DOI 10.35948/2532-9006/2023.27957
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I nostri lettori chiedono alcuni chiarimenti sul verbo cavalcare e alcuni suoi corradicali: perché si dice cavalcare e non cavallare? È corretto utilizzare la forma scavallare in luogo di scavalcare? E qual è il contrario di accavallare le gambe?
I verbi cavalcare, accavallare e scavallare hanno, agli occhi dei lettori, tutti la stessa etimologia a partire dal sostantivo cavallo e suscitano in loro, per svariati motivi, alcuni dubbi.
Andando con ordine esaminiamo innanzitutto il verbo cavalcare: perché, si domandano i nostri lettori, se il sostantivo da cui proviene è cavallo, la forma verbale presenta il nesso -lc- e non è invece, semplicemente, cavallare? In realtà, il verbo cavalcare non deriva direttamente dal sostantivo italiano cavallo e nemmeno dal latino caballu(m) ‘cavallo da lavoro, cavallo castrato’, ma dal latino tardo caballĭcāre ‘andare a cavallo’, a sua volta derivato di caballus, grazie al suffisso -icare, produttivo nei secoli scorsi anche in italiano (cfr. GRADIT, che cita verbi come zoppicare, pizzicare), sebbene, almeno a partire dal XX secolo, non abbia più formato neologismi. Il verbo caballĭcāre è dunque già presente nel momento del passaggio dal latino all’italiano e subisce, pertanto, le normali trasformazioni fonetiche, fino ad assumere la forma definitiva che oggi tutti conosciamo. Analizzando il verbo più dettagliatamente, osserviamo innanzitutto che la consonante iniziale c (pronunciata come occlusiva velare sorda /k/) è mantenuta anche in italiano. La consonante latina b (una occlusiva bilabiale sonora /b/) si trasforma invece in v (una fricativa labiodentale sonora /v/) a causa del fenomeno detto spirantizzazione, per cui la b latina, in posizione intervocalica, ha avuto come esito in italiano una v, che talvolta giunge al dileguo. Ciò è avvenuto sistematicamente e se ne hanno esempi anche in parole come habēre > avere o parăbolă(m) > parăvolă > parăŏlă > parola. Infine, e questo è quello che maggiormente ci interessa in questo caso, si nota la sincope, o caduta all’interno di parola, della vocale ĭ che genera il nesso -lc- già in latino tardo, che conosceva dunque anche la forma caball(ĭ)cāre. La sincope della vocale intertonica o postonica era un fenomeno molto frequente; infatti, già nel passaggio dal latino classico a quello volgare, spesso determinò nessi consonantici secondari che, in casi come quello in esame, si sono conservati nelle lingue romanze; si hanno ulteriori esempi in parole come cer(e)bellum > cervello o sol(i)dum > soldo. Il verbo cavalcare è dunque il continuatore diretto di caball(ĭ)cāre ed è, pertanto, la forma corretta da utilizzare.
È bene comunque specificare che l’ipotesi avanzata dai nostri lettori non è affatto irrealistica: il verbo cavallare con accezione di ‘montare a cavallo’, derivato dal sostantivo cavallo, trasformato in verbo per conversione e assegnato poi alla prima coniugazione (peraltro l’unica oggi davvero produttiva), che assume dunque all’infinito la desinenza verbale -are, è infatti attestato in italiano a partire dal Trecento, ma era considerato una voce morta già nell’ottocentesco Dizionario della lingua italiana di Nicolò Tommaseo e Bernardo Bellini. Anche i dizionari contemporanei dell’uso, come lo Zingarelli 2022 o il GRADIT, registrano la voce, ma la considerano e arcaica e obsoleta.
Un altro verbo che suscita perplessità in un nostro lettore è scavallare ‘correre, muoversi sfrenatamente’: è possibile utilizzarlo in luogo di scavalcare ‘superare un ostacolo’ come spesso si sente fare? Diversamente da cavalcare, scavallare deriva dall’italiano cavallo con aggiunta del prefisso intensivo s- e della desinenza -are; è attestato già dal Trecento e si ricollega, per similitudine, al detto animale, indicando qualcuno che si comporti in modo irruente, maldestro o sregolato, proprio come un cavallo imbizzarrito. Tra le varie ulteriori accezioni registrate nei dizionari (come ‘condurre una vita sregolata’, ‘lavorare duramente’ o ‘cadere da cavallo’ cfr. GRADIT), non si riscontra però quella di ‘superare (anche metaforicamente) un ostacolo’, che sarebbe invece propria solamente del verbo scavalcare derivato da cavalcare con l’aggiunta del prefisso privativo s-.
Nonostante ciò, non è affatto raro riscontrare nell’uso, ad esempio sui social network o in riviste, il verbo scavallare con l’accezione di ‘superare un ostacolo, una difficoltà’; il verbo è presente anche nel linguaggio tecnico specialistico dell’alpinismo, per indicare il superamento di un valico, sebbene non sia, come abbiamo detto, registrato nelle fonti lessicografiche:
Dobbiamo continuare a lavorare sui nostri valori. Obiettivi? Per ora dobbiamo scavallare il mese di dicembre... Qualche giocatore che stavolta era seduto in panchina magari giocherà (Nazionale, Mancini: “Rimesso in piedi il gruppo, ma a dicembre sarà dura, “la Repubblica”, 26/9/2022)
Ma l’arte non è solo passato, è anche (e soprattutto) futuro, immaginazione e ispirazione. Prendersela con l’arte, forse, non è la strategia umana più idonea a farci scavallare questi tempi (tweet su Twitter del 15/10/2022)
Posso dire che sto in quarantena, anche se non è vero, per scavallare Capodanno? (tweet su Twitter del 27/12/2021)
Dopo pranzo abbiamo scavallato il Passo Gardena, incantati dal tramonto sul Sassongher che domina Corvara (Il Sella Ronda con gli sci ai tempi del covid, “Mondi paralleli”)
L’attribuzione dell’accezione segnalata dal nostro lettore al verbo scavallare potrebbe essere determinata dall’esistenza in italiano di un verbo omonimo, che ha dunque la stessa forma, ma una diversa etimologia e dunque un diverso significato. Si tratta del verbo scavallare ‘riportare le gambe accavallate in posizione parallela’, che deriva, con sovrapposizione del citato prefisso s-, dal verbo accavallare ‘incrociare, sovrapporre’, a sua volta da cavallo con il prefisso ad-, che esprime avvicinamento, convertito in verbo di prima coniugazione (dunque con la desinenza verbale -are all’infinito). Il contrario di accavallare (le gambe) è dunque, per rispondere a un’altra domanda di due nostre lettrici, il verbo scavallare, attestato per la prima volta in italiano nel racconto di Beppe Fenoglio I ventitré giorni della città di Alba, incluso nella raccolta omonima (cfr. GDLI, GRADIT), e oggi proprio dell’uso comune:
La figlia dell'oste fece capolino dalla tenda. Il sergente scavallò le gambe e le disse: Ciao, Paola, non vieni fin qui? - e mentre lei veniva, lui pensava che a soli sedici anni e con le fattezze campagnole, la ragazza come carne prometteva. (Beppe Fenoglio I ventitré giorni della città di Alba, Torino, Einaudi, 1952, p. 25)
Sharon Stone ha fatto sognare tutti con la scena cult di “Basic Instinct”: quei pochi secondi di vedo-non vedo quando accavalla le gambe e poi le scavalla sono entrati a pieno titolo tra le immagini più indimenticabili del cinema. (Quando ti siedi non accavallare le gambe: il motivo di salute, “Supereva”, 11/4/2022)
Oggi così. Tu che continui nervosa ad accavallare e scavallare le gambe. Ed io continuo a sognare (Twitter, 19/5/2014)
Per concludere, dunque, suggeriamo ai nostri lettori il modo corretto di utilizzare queste forme verbali, tra loro simili tanto che a prima vista possono sembrare almeno in parte sovrapponibili. Cavalcare, in quanto derivato del latino tardo caball(ĭ)cāre, è attualmente la forma corretta per esprimere sia l’atto del ‘montare a cavallo’ sia quello di ‘stare a cavallo’ (che nello sport equestre è detto piuttosto montare), perché il verbo cavallare, attestato in italiano nei secoli passati con lo stesso significato, risulta oggi obsoleto. Scavallare è un verbo che può avere diverse accezioni, tra cui quelle di ‘correre, muoversi sfrenatamente’ o ‘riportare le gambe accavallate in posizione parallela’, ma non, stando almeno alle fonti lessicografiche, quella di ‘superare (anche metaforicamente) un ostacolo’, pur molto diffuso. Suggeriamo dunque di usare, in questo senso, la forma scavalcare, che è propria dello standard.