DOI 10.35948/2532-9006/2024.30144
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I quesiti sul participio presente prospiciente arrivati in redazione riguardano diversi aspetti della parola: la grafia (è più corretto prospiciente o prospicente?), l’origine, il significato esatto e la reggenza (se introduca solo un complemento diretto o se possa precedere un complemento introdotto da preposizione: prospiciente il viale/sul viale).
Partiamo dalla grafia. Si tratta di uno di quel “drappello di casi” (come sono definiti in Serianni 2006, p. 106) in cui la i resta soltanto come testimonianza dell’originaria grafia latina (prospicientem): infatti non viene pronunciata e non è nemmeno necessaria alla resa dell’affricata palatale sorda (il suono c di cena), per cui sarebbe già sufficiente (altro caso analogo!) la presenza della vocale e. Come è avvenuto in prospiciente la stessa i si è conservata in altri participi presenti di origine latina, oltre all’appena evidenziato sufficiente, anche in cosciente (e incosciente), deficiente, efficiente, la cui pronuncia standard (che si basa su quella toscana e romana), in cui quella i non si sente, può far pensare che non la si debba nemmeno scrivere. In effetti, dove non ci siano rischi di ambiguità, come ad esempio in cielo (‘volta celeste’) e celo (‘nascondo’), o dove la norma sia del tutto solida come, ad esempio, in scienza (sempre e solo con la i!), nell’italiano contemporaneo si registra una certa oscillazione tra forma con grafia latineggiante (con la i) e forma fonetica (senza i). La scelta però non è indifferente e comporta, oltre a un consistente divario a livello di frequenza, decisamente a favore della prima variante (una sommaria ricerca sulle pagine in italiano di Google al 5/7/2023 dà 1.080.000 risultati per prospiciente, a fronte di 94.500 per prospicente), un posizionamento più basso rispetto al prestigio linguistico. Ce ne dà conferma il DOP (Dizionario di Ortografia e Pronunzia) che per prospiciente e, analogamente, per tutti gli altri participi presenti citati, indica con la notazione “meno bene” le varianti con grafia senza i. Dunque, meglio scrivere prospiciente, soprattutto in contesti tecnici, burocratici e formali, ambiti in cui è tradizionalmente più solido il legame con il latino e quindi più stabile anche l’impronta grafica che ci ha lasciato.
Trattando della grafia abbiamo già anticipato molto anche sulla etimologia della parola: prospiciente è un latinismo di trafila dotta, come ci rivela la sua grafia del tutto conservativa, e relativamente recente; il DELI lo attesta infatti dal 1835 come voce già presente nel Vocabolario universale italiano Tramater (1829-1840), ma una ricerca avanzata su Google libri ci permette di retrodatare la forma di qualche decennio. L’aggettivo ricorre infatti al plurale prospicienti (devo questa segnalazione a Mariella Canzani che ringrazio) nella Guida alle cascine e vigne del territorio di Torino, del 1790 (p. 27) e, pochi anni dopo, sempre in un testo pubblicato a Torino, nella Raccolta delle leggi, provvidenze e manifesti pubblicati dai governi francesi, e provvisorio e dalla municipalità di Torino (Torino, presso Stampe del cittadino Davico, 1798). Quest’ultimo è un testo di carattere giuridico-burocratico e mostra una costruzione interessante per quel che diremo poi sulle sue possibili reggenze dell’aggettivo: si sta descrivendo il furto ai danni di un orologiaio e si parla “di quantità d’orologj d’oro, e d’argento, e di danaro effettivo, previa apposizione di scala, rottura d’una finestra prospiciente verso la contrada detta di S. Teresa” (p. 240).
L’aggettivo corrisponde alla forma del participio presente del verbo latino prospicĕre ‘guardare avanti’, ma anche ‘affacciarsi su’, composto dal prefisso pro- (‘avanti’, ‘di fronte’) e dal verbo spicĕre ‘guardare’, quindi con il significato di ‘che guarda avanti, che affaccia su’, sostanzialmente mantenuto anche in italiano. Analogamente a molti participi presenti ereditati dal latino che si sono ormai del tutto sostantivizzati (come oriente, occidente, serpente, docente, di cui in italiano non esistono più le altre forme dei verbi originari; su questo cfr. Luraghi 1999 e Lo Duca 2020), anche prospiciente, insieme a pochi altri participi presenti come adiacente, eminente, prominente, ha perduto la funzione verbale, mantenendo invece solo quella funzione aggettivale (la denominazione participio è stata costruita dai grammatici latini sul greco metochikón, che significa, appunto, ‘partecipe’ di due nature, quella verbale e quella aggettivale o nominale; su questo e per ulteriori approfondimenti sul participio presente si veda anche la risposta su presidente/comandante di Miriam Di Carlo.
Una breve parentesi per rispondere anche a chi ci chiede ragguagli sulle presunte forme espicere ed espiciente per riferirsi a qualcosa che sporge da una superficie e quindi ‘è rivolto verso qualcosa’: non sono registrate in italiano e restano forme latineggianti, rispettivamente infinito e participio presente, probabilmente ricostruite su un ipotetico *expicĕre (non presente nel latino classico) formato con il prefisso ex- (‘fuori’) anteposto a spicĕre con il significato di ‘guardare fuori, essere aggettante’. Per esprimere questo significato in italiano disponiamo di un buon numero di aggettivi anche con diversi gradi di tecnicità, come sporgente, prominente, aggettante, sufficienti, direi, a fare a meno del recupero forzato di espiciente, non conosciuto e poco trasparente.
Per spiegare invece le oscillazioni di reggenza di prospiciente in italiano, dobbiamo tenere presenti almeno due elementi: in primo luogo che si tratta di un latinismo dotto recuperato per un impiego prevalentemente formale e burocratico e, in questi casi, la tendenza è quella di conservare la reggenza del verbo latino, quindi con complemento diretto se il verbo originario era transitivo, con complemento introdotto da preposizione se invece il verbo era intransitivo. Ma il secondo dato da considerare è che il verbo prospicĕre poteva essere già in latino transitivo o intransitivo a seconda del significato che assumeva nella frase: transitivo, quindi seguito dall’accusativo (caso del complemento oggetto), quando valesse come ‘scorgere, vedere’ e ‘affacciarsi su, avere una vista su’, con valore locativo preposizionale già compreso nella semantica del verbo; intransitivo, usato in forma assoluta o seguito dalle preposizioni in/per, quando invece avesse il significato di ‘guardare avanti, lontano’. La possibilità di questo doppio costrutto passa anche in italiano e i principali dizionari sincronici (Vocabolario Treccani, Sabatini-Coletti, GRADIT) contemplano, a seconda dell’interpretazione semantica che si dà all’aggettivo, sia la reggenza diretta (palazzo prospiciente la via, nel senso di palazzo che guarda la via) sia quella indiretta con la preposizione su quando il significato attribuito all’aggettivo sia quello di ‘che si affaccia su’ (palazzo prospiciente sul viale, nel senso di palazzo che si affaccia sul viale). La differenza di significato, se proprio la vogliamo vedere, resta davvero minima e i due costrutti restano sostanzialmente intercambiabili. Possiamo tuttavia notare che nell’uso, rispetto alla preposizione su, tende a prevalere, seppur di poco, la preposizione a, senza però che questo possa essere chiaramente attribuibile a una diversa sfumatura semantica del verbo: una ricerca sulle pagine in italiano di Google (8/7/2023) delle due stringhe alternative restituisce per “prospiciente alla strada” 1.960 risultati e per “prospiciente sulla strada” 1.040; resta decisamente maggioritaria e stabilizzata in ambito burocratico (soprattutto nel linguaggio immobiliare) la reggenza diretta “prospiciente la strada” con 34.200 risultati. Esiti analoghi li abbiamo dalla consultazione degli archivi digitali dei principali quotidiani nazionali: “la Repubblica” registra 16 risultati per “prospiciente la strada”, 2 per “prospiciente alla strada”, mentre non contiene nessuna attestazione di “prospiciente sulla strada”; il “Corriere della Sera” ben 56 risultati per la reggenza diretta (“prospiciente la strada”), 6 per la stessa stringa con la preposizione alla e 7 con sulla.
Il costrutto sicuramente corretto e, come abbiamo visto, anche decisamente prevalente nell’uso attuale, è dunque quello a reggenza diretta con l’aggettivo prospiciente seguito dalla parola che indica l’oggetto “che sta di fronte” senza nessuna preposizione; tra l’altro, trattandosi di una parola settoriale (ambito immobiliare, urbanistico, comunque tecnico-burocratico), è consigliabile mantenere una certa omogeneità negli usi anche per evitare possibili fraintendimenti.
Nota bibliografica: