DOI 10.35948/2532-9006/2024.32244
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Molti utenti chiedono se nel linguaggio scientifico si debba usare rivelare o rilevare per indicare l’individuazione di una sostanza e la misurazione della sua quantità. La stessa incertezza è stata spesso riscontrata anche nella descrizione dei macchinari necessari a captare i fumi derivati da combustioni.
Rilevare etimologicamente deriva dal latino relevāre 'rialzare, sollevare'; i principali dizionari (GRADIT, GDLI, Vocabolario Treccani) tra i vari significati riportano anche quello proprio del linguaggio tecnico e scientifico di “osservare attentamente un fenomeno fisico, ricavare dei dati attraverso l’uso di strumenti atti alla misurazione”.
Rivelare etimologicamente deriva dal latino revelāre 'scoprire, svelare, chiarire'; tra i diversi significati indicati dagli stessi dizionari (GRADIT, GDLI, Vocabolario Treccani, a cui si aggiunge il DISC), è presente anche quello usato nel linguaggio tecnico e scientifico di “rendere percepibile, mediante l’uso di appositi strumenti, un dato fenomeno che non sarebbe osservabile attraverso i sensi”, datato nel DELI al 1959.
Dalle definizioni presenti nei dizionari sopra citati emerge inoltre che il rilevamento è l’insieme delle operazioni attraverso cui si determina un fenomeno fisico o una grandezza; la rilevazione è “l’accertamento del valore di una grandezza fisica per mezzo di appositi strumenti” (GDLI); il rilevatore è lo strumento impiegato per effettuare tali misurazioni.
Specularmente, la rivelazione è indicata come il procedimento che permette di individuare e rendere osservabile un fenomeno o ente; il rivelatore è il dispositivo o la sostanza che permette “di rendere avvertibile un fenomeno o misurabile una grandezza” (GDLI), come per esempio i rivelatori a scintillazione, i rivelatori a semiconduttori, i rivelatori a tracce.
Normalmente nel linguaggio settoriale della scienza e della tecnica si usa rivelare per indicare l’individuazione della presenza di una determinata sostanza, mentre si ricorre a rilevare per misurarne la quantità o la concentrazione.
Si possono trovare numerosi esempi di quest’uso differenzato, sia nei testi specifici sia in rete. Eccone alcuni: “Nel caso di studi farmacocinetica, ad esempio, questi metodi risultano particolarmente utili, perché permettono di rivelare metaboliti presenti in concentrazione estremamente bassa e di utilizzare colonne non chirali, normalmente poco costose e molto affidabili” (V. Cavrini, V. Andrisano, Principi di analisi farmaceutica, Società Editrice Esculapio, Bologna, 2004); “Obiettivo del progetto è lo sviluppo di materiali con strutture gerarchiche per la realizzazione di sensori di gas in grado di rivelare basse concentrazioni di NO2 in aria a bassa temperatura” (Politecnico di Torino, Bando per assegni di ricerca ssd ING-IND/22 - Scienza e tecnologia dei materiali, 2012, dal sito del MIUR); “permette di rilevare quantità dell’ordine di un centinaio di pg (Fluorimetria e Spettrofluorimetria, documento in pdf dal sito dell’Università di Pisa); “di particolare gravità appare il problema che le ricerche impostate su singole sostanze inquinanti non possono in alcun modo rilevare la concentrazione di sostanze inquinanti nell’uomo (U. Beck, La società del rischio – Verso una seconda modernità, Carocci, Roma, 2013, citato in F. Calamo Specchia (a cura di), Manuale critico di sanità pubblica, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2015).
Tuttavia può spesso accadere che nel parlato e nella sensibilità linguistica dei non specialisti questi due verbi (e i loro derivati) siano spesso confusi, perché sentiti come intercambiabili, oppure che non se ne comprenda il significato specifico, proprio del linguaggio tecnico, e di conseguenza si avverta una (presunta) percezione di errore. È questo, ad esempio, il caso di “un impianto di rivelazione di incendi”: sentendo rilevazione quale termine corretto, ci si chiede se l’uso di rivelazione sia uno sbaglio.
Ciò avviene da una parte a causa della contiguità sia formale sia semantica dei due lemmi sull’asse paradigmatico, cioè per la loro “somiglianza” nella forma e nel significato (si veda a questo proposito la definizione di neosemie analogiche nello studio di Edoardo Lombardi Vallauri Recenti percorsi semantici di alcune parole italiane in P. D’Achille (a cura di), Grammatica e testualità. Metodologie ed esperienze didattiche a confronto, Franco Cesati Editore, Firenze, 2016, pp. 305‑315, che cita casi analoghi come innescare/innestare). Dall’altra parte influisce senza dubbio l’accezione specifica, diversa da quella dei loro significati più generali, che i due termini hanno all’interno del linguaggio settoriale della scienza e della tecnica. Infatti i linguaggi settoriali spesso usano lessemi appartenenti al vocabolario comune e gli attribuiscono significati e valori specifici. I parlanti che non siano adusi a tale linguaggio tendono, ovviamente, a percepire il significato più generale e a non cogliere le particolarità d’uso.
In conclusione, si può ribadire che nei casi in cui sia necessario individuare una sostanza o un fenomeno il corretto termine di riferimento è rivelare, mentre quando si debba misurarne la quantità o darne una descrizione bisogna usare rilevare.
Pertanto, per rispondere a una domanda specifica che ci è pervenuta, dire che un impianto è atto alla rivelazione di incendi è corretto, come risulta anche in un esempio tratto da un documento presente nella Gazzetta Ufficiale: “Avvisatori a fumo collegati all'impianto di rivelazione e segnalazione di incendi a fumo devono essere sistemati anche entro le soffittature delle scale e dei corridoi”, “tutti i locali di alloggio e di servizio, i cofani delle scale e i corridoi devono essere provvisti di un impianto di rivelazione e segnalazione di incendi a fumo di tipo approvato soddisfacente alle norme” (Gazzetta Ufficiale - Risoluzione MSC.24 (60), adottata l'11 Dicembre 1992, Adozione degli emendamenti al Capitolo II-della Convenzione Internazionale del 1974 per la Salvaguardia della Vita Umana in Mare - Misure anti-incendio per le navi passeggeri esistenti).