DOI 10.35948/2532-9006/2024.34336
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Un lettore di Milano ci chiede se l’aggettivo sdomo sia un termine italiano, se sia possibile utilizzarlo e quale sia il suo rapporto con l’aggettivo indomito.
Al verbo domare, diretto derivato del latino domāre, può essere attribuito il generico significato di ‘rendere docile’, in relazione a varie entità, in primis agli animali, con il significato specifico e letterale di ‘addomesticare’, ‘abituare a essere cavalcato’. In senso figurato, poi, il verbo può essere usato in riferimento a persone (‘correggere un carattere ribelle’, ‘sottomettere, soggiogare’), eventi naturali (‘estinguere un incendio’) o sociali (‘sedare una rivolta’), stati d’animo (‘reprimere un’emozione’), oggetti (‘rendere duttile un metallo’, ‘rendere commestibile qualcosa’). Già in latino, dal verbo domāre si ebbero vari derivati, che sono poi passati all’italiano, come le coppie di antonimi grammaticali domito/indomito (dai participi passati dŏmĭtus e indŏmĭtus) e domabile/indomabile (in latino domabĭle(m) e indomabĭle(m)) o i sostantivi domatore (dal latino tardo domatōre(m)) e domatura (da domitūra(m) con sovrapposizione di domato; cfr. Zingarelli 2023). Ci sono, poi, altri derivati presenti solo in italiano, come doma ‘l’atto di domare’ (datato al 1956 dallo Zingarelli 2023) o domo ‘domato’, il primo è un deverbale da domare, il secondo è invece un participio passato accorciato (da domato), ed è attestato fin dal XIII secolo (cfr. TLIO). Tutti i derivati fin qui menzionati sono registrati nella lessicografia italiana e sono di uso più o meno comune.
L’aggettivo che il lettore porta alla nostra attenzione, al contrario, non è presente nei dizionari generali (TLIO, GDLI, GRADIT, Zingarelli 2023, Devoto-Oli 2024) e non è pertanto ufficialmente incluso nel complesso del lessico italiano, ma possiamo comunque supporre che, con buona probabilità, esso derivi dal participio passato abbreviato domo con l’aggiunta del prefisso s- che, nel caso in cui sia preposto a participi passati aggettivati, può assumere valore di privazione se riferito alla base nominale, oppure di contrarietà se riferito all’aggettivo stesso (ad esempio: sfortunato può valere ‘privo di fortuna’ o ‘non fortunato’; cfr. Claudio Iacobini, Prefissazione, in Grossmann-Rainer 2004, pp. 97-164: pp. 144-145). Nel nostro caso, dunque, il significato del termine, quando attribuito a un cavallo, come ci propone il nostro lettore, è chiaro: varrà ‘cavallo senza doma’ o ‘cavallo non domato’. L’aggettivo assume dunque un significato molto specifico e si contrappone a indomito che, sebbene possa assumere la stessa accezione quando riferito a un animale, è molto raro con questo significato ed è, al contrario, molto diffuso nella sua accezione figurata di ‘che non può essere vinto o piegato’, ‘fiero, indomabile’ (cfr. GRADIT). Come spesso accade, è stata probabilmente proprio la grande diffusione di questa seconda accezione a rendere raro l’uso di indomito ‘non domato’ e, dunque, a creare la necessità di avere a disposizione un altro termine dal significato più specialistico, necessità avvertita nell’ambito equestre probabilmente perché esso è quello in cui la doma (o domatura, che dir si voglia) è più diffusa, poiché ogni cavallo deve esservi sottoposto per riuscire a collaborare con il proprio cavaliere. Datare il termine è però un’operazione piuttosto complessa, perché, come si può immaginare, esso è poco utilizzato nella lingua scritta, se non in testi di argomento equestre, non facili da reperire. Le prime occorrenze riscontrabili in Google libri risalgono agli anni Ottanta del Novecento (“Era un cavallo assolutamente sdomo, tuttavia al settimo giorno lo portammo giù a Taunton, dove mio padre ed io giocavamo a polo […]”, Henry Blake, traduzione di Sibilla Reginelli, Parliamo con il cavallo, Roma, Edizioni mediterranee, 1987, p. 25), ma non è possibile escludere che l’aggettivo fosse utilizzato già in precedenza, vista la datazione molto antica del suo contrario, domo. Quello che è certo è che il termine è oggi molto diffuso, ma esclusivamente nel contesto equestre. Google restituisce infatti 5.100 risultati (al maschile singolare; ricerca effettuata il 10/5/2024), all’interno di siti che trattano di equitazione, post sui social di analogo argomento o annunci di vendita di equini. Ecco alcuni esempi piuttosto recenti:
Non c’è un momento che passiamo vicini ai nostri cavalli in cui possiamo trascurare l’attenzione alla sicurezza: certo, un cavallo sereno e bene addestrato presenta di solito meno problemi di un soggetto sdomo o che ha ricordi di una doma violenta (Anonimo, Angelo Nichiri, una vita tra i Purosangue del galoppo: come si porta un cavallo a mano, “Cavallo Magazine”, 11/7/2019);
[…] ero già in fondo alla scuderia a tentare di pulire i piedi a quel baio, che oltre a essere stallone aveva tre anni ed era quasi completamente sdomo (Pietro Santetti, Uomini di cavalli, Milano, Mondadori, 2022);
N. 9 giorni di lavoro reale su questo cavallo; al suo arrivo, sdomo, non c’era modo di mettergli né tantomeno fargli accettare l’imboccatura, inavvicinabile sul lato destro, impossibile da scavalcare […] (Post su Instagram del 25/2/2023).
Il termine, inoltre, non sembra essere utilizzato in riferimento ad altri animali, se non, raramente, altri equidi, come asini o muli:
E se viene portato un asino sdomo magari che tira le pedate si può vedere cosa si può fare coinvolgendo tutti in mezza giornata. (Post nel forum Raglio del 24/11/2012)
Prima di concludere segnaliamo anche il sinonimo sdomato, che appare nel 1661 nella Vergine parigina di Francesco Fulvio Frugoni (vol. III, Venezia, Combi, 1661, p. 184):
Deh ch’io trasogno! E qual più affacevole Corte ad Aurelia di questa tutta Innocente, dove almeno non vede cozzar Montoni petulchi, luzzureggiar Caproni sdomati, grugnire sudici immundi?
In questo caso la s- è stata anteposta al participio passato regolare del verbo domare con valore aggettivale, riferito però non a degli equini, ma a dei caproni. Il termine, sebbene non sia un hapax, è rarissimo. Se ne trovano infatti giusto un paio di esempi recenti su forum di argomento equestre:
gli shetland in maneggio mio...li abbiamo domati noi! per noi intendo io e due ragazze che come me sono leggere, sono arrivati sdomati che di certo avrebbero ucciso i bimbi e quindi dopo tanto tanto lavoro alla corda salivamo noi in sella, per poco tempo ovviamente!... poi il lavoro l’ha concluso un bambino che è molto magro e leggero ma davvero bravetto! (Post nel forum Equiweb.it del 13/11/2006)
Nelle fiere di bestiame, a fine fiera, spesso i soggetti rimasti vengono svenduti anche ad un terzo del prezzo proposto durante la fiera: circa 300/400 € maschi puledri; 400/500 euro femmine puledre; sugli adulti “sdomati” considera 100/200 € in più (Post nel forum Raglio del 23/6/2006)
Come si può osservare, nel primo esempio il registro usato dalla scrivente è piuttosto colloquiale e il termine potrebbe essere, pertanto, una sua estemporanea invenzione. Nel secondo caso invece il termine è virgolettato, spia del fatto che l’autore ne ha preso le distanze, percependone una qualche particolarità.
Rispondiamo, per concludere, al nostro lettore: il termine sdomo può essere considerato corretto e utilizzabile, perché rispetta a pieno le regole italiane di derivazione ed è già stato accolto nell’uso parlato e scritto (anche se in testi settoriali), ma che, almeno per il momento, non è incluso nei repertori lessicografici italiani. Esso infatti appartiene al lessico equestre, ed è questo l’unico ambito in cui risulta effettivamente utilizzato. Possiamo tuttavia affermare che è, in questo campo, preferibile usare sdomo rispetto a indomito perché il primo assume un significato specifico e, potremmo dire, tecnico specialistico, mentre il suo (sulla carta) quasi sinonimo ha un’accezione più vasta e ormai soprattutto figurata: per quanto esistano certamente cavalli indomiti (soprattutto nei miti, nelle leggende o nelle fiabe) è altrettanto certo che per la maggior parte, almeno fino all’intervento umano, essi siano sdomi, cioè non ancora domati, non ancora cavalcati.