Consulenza linguistica

Digitale e digitare sono parenti, ma non troppo stretti (con una breve nota su analogico)

  • Massimo Palermo
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2025.40586

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Quesito:

Alcuni lettori chiedono notizie sull’origine e il significato di digitale in àmbito informatico e sul corrispettivo significato di analogico.

Digitale e digitare sono parenti, ma non troppo stretti (con una breve nota su analogico)

A volte le somiglianze tra parole nascondono delle potenziali insidie. Si potrebbe infatti pensare che l’aggettivo digitale, nell’accezione informatica, abbia a che fare col verbo digitare e quindi con le dita della mano: dito deriva infatti dal lat. dĭgĭtus e sulla stessa base si è formato il verbo digitare. Quest’ultimo può significare premere i tasti di un dispositivo informatico per immettervi informazioni oppure esercitare pressione con le dita sui tasti o sulle corde di uno strumento musicale (e in questa accezione è variante meno comune di diteggiare). L’equivoco, cioè supporre che l’origine di digitale sia legata alle dita, potrebbe essere generato dal fatto che per interagire con un dispositivo elettronico usiamo prevalentemente le dita, agendo su una tastiera fisica o virtuale.

In realtà l’origine di digitale nel significato informatico ha a che vedere solo indirettamente con le dita. Innanzitutto, la parola non deriva direttamente dal latino ma dall’inglese digit (che a sua volta muove dal lat. dĭgĭtus). Ma digit in inglese non significa dito bensì ‘cifra, numero’. Ci si potrebbe a questo punto chiedere che cosa c’entrino le dita con i numeri. C’entrano, nel senso che si possono usare anche per contare. Da ciò si è sviluppato l’inglese digital (e, dall’inglese, l’italiano digitale). Il termine si può usare in relazione a qualsiasi sequenza di informazioni codificata per mezzo di cifre numeriche. In particolare, nell’informatica non si usa il codice decimale ma quello binario, con sequenze di due sole cifre (0/1), opportunamente combinate. Insomma, la parola latina ha fatto un lungo viaggio, e nel frattempo, come può succedere, ha modificato il suo significato, per tornare poi in italiano (e in un gran numero di altre lingue) in varie accezioni connesse allo sviluppo dell’informatica. Il significato di partenza è tecnico: digitale si dice di qualsiasi dispositivo il cui funzionamento si basa su variazioni di grandezze numeriche discrete (cioè non continue) per elaborare dati o riprodurre impulsi fisici. Su questo significato, che circola dagli anni Sessanta del secolo scorso, si sono poi sviluppate altre accezioni: per esempio nella riproduzione e nell’ascolto della musica si distingue tra segnale acustico analogico e digitale a seconda che il suono sia generato grazie all’elaborazione di sequenze numeriche o no. In aggiunta, il termine si usa con riferimento alla capacità di usare e trovarsi a proprio agio con le tecnologie informatiche (alfabetizzazione digitale, patente digitale, nativo digitale). La diffusione delle nuove tecnologie conduce alla formazione di sempre nuove combinazioni di nome + digitale: rivoluzione digitale, firma digitale, identità digitale, transizione digitale, agenda digitale ecc. Sottintendendo segnale, il termine si può usare anche come sostantivo, per es. in digitale terrestre.

Con altro significato (‘relativo alle dita della mano’) e altra etimologia (direttamente da dĭgĭtus, più precisamente dal suo derivato digitalis) digitale è documentato dal XVI secolo, ben prima dell’avvento dei computer: è usato perlopiù nella collocazione impronta digitale, ma trova impiego anche come termine dell’anatomia (per es. in vene digitali dorsali della mano). Infine, considerando che le parti del corpo umano sono spesso usate figuratamente per designare oggetti che ne ricordano la forma, alle gambe del tavolo e al collo della bottiglia possiamo aggiungere il significato botanico: digitale designa un genere di piante per il caratteristico aspetto della corolla, a forma di dito: la più nota è la digitale purpurea.

Dedichiamo in chiusura qualche cenno all’aggettivo analogico. Dopo la rivoluzione informatica il termine si usa in opposizione a digitale per indicare dispositivi il cui funzionamento non si basa su grandezze discrete ma continue (orologio analogico, musica analogica). È interessante la connotazione che la parola ha assunto nel tempo: se in una prima fase, immediatamente seguente allo sviluppo delle nuove tecnologie, prevaleva la sfumatura tutto sommato negativa di ‘vecchio, di minor pregio’ paragonato al corrispettivo dispositivo digitale, in anni più recenti si assiste al recupero di una connotazione positiva: per es. un orologio meccanico (o analogico) è pubblicizzato come oggetto di maggior pregio e ciò fa il paio con la rivalutazione dell’ascolto di musica analogica, attraverso i tradizionali dischi in vinile. E non è escluso che lo sviluppo tecnologico conduca a breve anche alla commercializzazione di computer analogici, cioè non basati sul sistema binario, che promettono prestazioni migliori degli attuali.

Anche analogico ha un significato preesistente alla rivoluzione informatica: la parola è attestata dal XVI secolo nel senso di ‘che si basa sull’analogia’: per es. un ragionamento analogico. In grammatica storica sono dette forme analogiche quelle che si sono formate per somiglianza con altre, secondo uno sviluppo non spiegabile etimologicamente: per es. alcuni verbi che alla prima persona del presente indicativo terminano in ‑go (salgo, vengo) presentano la consonante velare -g- analogica, cioè modellata su altri verbi (per es. piango < lat. plango), mentre il normale esito etimologico avrebbe condotto a saglio, vegno.

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