DOI 10.35948/2532-9006/2022.19764
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Qualcuno ci ha chiesto chiarimenti sul termine spiegone, che ha trovato registrato sul Dizionario Garzanti, nel senso di “spiegazione lunga e pedante”, ma che dice di non aver mai sentito usare.
Spiegone non è una parola registrata da tutti i dizionari; manca nel Sabatini-Coletti, nel GRADIT e nel Vocabolario Treccani in rete, mentre figura nel Supplemento 2009 del GDLI, con una definizione analoga a quella del Dizionario Garzanti sopra citato (“spiegazione prolissa di un concetto, un argomento”) e con un esempio da un articolo di Niccolò Ammaniti apparso sulla “Repubblica” nel 2003 su cui torneremo. Anche lo Zingarelli riporta il termine nel senso di “spiegazione lunga o prolissa”, ma non come entrata autonoma, bensì s.v. spiega, di cui spiegone è considerato accrescitivo, accanto al diminutivo spieghina “spiegazione rapida e succinta”.
Dal punto di vista morfologico, la base di spiegone è senz’altro spiega, a sua volta forma ridotta di spiegazione documentata da prima del 1748 secondo sia il GRADIT sia lo Zingarelli, il quale data spiegazione, che è un latinismo (da explicationem), a prima del 1463. Spiega rientra dunque senz’altro tra i nomi femminili in -a nati per troncamento del suffisso -zione studiati da Anna M. Thornton (in Grossmann-Rainer 2004, pp. 519-520). C’è però anche chi, meno persuasivamente, considera spiega un deverbale da spiegare (GRADIT e GDLI, secondo cui è tale anche spiegone). Ma, come nota Thornton, sul piano semantico “il gruppo dei sostantivi ottenuti per troncamento di -zione comprende soprattutto parole del linguaggio giuridico e burocratico” (ivi, p. 520) e spiega è registrato nel GRADIT appunto con la marca d’uso “dir.” (diritto) e col primo significato di “nota esplicativa o interpretativa del testo di una legge o di un provvedimento”. Va detto comunque che, come segnala lo Zingarelli, spiega è diffuso anche nel registro colloquiale, nel senso più generale di “spiegazione, descrizione”. E proprio da questa accezione, nel parlato, si deve essere formato l’accrescitivo spiegone. Che si tratti di un maschile non deve stupire perché il cambiamento di genere grammaticale è frequente con alcuni suffissi alterativi, tra cui appunto -one (cfr. Lavinia Merlini Barbaresi, in Grossmann-Rainer 2004, pp. 273-275).
Sul piano semantico, le definizioni fornite dalla lessicologia non sono del tutto soddisfacenti, perché, come chiarisce bene un intervento del 2018 apparso sul blog “Terminologia”, oltre al senso di ‘spiegazione lunga e pedante’ (indicato come 1), spiegone può averne altri: anzitutto l’accezione, “più neutra”, di “approfondimento dettagliato su un particolare argomento” (indicata come 2), che evidentemente motiva il titolo “Lo Spiegone”, dato a “una testata giornalistica formata da studenti universitari e giovani professionisti provenienti da tutta Italia e sparsi per il mondo con l’obiettivo di spiegare le dinamiche che l’informazione di massa tralascia quando riporta le notizie legate alle relazioni internazionali, della politica e dell’economia”.
Il blog “Terminologia” segnala altri due significati più tecnici, propri del lessico dei mass media (indicati come 3 e 4):
3 In una serie televisiva, lo spiegone è il riassunto delle puntate precedenti, di solito realizzato mostrando spezzoni di scene già viste, eventualmente commentate da una voce narrante (in inglese recap, spesso introdotto dalla frase Previously on). [...]
4 Nei film e nelle serie, ma anche nella narrativa, lo spiegone può essere una spiegazione esplicita fatta da un personaggio all’interno della narrazione: ha la funzione espositiva di chiarire cosa succede o cosa è successo.
Quest’ultimo è il significato di spiegone nell’esempio di Ammaniti citato, come si è detto in apertura, nel Supplemento 2009 del GDLI, che ritengo opportuno riportare:
Il vero problema del film sulla realtà virtuale è uno: lo spiegone. Il terribile spiegone che può arrivare pure a occupare più di un terzo del film. In ‘Matrix’ il povero Morpheus attacca dei bottoni mostruosi cercando invano di spiegare il senso del film.
A parte questi sviluppi recenti, quando si è cominciata a usare la parola spiegone? Difficile dirlo, visto che il termine ha avuto origine nel parlato. In Google libri trovo due esempi degli anni Cinquanta e Sessanta che documentano come la parola abbia già da tempo una sia pur limitata circolazione:
Sono nate cosi la geometria analitica e la matematica finanziaria della letteratura, [...] con bilanci minuziosi, equazioni di terzo grado, spiegoni gravidi di accorgimenti razionalistici. (Cesare Mussini, Jacopone da Todi. Vita spirituale e poetica, Torino, editrice L’Aquila, 1950, p. 102)
«Non mi sembra molto persuaso, almeno dalla faccia. Glielo hai fatto lo spiegone?»
«E come no!»
«Perché si comincia col divertirsi e col pigliarli alla leggera, poi non si sa mai dove si va a finire»
(Giorgio De Maria, I trasgressionisti, Milano, Mondadori, 1968, p. 40)
Ancora anteriore è una segnalazione (censoria) del termine da parte di Antonio Jàcono, Esotismi, in “Lingua nostra”, III (1942), pp. 42-45, che cita spiegone come possibile traduzione di speaker, ma rifiutandolo a vantaggio di commentatore, o, cronista o annunciatore perché “spiegone, con quella sua tinta ironica, è da lasciare al lessico popolaresco romano” (p. 43). Ma, dato che dovrebbe indicare una persona, si tratta di un altro spiegone, deverbale formato col suffisso -one (analogo quindi a mangione), suffisso che nella varietà regionale romana (come nel dialetto romanesco) è effettivamente molto produttivo (si pensi anche a piacione).
Ci porta di nuovo a Roma l’uso recente di spiegone nella trasmissione Propaganda Live (in onda dal settembre 2017, tranne che in estate, ogni venerdì sera su La 7), condotta da Diego Bianchi, in cui viene chiamato spiegone (a volte anche spiegoncino) il commento del giornalista Marco Damilano ai fatti politici della settimana. Credo che proprio per questa presenza televisiva molti abbiano “familiarizzato” con la parola.