DOI 10.35948/2532-9006/2022.15701
Licenza CC BY-NC-ND
Copyright: © 2022 Accademia della Crusca
Ci sono giunte domande che chiedono spiegazioni sui significati e gli ambiti d’uso di perverso e perversione.
L’aggettivo perverso è una voce dotta che deriva dal latino pervĕrsus, participio passato di pervertĕre, formato dal prefisso per- (che indica deviazione) e vertĕre (‘volgere’, ‘girare’). Anche perversione ricalca il latino perversiōnem, deverbale dallo stesso verbo pervertĕre, che in italiano ha assunto la terminazione in -ire: pervertire ‘stravolgere’, ‘distorcere’, ‘alterare’ e quindi ‘rendere corrotto, depravato’ (Zingarelli). Il verbo è alla base dei derivati italiani pervertimento e pervertito, mentre perversità riprende il latino perversitātem.
La famiglia di parole italiane che hanno come “capostipite” il latino vertĕre è piuttosto ampia (cfr. RIF); tra queste pervertire, perversione, perversità, pervertimento e pervertito sono termini documentati già dal sec. XIV, sempre con una connotazione negativa; oggi sono usati prevalentemente per indicare deviazioni di carattere sessuale.
Un po’ più ampio è lo spettro semantico di perverso, di cui il GDLI registra ben 15 accezioni:
Il GRADIT, da parte sua, segnala come l’aggettivo venga usato anche con referenti non umani, nel senso di ‘che ha effetti abnormi e negativi’ (meccanismo perverso, ecc.). Si tratta di uno sviluppo degli ultimi anni, forse dovuto all’influsso dell’inglese, in cui l’aggettivo è entrato attraverso il francese.
In francese antico pervers è attestato intorno al 1120 nel Tristan di Thomas. Vediamo come Thomas inizia la dedica nel congedo del suo Tristan (vv. 1861-6):
Tumas fine ci sun escrit; / A tuz amanz saluz i dit, / As pensis e as amerus, / As emvïus, as desirus, / As enveisiez, as purvers,/ [A tut ces] ki orunt ces vers (‘Thomas finisce qui la sua opera; saluta tutti gli amanti, i sognatori e i sentimentali, gli smaniosi e i sensuali, i voluttuosi e i perversi, tutti quelli che udranno questi versi’).
Il significato medievale del latino perversus e dell’antico francese pervers/purvers risulterebbe dalla compenetrazione di due precisi dati semantici, come spiegarono Emmanuèle Baumgartner e Robert Léon Wagner («As enveisiez e as purvers»: Commentaire sur les vers 3125-3129 du ‘Roman de Tristan’ de Thomas, in “Romania”, LXXXVIII 1967, pp. 527-37: p. 535):
Le signifié de latin perversus, français pervers/purvers concilie donc deux données pertinentes: la notion d’inclination au mal, de méchanceté, mais aussi celle d’une sorte d’obstination à ne pas ouvrir les yeux, à s’attarder aux erreurs qui renversent les notions reçues ou l’ordre du bon sens (‘il significato del latino perversus, francese pervers/purvers concilia dunque due dati rilevanti: la nozione d’inclinazione al male, di malvagità, ma anche quella di una specie di ostinazione a non voler aprire gli occhi, a insistere su errori che capovolgono le nozioni ricevute o l’ordine del buon senso’).
Sulla scorta di questa interpretazione «Tristano e Isotta vanno considerati “amanz purvers” nella misura in cui il loro amore, realizzato come folie, trascende le leggi della società, l’“ordine diritto” appunto (rappresentato dalla corte di re Marco), trasformandolo in “perverso ordine”».
Per il TLIO l’aggettivo italiano perverso significa ‘moralmente corrotto e incline al male’ e può essere usato anche come sostantivo. Le prime attestazioni sono duecentesche. Nell’accezione antonomastica significa anche il ‘diavolo’, attestato in Dante e nei suoi commentatori, mentre il poeta Nicolò de’ Rossi (ca. 1325) lo usa in una sua rima con valore avverbiale.
Analizziamo con maggiore attenzione i significati della parola in Dante.
Nel Convivio l’aggettivo perverso è usato nel suo significato primario (Conv., I 7 4):
Ciascuna cosa che da perverso ordine procede è laboriosa, e per consequente è amara, e non dolce, sì come dormire lo die e vegghiare la notte, e andare indietro e non inanzi. Comandare lo subietto allo sovrano procede da ordine perverso – ché ordine diritto è lo sovrano allo subietto comandare –, e così è amaro, e non dolce.
Anche nella Divina Commedia il significato prevalente dell’aggettivo è quello originario: cfr. per es. Inf., XXV 77: “l’imagine perversa” (‘pervertita, deforme’); Par., XX 126: “genti perverse” (‘genti deviate, fuorviate dalla giusta religione’ a indicare i pagani); e “perverso” è Lucifero in Par., XXVII 26, il simbolo massimo della deviazione da Dio.
Merita maggiore attenzione il fatto che Francesca definisca il suo amore “mal perverso” (Inf., v 93). La maggior parte dei commentatori privilegia un’interpretazione metonimica, registrata nell’Enciclopedia Dantesca come “atroce tormento” (s.v. perverso) e anche nel GDLI come “che è causa di forti sofferenze fisiche o morali; doloroso, straziante, tormentoso (un fatto, una condizione)” (s.v. perverso, 5). In realtà sarebbe meglio riferire questa espressione non alla bufera che travolge Paolo e Francesca (pena comune a tutti i lussuriosi), ma all’amore passionale che ancora li avvince, in modo esclusivo, il che permetterebbe di conferire tutt’altro peso all’aggettivo possessivo nostro usato dalla donna e di ricondurre perverso al suo significato originario.
È allora meglio interpretare l’espressione “mal perverso” così: “passione folle, insensata e funesta perché deviata e che ci ha fatto soffrire in vita e ora continua a farci soffrire” (cfr. Donato Pirovano, Amore e colpa. Dante e Francesca, Roma, Donzelli, 2021).