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Non pochi lettori esprimono dubbi sulla correttezza del comparativo più nuovo ritenuto almeno “improprio”.
Il singolare dubbio sulla liceità del legittimissimo comparativo più nuovo (superlativo assoluto altrettanto regolare: nuovissimo o novissimo) non credo che sia venuto ai nostri lettori per questioni di forma, quasi l’aggettivo ne disponesse di uno organico come buono o cattivo o piccolo o grande, che hanno comparativi e superlativi da altra radice (migliore, ottimo, peggiore, pessimo ecc.). Non ci sono problemi grammaticali a formare comparativi (analitici) e superlativi assoluti (sintetici) corradicali a partire dall’aggettivo nuovo. Forse il dubbio è di origine semantica, come rivela una delle lettere arrivate, nasce cioè dall’idea che non si dia un comparativo di maggioranza o un superlativo relativo o assoluto di nuovo perché “non esiste niente di più nuovo del nuovo”. E invece esiste: come si dà “un’automobile meno nuova della mia” (comparativo di minoranza) e una “nuova quanto la mia” (comparativo di uguaglianza), così c’è “un’automobile più nuova della mia” (comparativo di maggioranza) e si può volere “il modello più nuovo che c’è” (superlativo relativo) o “un modello nuovissimo” (superlativo assoluto). O forse, la ragione del dubbio è sì semantica ma diversa dalla precedente e discende dai due principali gruppi di significati di nuovo: un gruppo, il più numeroso (posizionabile sia prima che dopo il nome) contiene sempre la nozione di tempo recente, un tratto cronologico tangibile e prioritario (“comperare un’automobile nuova”, “lanciare una moda nuova”, “avere idee nuove”); l’altro gruppo (che preferisce la postazione prenominale) comunica soprattutto l’idea della diversità, del mutamento, della successione sostitutiva (“comperare una nuova automobile”, “fare un nuovo tentativo”, “incontrare nuovi guai”), che ovviamente contiene in sé sempre il tratto cronologico, ma lo include in quello della sostituzione. Ora, il primo gruppo ammette la gradazione comparativa e superlativa perché ci può essere qualcuno o qualcosa più recente di un altro. Il secondo no o non la prevede comunemente, perché non è dato che qualcuno o qualcosa sia più o meno diverso di un altro, non c’è la gradualità nella successione (tant’è vero che il vecchio comparativo latino ulteriore e il superlativo ultimo, da ultis, hanno perso in italiano la valenza graduata e sono percepiti e usati come aggettivi di grado positivo) e quindi comparativo e superlativo sono, nelle accezioni di questo gruppo, meno frequenti, se non (di fatto) impossibili. Di qui, credo, il dubbio nei nostri lettori che nuovo non ammetta comparativi o superlativi. In realtà, li ammette esattamente come la maggior parte degli altri aggettivi qualificativi; solo che li usa quasi solo per le sue accezioni in cui il tratto cronologico prevale sugli altri e non li adopera per quelle in cui la successione comporta più la percezione della sostituzione che quella della temporalità.