Consulenze linguistiche

L’ora libera a scuola? Esiste e ha diversi nomi

  • Kevin De Vecchis
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2023.27974

Licenza CC BY-NC-ND

Copyright: © 2022 Accademia della Crusca


Quesito:

Alcuni lettori e alcune lettrici chiedono delucidazioni su quale sia la forma corretta da utilizzare tra ora buca, ora buco, ora di buca e ora di buco per indicare l’ora in cui una classe o un insegnante sono “liberi” dalla lezione e quale sia il plurale in caso di più ore.

L’ora libera a scuola? Esiste e ha diversi nomi

Nelle scuole di qualsiasi ordine e grado (e non di rado anche all’università) è possibile che l’orario di lavoro giornaliero di un/una docente non sia continuativo (per es. il lunedì mattina la professoressa Rossi insegna italiano alla prima e alla seconda ora e storia alla quarta) o che una classe rimanga, come si dice in gergo scolastico, “scoperta” (ossia priva dell’insegnante) per un’ora o più (per es. il professor Bianchi è in malattia e martedì non potrà svolgere le sue due ore di matematica).

Queste due situazioni, seppur diverse (la prima riguarda infatti l’orario lavorativo dell’insegnante, la seconda quello della classe), in ambito scolastico vengono solitamente denominate nello stesso modo, ossia con le espressioni riportate nei quesiti che ci sono pervenuti (ossia ora buca, ora buco, ora di buca e ora di buco). Tuttavia, è difficile stabilire quale sia la forma più giusta perché, come vedremo, il quadro dipende da diversi fattori interni ed esterni alla lingua: 1. l’ampio ventaglio di possibilità alternative (oltre alle espressioni elencate, si hanno anche locuzioni più generiche, per es. ora libera e ora di pausa, o di tipo gergale, come ora di spacco); 2. la possibilità di riscontrare la stessa situazione anche in altri mestieri (si pensi a chi lavora in esercizi commerciali o in punti vendita come i supermercati che spesso ha un orario lavorativo definito spezzato, ossia diviso in due o più turni durante la giornata e quindi con diverse pause prolungate); 3. la mancanza di una denominazione ufficiale da parte del Ministero (si parla piuttosto di ora a disposizione che è tuttavia differente: in questo caso l’insegnante deve essere presente a scuola per svolgere ad esempio supplenze in altre classi); 4. la presenza della componente regionale che esercita un forte influsso sul lessico (e non solo) della nostra penisola (cfr. la risposta su Regionalismi e geosinonimi di Raffaella Setti).

Prima di analizzare singolarmente le diverse denominazioni al fine di caratterizzarle con più attenzione da un punto di vista linguistico, teniamo presente che il punto di partenza sia il sostantivo buco (derivato da buca) nella sua accezione di ‘intervallo di tempo libero in un orario di lavoro’ (Zingarelli 2023).

Ora di buco

La locuzione ora di buco (sostantivo + preposizione + sostantivo), al plurale ore di buco, non è attestata dalla lessicografia italiana (né s.v. ora né s.v. buco), nonostante la presenza di circa 9.090 risultati (5.790 al plurale) nella pagine italiane di Google (stringa di ricerca: “ora di buco” + “scuola” per evitare espressioni concorrenti con diversa accezione; data 15/9/2022).

In italiano, la polirematica risulta attestata già intorno agli anni Settanta del Novecento (come suggeriscono testimonianze certe dalla Toscana). Una ricerca su Google libri ci offre un esempio leggermente più tardo, tratto da un’opera teatrale risalente al 1987:

GIUSEPPE - (vinto dall’insistenza di Elisa, si dispone a raccontare l’episodio) Dunque. Un mattino, durante un’ora di buco, la bidella mi dice che la preside mi vuol parlare. (Stefania Porrino, Lilli, “Ridotto”, 10-11 (1987), p. 87; l’autrice è romana)

Dello stesso anno è anche un articolo di Andrea Binazzi, autore toscano, intitolato L’ora di buco, (“Belfagor”, 42/6, pp. 717-721), in cui l’autore si riferisce alla vicenda burocratica dell’ora di religione nell’orario scolastico. Più sicuro è questo esempio tratto da un articolo apparso sulla “Repubblica” (l’espressione compare anche in un articolo del 1985, ma in un senso leggermente diverso):

Si decida questo e la questione è risolta. Per la parte ideologica s’intende. Perché poi non mi possono chiedere di fare ogni giorno solo la prima e l’ultima ora lasciandomi tre ore di buco nel mezzo (Luca Villoresi, ‘Io difendo la libertà’ dei ragazzi, “la Repubblica”, 10/10/1987; nell’articolo si parla di un’insegnante di religione del liceo Virgilio di Roma)

Si hanno poi molti esempi negli anni Novanta, la cui quasi totalità proviene da Roma:

Nelle ore di buco o a ricreazione, stilavamo sottovoce gli elenchi e, in una sarabanda capricciosa influenzata dagli umori del momento, i nomi degli invitati rimbalzavano dal capo della lista alla fine, e viceversa. (Maria Grazia Cessese Serrao, L’estate degli inganni, Roma, Il Ventaglio, 1992, p. 23; alla riga precedente appare scritto “Terenzio Mamiani”, probabilmente l’autrice fa riferimento al liceo romano omonimo)

Nelle ore di buco sto spesso con Diotallevi, il professore di educazione fisica che ha da fare ancora meno del solito (Marco Lodoli, Grande Circo Invalido, Torino, Einaudi, 1993, p. 88; l’autore romano ha insegnato fino allo scorso anno, per decenni, alla scuola Sandro Pertini di Roma)

Non voglio dire che non esistono insegnanti/massaie che arrivano con trafelato ritardo dopo aver accompagnato i figli a scuola, corrono in classe a lavorare, sgattaiolano nell’ora di buco per fare un po’ di spesa o pagare bollette (Conversazione con Domenico Starnone: il sottile dispiacere dell’ironia, a cura di Paola Gaglianone, Roma, Omicron, 1996, p. 29; Starnone è nato a Napoli, ma ha insegnato a lungo nelle scuole di Roma)

E sapevo che la Brosnan, la nostra prof. di biologia, se ne andava in giro quando aveva un’ora di buco in cerca di studenti che avevano fatto sega (Conor McPherson, Il pergolato di tigli, traduzione di Alfredo Rocca, Roma, Gremese Editore, 1999, p. 13; l’esempio è marcato diatopicamente per via dell’espressione fare sega ‘marinare la scuola’, tipica di Roma e dell’Italia centrale)

Gli esempi, come mostrato, sono quasi tutti riconducibili all’area romana e toscana (ve ne sono anche altri, non riportati, provenienti da Grosseto e Velletri; preziosa anche una testimonianza orale dalla zona del Valdarno aretino). È possibile, dagli anni Duemila in poi, che l’espressione si sia diffusa su larga scala nel territorio nazionale per via del ruolo di Roma, città in cui ancora oggi si è mantenuta la preferenza per tale forma, come dimostrano questi esempi recenti:

In questo caso si può coprire l’ora di buco, ma non si può chiamare un supplente (Diana Romersi, Visconti senza insegnanti. Solo un’ora di Dad al giorno, “Corriere della Sera”, 21/1/2022, p. 3; il Visconti è un liceo di Roma)

La docente del liceo Righi che ha detto a una studentessa con la pancia scoperta, «ma che stai sulla Salaria?», subirà una sanzione disciplinare. La commissione Scuola della Regione Lazio, invece, ne parlerà in una riunione. I fatti risalgono a lunedì: la supplente era entrata nell’aula durante un’ora di buco e aveva visto la ragazza, R., 16 anni, con l’ombelico scoperto intenta a ballare per un video da postare su TikTok. «Stavo recitando una canzone di Sanremo», dirà poi lei (Valentina Lupia, Una sanzione disciplinare per la prof del Righi, repubblica.it, 17/2/2022; anche il Righi è un liceo romano)

Ora di buca

Si tratta di una locuzione analoga alla precedente (al plurale ore di buca), ma raramente attestata. Sulle pagine in italiano di Google si hanno soltanto 1.460 risultati per il singolare e 1.410 per il plurale (stringa di ricerca, anche stavolta: “ora di buca” + “scuola”, 14/9/2022). Su Google libri il primo e unico risultato risale al 1999:

Il ragazzo (con l’aria di chi si vuole scusare): «Li faccio a scuola, nell’intervallo o durante le ore di buca quando mancano gli insegnanti oppure quando sono interrogati gli altri» (Maria Rita Parsi, Trilogia della città di R., Milano, Mondadori, 1999, p. 61; l’autrice è una nota psicologa romana)

Si hanno poi altre poche attestazioni nel XXI secolo, tra cui è interessante la testimonianza di una studentessa di un liceo di Torino che ha svolto nel 2011 uno stage all’Università Tor Vergata di Roma:

Magari tra un cosa e l’altra c’era un’ora di ‘buca’, magari dovevamo aspettare che cuocessero i vetrini, forse si potevano ridurre le ore in generale (Studenti-ricercatori per cinque giorni, a cura di Liù M. Catena, Francesco Berrilli, Ivan Davoli, Paolo Prosposito, Milano, Springer, 2014, p. 227)

Ci riporta al Piemonte anche l’unico esempio presente sulla “Repubblica”, in cui si possono leggere le parole di una studentessa di Novi Ligure (AL):

Monica Pisani, Ilaria Mondo e Rita Gazzo, frequentano la quarta A dell’istituto professionale commerciale Boccardo di Novi; dicono che a Milano neppure ci pensano: «Io e Monica, faremo Economia e commercio; Rita, Giurisprudenza. A Genova è meglio: nelle ore di buca possiamo andare al mare» (Bruno Persano, E a Novi Genova ha perso il suo appeal, repubblica.it, 8/10/2000)

Di primo acchito sembrerebbe un’espressione propria dell’area piemontese (almeno a Torino e a Novi Ligure), con un’attestazione anche in area romana. Nella capitale (ma non solo), infatti, buca è abbastanza vitale in alcune espressioni gergali, per es. dà(re) buca ‘mancare a un appuntamento’, fà(re) la buca ‘aspettare a lungo qualcuno’ (quest’ultima più giovanile; cfr. Vocabolario del romanesco contemporaneo di Paolo D’Achille e Claudio Giovanardi). È vitale, invece, in fiorentino l’esclamazione fa buca ‘di luogo in cui arrivi continuamente gente di ogni genere (sottintendendo che spesso si tratta di persone un po’ particolari)’ (cfr. Vocabolario del fiorentino contemporaneo di cui è responsabile Neri Binazzi).

Ora buco

La locuzione ora buco, formata da due sostantivi, può essere interpretata come un composto di tipo subordinativo, in cui il secondo elemento svolge la funzione di complemento (l’ora del buco nell’orario lavorativo) e vi è l’omissione della preposizione (ora di buco > ora buco capo della fila > capofila), o come un composto appositivo, in cui sempre il secondo elemento può determinare il significato del primo svolgendo una funzione quasi aggettivale (la stessa formazione, ad esempio, di madre coraggio). Prima di verificarne la diffusione sul territorio italiano, vediamo come si forma il plurale. Di norma i composti subordinativi e appositivi lasciano invariato il secondo elemento (ora buco - ore buco sul modello di capofila - capifila, madre coraggio - madri coraggio), ma non sono estranei casi in cui si volge al plurale proprio il secondo elemento lasciando immutato il primo (ora buco - ore buco ora buchi sul modello di fondovalle - fondivalle fondovalli, su cui cfr. S. C. Sgroi, Risposta ai quesiti di vari lettori sul plurale di fondovalle, “La Crusca per voi”, n. 54 (2017), p. 15). Inoltre, non si esclude del tutto neanche la possibilità di volgere al plurale entrambi gli elementi, soprattutto se si interpreta il composto come di tipo coordinativo (ora buco - ore buchi sul modello di studente lavoratore - studenti lavoratori). Un’altra tendenza dell’italiano contemporaneo, che si individua soprattutto nelle classi nominali, è quella dell’invariabilità (ora buco - ore buco le ora buco sul modello di fondovalle - fondivalle i fondovalle), che in questo caso è, però, poco probabile. In questo mare magnum di possibilità sarebbe preferibile la forma ore buco. La prevalenza di questa forma è in effetti testimoniata anche dalle pagine in italiano di Google (i cui risultati, ricordiamo, non sono molto affidabili, ma ci forniscono comunque un’indicazione): l’unico plurale che produce abbastanza risultati è infatti ore buco (stringa di ricerca “ore buco” + “scuola”: 2.150 risultati; “ore buchi” + “scuola” e “ora buchi” + “scuola” hanno circa 10 risultati ciascuno, mentre “le ora buco” + “scuola” nessun risultato). Specifichiamo che la forma singolare (“ora buco” + “scuola”) ha circa 8.910 risultati (tutti i dati sono aggiornati al 15/9/2022).

Su Google libri la prima attestazione risale agli anni Settanta del Novecento (leggermente prima rispetto a quella di ora di buco), a cui ne seguono altre due degli anni Novanta. Nelle prime due la locuzione è unita tramite trattino, nell’ultima buco è tra virgolette, sintomo dell’instabilità nella lingua italiana:

Cosicché le sue classi son costretti a succiarsele i colleghi con qualche ora-buco (Mario Lunetta, Dell’elmo di Scipio, Venezia-Padova, Marsilio, 1974, p. 209; autore romano che insegnò italiano presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale “Giuseppe Garibaldi” di Roma)

“Per il momento non ho molto da fare” rispose Iruan studiando l’ospite con evidente simpatia. “Neanche io. Ho un’ora-buco” (Ina Sicchi Abbandonza, Chi era Iruan?, Roma, Serarcangeli, 1995, p. 12; l’autrice è nata a Fiume)

“Nelle ore ‘buco’ o quando finivo presto le lezioni, raggiungevo Anna e Micol che erano in giro a fare la spesa (Maurizio Lichtner, Le prime parole. Diario di una bambina, Roma, Meltemi, 1999, p. 19; si tratta di un libro in cui l’autore, che ha insegnato pedagogia generale alla Sapienza, annota le prime parole della figlia. Al momento della narrazione Lichtner è docente di storia e filosofia in un liceo di Alatri)

Non ci sono, invece, risultati sugli archivi della “Repubblica” e del “Corriere della Sera”. Tuttavia, la vitalità dell’espressione, seppur molto debole, è testimoniata da alcuni blog:

Se si tratta di un’ora “buco”, creata da un orario settimanale imperfetto, infatti non è sempre possibile assicurare a tutti i docenti la presenza a scuola solo per il numero di ore contrattualizzate, nell’incastro tra le esigenze di ciascuno capita a volte di avere un intervallo tra una lezione in classe e l’altra, l’ora non va retribuita (Supplenza con ora a disposizione e di ricevimento, obbligo e retribuzione, orizzontescuola.it, 24/1/2017)

O da documenti ufficiali di alcune scuole, come questo intitolato Criteri generali per la formulazione dell’orario di servizio e sull’utilizzo dell’orario di lavoro dei docenti dell’Istituto comprensivo statale “A. Manzoni” Amorosi (BN), in cui si legge: “Vi saranno max 2 ore buco per ciascun docente, tranne nel caso di docenti che accettano ore eccedenti”.

Ora buca

L’espressione ora buca è una polirematica in cui il secondo elemento è interpretabile in due modi diversi. Nel primo caso si ha sostantivo + sostantivo e la trattazione è del tutto analoga a quanto già detto per ora buco: si può ritenere il composto di tipo subordinativo (l’ora della buca nell’orario lavorativo) con omissione della preposizione (ora di buca > ora buca), o di tipo appositivo, ossia buca determina il significato di ora. Nel secondo caso, invece, si ha sostantivo + aggettivo (buca ‘bucata, vuota’): si tratterebbe, dunque, di un’ora vuota. A sostegno di questa interpretazione viene la lessicografia italiana: lo Zingarelli 2023 e il Sabatini-Coletti registrano l’espressione avere un’ora buca ‘non avere impegni, avere una pausa di un’ora durante un’attività lavorativa’ s.v. buco ‘agg., forma rara per bucato’.

Queste possibili interpretazioni degli elementi che costituiscono la nostra locuzione portano a una forte incertezza sulla forma del plurale. Come abbiamo detto per ora buco, ribadiamo che se ora buca è un composto di tipo subordinativo o appositivo dovrebbe diventare al plurale ore buca; se, invece, è un composto sostantivo + aggettivo, allora la forma dovrebbe essere ore buche. Le altre opzioni sono senz’altro da evitare (ora buche, le ora buca).

Cosa ci dicono i risultati sulle pagine in italiano di Google? La stringa di ricerca per il singolare “ora buca” + “scuola” ha circa 3.480 risultati; per il primo plurale “ore buche” + “scuola” 3.380 r., per il secondo “ore buca” + “scuola” circa 571 r. (dati aggiornati al 15/9/2022).

Se cerchiamo, invece, in Google libri, la prima attestazione della locuzione risale alla metà del Novecento, molto prima delle altre espressioni trattate in precedenza:

Oggi avevo giusto qualche ora buca mentre aspetto alcuni buoni amici, che mi porteranno, in un’ora, a Bellavista, per del merluzzo fresco (F. J. Billeskov Jansen, “I grandi romanzi filosofici di Kierkegaard”, in Studi Kierkegaardiani, a cura di Cornelio Fabro, Brescia, Morcelliana, 1957, pp. 69-92, a p. 72; sembra un passo di un romanzo di Kierkegaard)

Al plurale, invece, risulta attestata, già a partire dagli anni Sessanta, soltanto ore buche:

La maggior parte relativa (12,7 %) ha mosso vari appunti all’istituto universitario, avanzando in particolare critiche all’orario delle lezioni (scarso coordinamento del calendario accademico, «ore buche», sovrapposizioni di lezioni, di laboratori internati) o lamentando disfunzioni didattiche (Pasquale Scaramozzino, Un’indagine sugli studenti dell’Università di Pavia, “Il Politico”, 29, 1964, p. 234)

Perché non tollerano le ore “buche” ed esigono che tali “buche” siano tappate (Virgilio Budini, La scuola si diverte, Milano, Feltrinelli, 1967, p. 204)

Alcuni studi linguistici ci offrono qualche coordinata geografica sull’uso di tale locuzione (già l’attestazione apparsa sul “Politico” suesposta era relativa alla città di Pavia). Uno di questi ci conduce in Sicilia: nello studio linguistico di Alfonso Leone (L’Italiano regionale in Sicilia, Bologna, Il Mulino, 1982, p. 39, n. 19) si legge in nota: “E si sente anche ora buca, con buco piegato ad aggettivo”. L’altra attestazione appartiene al punto geografico opposto, ossia al Canton Ticino. Alessio Petralli (L’italiano in un cantone: le parole dell’italiano regionale ticinese in prospettiva sociolinguistica, Milano, Franco Angeli, 1990, p. 166) scrive: “altre formulazioni peculiari dell’IRT [Italiano Regionale Ticinese] sono docente itinerante […] e ora buca ‘ora di lezione, non iniziale e non finale, che non ha luogo’”. Ci conducono al Nord, in Lombardia, anche alcune attestazioni reperibili dagli archivi dei giornali. Ne riportiamo soltanto due:

Così, con l’avvicinarsi dell’esame di Maturità sei studenti della 5A del liceo artistico Boccioni hanno preso in mano la situazione. «Ci siamo resi conto di avere lacune e di essere indietro in italiano e storia, quindi abbiamo recuperato i programmi del quinto anno e ci siamo organizzati per fare noi lezione durante le ore buche», spiega Sara Leuzzi, 18 anni (Sara Bernacchia, La scuola, repubblica.it,  2/2/2022; si fa riferimento al liceo Boccioni di Milano)

E domani si ricomincia: quattro ore buche e una di lezione. Non ne possiamo più, sono settimane che ci lamentiamo (Annachiara Sacchi, Parini, manca la prof. «Ci dimettiamo dalle lezioni», “Corriere della Sera”, 25/1/2007, p. 7; si fa riferimento al liceo Parini di Milano)

La parola ai docenti: una piccola inchiesta

Per concludere e rispondere così ai dubbi delle lettrici e dei lettori, abbiamo svolto una piccola indagine che ha visto protagonisti 100 insegnanti provenienti da tutta Italia. Abbiamo somministrato loro un piccolo questionario online composto da due semplici domande: 1. Come chiama l’ora in cui l’insegnante non risulta in servizio, ma che viene assegnata al suo orario di lezione? O semplicemente l’ora in cui manca l’insegnante? O semplicemente lo spazio di un’ora tra una lezione e l’altra dell’insegnante? 2. Come lo chiama se sono più ore?

Queste sono le risposte ottenute per quanto riguarda la prima domanda:



Relativamente alla forma plurale, i dati raccolti sono i seguenti:

ora di buco (50)    >    ore di buco (47), buchi (2), ore buco (1);
ora buca (41)        >    ore di buca (4), ore di buco (1), ore buche (27), ore buca (8), nessuna risposta (1)
ora buco (4)          >    ore di buco (1), ore buco (3)
buco (3)                >    ore di buco (1), buchi (1), ore buco (1)
ora libera (1)         >    ore libere (1)
ora di spacco (1)   >    ore di spacco (1)

In totale, dunque, la forma plurale più utilizzata in ordine decrescente:


Ciò che ci interessa, tuttavia, è vedere, come abbiamo già potuto notare nel corso della risposta, la disposizione delle espressioni nel territorio italiano.


Conclusioni

Nella nostra lingua esistono varie locuzioni in cui la testa è rappresentata dall’elemento ora.

La maggior parte delle espressioni è quasi sempre composta dallo schema sostantivo + preposizione + sostantivo. Abbiamo, infatti, l’ora di punta ‘periodo del giorno in cui il traffico nelle vie cittadine è più intenso’, la cosiddetta ora d’aria (o, nel burocratese, ora di socialità) ‘tempo concesso ai detenuti da trascorrere all’aperto all’interno del carcere’; in astronomia ora di porto ‘ritardo col quale si manifesta l’onda di marea rispetto al passaggio della Luna sul meridiano del luogo’. Sulla base di tale modello e sull’esistenza di buco nel senso di ‘intervallo di tempo libero in un orario di lavoro’, deve essersi formata la locuzione ora di buco, che, come abbiamo visto, è vitale in area romana e toscana e non crea difficoltà per la formazione del plurale.

Se ragioniamo sempre in base a procedimenti analogici con altre formazioni, in italiano non sono rare neanche composizioni in cui ora è seguito da un aggettivo. Sono attestate forme come ore bruciate ‘prime ore del pomeriggio in estate, quando la calura è più forte’, ore piccole ‘ore dalla mezzanotte all’alba’, ore straordinarie ‘ore lavorate oltre il numero stabilito dal contratto di lavoro, retribuite con una maggiorazione percentuale rispetto alle normali’ (ma c’è anche ore di [lavoro] straordinario), ore canoniche ‘ore stabilite per la recita delle varie parti dell’ufficio divino o breviario’. Su questo modello possiamo basare la nascita di ora buca, in cui buca vale bucata (l’accorciamento del participio passato in tale modo è però tipico soprattutto dell’area toscana) e ha funzione aggettivale. In questo caso il plurale da utilizzare è ore buche. Tuttavia, nulla vieta di interpretare ora buca come composto da due sostantivi: in tal caso il plurale sarebbe ore buca. La locuzione ora buca, se presenta come aspetto negativo proprio l’oscillazione del plurale, vanta tra i lati positivi l’anteriorità rispetto alle altre espressioni, la registrazione lessicografica e il fatto di essere usata tanto al Sud quanto al Nord (i punti di diffusione maggiore sembrano essere Lombardia, Campania, Sicilia e Calabria).

Altre espressioni, quali ora buco e ora di buca, risultano invece minoritarie.

Un altro dato interessante da osservare è il seguente: a prescindere dalla locuzione usata, l’uso scritto di queste espressioni è spesso caratterizzato dall’uso di trattini di unione (ora-buco) o di virgolettature (ore ‘buco’). Queste grafie potrebbero dirci che i parlanti sono ben consapevoli della metafora racchiusa in queste forme, ossia quella di accostare un intervallo temporale libero a una cavità nel terreno o a un’apertura di vario genere.

In conclusione, possiamo dire che la polimorfia è una caratteristica di lunga durata dell’italiano e che l’ampio ventaglio di espressioni possibili per denominare questo concetto di spazio è da considerarsi più una ricchezza che un problema da risolvere. In mancanza di una denominazione ufficiale data dal Ministero, possiamo continuare a utilizzare la forma propria del nostro territorio o quella che ci risulta più familiare, ma con la consapevolezza, dopo la lettura dei dati linguistici che abbiamo fornito, dell’esistenza di diverse alternative.


***


Appendice inchiesta

Nota: la città indicata per prima è quella di nascita dell’insegnante; il simbolo “→” precede la città in cui l’insegnante ha esercitato la professione:

Piemonte
Asti: ora buca ore buche
Carmagnola (TO): ora di buco ore buco

Liguria
Genova (→ Milano): ora buca, ore buche
Sarzana (SP): ora di buco, ore di buco
Savona (→ Alassio, SV): ora buca, ore buche

Lombardia
Bozzolo (MN) (→ Milano): ora buca, ore buche
Brescia: ora buca, ore buche
Milano: ora buca, ore buche
Milano (→ Padova): ora buca, ore buche
Varese (→ Milano): ora buca, ore buche

Veneto
Dolo (VE) (→ Cittadella, PD) ora buca, ore buche
Verona (→ Firenze): ora di buco, ore di buco
Vicenza (→ Bologna): ora buca, ore buche

Friuli-Venezia Giulia
Gorizia (→ Trieste): ora buca ore buche

Emilia-Romagna
Forlì (→ Firenze): ora buca, ore di buco
Parma (→ Firenze): ora buca, ore buche
Piacenza (→ Milano): ora buca, ore buche

Toscana
Chianciano Terme (SI) (→ Sesto Fiorentino): ora di buco, ore di buco
Sinalunga (SI): ora di buco, ore di buco [no insegnante]
Montevarchi (AR) (→ Firenze): ora di buco, ore di buco
Pisa: ora di bucoore di buco
Empoli (FI): ora di buco, ore di buco [no insegnante]
Firenze: 15 docenti, di cui 10 ora di buco, ore di buco, 1 ora buca, ore buca, 1 ora buca, ore buche, 1 ora buca, ore di buca, 1 ora buco, ore buco, 1 ora di spacco, ore di spacco

Marche
Osimo (AN): ora buca, ore buche
San Benedetto del Tronto (AP) (→ Roma): ora buco, ore di buco
Pesaro: ora buca, ore buche

Umbria
Narni (TR) (→ Torino): ora buca, ore buche

Lazio
Roma: 16 docenti, di cui  14 ora di buco, ore di buco, 1 buco, buchi, 1 buco, ore di buco
Frascati (RM): ora di buco, ore di buco
Rocca di Papa (RM): ora di buco, ore di buco
Latina (→ Roma): ora di buco, ore di buco
Tarquinia (VT) (→ Roma): ora di buco, ore di buco (ma anche buco, buchi)
Viterbo: ora di buco, ore di buco

Abruzzo
Giulianova (TE) (→ Roma): ora buca, ore di buca
Teramo (→ Roma): ora buca, ore buche
Teramo (→ Cinisello, MI): ora buca, ore buca
L’Aquila (→ Sesto Fiorentino): ora di buco, ore di buco
Pescara (→ Roma): ora di buco, ore di buco

Campania
Aversa (CE) (→ Roma): ora di buco, ore di buco
Maddaloni (CE) (→ Firenze): ora buca, ore di buca
Piedimonte matese (CE) (→ Milano): ora buca, ore buche
Piedimonte matese (CE) (→ Modena): ora di buco, ore di buco o ore buche
Caserta (→ Roma): ora libera, ore libere
Battipaglia (SA) (→ Roma): ora di buco, ore di buco
Napoli (→ Firenze, Milano, Venezia): ora buca, ore buche
Napoli: ora buca, no plur.
Napoli (→ Roma): ora buca, ore buca
Napoli (→ Vicenza): ora buca, ore buche
Napoli (→ Firenze): ora buca, ore buca
Napoli (→ Roma): ora di buco, ore di buco
Napoli (→ Roma): ora di buco, ore di buco
Vico Equense (NA) (→ Roma): ora buca, ore buche

Basilicata
Matera (→ Roma): ora di buco, buchi

Calabria
Corigliano Calabro (CS) (→ Roma): ora di buco, ore di buco
Cosenza (→ Firenze): ora buca, ore di buco
Crotone (KR) (→ Scandicci, FI): ora di buco, ore di buco
Palmi (RC) (→ Cinisello, MI): ora buca, ore buche
Reggio Calabria (→ Sesto fiorentino): ora di buco, ore di buco
Siderno (RC) (→ Roma): ora di buco, ore di buco
Siderno (RC) (→ Locri, RC): ora buca, ore buca
Vibo Valentia (→ Chiaravalle, CZ): ora buca, ore buca

Puglia
Bitonto (BA) (→ Roma): ora di buco, ore di buco
Taranto: ora buco, ore buco

Sicilia
Adrano (CT) (→ Dolo, VE): ora buca, ore buca
Raddusa (CT) (→ Firenze) buco, ore buco
Noto (SR) (→ Firenze): ora buca, ore buche
Ragusa (RG) (→ Sesto fiorentino) ora buca ore buche
Vittoria (RG) (→ Firenze) ora buca ore buche
Gela (CL) (→ Catania): ora buca, ore buche

Sardegna
Cagliari: ora buca, ore buche
Cagliari (→ Sesto Fiorentino): ora buco, ore buco


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