DOI 10.35948/2532-9006/2021.9568
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Alcuni lettori ci scrivono a proposito del temine sinbiotico (sin-biotico) usato in ambito specialistico come adattamento dell’inglese synbiotic: si tratta di una grafia accettabile nella nostra lingua?
Nel suo Dizionarietto di parole del futuro Tullio De Mauro raccolse alcuni neologismi che immaginava si sarebbero imposti nella lingua degli anni a venire; tra questi c’era nutraceutico, un aggettivo e sostantivo ricalcato sull’inglese nutraceutical, fusione di nutr(itional) e (pharma)ceutical. Era il 2006, e nutraceutico in effetti aveva da poco cominciato a circolare nella lingua comune, sebbene tra gli specialisti fosse in uso già da almeno una decina d’anni. Un nutraceutico è una sostanza che alle componenti nutrizionali aggiunge le proprietà curative di principi attivi naturali; per una definizione chiara rinviamo alla voce del Lessico del XXI secolo dell’Enciclopedia Treccani, leggibile in rete, da cui si ricava che la dieta degli umani del terzo millennio è ricca di nutraceutici, presenti in alimenti tradizionali come l’aglio o i broccoli, o sintetizzati e quindi assunti in fiale, compresse o capsule, come integratori. Tra questi, che sono chiamati anche alimenti o cibi funzionali, ci sono quelli che definiremmo i biotici: postbiotici, prebiotici, probiotici e simbiotici; è su quest’ultima parola che si è concentrata l’attenzione di alcuni lettori. Circolerebbe infatti, in italiano e già in inglese, una variante grafica che suscita ragionevoli perplessità: sinbiotico (ingl. synbiotic). A che cosa si deve questa grafia? All’intento di distinguere gli alimenti simbiotici, in cui si associano prebiotici e probiotici, dai fenomeni simbiotici, cioè di convivenza (simbiosi) tra organismi animali o vegetali di specie diversa.
Come si diceva, la questione non è solo ortografica; ma cominciamo dall’ortografia. Davanti a un suono labiale (le occlusive sonora e sorda b e p) la pronuncia italiana è un’occlusiva nasale bilabiale, e per rappresentarla l’ortografia richiede il grafema m, senza distinzione tra parole formate con un prefisso (per esempio imbarcare, da in + barca) o che contengano il nesso consonantico nella loro radice (campo, lembo, ecc.); del resto anche il greco, da cui simbiotico deriva, aveva due grafemi diversi per la nasale dentale e labiale, e dunque la preposizione syn ‘con, insieme a’ conservava il suono nasale dentale davanti alle vocali o a suoni dentali (synthesis da cui sintesi), ma lo mutava in labiale davanti ai suoni labiali: sympátheia da cui simpatia e, appunto, simbiosi. Dunque sinbiotico viola le regole ortografiche.
Ci sono, ovviamente, le eccezioni. Nella nuova stazione lessicografica dell’Accademia della Crusca abbiamo consultato il corpus Coliweb, che raccoglie quasi un miliardo di parole grafiche estratte da una selezione ragionata di siti nella rete (si veda la descrizione che ne danno Marco Biffi e Alice Ferrari nell’ultimo fascicolo degli “Studi di lessicografia italiana”); i risultati sono inequivocabili: le sole parole con il nesso nb, una volta ripulita la ricerca dagli errori di battitura (per esempio bonbola), sono gli antroponimi e i toponimi stranieri (Edinburgh, in italiano Edimburgo, e simili), la stragrande maggioranza insieme ad altri forestierismi, come inbreeding o bonbon (che comunque convive con la grafia bombon). Colpisce la vitalità con cui sono accolte e integrate le sigle, come nel quasi impronunciabile airbnbzazzione (sic!: la doppia zz è forse una reazione alla perdita di una z dopo bnb, dato che in teoria la forma “corretta” sarebbe airbnbzzazione). Vanno però notati, benché di frequenza ridottissima (20 occorrenze al massimo, con una percentuale trascurabile) alcuni composti chimici come clenbuterolo, fenbufene, vinblastina. Più interessanti sono le parole composte scritte con grafia univerbata, cioè senza spazi o trattini divisòri: alcuni sono adattamenti italiani o dialettali di parole straniere, come panbrioche e panbriòs, e conservano la n per evitare l’opacizzazione della forma d’origine, come quelli che risultano dall’univerbazione di parole italiane: linguinbocca, manbassa, topomortoinbocca; in Gianburrasca la grafia testimonia che il personaggio inventato da Luigi Bertelli (Vamba) può indicare per antonomasia uno scolaro vivace e impertinente: ma il titolo originale era Il giornalino di Gian Burrasca.
Gli esempi confermano la regola: la sequenza grafica nb è ammissibile e attestata, ma è molto rara, e circoscritta a casi assai particolari. Di passaggio, notiamo che nel corpus Coliweb la forma sinbiotico (come pure sinbiotica, sinbiotiche, sinbiotici) è assente.
È più frequente synbiotic nei corpora della lingua inglese, ma in percentuali limitate e sempre in contesti specialistici; qualche occasionale attestazione si recupera anche consultando corpora di lingua francese, spagnola e tedesca. Il modello inglese, tuttavia, può essere l’attivatore di un’emulazione ortografica – un po’ come i prebiotici facilitano e potenziano l’azione dei probiotici nell’intestino – considerato il successo di queste sostanze nella vita quotidiana: qui s’innesta la questione semantica sollevata con competenza dai lettori: gli alimenti simbiotici, che contengono insieme “microrganismi probiotici e substrati prebiotici” (Dizionario di medicina Treccani) non hanno rapporti con la simbiosi, da cui l’esigenza di distinguerli anche graficamente.
L’omografia di due parole appartenenti ad àmbiti disciplinari non lontani (biologia ed ecologia da un lato, alimentazione e farmacologia dall’altro) può in effetti creare difficoltà. Vale la pena tuttavia di ricordare che tutti questi grecismi sono il risultato di elaborazioni terminologiche moderne: in un libro uscito più di trent’anni fa, ma ancora godibilissimo, il grecista Pietro Janni ricordava che la stessa parola biologia ha un significato che non collima con l’uso del greco in età classica, dove il biológos (o biologikós) era l’attore che imitava realisticamente i fatti della vita quotidiana, con un’accezione molto concreta di bíos e un uso non terminologico di lógos (‘discorso, parola’, non ancora ‘studio’). Ancora il dizionario di Tommaseo e Bellini, pubblicato tra il 1861 e il 1874, registrava solo biografia e biologia, e l’esplosione dei termini scientifici composti con bio‑, ‑bio, ‑bioma, ‑biosi, ‑biota, ‑biotico e ‑bio(n)te – elementi morfologici presenti, con minime varianti ortografiche, nel lessico scientifico di tutte le maggiori lingue di cultura – comincia negli ultimi anni del XIX secolo e si ripete nei decenni seguenti, fino a oggi. Sarebbe interessante ripercorrerne le vicende, ma non è semplicissimo e travalicherebbe il tema trattato in questa nota. Ci limitiamo a ricordare che simbiosi appare in francese, inglese e tedesco tra gli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, ed è in uso in italiano almeno dal 1886; un organismo che vive in simbiosi fu denominato symbiote in francese (1904) e simbionte in italiano (1906). Nel 1889 il biologo francese Jean Paul Vuillemin coniava la parola antibiose dandole il significato di ‘antagonismo tra specie viventi in un medesimo ambiente’, e nel 1941 Selman Waksman ne avrebbe tratto antibiotic. È verosimile che proprio al suffisso ‑biotic di antibiotic risalga la fortuna di prebiotico, simbiotico e compagni, che si riferiscono tutti al microbiota (‘insieme delle specie animali e vegetali che occupano un microambiente’) intestinale. Un ramo semantico diverso da quello di simbiosi, ma che nasce dallo stesso tronco: gli studi chimici e biologici degli ultimi centocinquant’anni, che ricorrono liberamente a prefissi e suffissi greci attribuendogli significati moderni.
La digressione storica non vuol essere una scappatoia per esimerci da un giudizio conclusivo: simbiotico, sinbiotico o sin-biotico? Siccome gli elementi formativi sono esattamente gli stessi, e l’ortografia richiede la m, credo che la scelta più corretta sia di mantenere simbiotico, senza ricorrere all’espediente del trattino: sarà poi compito del lessicografo decidere se aggiungere una nuova accezione al più antico e meglio noto simbiotico o – forse meglio – registrare il simbiotico nutrizionale come voce a sé stante.
Nota bibliografica: