Consulenze linguistiche

Silo o silos? Il problema non si pone più solo per il singolare...

  • Paolo D'Achille
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2021.9579

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Quesito:

Ci hanno scritto vari lettori per chiederci se la forma silos può essere usata anche al singolare invece di silo e per sapere quale sia il corretto plurale della parola: silos (e autosilos), sili (e autosili) o silo (e autosilo)?

Silo o silos? Il problema non si pone più solo per il singolare...

Il caso dell’ispanismo silo è citato spesso come esempio di prestito entrato prevalentemente nella forma plurale silos, che non solo si è mantenuta in italiano in alternativa a quella in ‑i (sili), dovuta alla collocazione del nome nella classe dei maschili col singolare in ‑o (come è avvenuto per altri ispanismi come patio o retablo), ma si è estesa anche al singolare (come è avvenuto per murales, vigilantes e, nell’uso popolare, anche per gli anglismi clips e fans), tanto che, accanto a un silo, si trova non di rado anche un silos, forma che, come vedremo, viene spesso indicata come scorretta nella tradizione lessicografica italiana.

Iniziamo col dire che la parola è entrata in italiano nell’Ottocento (secondo GDLI, GRADIT e DELI per mediazione del francese silo, documentato anteriormente), che si riferiva inizialmente a una “fossa cavata nella roccia profondamente, dove in alcuni luoghi si conserva il grano meglio che ne’ magazzini” (Vocabolario Tramater, 1838, citato in DELI) e che è poi passata a indicare una ‘costruzione a torre, perlopiù cilindrica, per immagazzinare cereali, foraggi e altri prodotti’ (GRADIT; il GDLI registra l’espressione granaio a silo e il Vocabolario Treccani online ricorda le malattie da silo). A questa accezione si riferiscono derivati novecenteschi registrati nel GDLI e nel GRADIT come insilare (base a sua volta di insilaggio, insilamento, insilato, insilatore, insilatrice) e silaggio (che il Dizionario moderno di Panzini nel 1905 definiva “parola abusiva, dal francese; in italiano ‘infossamento, conserva di foraggio verde’”). Al significato primario di silo si sono poi aggiunti quello militare di ‘cavità artificiale nella quale vengono alloggiati i grandi missili intercontinentali e dalla quale possono essere direttamente lanciati’ (GRADIT), che si lega alla ‘fossa’ degli esempi più antichi, e quello di ‘garage a più piani per il parcheggio delle automobili’, proprio anche del composto autosilo (datato 1958 in GRADIT e Zingarelli 2021), che richiama piuttosto la ‘costruzione a torre’ (sebbene lo Zingarelli parli di ‘vasto locale per parcheggio urbano di autoveicoli, a più piani, anche sotterraneo [corsivo nostro]’). Tra gli “altri prodotti” che è possibile conservare nel silo indicati nel GRADIT va incluso il carbone (coke), a cui fanno riferimento un esempio del GDLI che riporteremo più oltre e un passo da La dismissione di Ermanno Rea (2002), attinto al PTLLIN: “Insieme alla cokeria cominciammo a demolire i sili, alti circa trenta metri, contenenti gli additivi (coke e calcarino) e subito dopo a smontare la fabbrica di ossigeno”.

Cogliamo qui l’occasione per segnalare che, grazie a Google libri, la prima attestazione italiana può essere anticipata di cinque anni perché, prima che nel Vocabolario Tramater (che del resto cita la sua fonte), la voce silo è compresa nell’edizione italiana del Nuovo dizionario universale tecnologico o di arti e mestieri e della economia industriale e commerciante (tomo XI, Venezia, Antonelli, 1833, pp. 391-392). Trattandosi di una traduzione dal francese, l’attestazione sembra confermare la mediazione di questa lingua, ma va detto che il termine spagnolo era stato registrato in precedenza (1735) nel Vocabulario español e italiano del fiorentino Lorenzo Franciosini (“Silo, Buca dove si serba il grano, granaio buca da grano”). Quanto ad autosilo, la data si potrebbe anticipare di oltre un decennio, grazie agli esempi seguenti:

[...] autorimesse sotterranee e di autosilos nell’area centrale. (“Il Ponte”, XLIV, 1945, p. 203)

Gli imprenditori capitalisti [...] sembrano i paladini più dinamici del progresso urbano: chiedono autostrade e autosilos, per vendere più autovetture, concentrazioni altissime di negozi efficientissimi, per reclamizzare ed esporre più frigoriferi e più televisori. (“Ulisse”, 1947, p. 149)

Autosilo. – Silo per automobili sul modello dei «pigeon-holes» americani (buchi per piccioni, colombaie), ossia rimessa di più piani divisi in file di scompartimenti nei quali le automobili vengono «insilate» [...] Nelle grandi città, ove difetta lo spazio adatto a posteggi centrali, gli autosili si costruiscono anche sotto il piano stradale. (Almanacco italiano, vol. LVIII, 1956, Firenze, Marzocco, 1955, p. 138)

La voce autosilo non è registrata nella lessicografia spagnola, francese e inglese tanto che sembrerebbe una formazione italiana; Google libri restituisce tuttavia alcune attestazioni inglesi più o meno coeve a quelle italiane.

Sul piano etimologico, c’è qualche divergenza tra i dizionari: nello Zingarelli si afferma che la voce silo risale “al lat. sīru(m), dal gr. seirós ‘buca da grano’, di etim. incerta” (analoga l’indicazione del Sabatini-Coletti 2006, del Devoto-Oli 2019 e del Vocabolario Treccani, che ricorda anche il provenzale antico sil), mentre il DELI ne suppone una “orig. preromana” (entrambe le ipotesi sono citate nel GDLI, mentre il GRADIT non risale oltre lo spagnolo); l’ipotesi della base latina – sostenuta anche nel TLFi e nell’OED per il francese e l’inglese – si appoggia all’esistenza, nell’italiano letterario, di un allòtropo, la voce dotta siro ‘fossa per conservare i cereali’ (cfr. GDLI, con esempi dal volgarizzamento di Plinio del Landino, di Porcacchi, nella variante sirri, al plurale, e di Targioni Tozzetti). Ma sul piano fonetico l’esito ‑r‑ > ‑l‑ pone qualche difficoltà, tanto che il DRAE parla di etimo incerto e l’Etimologico ipotizza che silo derivi “prob. dal celtiberico *sīlon ‘semente’ (irl. síol) nel senso di ‘massa di grano’ e quindi ‘deposito di grano’”.

Ma veniamo ora, finalmente, ai problemi sollevati dai nostri lettori. L’uso di silos come singolare è quasi unanimemente censurato nella lessicografia. Lo Zingarelli registra silos unicamente come variante da “evit[are]” di silo, precisando: “La forma silos è il plurale spagnolo di silo, perciò non va usata in riferimento al singolare: la frase ‘un silos’ è scorretta”. Anche nel Sabatini-Coletti s.v. silo si segnala che il “pl. non adattato silos viene impropriamente usato anche al sing. (cfr. murales, vigilantes)”, ma silos è poi lemmatizzato come “s.m. inv., var. non corretta di silo”; analogamente (ma senza menzionare la forma s.v. silo) il Vocabolario Treccani registra silos come “Plurale (alla spagnola) di silo (v.); erroneamente usato a volte in Italia anche come singolare” e molto simile è la definizione del Devoto-Oli, che usa lo stesso avverbio. Il solo GRADIT lemmatizza silos, rimandando a silo, senza alcun commento, così come fa il GDLI, che inoltre registra silos tra parentesi dopo silo (dunque come variante secondaria), senza fornire ulteriori indicazioni.

Quanto alla forma del plurale, il GRADIT prevede solo sili (e autosili), mentre tutti gli altri dizionari (compreso il GDLI) ammettono anche il plurale “alla spagnola” silos (e autosilos). Nessuno dei dizionari ipotizza, neppure per censurarlo, l’uso di silo come plurale nel composto gli autosilo, segnalatoci invece da una lettrice straniera, che scrive dal Ticino (dove peraltro la forma autosili risulta diffusa).

Ora, stando alla documentazione del GDLI (in cui però è impossibile individuare con certezza il numero delle occorrenze di sili, perché si confondono con altre forme), possiamo dire che accanto a sili (che si trova pure nel passo di Ermanno Rea sopra riportato) è ben documentato come plurale anche silos (per esempio in Bacchelli e in Cassola, a cui si possono aggiungere, grazie al PTLLIN, Eraldo Affinati e Domenico Starnone), di cui non mancano sporadiche occorrenze anche al singolare, in autori come Buzzati (“un coso a forma di silos”, s.v. clic) e Volponi (“scagliò il bastone a perdersi sfiondando sopra la valletta del silos”, s.v. sfiondare; questo e altri due esempi da Volponi, La strada per Roma, si possono attingere al PTLLIN) e nei verbali del consiglio di amministrazione Fiat (“gli impianti eseguiti nella fonderia si riferiscono alla costruzione di un silos da carbone e di annessi impianti macchinari per l’immagazzinamento del coke metallurgico”, s.v. coke, nel Supplemento 2004). Aggiungiamo a questi esempi quello contenuto in un verso di Pasolini (da una poesia di Israele, in Poesia in forma di rosa (1961-1964)): “quattro magazzini, il silos, l’asilo, / i dormitori come quelli di Dachau: / e la pace di un villaggio del Centroeuropa / ambiguamente fusa con la pace coloniale”; la ‑s è qui funzionale a evitare l’eccessiva somiglianza di silo col successivo asilo, a cui è deliberatamente accostato.

Non sono invece reperibili né nel GDLI né nel PTLLIN esempi di silo come plurale. Ma la tendenza alla crescita, nell’italiano contemporaneo, della classe dei nomi invariabili (D’Achille e Thornton 2003), che si è estesa ai maschili in ‑o (D’Achille 2005) ha coinvolto anche silo e autosilo. Una ricerca in Internet condotta col motore di ricerca Google l’8 novembre 2020 ha dato infatti seguenti risultati:


Senza attribuire a questi dati un valore superiore a quello che possono avere (in considerazione sia della fonte, sia del fatto che i possibili contesti di singolari e plurali della parola sono molti di più di quelli qui selezionati), si può dire che la forma silos usata al singolare è ancora ben documentata, ma sembra oggi minoritaria (è forse ipotizzabile che resista nel significato tradizionale di ‘granaio’), mentre al plurale silos è più frequente rispetto a sili (tranne che nel composto autosilos). Entrambe, tuttavia, sembrano “scavalcate” da silo usato anche al plurale: “i silo” e “gli autosilo” hanno una quantità di occorrenze superiori alla somma delle due forme concorrenti.

È difficile dunque, in una situazione così in movimento, esprimersi in termini di correttezza o di errore. Possiamo forse consigliare ai nostri lettori di usare al singolare la forma silo in tutte le accezioni del termine (invitandoli però a non scandalizzarsi se, specie con riferimento ai granai, si imbattono in qualche silos singolare) e per il plurale di scegliere liberamente tra le possibili opzioni, tenendo presente che silos è tuttora forma più diffusa di sili e che i silo e gli autosilo invariabili, per quanto assai usati, non sono ancora registrati nella lessicografia e quindi non sono ancora da considerare a tutti gli effetti propri dell’italiano standard.


Nota bibliografica:

  • Paolo D’Achille, L’invariabilità dei nomi nell’italiano contemporaneo, in “Studi di grammatica italiana”, XXIV, 2005, pp. 189-209.
  • Paolo D’Achille e Anna M. Thornton, La flessione del nome dall’italiano antico all’italiano contemporaneo, in Italia linguistica anno Mille – Italia linguistica anno Duemila. Atti del XXXIV Congresso internazionale di studi della Società di Linguistica Italiana (SLI), Firenze, 19-21 ottobre 2000, a cura di Nicoletta Maraschio e Teresa Poggi Salani, Roma, Bulzoni, 2003, pp. 211-230.

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