DOI 10.35948/2532-9006/2023.29010
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Sono giunte alla redazione alcune domande sull’uso e sul significato del verbo socializzare, in particolare sull’uso transitivo come sinonimo di ‘comunicare’ e ‘condividere con un pubblico’ (informazioni, idee, concetti, ecc.). Vediamone alcune nello specifico: Elisa A. ci chiede se sia corretto l’utilizzo del verbo socializzare in frasi del tipo “voglio socializzare questo argomento” per esprimere la volontà di condividere con un pubblico l’argomento. Raffaella C., chiede delucidazioni sul suo significato come sinonimo di ‘condividere, comunicare informazioni, idee, ecc.’ Valentina C., infine, ci domanda se socializzare abbia anche un significato figurativo diverso da quello letterale, avendo sentito l’espressione “socializzare il concetto”.
Il verbo socializzare, della prima coniugazione, è composto da sociale con il suffisso frequentativo -izzare (su cui cfr. La grammatica italiana Treccani e la risposta di Riccardo Cimaglia), vitale e molto produttivo, sia nei registri informali che in quelli colti e nei linguaggi tecnico-scientifici, nella coniazione di neologismi tratti da nomi o aggettivi che indicano un processo di trasformazione o di assimilazione (cfr. Maria Grossmann, Verbi denominali, in Grossmann-Rainer 2004, pp. 450-465; Giovanni Adamo, Valeria Della Valle, Che cos’è un neologismo, Roma, Carocci, 2017, p. 48), come ad esempio carbonizzare, gambizzare, indicizzare, lottizzare, memorizzare, scandalizzare o centralizzare, civilizzare, nazionalizzare, fraternizzare, stabilizzare e, da base inglese, brandizzare.
La presenza precoce di socializzare nell’opera di Giuseppe Nicola Corvaia (1853, v. oltre) mostra uno dei contesti di prima circolazione, gli scritti utopistici di ispirazione francese sostenitori delle istanze di riforma sociale e di critica dell’organizzazione economica basata sulla proprietà privata e vòlti alla costruzione di nuovi modelli di società (cfr. Michele Borghese, CORVAIA, Giuseppe Nicola, in Dizionario biografico Treccani). Anche questa circostanza farebbe pensare a una formazione sulla base del francese socialiser (1786, cfr. GRADIT), ma sulla neoformazione potrebbe aver influito anche l’inglese socialize.
Le prime attestazioni del verbo indicate dai dizionari risalgono al 1890 (Antonio Labriola, cfr. GRADIT) e 1901 (Antonio De Nino, Vocaboli nuovi di uso parlato attinenti a mestieri, arti e scienze, Vasto, Tipografia Editrice Anelli, cfr. DELI), ma secondo il DEI esso sarebbe presente in Giacomo Giuliani, L’antisocialismo confutato, Vicenza, Bartolomeo Parroni, 1803.
I primi dizionari che lo menzionano sono Alfredo Panzini (Dizionario moderno, Milano, Hoepli, 1905) che registra la voce come neologismo (s.v. sociale):
vale rendere sociale, cioè di proprietà comune, e specialmente si intende di quelle proprietà le quali ottenendo un incremento e frutto dall’universale ed essendo di universale utilità, si crede utile e civile che siano sottratte al dominio privato
e Palmiro Premoli (Vocabolario Nomenclatore illustrato, Milano, Treves, 1912) che ne dà questa definizione: “applicare il socialismo”.
Attraverso Google libri possiamo verificarne un uso già consistente, nei diversi significati vivi ancora oggi, soprattutto nella pubblicistica economica, politica e giuridica, ma anche in opere di altro argomento, almeno dalla metà dell’Ottocento, il che consente di retrodatare di oltre quarant’anni la voce rispetto alle prime attestazioni citate dai dizionari moderni.
Per fare solo qualche esempio tra i più significativi, la prima forma rintracciata è del 1846 (Francesco Farini, Delle religioni antiche, “Giornale euganeo di Scienze, Lettere, Arti e Varietà”, pp. 139-150: p. 140): “una smania di fabbricare de’ rapporti, di socializzare questa filosofia”; nel 1853 troviamo il verbo, ancora con uso transitivo, in Giuseppe Nicola Corvaia (La Bancocrazia sovrana o il gran libro sociale dell’umanità. Primo Catechismo ad uso dei millenari, Torino, tip. sociale degli artisti A. Pons & C.): “fingono di voler socializzare co’ principii evangelici l’umanità”; e, nello stesso anno, in Alessandro De Giorgi, (Esame del Corso di diritto naturale, del prof. H. Arens, Padova, Sicca): “in un sistema, nel quale per voler idealizzare tutto, organizzare tutto, socializzare tutto, si finisce a non vedere più nulla”.
Nel 1856 compare nel significato di ‘instaurare rapporti sociali’, con uso intransitivo, nell’opera di Giuseppe Girolami (direttore del manicomio di Pesaro) Sulla pazzia, studj psicologici e patologici (Livorno, Wagner): “l’esuberanza […] li trasporta a socializzare facilmente” (p. 116).
Nel 1870 John Millhouse (Dictionary english-italian. Dizionario italiano-inglese, Milano, eredi Millhose) lo registra come glossa del verbo inglese socialize: “socializzare, render socievole”.
Derivato di socializzare è socializzazione (1889 in Leonida Bissolati, in Arcangelo Ghisleri, La scapigliatura democratica, GRADIT; 1904 nei quotidiani milanesi, Ilaria Bonomi, Datazioni (e retrodatazioni) di voci tra l’Ottocento e il Novecento, in “Lingua Nostra”, 37, 1976, pp. 21-24; 1909 in Giovanni Faldella, GDLI; francese socialisation 1840).
Per la lingua di oggi, i dizionari moderni descrivono un uso transitivo e uno intransitivo del verbo, con significati e contesti d’uso diversi (definizioni ed esempi sono ricavati da GDLI; GRADIT; Vocabolario Treccani online).
Come verbo transitivo un primo significato riguarda il linguaggio settoriale economico (v. GRADIT che usa la marca TS = lessico tecnico-specialistico): ‘trasferire la proprietà o la gestione di beni, mezzi di produzione, imprese e servizi, dai privati allo stato’; tra i possibili sinonimi (dal Vocabolario dei sinonimi e contrari Treccani online) abbiamo in questo caso: collettivizzare, nazionalizzare, statalizzare. Un secondo significato, dell’uso comune (in GRADIT, CO = vocaboli generalmente noti a chiunque abbia un livello di istruzione mediosuperiore), è ‘inserire o reinserire qualcuno nel tessuto sociale, nella collettività’ ed ‘educare qualcuno al rispetto delle norme di comportamento in uso in una determinata società o comunità’ (un adolescente difficile da socializzare; socializzare gli anziani, socializzare gli ex drogati), con una ulteriore specializzazione semantica nel linguaggio settoriale della pedagogia (v. GRADIT, TS) ‘inserire un bambino nel gruppo a cui appartiene in modo che si instauri il giusto equilibrio nei rapporti reciproci’.
Nell’uso intransitivo il verbo è molto diffuso nella lingua di tutti i giorni e ha il significato di ‘instaurare rapporti sociali con gli appartenenti alla collettività in cui ci si inserisce’ (ho socializzato perfettamente con i miei colleghi di lavoro, è un bambino che non ha difficoltà a socializzare), anche con uso pronominale socializzarsi. L’uso comune, anche tra i giovani, è testimoniato dalla canzone del gruppo musicale Thegiornalisti (2014) Socializzare (nel ritornello: “tu pensa a socializzare oltre agli amici e ai parenti […] tu pensa a socializzare, a prender parte agli eventi”). Durante la pandemia il fraseologismo socializzare in sicurezza ha assunto un valore specifico, riferito all’adozione di precauzioni e di dispositivi di protezione per evitare l’infezione da coronavirus.
Venendo ai quesiti posti, dalla prima accezione tecnica economica (con uso transitivo) l’utilizzo del verbo si è esteso anche in riferimento ad altri àmbiti ‘mettere una conoscenza, la cultura stessa a disposizione della collettività’, meno ricorrente rispetto ai precedenti significati e attestato nella scrittura da Gramsci (GDLI): «diffondere criticamente delle verità già scoperte, “socializzarle” per così dire».
L’espressione socializzare un concetto, socializzare un argomento e altre analoghe, col significato di ‘condividere/comunicare informazioni, idee, ecc.’ con un pubblico, rappresentano un ulteriore sviluppo di questa accezione estensiva.
La pratica (relativamente recente e in progressiva espansione) di inviare e quindi diffondere a uno o più utenti contenuti, informazioni, opinioni sui social media, correntemente indicata col verbo condividere (un contenuto, un file, un video, un post, un link, ecc.) sembra stia favorendo l’assunzione del verbo socializzare anche in questo contesto, con riferimento a un oggetto concreto.
Un esempio interessante di quest’uso è (significativamente) nel titolo di un articolo apparso sul quotidiano “HuffPost”, nel blog di Manginobrioches (nick name della giornalista Anna Mallamo): Quali valori non fanno esitare dal socializzare il video di uno stupro? Una domanda a Giorgia Meloni, a proposito di un caso che ha fatto molto discutere: la pubblicazione e condivisione, da parte della leader di Fratelli d’Italia (non ancora presidente del Consiglio), del video che riprendeva lo stupro di una donna di origine ucraina perpetrato a Piacenza il 21 agosto 2022 da un uomo originario della Guinea. L’uso sembra per ora piuttosto limitato e anche all’interno dell’articolo è usata un’espressione alternativa e sinonimica più ricorrente: rilanciare il video.