DOI 10.35948/2532-9006/2022.19765
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Le parole prefissate con sopra- / sovra- suscitano in molti lettori dubbi sulla preferenza da accordare all’una o all’altra forma del prefisso e al loro impiego con o senza raddoppiamento in parole quali: sopralluogo / sovralluogo, soprastante / sovrastante, sopracitato / sopraccitato / sovracitato / sovraccitato, soprannumerario / sovrannumerario, soprascrivere / sovrascrivere; altre domande riguardano l’esistenza o l’ammissibilità di alcune parole, tra cui soprastimare, sovralzo.
I dubbi dei lettori sono del tutto legittimi poiché ci sono forti oscillazioni nell’uso e non è possibile formulare una regola univoca e facilmente applicabile che permetta di scegliere tra le diverse forme possibili. Nei casi meno comuni, cioè quelli meno frequenti o di uso ristretto a terminologie tecniche o specialistiche, anche un parlante esperto deve fare riferimento all’autorità dei dizionari generali o specialistici, oppure ricorrere a corpora che permettano di ricavare l’attestazione e la frequenza d’uso di una forma anziché di un’altra.
È opportuno innanzitutto illustrare i significati che possono essere espressi da sopra- e dalla sua variante sovra- davanti a verbi, nomi ed aggettivi:
Dal punto di vista etimologico, sopra- è forma direttamente riconducibile al latino supra, usato come avverbio, preposizione e solo marginalmente come prefisso (lat. suprascriptus ‘soprascritto’, supravivo ‘sopravvivere’). In italiano sovra- è impiegato solo come prefisso mentre sopra è usato, oltre che come prefisso, anche come preposizione e avverbio e, seppur meno frequentemente, come nome (il sopra è di taglia inferiore al sotto) o aggettivo invariabile (il piano sopra).
La differenza tra sopra- e sovra- si spiega con il fenomeno fonetico della ‘lenizione’, cioè la sonorizzazione e spirantizzazione della occlusiva [p] che si trasforma in fricativa [v], come è accaduto ad esempio nel veneziano cavei per capelli (latino capĭllus, -i). Si tratta di un fenomeno frequente nei dialetti settentrionali, estraneo al tipo autenticamente toscano, ma già documentato in testi toscani almeno dalla fine del tredicesimo secolo (cfr. sovrapiacente con valore accrescitivo in Guittone d’Arezzo), e piuttosto diffuso nel fiorentino trecentesco, come si può notare nell’uso dantesco della forma sovrastare insieme a sopragiungere e di savere accanto a sapere. Nel Cinquecento le due forme sopra- e sovra- attirarono l’attenzione del Trissino, il quale, coerentemente con la sua scelta per l’impiego di forme latineggianti, raccomandava di preferire l’impiego di sopra-, senza però ottenere la scomparsa di sovra-: entrambe le forme sono infatti largamente documentate nelle espressioni iperboliche tipiche della lirica barocca seicentesca e continuano ancora oggi a essere usate, sebbene abbiano perso la possibilità di esprimere valore superlativo.
L’allomorfia riscontrabile nei derivati con sopra- e sovra- non si limita alle differenze dovute alla lenizione. Innanzitutto, nel caso di parole che iniziano con una vocale, entrambe le forme possono subire la cancellazione della vocale finale. Questo fenomeno avviene regolarmente in alcune parole, specialmente quelle che iniziano con la a (cfr. sovrabbondante con la variante soprabbondante), mentre in altre è preferito, dando luogo a diverse varianti (cfr. sopredificare con le varianti sopraedificare, sovredificare, sovraedificare, o soprintendere con le varianti sopraintendere, sovraintendere, sovrintendere). Inoltre, nel caso di parole con consonante iniziale, sopra- e sovra- possono provocare il raddoppiamento della consonante iniziale (cfr. sopravvenire). Tale processo, detto raddoppiamento fonosintattico, consiste nell’intensificazione della pronuncia della consonante iniziale di una parola (farò [t:]ardi, sto [b:]ene) e si manifesta anche nella grafia nel caso di univerbazioni (così detto > cosiddetto, e come > eccome, né pure > neppure) e nel caso di alcune parole prefissate (contraddistinguere, contravvenire, frapporre).
Il raddoppiamento è diffuso nei dialetti e nelle varietà regionali in Toscana, nelle altre regioni centrali e in quelle meridionali con variazioni marginali ma caratteristiche di ciascuna zona. Nell’italiano contemporaneo il raddoppiamento avviene di norma dopo tutte le parole di due o più sillabe accentate sulla vocale finale, come caffè, guarì, guardò, virtù, unità (ad esempio, guardò [l:]à ma guardo la casa), e dopo i monosillabi accentati (tra cui, è, già, dà, sto, tre, esempio giammai, tre [t:]igri). Si può produrre anche dopo alcuni monosillabi non accentati (tra cui, a, e, se, tra, esempio eppure, a [m:]e) e dopo un numero ristretto di parole con accento sulla penultima sillaba (tra cui, come, qualche, esempio come [t:]e). Alcuni casi di raddoppiamento possono essere spiegati dal fenomeno di assimilazione regressiva tra due consonanti, in cui la consonante finale della parola che precede si assimila (diventa simile o uguale) a quella iniziale della parola che la segue, come ad esempio nelle parole derivate con il prefisso latino ad-: assumere dal latino classico adsūmĕre, formato da sumĕre con il prefisso ad-, apporre (lat. adpōnĕre), formato da pōnĕre con il prefisso ad-, un fenomeno che si presenta anche nella derivazione di verbi parasintetici in italiano: accoltellare derivato da coltello, addolcire derivato da dolce. Fra i prefissi italiani terminanti in a, alcuni provocano regolarmente il raddoppiamento (contra- cfr. contrabbando, contraccolpo) altri mai (extra- cfr. extraparlamentare, extraterrestre) altri raramente (intra- cfr. intramuscolare, intravedere ma intrattenere). La terminazione in a del prefisso sopra- / sovra- può avere indotto una reinterpretazione, non giustificata etimologicamente, che avvicina il comportamento di sopra- / sovra- a quello del prefisso ad- e quindi favorire la possibilità del fenomeno di raddoppiamento della consonante iniziale di parola.
Non deve dunque sorprendere che in diverse parole prefissate con sopra- o, meno frequentemente, con sovra- siano possibili sia la realizzazione con raddoppiamento sia quella senza (sopralluogo / sopraluogo): in parole di uso comune, specie quelle di più antica attestazione, prevale la forma col raddoppiamento (sopracciglio, sovrapporre), mentre nelle formazioni più recenti e nei termini tecnico-scientifici prevale l’impiego della forma non raddoppiata (sopradiaframmatico, sovratensione, sopratitolo). Il raddoppiamento è presente in circa il 40% delle parole con sopra- e sovra- a lemma nel GRADIT, non è presente in una percentuale simile di parole, mentre le forme con e senza raddoppiamento coesistono in circa il 20% dei lemmi.
Le parole derivate con sopra- sono quasi il doppio di quelle con sovra-. Alcune parole sono formate esclusivamente con sopra‑ (sopraffare, soprammobile, soprannome, soprattutto), altre solo con sovra- (sovradimensionare, sovradosaggio, sovraffollare), molti sono i casi in cui una forma è preferita all’altra o alle altre possibili (sovrastare a soprastare, soprannaturale a sovrannaturale).
La scelta tra sopra- e sovra- può essere spiegata solo in parte da ragioni eufoniche. Infatti, consultando il lemmario del GRADIT, sebbene non si trovino parole che usano sovra- davanti a basi che iniziano con v, sopra- può essere usato anche con parole che iniziano con p e addirittura con pr (soprapilorico, sopraprecisato, sopraprovvigione) potendo provocare anche il raddoppiamento soprappensiero.
Una volta delineate le caratteristiche di sopra- e sovra-, possiamo rispondere alle domande sui singoli casi sollevati dai lettori, prendendo come riferimento principale quanto attestato nei maggiori dizionari dell’italiano contemporaneo (GRADIT, Vocabolario Treccani) e tenendo conto anche di dati quantitativi ricavati dal corpus italiano consultabile tramite Ngrams Viewer.
Due lettori chiedono se si possano usare le forme sovralluogo e sovragovernativo. La prima non è di uso corrente e ad essa è decisamente preferito sopralluogo (di cui esiste anche la variante poco comune sopraluogo). La seconda non è attestata nei dizionari di riferimento; pertanto, vista la tendenza dei neologismi con sopra- a evitare il raddoppiamento (almeno quello grafico), sembra preferibile scrivere sopragovernativo. Anche per le coppie soprannumerario / sovrannumerario e sopraccitato / sovraccitato è da preferire la forma con sopra-, così come per soprascrivere rispetto a sovrascrivere (anche perché esistono soprascritta e soprascrizione). Nel caso di sopralzo / sovralzo con significato di sopraelevazione, è da preferire sopralzo.
Le varianti con sovra- sono invece da preferire nel caso sia di sovrastimare rispetto a soprastimare sia dell’aggettivo deverbale sovrastante (col significato di ‘situato in posizione più elevata o dominante’) rispetto a soprastante, considerata anche l’esistenza del verbo sovrastare. Ricordiamo tuttavia l’esistenza del sostantivo soprastante usato in ambito storico per indicare un ufficiale comunale in epoca medievale.
I derivati con pensiero presentano diverse varianti: soprappensiero / sovrappensiero, soprapensiero / sovrapensiero, sopra pensiero / sovra pensiero. La preferita dai dizionari è soprappensiero ma, da una nostra ricerca su Ngrams riferita a testi del XXI secolo, nell’uso attuale prevale invece, seppur di poco, sovrappensiero.
Più articolata è la risposta relativa alle varianti sovraesposto / sopraesposto, in cui si può riconoscere una specializzazione semantica: sovraesposto (insieme a sovraesporre) è usato principalmente in fotografia mentre sopraesposto (‘esposto precedentemente’) è impiegato per fare riferimento a porzioni di testo.
È particolarmente interessante notare che molti lettori pongano dubbi sul raddoppiamento o meno delle parole di seguito esaminate, per le quali viene da loro stessi data per scontata la forma preferita con sovra-:
In conclusione, le osservazioni di carattere generale che possiamo formulare riguardo alle parole di formazione più recente sono le seguenti: l’impiego di sopra- prevale rispetto a quello di sovra-; il significato prevalente delle parole con sovra- è quello di superamento di un limite; con entrambe le forme si tende a evitare il raddoppiamento. L’osservazione riguardante la riduzione della frequenza dei casi di raddoppiamento nei neologismi prefissati con sopra- e sovra- è in accordo con una tendenza generale che si può notare nella lingua contemporanea secondo cui, anche in contesti fonetici favorevoli al raddoppiamento, si sta affermando la preferenza a giustapporre due parole senza segnalazione grafica del raddoppiamento, come nel caso dell’uso nettamente prevalente della forma tivù rispetto a tivvù o della grafia dei nomi di sport quali pallamano, pallanuoto, pallavolo.