Consulenze linguistiche

Su alcuni usi regionali del verbo cacciare

  • Francesco Avolio
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2023.29011

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Quesito:

Da molte parti d'Italia ci chiedono chiarimenti sull'accettabilità del verbo cacciare nel senso di 'togliere', 'far uscire' o anche 'vomitare'.

Su alcuni usi regionali del verbo cacciare

Quasi ognuna delle domande pervenute fa riferimento – a volte perfino con timore – all’italiano “corretto”, o alla possibilità di aver commesso un “errore” o uno “sbaglio”. Si tratta in realtà, come vedremo subito, di usi regionali, dunque non “scorretti” in assoluto, ma da evitare, quando possibile, nello scritto formale, anche tenendo conto del fatto – già notato da qualcuno dei lettori – che potrebbero non essere ben compresi in altre zone d’Italia.

Il quadro, piuttosto articolato, dei vari significati di cacciare diventa forse un po’ più chiaro se cerchiamo di ricostruire la trafila etimologica e semantica di questo verbo: esso deriva dal latino tardo *captiare, intensivo o iterativo del classico capĕre ‘prendere’ (nelle sue varie accezioni, tra cui ‘conquistare’), giunto al toscano forse anche per il tramite dei dialetti settentrionali (cazar e simili, cfr. Devoto 1968 e DELI s.v. cacciare) e/o del galloromanzo (provenzale, francese). Sul piano semantico, da ‘prendere’ a ‘estrarre’, ‘tirar fuori’ e quindi a ‘togliere’ il passo è breve, ed è questo sviluppo che, a ben guardare, accomuna gli usi del Centro-Nord, dove il verbo significa in genere ‘togliere’ e anche ‘riporre’. Nel Mezzogiorno è invece più comune il senso di ‘estrarre’, ‘tirare fuori’, come in cacciare il portafoglio o cacciare ‘esibire’ i documenti; il verbo può così assumere un significato perfino opposto rispetto a quello del cacciare ‘riporre’, ‘rimettere a posto’ del Centro-Nord. Dal significato generico di ‘togliere’, ‘rimuovere’ e quindi ‘espellere’ si è poi passati, in alcune zone, a quello, più specifico, di ‘vomitare’.

Anche l’italiano, del resto, ha sviluppato valori semantici particolari: da cacciare ‘prendere’, ‘afferrare’ (ad es. una preda) si è avuto infatti cacciare ‘inseguire animali allo scopo di ucciderli’ e il deverbale caccia ‘cattura di un animale’ (da cui andare a caccia), mentre a partire da ‘togliere (qualcuno da qualche parte)’ ed ‘espellere’ si è giunti a cacciare ‘allontanare’ ‘mandare via’ (cfr. AIS, c. 1887, L’hanno cacciato), spesso rafforzato per l’appunto con via (cacciare via), particella di probabile origine germanica (weg, cfr. Rohlfs 1968, §§ 916, 918) sovrappostasi poi al latino via(m) e tuttora poco diffusa nel Centro-Sud, malgrado il frequente uso riscontrabile sia in italiano che in altre zone (cfr. AIS, cc. 1674, Butta via queste pietre!, 1648, Spingetelo via!).

Quanto poi ai dubbi su uscire usato transitivamente (esci la macchina) e simili, si tratta di forme regionali assai comuni, in larga parte analoghe ad altre come salire per ‘portare su’, scendere ‘portare giù’ ecc., ma anch’esse, in linea di massima, da sconsigliare nell’uso scritto.

Nota bibliografica:

  • AIS: Jaberg Karl, Jud Jakob, Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz (Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale), Zofingen, Rier, 1928-1940 (ed. online a cura di G. Tisato, Padova, Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione [ISTC] del CNR).
  • Devoto 1968: Giacomo Devoto, Avviamento alla etimologia italiana, Firenze, Le Monnier, 1968.


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