dictionary riporta tre accezioni di metaverse: 1. una versione prefigurata di Internet che incorpora ambienti virtuali tridimensionali (“a proposed version of the internet that incorporates three-dimensional virtual environments”); 2. un mondo virtuale tridimensionale, specialmente in un gioco di ruolo online (“a three-dimensional virtual world, esp in an online role-playing game”); 3. L’universo così come viene rappresentato in una data opera di narrativa (“the universe as portrayed in a given work of fiction”). Nel Cambridge Dictionary il lemma ha fatto il suo ingresso solo recentemente, con la seguente definizione “Internet considerato come un’area immaginaria senza limiti dove incontrare persone nella realtà virtuale (= immagini e suoni, prodotti da un computer, che sembrano rappresentare un luogo o una situazione reale)” (“the internet considered as an imaginary area without limits where you can meet people in virtual reality (= images and sounds, produced by a computer, that seem to represent a real place or situation)”). Il dizionario Merriam-Webster, invece, sta ancora tenendo il termine sotto osservazione.

Nel nostro paese la prima edizione italiana del romanzo Snow Crash arriva nel 1995 (con la traduzione di Paola Bertante, Milano, Shake editore) e con questa il sostantivo metaverso, adattamento di metaverse, con il significato descritto da Stephenson e discusso precedentemente. In realtà, in italiano esisteva già un termine omonimo perché, curiosamente, sempre nel 1993 – 7 mesi più tardi rispetto al momento in cui, dall’altra parte del mondo, Stephenson coniava il suo metaverso – Stefano Bartezzaghi, nella rubrica Tuttolibri della “Stampa”, parlava di metapoesia e metaversi (in questo caso non si tratta però di meta + (uni)verso ma di meta + verso, cioè ‘un verso sul verso’), in relazione al gioco letterario ideato da Umberto Eco per reinventare le poesie più famose. I termini fanno riferimento al metagramma, gioco enigmistico in cui si costruiscono catene di parole diverse fra loro per una lettera o una sillaba, generando preferibilmente una parola finale che non ha lettere in comune con quella iniziale (gatto - patto - petto - pesto - pesco – pesce):

Quando si legge «La vispa Teresa avea tra l’erbetta» è difficile vedere baluginare orizzonti di infinito. Eppure. Umberto Eco ha appena inventato un gioco letterario che mostra come, dì tra l’erbetta della vispa Teresa, faccia capolino addirittura Ungaretti. […] Più che di poesia si tratta di «metapoesia» o di «metaversi». Ma fortunatamente i meta-linguaggi non c’entrano. C’entrano i metagrammi, quel gioco di Lewis Carroll che trasforma il SOLE nella LUNA attraverso i passaggi: SOLA, LOLA, LULA. Solo che nei metaversi si cambiano le intere parole, con i loro pacchetti di significato, e non le singole lettere. (Stefano Bartezzaghi, Il Pendolo dei versi, TuttoLibri, “La Stampa”, 2/1/1993, p. 3)

Le regole del gioco di Eco sono così spiegate dallo stesso autore: “Partendo da un verso celebre raggiungere un altro verso celebre, mediante una serie di versi intermedi di cui il seguente sia parafrasi, interpretazione, effetto logico del precedente”. Ne riportiamo un paio di esempi, citati da Bartezzaghi nel suo articolo:

La vispa Teresa avea tra l'erbetta.
L’allegra Teresa avea nel mar d’erba.
La chiara Teresa nell'ampio mar verde.
Abbagliata sta, nella profonda vastità.
T’abbagli dell'infinito?
M’illumino d'immenso.
Nel mezzo del cammin di nostra vita…
Al mezzogiorno dell’età dell'uomo…
Al centro di quel mar che, chiar s’oscura...
Chiara frescura ormai, d’acqua già dolce...
Chiare, fresche et dolci acque...

Il metaverso di Bartezzaghi è però un occasionalismo, di cui si trovano soltanto poche attestazioni in testi scritti dallo stesso Bartezzaghi: alcune in articoli pubblicati nella rubrica TuttoLibri della “Stampa” nel 1993, alcune nel volume Anno Sabbatico. Lunario delle parole in gioco del 1995 (Milano, Bompiani), altre in articoli usciti per la rubrica Lessico e Nuvole della “Repubblica” tra il 2001 e il 2004.

In realtà, anche il Metaverso di Stephenson ha poca fortuna. Se ne rintraccia qualche occorrenza sporadica tra il 1995 e il 2000: 5 sul “Corriere della sera” (una del 1995, una del 1999 e tre del 2000), una sulla “Stampa” del 2000 e una in un volume del 1997, individuato grazie a Google Libri. Riportiamo le prime attestazioni del termine sui quotidiani e sui libri (si nota che in entrambi gli esempi si fa riferimento al romanzo Snow Crash, per cui il sostantivo è scritto con la lettera maiuscola):

Autostrada ideale per penetrare frontalmente nelle vertigini del cyberspazio, lo straordinario Snow Crash di Neal Stephenson […] rappresenta per vorticose sequenze alla Tarantino la duplice vita di Hiro Protagonist, di giorno «recapitor» di pizze in una California ipercaotica, di notte privilegiato esploratore delle regioni virtuali del Metaverso. (Sandro Modeo, Un pizzaiolo virtuale alle prese con la mafia del cyberspazio, “Corriere della Sera”, 8/10/1995, p. 31)

Il cyberspazio dei romanzi di William Gibson e il Metaverso di Snow Crash, il romanzo di Neal Stephenson, sono rappresentazioni fantascientifiche di mondi virtuali abitabili. (Allucquère Rosanne Stone, Desiderio e tecnologia, Milano, Feltrinelli, 1997, p. 28)

Negli anni successivi il sostantivo non risulta quasi in circolazione (se ne trovano alcune attestazioni in rete o nella stampa quotidiana, ma la maggior parte fa riferimento a una discoteca inaugurata nel 2001 o a un’associazione culturale). La voce ricompare a partire da giugno 2007, probabilmente in occasione della ristampa del volume Snow Crash edita da Rizzoli. A partire dal 2007 e fino al 2021 la presenza di metaverso è discontinua e sempre con una bassa frequenza: per dare un’idea, sul “Corriere della sera” possiamo rintracciare un’occorrenza del 2009, una del 2018, una del 2019 e una del 2020; sulla “Stampa” 4 occorrenze del 2007, una del 2008, una del 2013, una del 2014 e due del 2019; sulla “Repubblica” 8 occorrenze del 2007 e 9 del 2008 (in entrambi gli anni, legate principalmente al mondo virtuale di Second Life), una del 2009, 3 del 2014 e due del 2016. In quasi tutte queste occorrenze metaverso è scritto con la lettera minuscola, evidenza del fatto che il toponimo è ormai divenuto un nome comune, indicante una generica realtà virtuale. Il passaggio da nome proprio a nome comune è testimoniato anche dal fatto che il sostantivo viene declinato anche al plurale (metaversi).

Un’impennata nelle attestazioni si ha a partire dal 2021, in particolare da ottobre 2021, quando Zuckerberg annuncia il cambio di nome della propria azienda. Parallelamente al rilancio del termine si assiste, da una parte, come abbiamo visto, a uno spostamento di significato e, dall’altra, a una variazione dell’ambito d’uso: oggi metaverso è talmente diffuso che da vocabolo specialistico, proprio della letteratura fantascientifica, è diventato sostantivo di uso comune, anche se il suo significato rimane piuttosto tecnico e spesso non viene pienamente compreso.

Stiamo assistendo a quella che Gideon Lichfield, direttore globale di Wired, ha definito “un’espropriazione terminologica: società e imprenditori hanno percepito una sorta di cambiamento nell’aria e si stanno precipitando a definirlo la prossima grande tendenza, appiccicarci il loro nome (in alcuni casi arrivando a estremi simili al rebranding di Meta), e a trovare modi per monetizzarlo”. A tale proposito, un articolo pubblicato su “Repubblica” ci fornisce qualche dato interessante:

Il metaverso non è ancora una realtà ben definita, ma è una parola sempre più usata nei titoli e nelle descrizioni delle applicazioni mobili. Allo stato attuale, sono 552 le app che hanno adottato questo termine, stando ai dati diffusi da SensorTower. […] Tra le 552 app censite, “metaverso” compare più frequentemente menzionato insieme alla parola “crypto” (nel 23%). A scalare, al secondo posto c'è il termine “Nft” [token non fungibile], che rappresenta il 18% dei casi. Invece, “Ar” [realtà aumentata] e “Vr” [realtà virtuale] vengono associati al metaverso rispettivamente in una percentuale dell'11 e del 9%. (Carlo Lavalle, Il trucco del metaverso: sempre più app usano questa parola per attirare traffico e utenti, “la Repubblica”, 9/2/2022)

La rivista Wired ha inserito metaverso tra le dieci parole del 2021, assieme a (seguendo l’ordine dell’articolo) green pass, perseveranza, NFT, long Covid, Yolo, abilismo, azzurri, vax e transizione.

Per dare un’idea della diffusione e della crescita del sostantivo, riportiamo i dati raccolti interrogando le pagine in italiano di Google: in data 11 gennaio 2022 la ricerca restitutiva 4.690.000 risultati per metaverso, mentre al 18 febbraio 2022, quindi circa un mese dopo, le occorrenze diventano 9.730.000, cioè più del doppio. In rete è documentata anche la voce inglese metaverse, che conta 325.000 risultati, mentre si hanno soltanto 23.500 occorrenze per forma plurale italiana metaversi.

Google Trends ci mostra le ricerche relative al termine metaverso da parte degli utenti web nel corso dell’ultimo anno. Come si può osservare, la forma ha avuto una crescita esponenziale a partire da ottobre 2021.


Andando più nel dettaglio, si nota che l’impennata iniziale coincide con la data - o meglio, con il giorno successivo alla data - della conferenza Connect 2021 in cui Mark Zuckerberg ha tenuto il proprio discorso.


Per quanto riguarda altri dati relativi alla circolazione della parola, la ricerca su Google libri (pagine in italiano) restituisce 2.020 risultati per metaverso, 967 per metaversi e 1.040 per metaverse. Sulla “Repubblica” è possibile rintracciare 192 occorrenze di metaverso e 20 di metaversi; di queste, 91 sono del 2022 e 67 del 2021. Sulla “Stampa” troviamo 135 occorrenze di metaverso e 7 di metaversi, delle quali 24 sono del 2022 e 14 del 2021. Infine, sul “Corriere della Sera” sono presenti 113 risultati di metaverso e 2 di metaversi: 33 del 2022 e 28 del 2021.

Il termine non è registrato dai dizionari dell’uso ma compare in due repertori Treccani. Uno è il Lessico del XXI Secolo del 2013, dove è segnalata l’accezione proposta da Stephenson:

metavèrso s. m. – Termine coniato da Neal Stephenson nel romanzo cyberpunk Snow crash (1992) per indicare uno spazio tridimensionale all'interno del quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire attraverso avatar personalizzati. Il m. viene descritto come un enorme sistema operativo, regolato da demoni che lavorano in background, al quale gli individui si connettono trasformandosi a loro volta in software che interagisce con altro software e con la possibilità di condurre una vita elettronica autonoma. Il m. è regolato da norme specifiche e differenti dalla vita reale e il prestigio delle persone deriva dalla precisione e dall'originalità del rispettivo avatar. Si è parlato di m. per definire le chat tridimensionali e i giochi di ruolo multiplayer online.

L’altro è il Treccani Neologismi 2018, dove si trova invece la seguente definizione:

metaverso s. m. Universo virtuale, che va oltre la realtà, proiettandola nella virtualità della rete telematica.

Se, come sembra, l’interesse e gli investimenti nello sviluppo di questi scenari tecnologici continueranno a crescere, è probabile che presto i dizionari italiani includeranno metaverso nei loro lemmari.