DOI 10.35948/2532-9006/2024.31171
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Ci sono arrivate varie richieste di chiarimento per sapere se l’aggettivo discalculico possa essere usato come sostantivo per indicare una persona che soffre di discalculia e se sia corretto usare discalculo con lo stesso significato di discalculia e di discalculico.
Ricordiamo prima di tutto che cosa è la discalculia, termine col quale si indica ‘l’incapacità di comprendere simboli numerici e di eseguire calcoli matematici’. Si tratta di una parola che ricalca l’inglese dyscalculia: l’espressione “developmental dyscalculia”, creata nel 1974 dallo psicologo cecoslovacco Ladislav Košč, fu diffusa nel 1995 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per indicare un disturbo specifico dell’apprendimento.
Il termine discalculia è registrato in vari vocabolari della lingua italiana (Devoto-Oli, Garzanti, Vocabolario Treccani, Zingarelli). Alcuni (Treccani, Zingarelli) registrano anche discalculico, sia come aggettivo, col significato di ‘relativo a discalculia’, sia come sostantivo, per indicare ‘chi è affetto da discalculia’.
Se il termine discalculico, regolarmente formato da discalcul(ia) con l’aggiunta del suffisso -ico (sul modello di anoressia-anoressico, dislessia-dislessico), è da considerare corretto sia come aggettivo sia come sostantivo, un discorso diverso va fatto per discalculo. La parola, non registrata nei dizionari, circola esclusivamente nei social network e nei blog: una ricerca negli archivi elettronici dei giornali, in Google libri e nei motori di ricerca non ha dato risultati. Si tratta di un termine formato dall’unione del prefisso dis- e di calculo: la sua presenza ancora sporadica, circoscritta all’italiano in rete, suggerisce di non usarlo nella lingua comune.