Consulenza linguistica

Monumentalistica, monumentalizzare, monumentalizzazione

  • Claudio Iacobini
  • Mikaela Cordisco
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2024.30156

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Quesito:

Le domande relative all’uso dei derivati riconducibili al sostantivo monumento riguardano, da un lato, la denominazione della disciplina relativa allo studio dei monumenti e, dall’altro, l’attestazione nei dizionari del verbo monumentalizzare e del sostantivo monumentalizzazione, entrambi presenti in testi di ambito artistico e architettonico.

Monumentalistica, monumentalizzare, monumentalizzazione

Un lettore chiede se per denominare sinteticamente lo studio dei monumenti si possa usare il sostantivo monumentalistica. La scelta di tale termine può apparire giustificata dal fatto che il suffisso -istica è impiegato per la designazione di varie discipline, specialmente di ambito umanistico, tra cui africanistica, americanistica, dantistica, romanistica, semitistica, slavistica, stilistica, ma anche di ambito tecnico e scientifico: infortunistica, insiemistica, oculistica.

A nostro giudizio la parola monumentalistica non è però appropriata per designare lo studio dei monumenti in quanto l’uso corrente deriva dall’accezione dell’aggettivo monumentale nel senso di ‘propagandistico’, ‘grandioso’, ‘solenne’ e non di quello connotativamente neutro ‘relativo ai monumenti’. Con monumentalistica si intende infatti un insieme di monumenti, specie funebri o celebrativi, come lapidi, sepolcri e cenotafi; il termine è il più delle volte associato ai monumenti del periodo fascista, oltre che ai monumenti che celebrano i caduti delle guerre mondiali.

Riportiamo alcuni esempi dei contesti in cui monumentalistica appare più frequentemente:

Monumentalistica fascista (“Bollettino della società di studi fiorentini”, XXI, 2012)

La monumentalistica del Ventennio (“Alto Adige”, 2/2/2011)

Tipico della monumentalistica celebrativa del Risorgimento (“L’impegno. Rivista di storia contemporanea”, II, 1990)

La sistematica ricorrenza di questo simbolo nella monumentalistica di guerra (Barbara Bracco, L’Italia del dolore. Forme e strumenti dell’elaborazione del lutto, in Silvia Contarini, Dario De Santis, Francesco Pitassio (a cura di), Documentare il trauma, Pisa, Edizioni ETS, 2019, p. 19)

Meno connotato è l’aggettivo monumentistico, a cui si affianca il sostantivo monumentistica. Sebbene siano entrambi spesso usati in riferimento allo stile celebrativo (es. “la monumentistica da Socialismo Reale di cui la nazione è piena”), sono anche usati, specialmente l’aggettivo, con valore collettivo per riferirsi all’insieme dei monumenti che sono presenti o caratterizzano un certo territorio, come dimostrano gli esempi che seguono:

Questo territorio, con le sue risorse paesaggistiche, monumentistiche e culturali (“Corriere Salentino”, 5/8/2015)

Si tratta di quei palazzi considerati di pregio storico o monumentistico che in base al vincolo paesaggistico non possono essere demoliti. (Pasquale Amoruso, Bari, protetta Punta Perotti: mai più cemento sul litorale, “Il fatto quotidiano”, Bari, 18/12/2013)

Occorre però notare che né monumentisticomonumentistica sono usati per fare riferimento allo studio dei monumenti, ma solo a un determinato insieme o a una certa tipologia. Volendo riferirsi allo studio dei monumenti con un termine meno connotato si potrebbe impiegare monumentologia, sulla scorta dell’esistenza di composti quali cosmologia, criminologia, farmacologia, museologia, musicologia, con cui si designano discipline che studiano quanto indicato dal primo elemento del composto; la museologia è, ad esempio, la disciplina che riguarda la storia dei musei e gli aspetti conservativi del patrimonio artistico e culturale.

È opportuno ricordare che il significato corrente del sostantivo monumento, parola con cui si indica un’opera architettonica di valore artistico e storico, è un’estensione piuttosto recente del significato originario di opera d’arte realizzata al fine di rendere omaggio a un personaggio storico o di commemorare un avvenimento notevole. Ancora più recente è l’estensione semantica del termine che arriva a comprendere anche luoghi naturali di particolare interesse scientifico o paesaggi a cui si attribuisce un valore estetico.

Alla luce di queste ultime considerazioni, risulta evidente il motivo per cui fino al XIX secolo lo studio dei monumenti poteva ancora essere indicato con la parola archeologia, la quale si è successivamente specializzata nel riferirsi ai monumenti e alle altre testimonianze materiali (epigrafiche, numismatiche, ecc.) che ci permettono di ricostruire le civiltà e le culture del passato e le loro relazioni con l’ambiente circostante.

Si può quindi sostenere che non sempre è necessario etichettare una disciplina con un’unica parola, ma che, se proprio si vuole denominare sinteticamente lo studio dei monumenti, monumentologia appare molto più adatta rispetto a monumentalistica o monumentistica.

Le occorrenze di monumentologia non sono numerose, ma il termine compare già nel volume del 1957 Amate l’architettura dell’architetto e designer Gio Ponti e in diversi altri contesti, ad esempio nella targa dedicata a Vincenzo De Cristo, nato a Cittanova in Calabria nel 1860: “In questa casa ebbe i natali Vincenzo De Cristo, l’intellettuale dai vasti interessi, che fu insegnante, storico, poeta, politico, direttore didattico, cultore di monumentologia e di folklore”. Altri impieghi di monumentologia sembrano esprimere più il concetto di ‘insieme di monumenti’ che quello di ‘storia dei monumenti’: “Le porte urbane, perché appartenenti alla monumentologia minore, non sono state ampiamente trattate dagli storici” (Bruno Peretti, Porte urbane nelle province di Brindisi, Lecce, Taranto, Manduria, Barbieri, 1997).

Forme corrispondenti a monumentologia, con riferimento a una disciplina accademica che studia i monumenti, si trovano in varie lingue, tra cui lo spagnolo (“ha dado lugar al nacimiento de una nueva disciplina académica en el campo de las artes: Doctorado en Arte para Espacios Públicos, Regeneración Urbana y Monumentología”), il portoghese (“a monumentologia da Cidade de Coimbra, rica como é e diversificada em termos de estilos, de épocas e de modelos artísticos”), il francese (“essai de monumentologie comparée”), l’inglese (“specialization in Museology and Monumentology”).

Per quanto riguarda la domanda della lettrice che lamenta l’assenza nei dizionari da lei consultati del verbo monumentalizzare e del sostantivo monumentalizzazione, nonostante siano di frequente impiego in architettura e nella saggistica d’arte, ricordiamo che altri dizionari che comprendono un lemmario più ampio, quali GDLI, Vocabolario Treccani e GRADIT, sono ormai liberamente consultabili online e che, nel caso di parole di argomento settoriale, si può ricorrere anche a dizionari specialistici. Nella fattispecie, benché assenti nel GDLI e nel Treccani, sia monumentalizzare sia monumentalizzazione sono lemmatizzati in GRADIT e datati rispettivamente 1983 e 1985 in base all’attestazione in pubblicazioni di Alberto Moravia. La definizione del GRADIT di monumentalizzare è “celebrare come modello autorevole, spec. in maniera retorica e formale”, quella di monumentalizzazione è “esaltazione finalizzata ad attribuire autorità”, con la specificazione della connotazione dispregiativa del termine. Le ulteriori possibilità di ricerca offerte da Google libri ci permettono di notare non solo che le due parole sono di più lunga attestazione, ma che sono usate, oltre che con valore dispregiativo, anche con accezione neutra (‘celebrare con monumenti, ornare di monumenti, celebrare come modello’), come si può ricavare dai seguenti esempi:

L'arte del legno ha una vasta produzione, ma dove l’artista riuscì più a monumentalizzare la sua arte, fu nei Cori. (Vincenzo Costantini, Storia dell’arte italiana: il Rinascimento, Milano, Ceschina, 1948)

Ora appunto nel mondo antico perimediterraneo la monumentalizzazione della porta, al di là delle esigenze difensive, è esclusiva della civiltà architettonica romana. (Guido A. Mansuelli, Architettura e città: problemi del mondo classico, Bologna, Alfa, 1970)

È a partire da tale momento che deve leggersi anche l’organizzazione architettonica interna della città, la monumentalizzazione dell’acropoli, la definitiva organizzazione funzionale degli spazi. (“Archeologia Medievale”, VI, 1979)

Delle due parole si è occupato anche Michele Cortelazzo nella puntata del programma La lingua batte di Radio3 Rai del 3 maggio 2014, che può essere ascoltata nel podcast contenuto in Raiplaysound. Le considerazioni di Cortelazzo sono state trascritte in un suo blog personale in cui si sostiene che monumentalizzare è “un normale derivato da monumentale, ampiamente documentato nell’ultimo cinquantennio, soprattutto nei testi di architetti e urbanisti, assieme a monumentalizzazione” e che è usato anche fuori dall’ambito dell’architettura e urbanistica da vari autori, tra cui Antonio Tabucchi.

In conclusione, l’assenza dai più diffusi dizionari di consultazione di media taglia delle parole monumentalizzare e monumentalizzazione è una conseguenza della capienza dei dizionari, che privilegiano parole di più alta frequenza e di ampia diffusione a quelle di uso settoriale, tanto più nel caso in cui il significato da esse espresse sia quello composizionale ricavabile dalla loro struttura morfologica.

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