Consulenze linguistiche

Tasca e sacca: geosinonimi parziali

  • Cristiana Di Bonito
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2023.28992

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Copyright: © 2023 Accademia della Crusca


Quesito:

Ci sono pervenute varie richieste di chiarimento sulla distinzione tra tasca e sacca.

Tasca e sacca: geosinonimi parziali

Tasca (germanismo) e sacca (che deriva da sacco) non sono parole tra loro collegate dal punto di vista etimologico, ma la connessione risalta sul piano del significato, soprattutto in una prospettiva storica.

In molti casi tasca è usato come sinonimo di sacco e sacca, ma non è sempre chiaro a quale tipo di oggetto i tre lessemi si riferiscano: ciò accade soprattutto nei dizionari di consultazione, che a volte propongono definizioni formulate con l’impiego di sinonimi. Per chiarire questi aspetti è opportuno approfondire i rapporti tra la polisemia di tasca, i referenti che indica e i legami con gli altri due lessemi, considerati anche in base alla loro diffusione geolinguistica; ciò sarà possibile partendo proprio dai dizionari di consultazione.

Per il GRADIT, che con marche d’uso segnala la diffusione delle diverse forme, il lessema tasca appartiene al vocabolario fondamentale (FO): è quindi una parola usata moltissimo nell’ambito della comunicazione quotidiana; al vocabolario fondamentale appartiene anche sacco. Sacca è invece etichettata come parola appartenente al vocabolario comune (CO), cioè al di fuori del vocabolario di base, e usata soprattutto in ambiti tecnico-specialistici (TS).

Per quanto riguarda i diversi significati, tasca, germanismo documentato in area italoromanza dagli inizi del XIV secolo, indica in principio un ‘recipiente di tessuto o di altro materiale, di varia forma, usato per contenere o trasportare oggetti’, che in italiano antico era, a seconda degli ambiti d’uso, un oggetto simile a un sacco, a una bisaccia o a un carniere; la diffusione del lessema con questo significato nei volgari antichi è perlopiù settentrionale, toscana e in parte centrale, con poche e isolate attestazioni in Italia meridionale (come emerge dalla documentazione della voce in corso di stampa per la sezione Germanismi del LEI). Sempre all’idea di ‘oggetto che ha la funzione di contenere qualcosa’ è legato il secondo significato principale di tasca, quello cioè di “sacchetto cucito all’interno di un’apposita apertura del vestito, destinato ad accogliere fazzoletto, portafoglio, chiavi e sim. o usato come pura guarnizione spec. su giacche e cappotti femminili” (così si legge nello Zingarelli 2023): si tratta del significato più diffuso nell’italiano odierno (attestato, come più avanti si vedrà, a partire dal XVI secolo), che di fatto figura come significato principale in tutti i dizionari dell’uso, diversamente da quello di ‘sacco, bisaccia o carniere’, che invece in alcuni casi (GRADIT) è segnalato come obsoleto, in altri (Sabatini-Coletti) è assente.

Tasca entra dunque nell’area italoromanza indicando genericamente un oggetto simile a un sacco, a una bisaccia o a un carniere, per poi specializzarsi, solo in un secondo tempo, nell’àmbito dei tessuti e della moda con il significato oggi in uso. A partire dai due significati principali si sono poi diffusi numerosi derivati, come per esempio taschetto, taschino, tascoccia, che hanno indicato, nel corso del tempo e con lievi sfumature semantiche, il primo e poi il secondo referente, oppure l’aggettivo tascabile, che indica un oggetto di piccole dimensioni e si riferisce al solo significato odierno di tasca. La conformazione di oggetto concavo ha favorito poi, ancora a partire dai due significati principali, la diffusione di accezioni figurate e specialistiche: si pensi, a solo titolo esemplificativo, per il primo significato, alla tasca in àmbito gastronomico (un contenitore di tessuto o di altri materiali usato per guarnire i dolci con creme), oppure alle tasche con le quali, nel lessico dell’anatomia, sono denominate parti del corpo che formano una cavità con la funzione di accogliere o contenere, come la tasca gengivale; ancora, per il secondo significato, si pensi a tutta la fraseologia che i significati figurati di tasca producono (come l’espressione oggi ancora in uso “conoscere qualcuno come le proprie tasche” oppure la locuzione “di tasca propria”, in cui tasca indica per estensione il denaro).

Sulla base della documentazione offerta sia dai corpora dell’OVI, sia dai materiali preparatori della voce per il LEI, che permettono di ricostruire la distribuzione geolinguistica dai volgari antichi ai dialetti, si potrebbe pensare, per tasca, a partire dal suo ingresso in italoromanzo e dunque nel suo significato più antico, a una graduale espansione in area settentrionale ai danni del più antico sacco, diffuso soprattutto nelle varietà toscane e successivamente anche nei dialetti meridionali, ma rimasto, per indicare l’originario referente, anche in italiano.

Stando infatti alla documentazione offerta dai dizionari storici e dai dizionari dell’uso, sacco ha indicato con continuità a partire dal XIII secolo un recipiente di tessuto o di altro materiale, di varia forma, usato per contenere o trasportare oggetti: questo è anche oggi il suo significato principale, alla base di tutte le specializzazioni successive, che, come per tasca, si riconducono sempre a contenitori di tessuto o di altro materiale.

Tra le diverse forme derivate da sacco (tra cui il diminutivo sacchetto, usato oggi anche nel senso di ‘busta per la spesa’) c’è anche, come si è detto, il femminile sacca, lessema che ha come principale significato quello di ‘borsa (o sacco) di tessuto con una chiusura nella parte superiore, usata per contenere e trasportare oggetti o indumenti’; anche per sacca si registra una ricca varietà di usi figurati e accezioni tecniche e specialistiche: si pensi all’àmbito medico, in cui con sacca si indica un “involucro di materia plastica per conservare il sangue destinato alle trasfusioni” (Zingarelli 2023); all’ambito aeronautico, in cui il “vuoto d’aria” è denominato sacca (GRADIT); ancora nell’ambito medico e anatomico, con sacca, proprio come con tasca, è indicata ogni “formazione anatomica o patologica sacciforme” (GRADIT). Un ulteriore significato di sacca, oggi da circoscrivere all’area centro-meridionale, è poi quello coincidente con il significato odierno di tasca.

Da un’analisi semantica e onomasiologica in una prospettiva lessicografica emergono dati interessanti che spingono ad approfondire i rapporti di sinonimia tra tasca, sacco e sacca e le loro relazioni con i rispettivi referenti nell’italiano (o tra le varietà dell’italiano) odierno.

Nelle definizioni dei dizionari risalta la relazione semantica tra i tre lessemi, usati talvolta come reciproci sinonimi.

Prendendo come esempio il GRADIT, il Vocabolario Treccani online e lo Zingarelli 2023, ecco ciò che si legge a proposito dei significati principali di tasca:

GRADIT:
FO
1. sorta di sacchetto cucito all’interno di un vestito per riporvi piccoli oggetti che si vogliono portare con sé o applicato all’esterno e usato come guarnizione e rifinitura: pantaloni a cinque tasche, mettere le mani in tasca, avere la tasca scucita; pagare, spendere di tasca propria, con i propri soldi | conoscere come le proprie tasche, conoscere molto bene
2. estens., scomparto interno di portafogli, valigie e sim.: un portadocumenti a più tasche
3. OB LE borsa, sacca: dal collo a ciascun pendea una tasca (Dante) […]

Vocabolario Treccani:
1.a. Elemento dei capi di vestiario, da uomo e da donna, costituito da una specie di sacchetto di tessuto, per lo più di fodera, che ha la funzione di contenere piccoli oggetti d’uso personale (t. vera), ma a volte ha solo funzione ornamentale di guarnizione e rifinitura (t. finta) […] c. ant. o raro. Borsa, sacca, bisaccia: dal collo a ciascun pendea una tasca Ch’avea certo colore e certo segno (Dante); il terzo premio ... fu una t. da tenere il pane, lavorata di lana mollissima e di diversi colori (Sannazzaro) […].

Zingarelli 2023:
1 sacchetto cucito all’interno di un’apposita apertura del vestito, destinato ad accogliere fazzoletto, portafoglio, chiavi e sim. o usato come pura guarnizione spec. su giacche e cappotti femminili: tasca tagliata, a battente, a toppa
[…]
4 † sacca, borsa: tasca per la biancheria, per i ferri del mestiere

Il diminutivo sacchetto (per il GRADIT e per lo Zingarelli) e il femminile sacca sono i lessemi usati per indicare rispettivamente il significato odierno e quello antico di tasca.

Tasca è poi parola che figura nel GRADIT come glossa del lemma sacco per un’accezione segnalata come obsoleta, che sembrerebbe comunque riferirsi a un sacchetto cucito, legato o inserito in un elemento del vestiario, dunque vicina (ma non ancora coincidente) al significato odierno di tasca: “16. OB tasca | portafoglio”.

Di seguito invece ciò che risulta dalla consultazione dei principali significati del lemma sacca nei dizionari dell’uso:

GRADIT:
1a. CO borsa o sacco di tessuto, pelle o altro materiale, chiuso in alto da una cerniera o da altro tipo di chiusura, usato per riporvi oggetti, indumenti, biancheria, ecc.: sacca per la spesa, da viaggio […]
2. RE merid., tasca

Vocabolario Treccani:
s.f. [der. di sacco]. – 1. a. Sacco largo e non molto profondo, di stoffa, pelle, plastica e sim., di grandezza varia, generalm. chiusa nella parte superiore da una cerniera oppure da un laccio che passa attraverso fori praticati lungo il bordo della parte superiore, usato per tenervi o trasportare oggetti varî: s. da viaggio; s. da ginnastica; s. da piedi, corta sacca foderata di pelliccia, usata, spec. in passato, per infilarvi i piedi, tenendoli così al caldo mentre si sta seduti. Anche, bisaccia: la s. dei frati cercatori. b. merid. Tasca.

Zingarelli 2023:
1 sacco largo e poco profondo, di materiale flessibile, usato per tenervi viveri, indumenti, biancheria e sim.: sacca da viaggio, da notte; sacca da piedi, foderata di pelliccia per tenere caldi i piedi; bisaccia: la sacca dei frati questuanti; borsa da lavoro, da spiaggia e sim.
[…]
3 merid. tasca

I tre dizionari, quindi, a proposito di sacca, si riferiscono alla sua circolazione regionale (accenno assente, come si è detto, nel Sabatini-Coletti), ma come significato “meridionale” si limitano a proporre soltanto il sinonimo “tasca”. In assenza di una definizione più completa è implicito che per tasca qui si intende, secondo l’accezione odierna, la ‘parte di tessuto cucita all’interno o all’esterno di un indumento’ per accogliere portafogli o altri oggetti; come accade anche nei casi segnalati precedentemente, però, il fatto che non sia chiarito esplicitamente quale sia il referente della “tasca” nominata dai dizionari può generare confusione, tanto più se si osserva invece un meno frequente ricorso ai tre lessemi come sinonimi nel ricco Dizionario dei sinonimi e contrari Treccani a cura di Raffaele Simone [2003].

Come si è visto, appare abbastanza chiaro, in una prospettiva storica, il collegamento semantico tra tasca e sacco. Sacco conserva infatti tuttora il significato di ‘borsa, bisaccia o carniere’, che invece tasca ha perduto nel corso del tempo. Di tipo geografico è la relazione semantica tra tasca e sacca, che, stando ai dizionari dell’uso, solo in area meridionale sono sinonimi nell’accezione odierna di tasca, quella cioè relativa al vestiario.

Se, per quanto riguarda sacca, si consultano i dizionari storici, si rileva che la terza e la quarta edizione del Vocabolario della Crusca riportano il solo significato di “sorta di sacco”; la terza riferisce un’unica attestazione in Jacopone, mentre la successiva registra un uso estensivo della parola in Galilei; il Tommaseo-Bellini presenta una documentazione più ampia, ma ancora riferita allo stesso significato (“sacco più corto dell’ordinario”, con diverse specializzazioni).

Il GDLI conferma invece per sacca la diffusione meridionale del significato di ‘tasca’; s.v. sacca, infatti, il significato n. 11 “Region. disus. Tasca” è illustrato da passi di autori di provenienza meridionale (Tommaso Campanella, Giacomo Lubrano, Antonio Genovesi). Nella stessa voce sembrerebbe di un autore ferrarese, Antonio Tebaldi detto Tebaldeo (1463-1537), la prima attestazione di sacca nel senso attuale di ‘tasca’. La situazione però è probabilmente diversa. La citazione induce infatti a ipotizzare che in questo caso, nei suoi versi che in realtà sono di ambientazione bucolica (Egloghe boscherecce del secolo XV, XVI, Venezia, presso Antonio Zatta e figli, 1785, p. 61), l’autore non si riferisca a una ‘tasca cucita in un capo d’abbigliamento’, ma a uno degli strumenti del pastore, cioè, per l’appunto, a un sacco o bisaccia, secondo il primo significato proposto per sacca dal GDLI.

In questa accezione ancora antica infatti vi sono anche altre parole semanticamente affini a tasca, sacco e sacca: si pensi a zaino, specializzatosi proprio come termine tecnico della poesia bucolica (Nicola De Blasi, Francesco Montuori, “Moniello”, “zaino” e le coordinate spaziali del Dizionario storico del napoletano, in Gianna Marcato [a cura di], Tra lingua e dialetto. Atti del Congresso Internazionale di studi, Sappada/Plodn, 25-30 giugno 2009, Bologna, Unipress, 2010, pp. 27-41, con accenno a tasca ‘borsa’ a p. 31). Una ricerca nella Biblioteca Italiana Zanichelli (BIZ) conferma poi sia per il singolare sacca, sia per il plurale sacche una documentazione quasi esclusiva della stessa accezione più antica. Di fatto anche per il derivato saccoccia, oggi usato con il significato odierno di ‘tasca’ a Roma ma anche diffusamente in Piemonte e in Lombardia (anche in usi figurati, come per l’espressione romanesca pigliarsela in saccoccia), in attesa di più approfondite ricerche sembra per ora ipotizzabile una storia affine. La sua fortuna recente, legata a una certa idiomaticità soprattutto romanesca, può collegarsi alla sua larga diffusione letteraria già precedente e in autori di diverse aree. Ѐ interessante notare la sua presenza nel capitolo XV dell’edizione “ventisettana” dei Promessi Sposi (“vien uno con un pane in saccoccia”): stando a una prima indagine nella documentazione disponibile in Google libri e nella BIZ, si rileva che le occorrenze della parola (sporadiche prima di Manzoni) sembrerebbero in aumento proprio nel corso dell’Ottocento, nonostante il lessema saccoccia, forse percepito dall’autore come locale, sia stato poi sostituito con tasca nella “quarantana” (e di fatto nel 1893 Rigutini scriverà nel suo Vocabolario della lingua parlata che saccoccia “in alcuni luoghi si usa per lo stesso che Tasca; ma a Firenze molto di rado”). Tuttavia, la saccoccia manzoniana sembrerebbe alludere ancora a una sacca (da viandante) più che a una tasca nel senso attuale.

Tornando a sacca, l’indicazione di obsolescenza (“disus.”) posta nel GDLI, insieme con quella “region.”, in corrispondenza della glossa “tasca”, è forse motivata dal fatto che le occorrenze registrate arrivano fino al Settecento (con un salto al Novecento per un’unica testimonianza del significato “con metonimia” di ‘denaro’); ciò tuttavia suscita qualche dubbio, poiché non è chiaro se il redattore registri una obsolescenza soltanto in italiano o anche, data la marca areale indicata, nelle varietà regionali. Sulla base dei dati presentati è certo però che, nella documentazione offerta dal GDLI, la “tasca” con cui si glossa sacca, almeno nei versi del Tebaldeo, non è la stessa ‘tasca’ di un qualsiasi indumento odierno.

Nel Dizionario Enciclopedico Italiano Treccani si legge infatti che la tasca di indumento comincia a far parte dell’abito maschile a partire dal Cinquecento; nel dizionario tecnico Le parole della moda di Antonio Donnanno (Milano, Ikon Editrice, 2001, s.v. tasca) si precisa inoltre che essa

apparve per la prima volta intorno al 1500, applicata all’interno dei calzoni maschili. Il suo uso scomparve per lungo tempo e riapparve alla fine del 1600 e nel 1700, epoca in cui troviamo le tasche sia sul davanti sia sul dietro delle marsine, poste orizzontalmente con alette sagomate e bottoni. Infine, negli ultimi anni del 1800, comparvero varie fogge di tasche e furono ampiamente usate nei vari modelli di abbigliamento.

Il GDLI registra dunque sacca in un’accezione di ‘tasca di indumento’ non propriamente coincidente con quella odierna di tasca (che presuppone un’apposita apertura di un indumento per potervi cucire un sacchetto), ma probabilmente in riferimento al modello posto “sia sul davanti sia sul dietro delle marsine” (aspetto che spiegherebbe la documentazione già relativa quasi sempre al plurale sacche) precedente rispetto al modello moderno da noi oggi conosciuto. L’obsolescenza sembrerebbe dunque riferita al solo referente specifico ormai in disuso: proprio come sinonimo della ‘tasca di indumento’ odierna, infatti, sacca è in uso nei dialetti (pur se limitatamente all’area meridionale). Se ne trova conferma nella carta 1563 dell’Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale (AIS) intitolata “frugare nelle tasche”, in cui, oltre al panitaliano tasca, a saccoccia di diffusione centrale, mediana e settentrionale e ad altri tipi lessicali registrati in altre aree dialettali (come il veneto scarsella), emerge con efficacia una distribuzione piuttosto ricca e uniforme del lessema sacca, presente in tutta la Campania, ma anche in Basilicata e in poche altre aree meridionali (con rarissime occorrenze anche al Nord). La vitalità odierna di sacca ‘tasca di indumento’ nei dialetti trova ulteriore conferma nella lessicografia dialettale napoletana e campana, nonché in testi letterari ma anche non letterari, dai periodici dialettali napoletani come “Lo cuorpo de Napole e lo Sebbeto” (“Dommeneca a miezojuorno duje latre mmiezo a lo llario de lo Mercatiello se divertivano a ghì arrobbanno pe dinto a le ssacche de li signure”) alle formule introduttive di canti “a fronna ’e limone” di Napoli e dintorni (“Bell’ ’e Totore. / Dinto ’a sacca s’hanno pigliato ’o muccaturo”).

Il fatto che negli odierni dizionari dell’uso un lessema come sacca sia registrato, seppur con la marca d’uso “regionale”, nella sua accezione ormai prettamente dialettale, si potrebbe spiegare considerando innanzitutto la diretta derivazione da sacco, ma anche, come emerge dalla documentazione del GDLI, tenendo conto di una sua prima diffusione, non ancora propriamente moderna ma già legata all’ambito del vestiario, in testi italiani (scritti in verità da autori di provenienza meridionale).

In conclusione e tornando ai rapporti di sinonimia tra tasca, sacco e sacca, si può infine chiarire che solo in relazione al suo significato antico tasca è sinonimo di sacco; il significato odierno di tasca, invece, va certamente considerato in rapporto con sacca, ma quest’ultimo lessema, più che un sinonimo, sarebbe in realtà una sorta di geosinonimo, diffuso prima in alcune varietà di italiano locale con un referente ancora non del tutto equivalente a quello moderno, poi rimasto in alcuni dialetti. Quindi possiamo dire che sacca nel senso di ‘tasca’ è forma dialettale, mentre è italiano il significato di ‘borsa o sacco di tessuto, pelle o altro materiale, chiuso in alto da una cerniera o da altro tipo di chiusura’.

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