DOI 10.35948/2532-9006/2023.29083
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Un numeroso gruppo di lettori ci chiede delucidazioni sulle parole carta (geografica), mappa e cartina.
Partiamo dall’uso dei termini nell’ambito specialistico della geografia cartografica. Le prime due parole, carta (geografica) e mappa nascono all’interno del lessico tecnico della geografia, di cui la cartografia, cioè la scienza e la tecnica della realizzazione di carte geografiche e piante, fa parte. Dunque secondo la geografia cartografica, che cosa si intende per carta geografica?
La carta geografica è il disegno razionale in piano di parte o di tutto il reticolato virtuale dei meridiani e dei paralleli e dei fatti geografici che si vogliono localizzare.
La definizione contempla due momenti di realizzazione. Il primo (proiezione del reticolo geografico) è di competenza del cartografo, il quale – mediante procedimenti matematici e geometrici – trasferisce in piano il reticolo virtuale già stabilito sull’ellissoide; il secondo momento è di competenza del geografo che sceglie il tipo di proiezione più idonea per selezionare successivamente i fatti geografici da localizzare. (Osvaldo Baldacci, Geocartografia, Roma, Edizioni Kappa, 1981, p. 41)
Alcuni geocartografi anziché dare una definizione di carta geografica preferiscono elencarne e spiegarne gli attributi: la carta geografica è una rappresentazione ridotta, approssimata e simbolica. La riduzione è il passaggio dalla superficie effettiva a un’altra corrispondente sulla carta; essa avviene quando si adotta un rapporto matematico unico, definito scala. Una carta, inoltre, sarà sempre approssimata, in quanto una superficie curva non potrà essere riportata mai in piano senza sensibili alterazioni. Infine la carta è simbolica perché gli oggetti geografici vengono rappresentati in forma semplificata attraverso un adeguato simbolismo. Ai fini della nostra trattazione, ci interessa fondamentalmente la scala: infatti nell’allestimento della carta geografica si adotta una riduzione per la quale a un centimetro della carta corrisponde un numero maggiore di centimetri della superficie reale; questo rapporto viene espresso attraverso una frazione (spesso resa con il segno dei due punti) il cui numeratore esprime il numero di centimetri della carta e il denominatore il numero dei centimetri corrispondenti alla realtà. Ad esempio con la scala 1: 25.000, a un centimetro della carta corrispondono 25.000 centimetri della realtà, ossia 250 metri. Nella geografia cartografica si è soliti suddividere in tipologie le carte geografiche in base alla scala di riduzione:
- carte planimetriche, o planimetrìe, o piante, o mappe: la scala, in genere, non supera l’1:5.000 e spesso è maggiore di 1:500; si usano di solito per rappresentare aree urbane o terreni agricoli;
- carte topografiche: la scala è fra 1:5.000 e 1:200.000; si usano di solito per rappresentare in dettaglio un territorio circoscritto, segnalandone il rilievo, l’idrografia, i centri abitati, le strade, i vari tipi di vegetazione o di coltivazione, le case isolate ecc.;
- carte corografiche: hanno una scala compresa fra 1:200.000 e 1:1.000.000 e rappresentano di solito una regione di media estensione della quale mostrano molti particolari;
- carte generali: la scala supera l’1:1.000.000; si usano di solito per rappresentare zone estese delle quali mostrano solo i particolari più rilevanti, che comprendono uno o più Stati, o addirittura per riprodurre interi continenti;
- mappamondi: a scala 1:30.000.000 e anche meno, raffigurano l’intera superficie terrestre; si distinguono in planisferi, nei quali tutta la superficie terrestre è contenuta in un unico disegno, e planiglobi, nei quali ciascun emisfero è rappresentato separatamente. (Adriana Rigutti, a cura di, Geografia generale, Astronomia e cartografia, Firenze, Giunti Editore, 2002, pp. 73-74)
Dunque nel lessico specialistico della geografia cartografica, si usa la parola mappa per indicare una carta la cui scala non supera il rapporto 1:5.000. Ma non sempre è così: alcune classificazioni cartografiche fanno arrivare questo rapporto fino a 1:10.000 e più. In alcune trattazioni specialistiche, inoltre, si distinguono le piante ossia “carte esclusivamente di centri urbani, o in cui l’area urbana sia prevalente, con scala fino a 1:15.000” dalle mappe ossia “carte con scala sino a 1:10.000” (Osvaldo Baldacci, cit., p. 55). Concludiamo la disamina all’interno del lessico specialistico della geografia cartografica precisando che si può usare semplicemente la parola carta omettendo l’aggettivo geografica perché l’omissione non ne compromette il significato: infatti all’interno dell’ambito specialistico si sa che con il termine carta ci si riferisce sempre alla riduzione in scala di una superficie reale. Inoltre i diminutivi cartina e piantina, che nell’uso comune indicano rispettivamente una carta geografica e una pianta (cioè una carta con una scala grande) di piccole dimensioni, non vengono impiegati nell’ambito specialistico della geografia cartografica.
Passiamo ora all’uso comune delle parole. Come sappiamo, molti termini che ormai fanno parte del nostro lessico quotidiano inizialmente potevano appartenere a quello specialistico di qualche disciplina: si tratta di tecnicismi che sono passati dalla cerchia ristretta delle parole tecniche a quella più ampia del lessico d’uso comune. È il caso anche di carta (geografica) e di mappa, il cui passaggio appena descritto, risalendo a molti secoli fa, ha finito per opacizzarsi lasciandoci la sensazione che queste parole facciano parte del nostro lessico comune da sempre. Ma studiando la storia di questi termini ci accorgiamo che non è così: esse venivano usate prevalentemente in ambito specialistico perché solo una cerchia di persone competenti allestiva e utilizzava le carte geografiche.
Tavoletta
Nel latino classico quella che noi potremmo considerare la carta geografica, ossia la riproduzione piana di uno spazio reale, veniva indicata con la parola tabŭla: ad esempio l’antica Tabula Peutingeriana è una riproduzione medievale di una carta di epoca romana della seconda metà del IV secolo d.C. che rappresenta il mondo fino ad allora conosciuto e indica le più importanti arterie stradali romane. Dal latino tabula deriva la forma italiana tavola, a cui in questo contesto si aggiunge un suffisso diminutivo divenendo tavoletta, che indica, nella geografia cartografica, una carta con scala 1:25.000 (si vedano le tavolette dell’Istituto Geografico Militare). Per inciso notiamo che le parole carta, mappa e tavoletta si riferivano anticamente al supporto materiale su cui veniva riprodotta cartograficamente la realtà e hanno finito per assumere il significato di generico di ‘riproduzione cartografica’ per metonimia.
Carta e carta geografica
La parola carta, anche nella forma charta, nel significato di ambito geografico è attestata già nell’italiano antico: il DELI ne rinviene la prima occorrenza in un testo veneziano nella prima metà del Quattrocento (1435-1445, Portolani), mentre il GDLI ne dà una anteriore, appartenente al poemetto astronomico-geografico in ottave La sfera, risalente alla seconda metà del Trecento e attribuito all’umanista Leonardo Dati:
E con la carta, dove son segnati
i venti e’ porti e tutta la marina,
vanno per mar mercatanti e pirati,
que’ per guadagno, e questi per rapina,
Ed in un punto ricchi o sventurati
Sono alle volte da sera a mattina:
Che la Fortuna in alcun altra cosa
Non si dimostra tanto ruinosa. (Leonardo Dati, La sfera, Firenze, Molini, 1859, p. 8)
La parola molto probabilmente deriva dal latino tardo charta(m) (scritto anche senza l’acca) rinvenuto in testi in latino medievale di area romanesca e ligure (rispettivamente 1356 e 1390) con riferimento, come abbiamo visto anche nel testo di Dati, alle carte nautiche, ossia alle carte geografiche utilizzate per la navigazione, raffiguranti prevalentemente mari e coste (cfr. LEI XIII, 1413, nota).
L’espressione carta geografica invece risale a prima del XVII secolo: il GRADIT la data 1750, mentre secondo il DELI la più antica attestazione è del 1684 in un testo del gesuita Daniello Bartoli (in Trattatisti e narratori del Seicento, a cura di Ezio Raimondi, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960, pp. 315-649, p. 600), ma grazie a una ricerca su Google libri possiamo retrodatare il termine: troviamo infatti due attestazioni antecedenti, una (“carte geografiche Gotiche”) in Alessandro Piccolomini (Della grandezza della terra et dell’acqua, Venezia, 1558, c. 30v) e una in un testo di Giovanni Battista Peruschi Romano, sul cui frontespizio si legge: “et aggiuntovi per intelligenza una carta Geografica dell’India, in molti lochi riformata” (Informatione del Regno, e Stato del Rè di Mogor, della sua persone, qualita, e costumi, e delli buoni segni, e congietture della sua conversione alla nostra santa Fede, Brescia, Pietro Maria Marchetti, 1597).
L’espressione carta geografica sembrerebbe dunque essere posteriore alla parola carta in questo stesso senso, documentata fin dal XIV secolo. Al termine carta con il significato che stiamo analizzando, poi, si possono aggiungere aggettivi che ne specificano la finalità o modalità di esecuzione formando alcune locuzioni che non fanno parte del lessico specialistico della sola geografia ma anche di altre discipline che si servono della rappresentazione piana della superficie terrestre o celeste o addirittura lunare. Ne citiamo soltanto alcune di quelle registrate nel GDLI:
carta fisica ‘carta geografica che rappresenta soltanto gli elementi orografici e idrografici della superficie terrestre’;
carta muta ‘carta geografica priva di qualsiasi indicazione scritta’;
carta politica ‘carta geografica in cui, più che agli elementi fisici, viene dato risalto alle divisioni politiche, alle ripartizioni amministrative, alle distribuzioni e all’entità dei centri abitati’;
carta storica ‘rappresentazione delle condizioni geografiche e politiche di un dato paese attraverso le vicende storiche’;
carta magnetica ‘carta geografica terrestre, che riporta gli elementi magnetici (la declinazione, l’inclinazione e la potenza magnetica) e viene usata nella navigazione’;
carta meteorologica ‘carta nella quale la superficie terrestre viene rappresentata mettendo in particolare rilievo certe caratteristiche fisiche (pressione, temperatura, umidità) dell’atmosfera sovrastante’;
carta nautica o da navigare o marinara cioè disegnata a uso della navigazione, e che segna la profondità del mare, le correnti, i pericoli, le varie segnalazioni marittime, le condizioni dei venti, le zone di nebbia, le traiettorie dei cicloni, il profilo e l’aspetto delle coste;
carta sismica ‘carta geografica sulla quale sono indicati graficamente i caratteri distintivi della sismicità’;
carta linguistica che delinea la diffusione e la distribuzione dei vari idiomi, sia considerati come unità, sia analizzati nei loro elementi;
carta celeste ossia la rappresentazione piana della sfera celeste o di singole parti di essa;
carta del cielo, carta fotografica del cielo ‘opera che si propone di rappresentare fotograficamente tutte le stelle del cielo’;
carta lunare cioè la rappresentazione planimetrica della superficie lunare.
Le ultime tre locuzioni chiariscono che la carta può essere o geografica (da geografia, dal gr. geōgraphía composto da geo- ‘Terra’ e graphia ‘descrizione’) e quindi, letteralmente, descrivere il pianeta Terra, oppure può rappresentare in piano la volta celeste (carta del cielo) o la superficie lunare (carta lunare) e potrebbe certamente rappresentare una qualsiasi superficie che non sia terrestre.
Aggiungiamo che il LEI e il GDLI inseriscono per carta geografica il significato traslato di ‘pantaloni sdruciti e rattoppati simili a una carta geografica’ (I. Nievo, 1855).
Cartina (e piantina)
Concludiamo la parte relativa a carta con il diminutivo cartina: la parola non fa parte del lessico tecnico-specialistico della geografia cartografica ma viene impiegata nell’uso comune. I vari dizionari dell’italiano riportano tutti il significato di ‘carta geografica di dimensioni ridotte’, a cui il GRADIT aggiunge “ripiegabile (di solito rappresentante una città: la cartina di Roma)”, il Devoto-Oli online la specificazione “specialmente inserita in un testo”, il Vocabolario Treccani online “che rappresenta una regione più o meno vasta o riproduce determinati fenomeni”. La citazione che il GDLI riporta per cartina con questo significato risale a Pavese ma siamo certi che esistano attestazioni meno recenti:
Una sera che Fonso non c’era, discutemmo la guerra, sulle cartine dei giornali e sull’atlante che avevo portato per mostrarlo a Dino. (Cesare Pavese, Prima che il gallo canti, Torino, Einaudi, 1954, Ia ed. 1949, p. 228)
Scorrendo le varie occorrenze della parola nei vari quotidiani, ci rendiamo conto, che cartina indica una qualsiasi rappresentazione cartografica e che la parola ha finito per assumere tutte le accezioni di carta geografica. Il termine cartina viene usato in ambiti meno specialistici e formali, come, per fare alcuni esempi, all’interno di un’aula scolastica per indicare la rappresentazione cartografica che si attacca alle pareti, quella che viene fatta fare agli alunni a scopo didattico, quella inserita all’interno di un testo che tratta di geografia ma anche, come precisa il GRADIT, quella che comunemente viene usata per riprodurre il reticolato urbanistico di una città, spesso pieghevole. Con quest’ultima accezione, nell’uso comune, risulta essere sinonimo di un altro diminutivo, ossia piantina, che viene utilizzato, anche nell’ambito specialistico dell’architettura, per indicare le rappresentazioni di porzioni di superficie più ridotte come quelle di un edificio, di un appartamento o addirittura di una sola stanza. Infatti, la parola piantina è diminutivo di pianta, che a sua volta deriva dal latino planta(m) con cui si indicava originariamente solo ‘pianta del piede’, ma poi per traslato anche ‘fondamenti di un edificio’ e quindi ‘disegno di fondamenti’ (l’Etimologico). Baldassarre Castiglione (1478-1529), la cui citazione viene riportata dal GDLI, tratta la questione nelle sue Lettere scritte tra il 1497 e il 1521, in questi termini:
Chiamasi questo disegno pianta, quasi che, come lo spazio che occupa la pianta del piede che è fondamento di tutto il corpo, così questa pianta sia fondamento di tutto lo edificio. (Baldassar Castiglione, Lettera Quinta e prima originale italiana, a papa Leone X, in Traduzione di quattro lettere latine del conte Baldassar Castiglione seguita da quattro altre originali italiane del medesimo autore, Milano, Stereofeidotipia Cairo, 1826, pp. 67-77, p. 74)
Mentre Pietro Cataneo, riportato dal DELI, nei Quattro primi libri di architettura (...). Nel quarto si dimostrano per diverse piante l’ordine di più palazzi & casamenti (Venezia, 1554) descrive la piantina come la “rappresentazione grafica in scala, ottenuta sezionando con un piano orizzontale, o proiettando verticalmente sul piano orizzontale, oggetti, pezzi meccanici, costruzioni, terreni, e sim.”; già in Magalotti, nel 1666 la parola aveva assunto il significato di ‘carta topografica’.
Mappa
Rispondiamo infine a tre lettori che ci chiedono delucidazioni circa la parola mappa e in particolare: la differenza tra cartina e mappa, l’etimologia di mappa e se questa parola sia da ricondurre all’inglese map. Rispondiamo subito a quest’ultima domanda dicendo che mappa è una parola italiana di origine latina che ha una storia antica interessantissima. Deriva dal latino măppa(m) che significa ‘tovaglia’ o ‘tovagliolo’ (da cui poi mappa in italiano antico con il significato più generico di ‘panno’, ‘pezzo di tessuto’; cfr. TLIO) in riferimento all’uso degli antichi agronomi di eseguire su tela la rappresentazione grafica di una zona di terreno (DELI). Secondo alcune ricostruzioni storiche si potrebbe trattare non solo di una rappresentazione grafica disegnata a posteriori, cioè quando la tela è già stata tessuta, ma di una rappresentazione fatta durante la fase di tessitura e di ricamo. Infatti nel De raptu Proserpine, scritto presumibilmente tra il 395 e 398 d.C., Claudiano descrive minuziosamente il dono che Proserpina confeziona per il ritorno della madre Cerere: una tela circolare che rappresenta la terra fino ad allora conosciuta (Claudianus minor, ediz. a cura di Virgilio Paladini, Roma, Gismondi, 1952). Questo passo ha una duplice importanza per i geografi in quanto: “1) afferma la continuità di rappresentazione cartografica di emisferi circolari; 2) afferma l’esistenza di carte geografiche, forse a scopo puramente decorativo, ricamate in tela” (Baldacci, cit., p. 13). Si tratta comunque di un passo letterario, quindi con finalità artistiche e non documentarie, sul quale non possiamo basare considerazioni circa l’effettivo allestimento delle carte geografiche nell’antichità.
Finiamo di rispondere al nostro lettore dicendo che è l’inglese che ha mutuato dal latino la parola map e che, secondo l’edizione 1934 dell’Enciclopedia Treccani (XXII, p. 198) alla voce redatta da Filippo Tambroni, la lingua inglese mantiene la differenza di significato tra map, che indica una qualsiasi rappresentazione geografica, e chart (derivante sempre dal latino charta), che invece si riferisce alla carta nautica. Confrontando l’Oxford English Dictionary e il Merriam-Webster notiamo che questa differenza di significato era più marcata in passato e si sta opacizzando, tant’è che le due parole vengono usate in maniera quasi del tutto sinonimica. Dunque la parola mappa deriva dal latino e non dall’inglese; l’inglese map deriva anch’essa dal latino mappa(m) ed è entrata nel lessico italiano nella locuzione road map, anglismo integrale che ha cominciato a circolare sui giornali intorno al 2002-2003 in relazione al conflitto israelo-palestinese e che il Devoto-Oli online registra con i significati di ‘piano diplomatico o strategico per porre fine al conflitto israelo-palestinese e ristabilire la pace in Medio-Oriente’ (anche in GRADIT) e ‘piano di intervento finalizzato al conseguimento di un obiettivo o alla soluzione di un problema’. Consultando anche lo Zingarelli 2023, road map significa letteralmente ‘carta stradale’ ma “spec. nel linguaggio giornalistico, piano programmatico che prevede varie tappe in vista di un obiettivo” (ad es. road map per la pace) e in maniera estensiva “tabella di marcia”: es. rispettare la road map. Licia Corbolante, nel suo blog Terminologia etc, ha notato poi che l’anglismo risulta avere maggiori occorrenze negli ultimi anni in relazione ai piani adottati dal governo per uscire dall’emergenza pandemica. Forse questo è anche uno dei motivi, oltre alla fortuna dell’applicazione Google Maps e al continuo attingere dell’italiano dal lessico inglese, che ha portato il nostro lettore a chiedersi se la parola italiana mappa sia un adattamento dall’inglese map.
A riprova del fatto che mappa sia una parola che fa parte del lessico italiano fin dalle origini, ne riportiamo la prima attestazione, che risale al 1345-1467 nel Dittamondo di Fazio degli Uberti:
«O sole, [[...]] quel che da te prima l’anima vole / si è d’aver partito per rubrica / il mondo». [[...]] Ed ello a me: «[[...]] formerò teco una mappa [[...]] a ciò ch’andando insieme poi noi due, / e trovandoci ai porti e a le rive, / sappi quando saremo giù e sue. (Fazio degli Uberti, Il Dittamondo e le Rime, a cura di Giuseppe Corsi, vol. I, Bari, Laterza, 1952, p. 23)
Già nell’italiano antico mappa poteva essere impiegata nella locuzione mappa del mondo, abbreviata anche in mappamondo, ossia letteralmente ‘carta geografica che rappresenta l’intero mondo’, che già in latino medievale era măppa mŭndi, letteralmente ‘carta del mondo intero’ (per approfondire si legga la risposta di Franz Rainer). A completamento della documentazione riportata nella risposta, proponiamo interamente le due citazioni di poco posteriori a quella di Guidotto da Bologna (registrata dal DELI); esse sono rispettivamente del mantovano Belcazer (1299-1309), che presenta ancora la preposizione articolata del tra mapa e mond, e di Brunetto Latini, nel volgarizzamento Tesoro risalente alla fine del XIII secolo:
Questa part de l’ovra conten brevixemament la disposicion del mond, e declara ie partiment, tocant alcuna colsa dey planete. E questa part s’apella mapa del mond. (Vivaldo Belcazer, Rubriche, in Ghino Ghinassi, Nuovi studi sul volgare mantovano di Vivaldo Belcazer, “Studi di filologia italiana”, XXIII, 1965, pp. 19-72: p. 65)
Qui comincia il Mappamundi (Brunetto Latini, I libri naturali del “Tesoro” emendati colla scorta de’ codici, commentati e illustrati da Guido Battelli, Firenze, Successori Le Monnier, 1917, pp. 3-51, 55-72, 75-192: p. 3)
Infine rispondiamo al lettore che ci chiede la differenza tra mappa e cartina. Come abbiamo detto, la prima parola appartiene sia al lessico specialistico della geografia cartografica sia all’uso comune, mentre la seconda solo all’uso comune. Nonostante l’etimologia di entrambi i termini abbia come base il (diverso) supporto materiale su cui viene disegnata una riproduzione piana in scala di una superficie reale (da una parte la mappa, ossia la tovaglia o il tovagliolo, dall’altra la carta), ormai le due voci hanno finito per diventare sinonimi e indicare questa riproduzione in maniera generica; ancor più oggi che la tecnologia ci permette di fruire di carte geografiche digitali attraverso un qualsiasi supporto informatico, come un navigatore o un semplice smartphone.