Incontri e tornate

Aldo Menichetti. Ricordi

  • Claudio Ciociola
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2025.40553

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Non ho avuto il privilegio di conoscere e frequentare Aldo Menichetti negli anni del suo insegnamento, diviso tra Friburgo e Milano. I ricordi diretti che di lui posso allineare nella mia memoria sono infatti confinati, di necessità, ad anni relativamente più recenti. In particolare, risalgono a quando, nel 2016, fui cooptato nel Comitato di Direzione degli “Studi di filologia italiana”, rivista che Menichetti dirigeva dal 2013, e che continuò a dirigere fino al 2021. In quell’anno, per ragioni di salute, fu costretto a rassegnare le dimissioni. Fui chiamato a succedergli nella direzione con decisione del Collegio accademico del 26 ottobre 2021. Quella sera scrissi a Menichetti:

Caro Aldo,
mi scrive ora Giancarlo [Breschi] della mia nomina a Direttore degli SFI. Siccome so bene quanto il tuo intervento sia stato determinante, desidero ringraziartene di cuore, anche se mi dispiace molto di saperti in condizioni di salute non ottimali. Mi auguro di poterti vedere presto a Firenze, per il piacere di conversare con te e per chiedere il tuo consiglio nella prosecuzione del tuo e nostro lavoro.
Grazie di cuore, un vivo augurio e a presto,
Claudio

Il giorno seguente mi rispose:

Caro Claudio, ti ringrazio molto per quanto mi scrivi; mi felicito con te e ti auguro tanti anni di soddisfazioni nella direzione degli SFI. Un caro saluto da Aldo

E questo fu, purtroppo, l’ultimo messaggio che ricevetti da lui.

Al genere del ricordo è connaturato, si sa, il rischio di una commistione, o insomma di una fastidiosa chiamata in scena, dell’io di chi è invitato a ricordare nel momento stesso in cui gli si chiede di far emergere i tratti caratterizzanti del commemorato. Ben consapevole di tale rischio, farò di tutto per non incorrervi. Ho voluto però leggervi lo scambio che precede non solo per i suoi risvolti personali ma perché è stato anche un modo di rievocare la voce calda e profonda di Aldo nella sua intonazione francamente toscana: elemento determinante nel disegnarne il profilo e la fisionomia, insieme alla barbetta curata di uomo colto, che era a volte completata dalla pipa. Elemento, questo, caratterizzante della sua iconografia: come ad esempio nella bella foto che apre la miscellanea Carmina semper et citharae cordi, dedicatagli dai colleghi nel 2000 e pubblicata da Slatkine a Ginevra. Negli anni precedenti il 2021 ci frequentammo nel comitato di direzione degli SFI, e qui ebbi modo di verificare la vera e propria passione “didattica”, o meglio scientifico-didattica, dello studioso, sempre scrupolosamente attento alla qualità dei testi che via via gli venivano sottoposti. Di questa passione avevo avuto già del resto le prove almeno a partire dal 2013, quando si sviluppò tra noi un rapporto di collaborazione in virtù del quale molti articoli, tesi, libri, nati e cresciuti a Pisa presso la Scuola Normale, vennero esaminati, sempre con la massima coscienziosità e puntualità, da Aldo. Coscienziosità e puntualità assai apprezzate, oltre che da me, dai giovani destinatari diretti, consapevoli dell’arricchimento che una lettura attenta di Menichetti poteva conferire al loro lavoro. Ebbi così a constatare la sua grandissima disponibilità a farsi carico delle proposte che via via gli sottoponevo: ad esempio, nel partecipare come discussant a una sessione del Convegno della SFLI (Società dei Filologi della Letteratura italiana) interamente dedicato ai dottorandi, che si tenne a Pisa nell’ottobre 2015. Certo per modestia, ma anche per l’estrema serietà con la quale si disponeva ad accettare gli incarichi, non perse tuttavia l’occasione di scrivermi: “Dunque: d’accordo anche per 1-3 ottobre, benché come discussant io sia piuttosto nullo, incapace di reagire su due piedi”. Naturalmente non era affatto incapace di reagire su due piedi: era questo un modo cortese di sottolineare il suo bisogno di valutare approfondendo, sempre e comunque. Un’altra volta (forse l’unica) mi disse di no, per i troppi impegni accumulati (era in questione una presentazione della Edizione nazionale dei volgarizzamenti); mi sembra interessante, anche per la riflessione autobiografica, la motivazione del no, che ritrovo in una e-mail del 26 dicembre 2016 nella quale tra l’altro allude anche ai suoi impegni di Crusca:

Caro Claudio, ti ringrazio molto per la proposta, che però non posso proprio accettare; ho troppe cose da fare (anche per la Crusca) e troppe da leggere e correggere: i contributi per gli SFI, le schede del Vocabolario dantesco e tante cose che mi vengono mandate in lettura. E poi, anche se per fortuna sto bene, le mie capacità lavorative si riducono ogni giorno di più: mi ci vogliono ore per fare quello che qualche anno fa facevo in pochi minuti. Scusami.

Accettò anche di redigere almeno due rapporti per l’ammissione alla discussione di alcune tesi di dottorato (“perfezionamento”) alla Scuola Normale. Rapporti veramente esemplari per la completezza degli elementi di valutazione introdotti e per gli affondi tecnici, che andavano a incidere, non sorprendentemente, soprattutto su questioni di tipo metrico. Il testo del secondo rapporto (datato “Viareggio, 5 settembre 2015”) è talmente impegnato da configurarsi come una vera e propria recensione ante litteram della tesi esaminata. Dal punto di vista del metodo, segnalerò questa considerazione, nella quale elogiava il commento ai testi proposto dal curatore “per l’atteggiamento non apodittico ma aperto, ove occorra, a più soluzioni alternative”.

Il breve Avant-propos premesso dai Curatori alla citata miscellanea Carmina semper et citharae cordi si apre con queste parole: “Festeggiare Aldo Menichetti con una raccolta di studi tramata a sua insaputa è un’iniziativa che ne mette a dura prova la modestia e la connaturale ritrosia”. “Connaturale ritrosia” mi sembra un sintagma particolarmente felice nel definire l’atteggiamento generale di Menichetti nella sua attività, scientifica e didattica: descrive perfettamente la persona che ho conosciuto. Non entro, neanche per accenni, perché è stato già fatto egregiamente da chi mi ha preceduto, e perché non ci sarebbe comunque il tempo di farlo, nella definizione dei tratti salienti dell’attività scientifica di Menichetti. Visto che siamo in tema di ricordi, però, rievocherò l’impatto che l’uscita pressoché concomitante del manuale di Beltrami, La metrica italiana (1991) e di quello che solo per semplificazione chiamerò il manuale di Menichetti, Metrica italiana (1993), esercitò sui giovani studiosi che, magari anche per influsso di Contini (influsso a sua volta riconoscibile, s’intende, nel lavoro di Menichetti), avevano cominciato in quegli anni a riconsiderare con vivo interesse i fenomeni della metrica. Fu presto chiara l’impostazione completamente diversa dei due “manuali”, e la loro fruttuosa complementarità. Tassonomia storica nell’uno, fatti prevalentemente prosodici e linguistici nell’altro. Lo chiarisce del resto anche il sottotitolo della Metrica italiana di Menichetti: Fondamenti metrici, prosodia, rima. Né potrebbe essere più esplicito questo capoverso della Premessa:

È chiaro che parlare di metrica significa puntare i riflettori su una sola delle componenti del testo poetico: ma quella prosodica, in un testo in versi, viene indubbiamente prima di ogni altra – un prima che non è solo temporale. Più di altre forme di espressione, la poesia non si accontenta né di parafrasi né di letture in chiave ideologica, sociologica, psicologica o d’altro genere. Comunque sia, questo è lo scotto che deve pagare qualunque tipo di analisi: nessuna può illudersi di totalizzare in sé la ricchezza e lo spessore del tessuto (p. xiii).

Per i motivi che ho cercato di allineare, inerenti ai tratti umani, alla dedizione didattica, alla grande creatività scientifica di Aldo Menichetti, sono certo che il ricordo di lui resterà vivo in me come nei membri della comunità scientifica internazionale.