Parole nuove

Hype

  • Simona Cresti
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW - IN ANTEPRIMA

DOI 10.35948/2532-9006/2023.29114

Licenza CC BY-NC-ND

Copyright: © 2023 Accademia della Crusca


Che cosa significa?

Nella maggior parte dei vocabolari italiani (compresa l’edizione 2024 dello Zingarelli, da tempo attento al monitoraggio delle parole nuove), la parola hype non compare. Il silenzio lessicografico è rotto unicamente dal repertorio online Neologismi Treccani 2023 e dal Devoto-Oli 2024, che hanno registrato la parola nel corso del 2023. Il primo la definisce così:

hype s. m. inv. Clamore, creato da una massiccia campagna pubblicitaria, che dà risonanza a personaggi o eventi. | Usato anche come agg. inv. sempre posposto: chiacchierato e di successo, detto di persona o di evento.

A corredo della definizione sono riportati quattro esempi d’uso, datati dal 2012 in poi e tratti da quotidiani e riviste online che si occupano di musica e costume. Dai contesti si deduce che un artista, un musicista, può “creare hype” (quindi clamore, secondo la definizione proposta); o anche “arrivare all’hype” dopo una lunga gavetta; può essere definito “un personaggio dell’hype contemporaneo” (un personaggio di successo, sempre secondo la definizione) o, come nel contesto che illustra l’uso aggettivale, essere uno degli artisti “più hype” (più chiacchierato, più al centro dell’attenzione) del momento.

Il Devoto-Oli fornisce una definizione in parte diversa e più articolata, datando la parola al 1993 e registrando anche la locuzione essere in hype:

1. (Pubbl.) Nel linguaggio del marketing, l’insieme delle strategie pubblicitarie messe in atto per creare nel pubblico una forte aspettativa per un evento che sta per verificarsi o verso un prodotto di cui si attende il lancio sul mercato;
2. (inform., gerg.) essere in hype, nel linguaggio dei social network, essere al centro dell’attenzione o delle aspettative del pubblico.

Secondo il Devoto-Oli, quindi, hype non indica il risultato di una campagna pubblicitaria (il clamore suscitato), ma la campagna stessa, intesa come “insieme di strategie” di marketing. Nella spiegazione associata alla locuzione, inoltre, il significato della parola sembra indicare qualcosa di ancora diverso: ciò che “è in hype” è al centro delle attenzioni del pubblico, e non – come ci si aspetterebbe dalla definizione precedente – delle strategie dei pubblicitari (vedremo più avanti, tuttavia, come gli esempi reperibili nella stampa e in rete spingano a interpretare questa specifica espressione anche e soprattutto in modo diverso).

Il passaggio è sottile ma significativo, perché introduce all’interno della definizione una “variabile psicologica” che nelle spiegazioni fornite al di fuori della lessicografia ufficiale è molto spesso presente. La si trova, per esempio, nella voce hype del dizionario online Slengo “curato dal popolo della rete”: qui la nostra parola identifica non una strategia di vendita, non il suo risultato fattuale (il clamore), ma una condizione psicologica, quella di una

grande attesa, talvolta gonfiata all'estremo, nei confronti di un nuovo prodotto di qualsiasi sorta (prodotto materiale, film, videogioco, album musicale e così via). Tale hype può essere attivamente indotto da una campagna di marketing di chi propone la novità e/o generato organicamente dal passaparola degli utenti o consumatori.

Si legge negli esempi che si può parlare di “hype per un nuovo film” o “per un videogioco”.

In rete è facile incontrare altre spiegazioni fornite da pagine di giornali, blog e siti di varia natura che contestualizzano hype come espressione tipica del marketing o dei social network (in questa pagina web per esempio si parla di Tik Tok) e aiutano a ricomporre la frammentarietà delle definizioni finora incontrate: nella lingua dei pubblicitari hype indica sì la promozione di un prodotto o evento, ma con particolare enfasi sul suo essere volta, come già visto nel Devoto-Oli, a creare una forte aspettativa del pubblico generalista o dei follower di un social network; infatti, nel gergo giovanile e in quello dei videogiochi, quindi nella lingua dei consumatori, hype indica l’attesa “trepida”, “spasmodica”, di un prodotto molto pubblicizzato e dunque desiderato (cfr., a titolo di esempio, le definizioni proposte qui e qui).

La parola, del resto, compare nel repertorio di giovanilismi Bella ci. Piccolo glossario di una lingua sbalconata (a cura degli studenti di Scienze della comunicazione, informazione, marketing dell’Università LUMSA di Roma, L’Alguer, Edicions de l'Alguer, 2017) ed è citata come legata al lessico della musica, delle serie tv e dei videogiochi nei saggi di Luca Bellone, Kevin De Vecchis e Lucia Francalanci contenuti in L’italiano e i giovani. Come scusa? Non ti followo (a cura di Annalisa Nesi, Firenze, Accademia della Crusca, 2022, pp. 25-42; 59-76; 109-129). Questi studi confermano, quindi, la vitalità della parola presso la fascia giovanile dei parlanti e anche la marca di gergalismo attribuitale dal Devoto-Oli; i tre autori sono inoltre concordi nell’assegnare a hype il significato prevalente di ‘attesa, aspettativa per il lancio di un prodotto sul mercato’, almeno in àmbito giovanile.

Nel saggio di Francalanci, dedicato al gergo del gaming online, per esempio, espressioni come “averci l’hype”, “stare in hype” (alle quali si può aggiungere per analogia l’“essere in hype” riportato nel Devoto-Oli) sono spiegate come riferibili al soggetto che sperimenta un tale stato d’animo: dunque a “stare/essere in hype” non è solo il prodotto, ma anche – e principalmente – la persona che lo attende, sul modello di espressioni come “essere in ansia”, “essere in attesa”, “essere in ambasce” (lo prova il fatto che, se cerchiamo su Google frasi come “la serie è in hype”, “il gioco è in hype”, il motore di ricerca restituisce in entrambi i casi appena 2 risultati; la ricerca, come le altre di questa scheda, è stata condotta il 13 settembre 2023).

Alla luce di tutte queste spiegazioni, ricaviamo un quadro in cui hype si può definire come:

  1. la montatura pubblicitaria volta a rendere un prodotto particolarmente atteso e desiderato;
  2. (per estensione) l’attesa febbrile, la trepidazione, la smania di conoscenza o di possesso riferite a un determinato evento o prodotto lanciato sul mercato e intorno al quale si concentra un grande clamore mediatico.


Da dove viene hype? Significati ed etimologia nella lingua d’origine

Il sostantivo hype arriva all’italiano come prestito integrale dall’inglese americano, in cui, come vedremo, è attestato anche il verbo corrispondente to hype. L’impressione che si ricava consultando il web anglofono e la lessicografia britannica e americana è quella per cui, come in italiano, sia il sostantivo sia il verbo abbiano provenienza tecnica, ma siano capaci di travalicare i confini settoriali per ritagliarsi spazio anche nella lingua comune, dove specialmente si accomodano nel registro colloquiale.

I dizionari bilingui inglese-italiano, sostanzialmente, forniscono dati simili a quelli della lessicografia nostrana, riferendo la voce all’ambito del marketing e traducendola come “pubblicità esagerata, montatura pubblicitaria” (Cambridge Dictionary English-Italian) o “battage pubblicitario, promozione, clamore” (Word Reference); Word Reference registra anche il verbo to hype “fare battage pubblicitario, promuovere, lanciare” e propone una traduzione aggiuntiva al sostantivo, quella di “ago”, corredandola di un esempio riferito all’ambito delle droghe: una spia del fatto che in inglese il significato della nostra parola è più ampio e duttile.

Lo confermano le innumerevoli entrate di hype presenti nell’Urban Dictionary, il dizionario online compilato dagli utenti e dedicato in particolar modo alla lingua parlata, “di strada”, allo slang, che ci fornisce un ritratto della parola sensibilmente differente. Qui, delle molte definizioni disponibili per il sostantivo, quella che raccoglie più voti è “when someone gets excited about something” [quando qualcuno si emoziona – o si agita, si anima, si entusiasma – per qualcosa]; altri contributi riferiscono invece la parola al marketing (dove indica una montatura pubblicitaria aggressiva, o anche un clamore esagerato, a volte immotivato, creatosi intorno a qualcosa o qualcuno), ma ne illustrano l’uso con esempi relativi a situazioni comuni. Eccone due (per comodità affiancati, come quelli che seguiranno, da un nostro tentativo di traduzione):

A fad. A clever marketing strategy which a product is advertized as the thing everyone must have, to the point where people begin to feel they need to consume it.
Millions of suckers fell for the hype and bought a Playstation 2
(Una moda passeggera. Un’intelligente strategia di marketing per cui un prodotto è pubblicizzato come qualcosa che tutti devono avere, al punto che le persone iniziano a sentire il bisogno di comprarlo.
Milioni di babbei hanno abboccato all’hype [alla montatura pubblicitaria, n.d.r.] e comprato una Playstation 2)

When a person gets an amazing amount of credit that he/she doesn't deserve […].
Timmy: “Dude this girl is ridiculusly hot, she’s like the hottest girl in our dorm.” Tommy: “Yeah right dude, she's all hype”
(Quando una persona è stimata più di quel che merita […].
Timmy: “Ehi quella ragazza è ridicolmente figa, è tipo la più figa del nostro dormitorio”. Tommy: “Sì bro, è tutta hype [è tutta fumo, è una bolla di sapone, n.d.r.]”)

È registrata l’espressione “to be on a hype” (simile all’italiana essere in hype) col significato di ‘essere molto agitato, iperattivo’. Hype compare anche in veste di aggettivo con un significato traducibile con ‘divertente, chiassoso, folle’, o ‘emozionante, brillante’ e anche, così come il participio passato hyped, nel senso di ‘molto emozionato o nervoso per qualcosa’ di bello o brutto. Troviamo poi anche il verbo to hype, qui registrato nel senso di ‘emozionarsi troppo e immotivatamente per qualcosa’. Riportiamo alcuni degli esempi disponibili, ancora una volta estranei all’ambito settoriale di origine delle nostre parole:

He got drunk and was runnin round on a hype (Era ubriaco e correva qua e là tutto agitato)

That book? Yo, that's hype (Quel libro? Sì, è proprio fico)

My dog Cookie was all hype for his walk because he had to pee (Il mio cane Cookie era tutto eccitato per la sua passeggiata perché doveva fare la pipì)

I was all hype at my girlfriend for cheating on me (Ero tutto su di giri con la mia ragazza perché mi aveva tradito)

dude, calm down your getting too hyped (Ciccio, calmati che ti stai scaldando troppo)

That party was hype!! (Quella festa era un delirio!!)

Infine, il dizionario fornisce esempi dell’uso di hype nel gergo delle sostanze stupefacenti: hype è qualcuno che fa uso di siringhe per assumerle, ma anche il nome di uno spinello “corretto” con droghe pesanti (nell’esempio riportato si parla di crack).

Se dalla lingua parlata ci rivolgiamo ai dizionari inglesi monolingui, ricaviamo un quadro ancora diverso e più sistematico. In sostanza, sia per il sostantivo sia per il verbo sono individuabili due significati distinti a cui vengono dedicate entrate separate (Oxford English Dictionary, Merriam Webster), l’una riferibile al gergo delle droghe e ricondotta all’aggettivo hypodermic [ipodermico], di cui hype risulta riduzione, l’altra a quello della malavita e alla pratica della truffa, per estensione poi passata a indicare l’inganno pubblicitario (per il sostantivo, il Merriam Webster registra anche un uso aggettivale nel senso di ‘eccellente, di tendenza’).

Nell’OED, per esempio, la prima entrata (hype1) è marcata come slang statunitense e definita così:

(a) A drug addict [un tossicodipendente] (1924);
(b) A hypodermic needle or syringe [una siringa ipodermica] (1936);
(c) A hypodermic injection [un’iniezione ipodermica] (1929).

La seconda entrata (hype2), ancora marcata come slang di origine statunitense, è articolata in due accezioni, la seconda delle quali è individuata come il significato attuale della parola:

(a) An instance of short-changing; a person who does not give the correct amount of change [una truffa, o un truffatore (uno che non restituisce il resto dovuto, che “fa la cresta” su qualcosa, n.d.r.)] (1926);
(b) (The usual current sense.) Deception, cheating; a confidence trick, a racket, a swindle, a publicity stunt [nel senso usuale corrente: un ‘inganno, imbroglio; un raggiro, un racket, una truffa, una trovata pubblicitaria] (1955).

Per hype2 l’OED dichiara sconosciuta l’etimologia.
Anche il verbo to hype (sempre indicato come slang statunitense) è registrato in due entrate, corrispondenti a quelle del sostantivo. Nella prima to hype1 equivale a ‘truffare, fare la cresta; imbrogliare, specialmente con una pubblicità ingannevole’ [“to short-change, to cheat; to deceive, to con, esp. by false publicity”] (1926); la seconda (to hype2) è invece riferita al verbo usato prevalentemente nella forma del participio passato e con valore aggettivale (hyped), che può essere tradotta come “stimolato, fatto (come sotto l’effetto di un’iniezione ipodermica)” (1938) [“Usually as hyped past participle or participial adjective: stimulated, worked up (as if from the effects of a hypodermic injection)”].
Due entrate sono dedicate anche a hyper: nella prima, la parola è l’abbreviazione scherzosa e colloquiale del sostantivo hypercritic [hyper- + critic, ‘ipercritico’]; nella seconda, in cui è ricondotta al verbo [to] hype1 (di cui dunque sarebbe participio presente, e con cui condivide l’origine ignota), indica un “artista della truffa”.

Come si vede, l’OED evita di sovrapporre, all’interno di uno stesso lemma, il significato relativo alla truffa e quello relativo alla droga. A tentare una ricostruzione etimologica capace di tenere insieme i vari sensi di parole che invece sono probabilmente solo omografe è, invece, l’Online Etymology Dictionary, cui rimanda la voce del Treccani.
Qui, di hype nel senso di ‘pubblicità eccessiva o ingannevole’, si danno due possibili spiegazioni, in entrambe delle quali il prefisso hyper- (derivato dal greco yper- ‘oltre, sopra’ e indicante l’idea di eccesso, appunto, come il nostro iper-) ha un ruolo chiave. Come per l’OED, la parola sarebbe riconducibile al verbo dello slang malavitoso to hype ‘truffare caricando il prezzo o restituendo meno resto del dovuto’, il quale potrebbe essere una retroformazione da hyper ‘truffatore’; hyper ‘truffatore’ è invece identificato come il prefisso hyper- usato come sostantivo. In aggiunta, il dizionario segnala hype come possibile retroformazione da hyperbole [“iperbole”, dal greco yper- + ballein ‘gettare oltre’]: questa ipotesi viene tuttavia smentita in diversi siti che si occupano di lingua inglese (per esempio Maeve Maddox, Hyperbole and hype, dailywritingtips.com).
Citato anche, infine, il possibile influsso del gergo delle dipendenze da droghe, in cui hype è riduzione di siringa ipodermica (hypodermic needle: in questo caso, però, in prefisso coinvolto sarebbe hypo-, dal greco ypo- ‘sotto’).


Quanto e com’è usato hype in italiano? Uno sguardo al web

Torniamo alla nostra lingua, nella quale – come si è forse visto dai primi esempi riportati e come si avrà certezza con i prossimi – sono filtrati solo alcuni dei significati incontrati finora. In particolare, pur mantenendosi l’idea dell’esagerazione, del clamore e dell’aspettativa creati intorno a qualcosa, pare essersi perso o affievolito nel tempo l’aggancio all’idea della truffa criminale. Inoltre, nel web italiano non abbiamo trovato traccia dell’uso di hype per indicare un mezzo per assumere sostanze stupefacenti.

L’esito di una prima ricerca della parola hype sulle pagine in italiano di Google (6.100.000 risultati: la ricerca, come le altre di questa scheda, è stata condotta il 13 settembre 2023) farebbe pensare a una parola diffusissima nella lingua italiana contemporanea. Osservando più attentamente i risultati, appare chiaro come il numero iperbolico di occorrenze sia da “passare al setaccio”: la parola hype ricorre, infatti, da tempo in nomi propri di artisti (per citare il caso più famoso: Hype era il primo nome degli U2), all’interno di titoli di canzoni (dagli anni Ottanta a oggi, tra cui un singolo del cantante italiano Sangiovanni del 2021), film, videogiochi, nomi di locali e di negozi, di marchi e di prodotti (quello che risulta più “invasivo” nel web italiano è un conto bancario digitale del gruppo Banca Sella), con una frequenza tale da offuscare i numeri relativi al suo impiego in testi e conversazioni reali (i quali, evidentemente, sono molto più contenuti). Anche questo pullulare di nomi propri che la contengono è tuttavia un indice significativo dell’impatto socio-culturale della nostra parola.

Una ricerca per stringhe, per le quali prendiamo a ispirazione gli esempi d’uso forniti dalla lessicografia, aiuta a quantificare con più precisione gli usi di hype in italiano. Affianchiamo ai risultati della ricerca condotta sulle pagine in italiano quelli della ricerca verbatim, che promette di restituire il numero delle occorrenze della stringa esatta, cercata parola per parola sulle pagine di tutte le lingue disponibili: “essere in hype” produce 2.450 / 4.800 risultati; “sono in hype” 5.490 / 9.440; “sto in hype” 943 / 1.230; “ho l’hype” 5.270 /1.790; “avere l’hype” 1.460 / 1.500; “c’è hype” 2.290 / 12.700; “hype a mille” 3.380 / 13.900; “fa hype” 2.290 / 5.090.
Di queste espressioni riportiamo alcuni esempi che, effettivamente, provengono in buona parte da interventi su siti specializzati, forum e social network a tema videogiochi, musica, film:

Antike (R). pure questo una ristampa. Data prevista Agosto, che poi in ITA diventerà Settembre conoscendo la nostra distribuzione. Non è esattamente dietro l'angolo, e sto in hype aBBestia!!! VOJOVOJOVOJO (intervento sul forum goblin.net, 24/4/2013)

CYBERPUNK 2077. Trailer di contorno, che mostra finalmente come il gioco è nel motore di gioco, ma ancora 0 gameplay. Mi puzza di uscita 2020 possibile pure crossgen. Io qua ho l’hype alle stelle. (E3 2018 - Dove va a finire l'hype, https://fieldofview90.blogspot.com/, 12/6/2018)

Sono in hype duro per tutte le uscite di ottobre su Netflix (post di Scarlet Bitch @ReiraLannister, X, 16/9/2022)

Hype a mille per Spider Man: siti in crash per le prevendite (di Pietro Magnani, nascecresceignora.it)

Tra i risultati della ricerca in Google non mancano, tuttavia, esempi offerti da pagine di siti e riviste rivolti a un pubblico generalista e dedicati al costume e all’attualità:

Don’t believe the hype cantavano i Public Enemy, eppure Lazza ci crede ancora. È ancora convinto che dire “non avete idea di quello che sentirete” crei hype. Crede che pubblicare la foto con Tony Effe e Gazo per l’uscita di Ke Lo Ke crei hype e non ci crede quando un utente gli fa notare che non c’è hype in giro. (Rebel Mag, Che fine ha fatto l’hype?, rebelmag.it, 2/2/2021)

Così una Chiara Ferragni in evidente calo d’engagement, col reality che non funziona come quello delle Kardashian, compie il gesto estremo e sale sul palco di Sanremo. Sa che può cadere ma un po’ ci spera: fa hype. (Laura Fontana, Chiara Ferragni, il racconto dell’ancella dell’algoritmo, rivistastudio.com, 8/2/2023)

Presenti, nelle pagine italiane di Google, anche tracce (non molto consistenti, per la verità) di usi del verbo hypare transitivo (358 r.; anche nella forma hyppare, 370 r.), dai quali possiamo dedurre il significato di ‘gonfiare, pompare, pubblicizzare’ (se riferito a cose), ma anche quello di ‘eccitare, spingere a entrare in uno stato di aspettativa spasmodica’ (se riferito a persone). Il verbo è usato anche riflessivamente (“mi hypo”) e con valore assoluto (“hypo”), col significato di ‘entrare in uno stato di aspettativa, andare in fibrillazione’: in hype, appunto. Il registro è ancora colloquiale, gli argomenti simili: videogiochi, film, musica, sport.

Se avessero in progetto l’uscita per il 2008 avrebbero già cominciato a hypare la cosa, mi sembrerebbe strana un’uscita così silenziosa per un gioco con altissime aspettative come è sempre ogni FF. (intervento sul forum hwupgrade.it, 11/4/2008)

Il portale Siliconera ha scoperto oggi che Capcom Japan ha recentemente registrato un nuovo marchio per Darkstalkers, e la cosa non può che “hypare” tutti i fan della celebre saga picchiaduro 2D. (Adriano Della Corte, Capcom regista [sic] un nuovo marchio per Darkstalkers, everyeye.it, 15/02/2012)

Eh niente, già mi hypo da solo. (intervento sul forum nillforumcommunity.net, 14/1/2016)

Non serve spendere troppe parole per hypare questo incontro: la miglior scoring offense contro la miglior scoring defense. (Mattia Righetti, Guida alla quattordicesima settimana del 2018 NFL, playitusa.com, 7/12/2018)

Aspe, cioè Sony ha mollato Kingdom hearts su PC a sorpresa senza far hyppare tutto il mondo? (intervento sul forum thegamesmachine.it, 11/2/2021)

Smentito da Gunn il fatto di Clooney e un terzo Batman  :sisi: come volevasi dimostrare. E siamo finalmente giunti al fatidico giorno! stanotte ore 00:00. Spero di non vedere troppo, ma il giusto da hyppare a bestia e poi scoprire tutto al cinema (intervento sul forum dcleaguers.it, 12/2/2023)

Segnaliamo, come forma frequente, il participio passato e aggettivo hypato (1.220 risultati sulle pagine italiane di Google) / hyppato (1.160), che significa appunto ‘gonfiato, pubblicizzato, pompato’, se riferito a un prodotto del mercato, e ‘eccitato, reso pieno di ansiosa aspettativa’, se riferito a persone:

E subito l’eccitazione corre sul web… Sia chiaro: non è un “ritorno dei Daft Punk” (che chissà se mai ci sarà, ed a che condizioni), di sicuro però è un ottimo modo per indagare in quali direzioni sta andando l’anima artistica ed estetica del 50% del sodalizio più chiacchierato ed hypato nella storia della musica elettronica. (Damir Ivic, (Non) tornano i Daft Punk, a metà, soundwall.it, 24/01/2023)

ricordi bene, i sub nella nostra lingua arrivarono quasi un anno dopo il rilascio in crucconia
come dicevo altrove, sono hypato da tanti altri giochi, ma nei confronti di questo remake (che potrebbe essere la realizzazione di uno dei miei sogni più bagnati) nutro una fortissima diffidenza, dopo la demo sento puzza di tradimento (intervento nel forum rpgitalia.net, 19/2/2020)

Comunque non so voi, ma io sono hyppato anche per il ritorno (si fa per dire) dei Pink Floyd a fine anno. (post del profilo Facebook Il Cinefumettaro - Pagina ufficiale , 8/7/2014)

Una nota sulla presenza in italiano di due forme del verbo (con una o due p): la pronuncia di hype senza la vocale finale (/ˈhaɪp/) può aver spinto ad adattare il verbo italiano raddoppiando la /p/, come avviene regolarmente per prestiti inglesi uscenti in consonante (per esempio: [to] log > loggare, [to] ban > bannare, ecc.), e generando quindi la forma italiana hyppare alternativa a hypare, che invece mantiene la grafia dell’originale verbo inglese aggiungendovi solo la desinenza -are della prima coniugazione italiana.


Quanto è nuova la parola? Il viaggio di hype in italiano

Per delineare meglio il profilo semantico di hype in italiano, è utile ricostruirne l’evoluzione anche da un punto di vista diacronico. Le attestazioni più antiche di hype si rintracciano nella stampa e nei libri degli anni 80: la prima, in particolare, risale al 1982. L’uso è cautelato da virgolette perché hype è ancora trattata come una parola inglese, di cui si fornisce una spiegazione. L’àmbito è quello dello spettacolo, del cinema, e hype significa ‘montatura mediatica’. Suggestiva, ma forse casuale, la metafora che richiama le droghe (o meglio il loro uso nello sport):

Da “strada di magìa, sogno e mistero” (come la definisce John Huston) la “fabbrica delle stelle” si è trasformata in un fenomeno che gli americani sintetizzano in una sola parola: “hype”, e cioè puro e semplice pompaggio, drogaggio di eroi e di eroine che non sono tali, attraverso lo sfruttamento intensivo di tutta una serie di meccanismi economici, politici, psicologici, sociali. (Carlo Sartori, Troppo breve il trionfo di Bo Derek, “La Stampa”, 18/1/1982, p. 7)

La seconda occorrenza, di due anni successiva, si trova nella recensione di un saggio specialistico scritto in inglese, pubblicata sulla rivista di linguistica “Lingua e stile”. La parola è ancora riportata tra virgolette, ma il suo impiego non è accompagnato da spiegazioni. Dal contesto si intuisce tuttavia come il significato non debba scostarsi molto da quello che abbiamo letto sui dizionari anglosassoni, e dunque rimandare all’idea della montatura, dell’esagerazione dei toni a scopo persuasivo:

È difficile formulare un giudizio su un libro così denso di materiale e che tocca virtualmente tutti i temi dell’epistemologia, della filosofia del linguaggio e della teoria dell’informazione, un libro che come prerequisiti per una lettura di qualche profitto richiede: a) che si abbia sotto mano una copia dell’ultimo libro di Fred Dretske […]; b) che si abbia una certa dimestichezza con l’opera dello psicologo J. J. Gibson […]; c) che si superi il fastidio indotto dalla monotonia degli esempi […]; d) che si sia immuni o vaccinati contro la forma di “hype”, un tic prevalentemente americano, che emana da ogni pagina di questo libro. (E. Picardi, Recensione a J. Barwise, J. Perry, Situations and attitudes, Cambridge, Massachusetts, Brandford Book MIT Press, 1983, pp. XXII-352, in “Lingua e stile”, XIX, 4, 1984, p. 626)

Nel 1986 anche nel “Corriere della Sera” si registra la presenza di hype in un articolo in cui si parla di attualità statunitense (l’organizzazione di un enorme evento di sensibilizzazione nei confronti del problema della fame nel mondo). Come si vede, l’ambito di impiego della parola è quello del marketing. Rilevanti il corsivo, trattandosi di parola percepita ancora come “straniera”, il genere femminile e il riferimento al concetto di iperbole, nel quale forse l’autore ha scorso un legame etimologico con la nostra parola:

L’avvenimento, spettacolare senza dubbio, è quello qui chiamato hype e cioè una trovata a effetto spinta al livello dell’iperbole. Comunque si tratta di un’iniziativa che è riuscita a mobilitare la coscienza collettiva degli americani, e gli organizzatori a questo punto sono molto fiduciosi di riuscire a saldare la catena di 5 milioni e mezzo di persone, lungo una specie di serpentone umano a braccia tese di oltre 6500 chilometri. […] Qui la hype americana raggiungerà livelli colossali, con la mobilitazione di valanghe di hamburgers fornite gratis dalla premiata ditta MacDonalds. (Renzo Cianfanelli, Mano nella mano tra New York e Los Angeles oggi tutta l’America protesta contro la fame, “Corriere della Sera”, 26/5/1986, p. 9)

Bisogna aspettare gli anni 90 perché hype compaia nella stampa nazionale, ancora tra virgolette, ma senza spiegazioni a corredo. Nell’articolo che segue, in cui si parla ancora di meccanismi pubblicitari riguardanti le aspettative del pubblico e le prospettive di vendita (riferite qui al mondo della musica), il significato della parola sembra rimandare anche alla prospettiva psicologica dell’attesa, oltre che a quella pratico-strategica dell’operazione pubblicitaria.

Eppure della moda, dell’“hype” che si è creato attorno al grunge ed a Seattle, sull’onda del successo di band come i Nirvana, in qualche modo i Pearl Jam sembrano avere approfittato, assieme alle major che sono state pronte a cavalcare il fenomeno. (Ernesto Assante, “Per me suonare è come un sogno”, “la Repubblica”, 10/10/1993, p. 32)

Dopo alcune sporadiche attestazioni offerte da giornali e libri pubblicati negli anni 90 (per esempio in un’intervista della “Stampa” allo scrittore David Leavitt, in cui si parla delle strategie di vendita dei libri [Pier Luigi Vercesi, Le accuse di David Leavitt: “L'editoria Usa è un circo”, “La Stampa”, 17/4/1994, p. 20], e in Monica Melissano, Brit: la nuova scena musicale inglese, Roma, Castelvecchi, 1999, p. 193, in cui “l’hype è colossale” – e senza virgolette – nel mondo del rock alternativo per l’uscita del quarto album dei Suede) e la comparsa su una rivista di medicina nel 1996 (in cui la “psicosi” mediatica per l’ingegneria genetica è definita come “hype”, con l’aggiunta di “forma colloquiale per iperbole”, in “Kos. Rivista di cultura e storia delle scienze mediche, naturali e umane”, 130-135 [?], 1996, p. 48 [versione parzialmente digitalizzata in Google libri]), la presenza su quotidiani, libri e riviste inizia a crescere negli anni 2000, come conferma Google Ngram Viewer. Su Google Trends, invece, i risultati della ricerca subiscono un’impennata solo a partire dal 2018, ma probabilmente in relazione alle ricerche per la carta Hype del conto digitale del gruppo Banca Sella, nata poco prima, intorno al 2015.

Su Google Libri, cercando di vagliare il più possibile risultati, anche in questo caso, disturbati da molto rumore, si conferma l’impressione per cui l’uso di hype si faccia più disinvolto a partire dal XXI secolo, e in particolare nell’ultimo decennio. I libri in cui la parola compare sono principalmente testi dedicati al marketing in generale, al mercato della musica, della tecnologia e anche a quello editoriale (fra gli esempi riportiamo uno stralcio da un’intervista a David Foster Wallace nella quale i curatori non hanno tradotto hype e l’hanno considerato di genere femminile):

Più una tecnologia diventa diffusa, più persone desiderano padroneggiarla, e così diventa ancora più diffusa. Questo può portare al fenomeno dell’hype, che consiste nel sopravvalutare il valore potenziale di una tecnologia. Ma Java è ben più che hype. (Steven John Metsker, Design pattern in Java. Manuale pratico, Milano, Pearson Education Italia, 2003, p. 5)

“È un buon libro”, dice Wallace, un po’ sulla difensiva. “Ma è un libro lungo e difficile e non si capisce perché abbia avuto tanta attenzione. Molta è stata hype più che interesse letterario, e quindi mi ha toccato poco. Il libro parla anche di hype e delle conseguenze spirituali, diciamo, dell’hype, e alla fine il libro stesso è diventato oggetto di hype. Per un po’ l’ironia della cosa mi ha divertito, poi mi ha fatto sentire vuoto” (David Foster Wallace, Un antidoto contro la solitudine. Interviste e conversazioni, trad. it. di Sara Antonelli, Francesco Pacifico e Martina Testa, Roma Minimum Fax, 2013 [ediz. parzialmente digitalizzata in Google libri, senza numeri di pagina])

Qualcuno dice che il pubblico sia altamente influenzabile e che l’hype creato intorno a un artista basti a renderlo piacevole a chi ascolta. Io penso che la verità stia nel mezzo e che l’hype abbia il suo peso ma che non sia da solo sufficiente. (Luca D’Ambrosio, La musica per me: come funziona la musica? Rispondono 50 artisti italiani, Roma, Arcana, 2018 [ediz. parzialmente digitalizzata in Google libri, senza numeri di pagina])

Anche sui quotidiani la parola inizia ad apparire non sporadicamente a partire dal 2000, e si attesta con sempre maggiore frequenza nell’ultimo decennio. Complessivamente, la ricerca di “hype” nell’archivio del “Corriere della Sera” fornisce 175 risultati (di cui 155 dal 2010 a oggi), l’archivio storico della “Repubblica” ne restituisce 454 (380 dal 2010 a oggi), quello della “Stampa” 549 (distribuiti in 88 nell’archivio storico, che indicizza il giornale fino al 2006, e 461 nell’archivio moderno). Gli articoli parlano principalmente di musica e spettacoli, ma in generale di tutto ciò intorno a cui si può creare clamore (tecnologia, libri, fenomeni televisivi, scienze, sport, politica, cinema, costume), a testimonianza del fatto che la parola, certamente ancora non consolidata nella lingua comune, è comunque in certi casi capace di uscire dal suo àmbito settoriale d’origine, da una parte, e dall’altra di emanciparsi dall’uso gergale e giovanile dei siti specializzati, dei forum e dei blog. Riportiamo in ordine cronologico esempi relativi ai diversi argomenti:

A noi vittime dei periodici shock che il matrimonio di scienza e marketing ormai ci propone tra pecore fotocopiate e pomodori incrociati con rettili, può restare il diritto di pensare che questi annunci siano molto “hype”, molto sensazionalismo e poca sostanza. (Vittorio Zucconi, Pronti a fabbricare la vita ecco la cellula col dna artificiale, “la Repubblica”, 22/11/2002, p. 15)

Come si fa a vincere la sfida americana da stranieri? “Non ho una risposta precisa. So che noi ci abbiamo messo sei anni prima di sfondare. […] In ogni caso è meglio negli States che in Inghilterra: qui se ne fregano dell’hype, della promozione sfrenata sulla stampa”. (Matteo Cruccu, I milanesi più “cool” di New York: “Meglio la Grande Mela di Londra”, “Corriere della Sera”, 20/6/2007, p. 17)

L'idea di rivoluzione è stata sostenuta anche da una massiccia campagna di marketing. L'obiettivo era creare quello strano fenomeno che le persone dell'ambiente chiamano “hype”. Un termine traducibile, se vogliamo, come “aspettativa ossessiva”. (Valerio Maccari, Usa, sale la febbre per l'iPhone nei negozi con la scorta armata, Repubblica.it, 27/6/2007)

Tutte le altre edizioni del programma si erano chiuse creando “hype”, attesa e attenzione. Quest’anno è andata diversamente. Il pubblico si è fidelizzato, ma il programma non è andato oltre i suoi “fan” (che apprezzano “un reality di qualità”). […] Ma, bisogna dirlo, al di là dei numeri Auditel, il reality è un genere che “funziona” solo se si crea un discorso condiviso, “hype”, attenzione virale diffusa, “successo convergente” (ovvero diffuso su altri mezzi). Vedremo se lo stesso destino di “X Factor” toccherà a “Grande Fratello”, ormai un programma fra i programmi. (Aldo Grasso, Reality: arriva la fase della normalizzazione?, “Corriere della Sera”, 20/11/2010, p. 55)

Uscendo da Facebook, Twitter e altri social “convenzionali”, andando in giro per tutto il resto dell’internet, era chiaro come la rete fosse dalla parte di Trump, c’era un hype incredibile. Meme, gif, video, canzoni si sono moltiplicati esponenzialmente. (Carlo Brunelli, Meme, board e viralità: la rete lontana dai social che ha incoronato Trump, repubblica.it, 12/11/2016)

“È normale che si parli più del solito se io rinuncio a una gara, ma questo fa parte del gioco, il mio obiettivo è parlare coi risultati. Ma allo stesso mi diverte il fatto che tutti vogliano parlare di me e battermi: significa che mi ritengono forte. […] La nostra rivalità fa parlare di uno sport che avrebbe più bisogno di visibilità: creiamo hype, facciamo nascere sfide che piacciono alla gente”. (Mattia Chiusano, Jacobs, a Parigi è l'ora della prima gara: “Voglio vincere subito. Le gare saltate? Non commetto gli errori del passato”, repubblica.it, 8/6/2023)

Hype compare anche, in pochissimi casi, in veste di aggettivo, con un significato che potremmo rendere come ‘emozionante, alla moda, in voga’. Riportiamo due esempi:

Al Lidò […] il brunch degli artisti, degli intellettuali d’avanguardia, dei dj, della gioventù “hype” fiorentina: scrittori, pittori, pr, riuniti intorno a un buffet di pane, burro, marmellata. biscotti, macedonia di frutta, caffè americano […]. (Fulvio Paloscia, La moda del pastocolazione domenicale: ecco dove, “la Repubblica”, sez. Firenze, 7/12/2000, p. 13)

Beth Ditto e i suoi Gossip saranno lunedì al Palasharp […], che già immaginiamo pieno in ogni ordine di posti. La band è tra le più hype del momento: provare per credere. A fare concorrenza (si fa per dire) ai Gossip, sempre lunedì sera, c’è Gigi D’Alessio al Forum di Assago. (Luca Dondoni, In concerto. L’attrice americana stasera sul palco dei Magazzini Generali. Beth Ditto & co. lunedì al Palasharp, “La Stampa”, sez. Novara, 21/11/2009, p. 65)

Come si è visto via via in questa carrellata di attestazioni, resta in sospeso la questione del genere del nostro sostantivo. Siccome, negli esempi reperiti, hype è introdotto in prevalenza dall’articolo determinativo che, quando eliso, non dà certezze riguardo alla scelta del genere, non è stato possibile tenere separate le occorrenze al maschile da quelle al femminile. I risultati delle ricerche di hype in accordo con aggettivi e participi, tuttavia, confermano l’impressione della prevalenza del maschile: “hype clamoroso”: 344 risultati / “hype clamorosa”: 8 r. / “un grande hype”: 2360 r. / “una grande hype”: 414 r.; “molto hype”: 7810 r. / “molta hype”: 627 r.; “un maggiore hype”: 91 r. / “una maggiore hype”: 1 r.; “hype esagerato”: 1.180 r. / “hype esagerata”: 55 r.; le ricerche di hype + pronome (“suo hype”: 3.240; “sua hype”: 112 r.; “mio hype”: 3.170 r. / “mia hype”: 735 r.) non smentiscono questa conclusione, anche se risultano meno attendibili perché “sporcate” dal rumore generato dall’interferenza con il nome del conto corrente e del singolo di Sangiovanni già citati.
L’oscillazione del genere (così come quella della grafia del verbo hypare/hyppare) certamente è una spia del fatto che hype, pur vitale nel linguaggio giovanile, non si è ancora completamente acclimatato in Italiano. D’altra parte, sebbene attestato da più di quarant’anni sulla stampa nazionale e in contesti comunicativi rivolti a un pubblico sempre più ampio, per quanto legato al mercato pubblicitario, potenzialmente interessante per chiunque consumi prodotti culturali, su hype – complice anche la sua natura di prestito integrale non a tutti trasparente – sembra restare incollata la patina del gergalismo.