DOI 10.35948/2532-9006/2022.25866
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Sono arrivate alla redazione molte domande sull’uso delle preposizioni con i giorni della settimana e con le partizioni della giornata: “si dice al sabato, di sabato o il sabato?” e “alla sera, di sera o la sera?”. A proposito di pomeriggio ci viene poi chiesto: è corretto dire “in pomeriggio” o “a pomeriggio”? o, anche: “ci vediamo pomeriggio”, “pomeriggio ho dormito bene”? Infine ci viene segnalato l’uso di giorno senza l’articolo in espressioni come “la scuola riaprirà giorno 3 maggio”.
Cominciamo con la questione della scelta relativa ai giorni della settimana. La risposta è semplice: attualmente in italiano, per indicare che qualcosa solitamente avviene in un certo giorno, sono possibili tutte le opzioni citate dai nostri lettori (cfr. Serianni 1988: VIII 27 e 28a): si può dire di lunedì... di domenica, al lunedì... alla domenica, o il lunedì... la domenica mi sveglio presto. Ma allora perché c’è così tanta incertezza da parte dei nostri lettori? E perché l’italiano, come a volte qualcuno lamenta, mostra una possibilità così ampia (mentre l’univocità sarebbe più “rassicurante”)?
Chi ha avuto modo di leggere i nostri testi sa la risposta: l’Italia è un paese linguisticamente diversificato; così come si verifica per la “pronuncia” e per il lessico (cfr. la risposta su Regionalismi e geosinonimi di Raffaella Setti), anche per la morfosintassi ci sono delle differenze. Ce ne possiamo rendere conto soltanto basandoci sulla provenienza delle domande: delle moltissime che ci sono pervenute una arriva da Roma, tutte le altre giungono dal nord della penisola (dal Piemonte, dalla Lombardia, dal Veneto e dall’Emilia-Romagna). In tutte, o quasi, le domande si cita l’uso della preposizione articolata al/alla in possibile alternanza con il, di o entrambi.
Una conferma per la “localizzazione” suggerita dalla provenienza dei quesiti, si ottiene dall’esame delle risposte alla domanda 24 “Lei dice: il o al lunedì faccio il bucato?” del questionario LinCi. Tra le 31 città in cui sono state svolte le inchieste, scelgono al lunedì almeno la metà degli informatori (12 in ogni centro indagato) a Milano, Novara, Torino, Alessandria, Biella, Genova e Cuneo; almeno un terzo a Modena, Verona, e Carrara; nessuno degli informatori opta per al lunedì in 16 città, 9 delle quali in Toscana, 3 in Sardegna, 2 in Lazio, una in Abruzzo e una in Puglia; nelle restanti 5 città (Arezzo, Rieti, Roma, Sassari, Catania) la possibilità di usare al è data da uno o, solo in un caso, due informatori. Evidentemente l’uso di al + “giorno della settimana” è localizzato al Nord in contrapposizione a un uso massiccio del solo articolo nel resto della penisola (i dati LinCi non ci permettono una piena valutazione dell’uso della preposizione di, non previsto nel testo della domanda, che emerge spontaneamente in 5 città, in 2 delle quali, le toscane Arezzo e Grosseto, in modo sensibile).
Nel BADIP (ora VoLIP), che a differenza di LinCi testimonia l’uso spontaneo e non riflesso, delle 63 occorrenze totali della parola sabato, 15 appaiono nella sequenza il sabato e sono state raccolte a Firenze (7), a Milano (4), a Roma (4); 2 sono le occorrenze per di sabato (a Firenze e a Milano); al sabato invece risulta in un solo contesto registrato a Napoli. Nello stesso corpus, delle 79 attestazioni totali di domenica, 21 sono in la domenica (7 a Firenze, 3 a Milano, 5 a Napoli, 6 a Roma), mentre di domenica è attestato solo una volta a Firenze e alla domenica solo una volta a Milano (quest’ultimo tra l’altro in co-occorrenza con la domenica: “non dimenticate che […] sono le nostre eh esposizioni che sono aperte anche alla domenica che sono a vostra disposizione anche la domenica”).
Per quanto riguarda le possibilità di ricerca offerte dalla rete, per avere risultati attendibili (la sequenza il sabato può trovarsi in una frase del tipo “il sabato è il mio giorno preferito” o simili, mentre al sabato può appartenere alla frase “dal lunedì al sabato” e di sabato è assai frequente in espressioni del tipo “nella giornata di sabato”, “alle ore X di sabato”) si sono cercate le sequenze “chiuso/chiusi al/di/il + giorno della settimana” e “aperto/aperti al/di/il + giorno della settimana”. Nella tabella qui sotto i risultati relativi ai giorni sabato e domenica (ricerche effettuate il 9/8/2022).
Come ben sappiamo, i numeri in rete vanno sempre valutati con cautela, ma possiamo trarre alcune indicazioni: l’uso della costruzione con al/alla rappresenta circa il 4% del totale; l’uso di di si attesta intorno al 16% mentre la costruzione con l’articolo tocca l’80%.
La ricerca di una sequenza come “chiuso al lunedì” restituisce 7.210 risultati, “…di lunedì” 15.400, “…il lunedì” 270.000 (da cui però bisogna togliere quelle relative al titolo di uno spettacolo teatrale). Il rapporto cambia se usiamo la sequenza con l’aggettivo al plurale: “chiusi al lunedì” si attesta a 2.970, “di lunedì” arriva a 3.630 e “il lunedì” raggiunge 34.300. Anche i dati della tabella ci dicono che il rapporto reciproco tra le tre opzioni non è costante (in 6 casi su 8 al/alla è la scelta minoritaria, mentre in 2 casi è la seconda opzione e la scelta minoritaria è rappresentata da di; di è la seconda scelta in 5 casi, mentre in uno, chiusa di sabato, passa al primo posto). Sembra comunque incontestabile il primato dell’uso del semplice articolo; ed è altrettanto incontestabile che il tipo di sequenza meno diffusa sia quella con a + articolo.
Per quanto riguarda la localizzazione, come già detto, l’uso di al/alla è tipico delle regioni settentrionali: basta scorrere le pagine dei risultati di “chiusi al lunedì” per vedere che si tratta sempre, o quasi, di esercizi, attività dell’Italia del nord e anche siti di amministrazioni locali sempre settentrionali. Per di sembrano prevalere le attestazioni di area toscana, ma frequenti sono anche quelle riferibili alla Campania, al Lazio e alla Sardegna; se ne possono trovare anche riferibili alla Svizzera italiana e al Trentino.
Passiamo a esaminare l’analoga situazione riferita alle parti della giornata: le possibilità attualmente in gioco, come vedremo, sono pressoché le stesse. Se però diamo solo un’occhiata veloce alle nostre spalle scopriamo anche altre opzioni, alcune desuete, altre ancora vive. Per esemplificare riportiamo solo quelle citate nel Tommaseo-Bellini alle voci mattina, sera e notte: da mattina “Per In sull’alba, Nell’aurora e sim”, di mattina, la mattina, nella mattinata; a sera, da sera che “dice il tempo per approssimazione; ma più prossimo […] alla notte”, in serata, nella sera, sopra sera “lo stesso che Nel far della sera. Non com.”, sulla sera, verso la sera, verso sera; a notte, di notte. Mancano alla mattina/sera/notte e vedremo presto perché.
Per quanto riguarda le domande, anche in questo caso l’uso con la preposizione articolata al/alla è citato da persone che ci scrivono soprattutto dal Nord (Trentino, Lombardia, Veneto, Emilia- Romagna, Friuli) e molto più raramente dal Centro-sud (Roma, Abruzzo, Puglia).
Le alternative proposte in questo caso presentano quasi sempre la preposizione di (di mattina, mai di mattino, e di sera), più raramente solo con l’articolo (la mattina/il mattino, la sera).
Prima di proseguire apriamo una breve parentesi sull’uso di mattino o mattina, entrambi di lingua, entrambi databili a prima del 1250 (cfr. l’Etimologico). Anche in questo caso la contrapposizione è tendenzialmente riconducibile a una partizione territoriale: la carta 337 dell’AIS (La mattina) mostra che, a livello dialettale, il maschile, diffuso in area nord-occidentale, scompare dal resto della penisola ad eccezione di alcuni punti in Basilicata (una forma maschile si trova anche in Sardegna, ma è il tradizionale mandzanu/manganu). Ancora la banca dati LinCi (dom. 7) ci testimonia la prevalenza dell’uso del maschile nell’italiano di Alessandria, Torino, Biella, Modena, Carrara e Cuneo, la quasi parità tra le due forme a Milano, Nuoro e Sassari, e nelle altre città il grande vantaggio di mattina, che diviene uso esclusivo a Firenze, Rieti, Viterbo e Catania.
La norma scolastica ancora alla fine del XIX secolo stigmatizzava l’uso di mattino e anche quello della preposizione a nei nostri contesti. Si veda questo passo tratto da Rosa e Emilia Errera, Voci e modi errati: saggio di correzione di idiotismi e d’altri errori dell’uso milanese, Milano, Albrighi, Segati e C., 1898 (il volume è commentato da Teresa Poggi Salani in Sul crinale: tra lingua e letteratura saggi otto-novecenteschi, Firenze, Franco Cesati, 2000, pp. 59-132; il passo che riportiamo è citato in Giovanna Massariello Merzagora e Teresa Poggi Salani, Sull’italiano di Milano, dalle inchieste LinCi, in La lingua delle città: raccolta di studi, a cura di Annalisa Nesi, Firenze, Franco Cesati, 2013, pp. 97-110: p. 107 nota 5):
Molto più comune di mattino è mattina. Escluse alcune locuzioni speciali, come di buon mattino, la stella del mattino, e alcuni proverbi il buon dì si conosce dal mattino, il mattino ha l’oro in bocca, in prosa si preferisce usare mattina.
Inoltre, mattina, come pomeriggio, sera, notte, giorno, ecc. non si fanno precedere dalla preposizione a. Si dice: uscir la sera (o di sera), levarsi la mattina di buon’ora […], lavorare il giorno (o di giorno) e dormir la notte (o di notte), ricever visite il pomeriggio (o nel pomeriggio). (p. 49)
Aggiungo che il “controllo ortografia e grammatica” di Word segnala come scorretto alla sera del titolo di questa scheda (ma si veda Sabatini-Coletti 2008 s.v. sera, che al p. 2 riporta senza commento l’es: alla s. sto quasi sempre a casa [l’es. non è presente nella versione online nel sito del “Corriere della sera”]; Devoto-Oli 2022 e Zingarelli 2022 per la costruzione citano solo a s., di s. e la s.). Ritorniamo così al problema posto dai nostri lettori: ancora LinCi con le risposte alla dom. 22, che indagava appunto l’uso delle (eventuali) preposizioni con mattino/mattina, conferma quanto detto a proposito dello stesso uso con i giorni della settimana. Il dato più evidente che emerge è che l’impiego del solo articolo (la mattina o, assai più raramente, il mattino) è la scelta maggioritaria: l’indicazione di questa opzione non è mai esclusa se non ad Alessandria. La stessa Alessandria è anche la sola città in cui l’uso della preposizione a è l’unico possibile (al mattino 11 informatori, alla mattina 1); lo stesso uso è maggioritario a Biella, Cuneo, Novara, Milano, Modena e Genova, mentre è alla pari con una diversa soluzione a Torino, Verona, Carrara e Lecce. L’impiego di la mattina/il mattino è la scelta decisamente maggioritaria in ben 17 città e l’unica a Pistoia, Prato, Firenze e Roma. L’opzione meno frequente è quella che prevede l’uso della preposizione di: di mattina (di mattino è fornito in tre sole città, Biella, Nuoro e Cagliari, da un unico informatore) è presente in 12 città, sempre come risposta decisamente minoritaria, se non a Torino, Cagliari e Nuoro.
Una ricerca in rete (27/8/2022) per stringhe analoghe a quelle già viste per i giorni della settimana (“chiusi + al/alla|di|il/la + parte del giorno”) ha mostrato la netta prevalenza della scelta con il solo articolo, mentre le opzioni con le preposizioni a (+ articolo) e di si collocano rispettivamente in seconda e terza posizione in associazione con mattino/mattina (sulla distribuzione rispettiva fra maschile e femminile torneremo) e pomeriggio; le posizioni si invertono in associazione con sera e notte.
La ricerca della sequenza “aperti + al/alla|di|il/la + parte del giorno” mostra risultati diversi: la scelta con il semplice articolo si mostra sempre in seconda posizione, mentre le sequenze con le preposizioni questa volta si scambiano il primo e il terzo posto: con mattino/mattina e pomeriggio la scelta con a + articolo è quella più frequente in assoluto e quella con di è la più rara, mentre con sera e notte le posizioni sono invertite (per i dati si rimanda alle tabelle qui sotto).
Nelle tabelle è evidente che, per quel che riguarda la prima parte della giornata + la preposizione a, è mattino il termine che in entrambe “porta a casa” il risultato: ciò è in primo luogo dovuto al fatto che, come detto, sia la scelta del maschile, sia quella della preposizione a sono riferibili all’area settentrionale, mentre la forma femminile è più in uso in aree in cui a + articolo in questi contesti è meno usato.
Quanto a pomeriggio occorre una breve digressione: come dimostra la carta 339 dell’AIS, la forma non è presente nei dialetti italiani (in tutta la carta appare solo una volta a Firenze come seconda risposta); inoltre, nell’italiano di area centrale, specie in Toscana, è spesso sostituito da sera. Del resto si tratta di una forma abbastanza recente: è infatti datata 1848 nella lessicografia e, secondo GDLI e DELI, la prima attestazione si trova nel Vocabolario di parole e modi errati di Filippo Ugolini (Urbino, Giuseppe Rondini, 1848), a p. 138: “Pomeriggio: es. Il concorso crebbe nel pomeriggio: anche questo latinismo non è accettato da’ nostri buoni scrittori; e dirai Il concorso crebbe dopo mezzo giorno”. Anche se il corpus di Google libri permette di anticipare la data, lo fa di soli 15 anni: lo troviamo per 5 volte, sempre nella sequenza “al pomeriggio”, nelle Osservazioni agrarie fatte in Verona l’anno 1832 firmate “Ciro dott. Pollini” (“Memorie dell’Accademia d’Agricoltura Commercio ed Arti di Verona”, vol. 15, 1834, pp. 227-243: p. 232, 2 volte, p. 234, 2 volte, p. 236). Successivamente si trova in altre riviste agrarie e mediche sempre di area settentrionale.
Il termine, contestato dall’Ugolini, nel Tommaseo-Bellini è affiancato dalla doppia crux (††) che contrassegna le parole da evitare, e rinvia a pomeridiano dove si legge (siglato con la T. del Tommaseo): “[T.] Agg. Dopo il mezzogiorno. Aur. lat. […] Altri dice † † Il pomeriggio, affettato e superfluo”. Il volume P-Q del dizionario è datato 1871: circa un trentennio dopo, nelle indicazioni delle sorelle Errani, che abbiamo visto sopra, non è però riservato alcun commento a pomeriggio.
Tornando alle testimonianze attuali, entrambe le sequenze, aperti al mattino e aperti al pomeriggio, compaiono soprattutto in avvisi di uffici pubblici ed enti locali: pertengono quindi all’ambito burocratico, che tende a privilegiare formulazioni legate alla variante considerata di prestigio, attualmente quella settentrionale.
Inoltre non bisogna dimenticare che negli stessi contesti è possibile anche l’uso della preposizione articolata nel: “chiusi nel pomeriggio” mostra 27.500 risultati e “aperti nel pomeriggio” 8.180. Questi risultati comunque non cambiano sostanzialmente i rapporti tra le tre alternative principali. L’unica osservazione che possiamo fare è che nel, rispetto al semplice articolo, costituisce, in un caso, il concorrente più insidioso e, nell’altro, “arriva secondo”, quasi alla pari con al.
Un’altra riflessione può essere avanzata sulla preponderanza delle sequenze “aperti/chiusi di notte” che presentano un numero rilevante di attestazioni rispetto sia alle altre scelte possibili, sia alle testimonianze della medesima scelta in relazione ad altre parti del giorno.
Anche se si esaminano tipi di contesti diversi, per esempio le forme di verbi all’infinito seguiti dalle specificazioni temporali, si vede che l’opzione con di notte risulta quella più usata o la seconda per frequenza dopo quella con il solo articolo.
In chiusura del discorso, accenniamo soltanto a come possono cambiare i rapporti “di forza” tra le diverse opzioni quando, tra la l’elemento introduttore, articolo o preposizione, si frammettono gli aggettivi primo e tardo (ricerche su Google al 10/9/2022). Il cambiamento più evidente è che si cancella quasi del tutto l’opzione con il solo articolo. Con primo, in rapporto alle ore antimeridiane, le forme più diffuse sono decisamente quelle con di: soprattutto di prima mattina, ma anche di primo mattino (che ha però un buon concorrente in al primo mattino; quasi inesistente alla prima mattina). Al contrario, di primo pomeriggio è di gran lunga superato da nel primo pomeriggio (va notato che potrebbe esserci una differenza semantica tra le due espressioni: la prima infatti è tendenzialmente frequentativa, riferita cioè a qualcosa che si ripete abitualmente in quella fascia oraria). Per la terza parte del giorno, la scelta che si mostra incontestabilmente più frequente è in prima serata, l’unica usata in riferimento ai programmi televisivi; nella/a prima serata e in/nella/a prima sera, molto meno diffusi, sono quasi equivalenti, mentre di prima sera/serata spesso sta per “della prima sera/serata”. Per notte le forme più diffuse sembrano a e di prima notte. Con l’aggettivo tardo le cose si complicano ulteriormente, perché nel caso della prima e della terza parte della giornata, l’aggettivo si trova più frequentemente associato a mattinata e serata. In/nella/a tarda mattinata è la forma più frequente rispetto a in/a tarda mattina (pressoché inesistente a/in tardo mattino). Per quanto riguarda sera e serata, in e nella tarda serata sono decisamente più frequenti di in/nella tarda sera; con la preposizione a i rapporti si invertono: a tarda sera è la scelta di gran lunga maggioritaria. Anche a tarda notte risulta la soluzione più frequente, benché in/nella nottata sia molto comune per ‘nel corso della notte’. Nel caso di pomeriggio, nel tardo pomeriggio è decisamente maggioritario.
Veniamo ora a un’altra serie di domande, quelle che riguardano in particolare pomeriggio, che, come detto, è una parola nata in italiano senza radici nelle varietà tradizionali. Per questa forma, oltre a quelle già viste, sembrano esistere altre opzioni: in pomeriggio, come scrivono due lettori dalla Toscana, e a pomeriggio, che ci viene segnalato in molti quesiti provenienti soprattutto dalla Puglia, in particolare dalla provincia di Lecce, ma anche, seppure con minor frequenza, da Abruzzo, Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia.
Per quanto riguarda in pomeriggio, è ipotizzabile che si sia formato per simmetria con la serie in mattinata, in serata, in nottata, in cui resta “scoperto” l’intervallo orario che corrisponde appunto al pomeriggio, che invece richiede la preposizione articolata nel (come nella mattinata, nella serata, nella nottata + specificazione). In rete la sequenza “in pomeriggio” ha 30.400 risultati in italiano anche se non tutti sono pertinenti (può appartenere a “di pomeriggio in pomeriggio”, ecc.). Non è chiaro se l’uso abbia una diffusione legata a un particolare territorio; di sicuro non si trovano locali o uffici “chiusi” o “aperti in pomeriggio”, ma si trovano oltre 260 attestazioni per “in pomeriggio inoltrato” e, soprattutto, 55.700 risultati per “in primo pomeriggio”. E non sarà da escludersi che proprio questa stringa, forse calcata su “in prima serata”, abbia fatto da traino per la diffusione.
Un’altra possibilità è che si tratti di una “semplificazione” della combinazione in sul (Tommaseo-Bellini la usa nella definizione di da mattina riportata qui sopra) un tempo in uso, di cui Google libri attesta 165 occorrenze, 131 delle quali nel XIX secolo:
Riscaldatasi d’improvviso la stagione, in sul pomeriggio del 28 e nel dì susseguente il termometro salì anche all’esterno ai gradi 22 e 23. (G. G. Nessi, Bacologia, “Giornale agrario lombardo-veneto”, III serie, vol. X, 1853, pp. 49 e sg: p. 49)
Attestazioni di in pomeriggio si trovano, ancora nel corpus di Google libri, a partire dall’inizio del secolo scorso, spesso in correlazione con in mattinata, in autori originari di varie parti d’Italia (Roma, ma anche Milano, e poi la Sardegna, la Liguria, la Calabria, la Puglia) e in testi tecnico-scientifici:
Riscontriamo pertanto una stretta analogia tra i movimenti dell’ago notati dal Diamilla Muller durante l’eclissi del 1870 (in ore pomeridiane) Terranova e quelli da noi rilevati durante l’eclisse del 1914 (pure in pomeriggio) a Teodosia. (Luigi Palazzo, L'eclisse totale di sole del 21 agosto 1914, osservata dalla Missione italiana in Teodosia (Crimea), “Memorie della Società degli spettroscopisti italiani”, II serie, vol. VI, 1917, pp. 102-105: p. 105)
E anche istituzionali:
L’educazione fisica venne impartita dagli insegnanti dell’Opera Nazionale Balilla. - Le scolaresche furono divise in squadre maschili e in squadre femminili le quali a seconda dell’opportunità, ebbero le lezioni in mattinata o in pomeriggio… (Istituto (R.) magistrale “G. Molino Colombini” in Piacenza, Annuario 1937, p. 37)
Riporto solo un altro esempio da Rohlfs 1969 par. 919 nella traduzione di Temistocle Franceschi (ligure, ma fiorentino di adozione):
In varie parti del Meridione ‘oggi’ ha assunto significato di ‘oggi pomeriggio’, per esempio in Sicilia òji, pugliese jòš, napoletano (Procida) jojə (AIS, 339); in Calabria ndi vidimu òji ‘ci vedremo in pomeriggio’.
A pomeriggio, giustificato da alcuni nostri lettori con l’esistenza di a sera, che abbiamo visto riportato anche dal Tommaseo-Bellini, sembra diffuso prevalentemente in Puglia (come già detto, da quella regione arriva la maggior parte delle domande; inoltre, almeno in due casi, si dichiara che si tratta di un uso “pugliese”). In rete le attestazioni per “a pomeriggio” sono 383.000, numero non irrilevante, benché molto minore rispetto agli 11.800.000 di “nel pomeriggio” e ai 9.730.000 di “al pomeriggio” (non di molto, ma comunque superiori quelle di “di pomeriggio”: 596.000). Per di più, dal numero bisogna sottrarre le 33.800 attestazioni di “a pomeriggio inoltrato”, analogo a “a mattina, sera, notte inoltrata”, che, benché non presente nei dizionari consultati, è attestato in testi scritti già a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Per quanto riguarda il presunto legame con la Puglia, effettivamente, i non moltissimi (intorno a 600 in totale) esercizi “chiusi” o, soprattutto, “aperti a pomeriggio” sono perlopiù attivi in quella regione, ma se ne trovano alcuni anche in Emilia-Romagna.
Nel corpus di Google libri è possibile reperire attestazioni di a pomeriggio già nel XIX secolo:
Da un largo pertugio, munito d’inferriata, il sole a pomeriggio veniva a rallegrare con un raggio obliquo l’oscuro angolo, ov’io stava componendo le lettere di piombo. (Il ragno e la sua industria, da L’insetto di Jules Michelet, “Enciclopedia contemporanea Rivista scientifica e industriale dello Stato romano”, a. IV n. s., vol. I, 1858, p. 354)
Domenica a pomeriggio, caso raro! sedevano genitori e creature insieme a tavola... (Incredibile ma vero [racconto di un fatto di cronaca], “La frusta - giornale politico morale”, a. VI, n. 83, 13/4/1875, p. 331)
Se ne trovano anche in opere contemporanee di autori non solo pugliesi.
Una conferma della vitalità della locuzione nell’italiano di Puglia ci viene da una testimonianza di ambito dialettologico che riporta uno scambio di battute tra una nonna di 75 anni (P1) e la nipote venticinquenne (E) [abbiamo eliminato i grassetti originali che evidenziavano il dialetto, e introdotto quelli che evidenziano le parti che ci interessano]:
T11. P1: Come volete! Comunque a pomeriggio mi faccio portare dal nonno! Mamətə av’a stè a castə? (Tua mamma resterà in casa?)
T12. E: Boo, se non va a scuola!
T13. P1 : Va bù, scja (Va bene, dai!)\ Buon pranzo! Ci vediamo pomeriggio!
T14 E: Ciao! (Alessandra Schena, Dialetti e cambi di codice fra i giovani in Puglia, in L’Italia dei dialetti. Atti del convegno, Sappada/Plodn (Belluno) 27 giugno-1 luglio 2007, a cura di Gianna Marcato, Padova, Unipress, 2008, pp. 283-290: p. 285)
In questa testimonianza troviamo anche documentato (da parte della nonna) l’uso di pomeriggio senza preposizioni o articolo, che i nostri lettori, alcuni dal nord Italia, Piemonte e Lombardia, altri dal sud, Taranto, Napoli e Matera, ci segnalano in luogo di “questo pomeriggio”, “nel pomeriggio (di oggi)”.
Rilanciando in rete i nostri contesti “tipici”, “chiusi/aperti pomeriggio”, la rete ci restituisce in totale oltre 5.500 risultati; in questi casi il tratto potrebbe essere spiegabile con il principio di economia nella comunicazione (come probabile in un comunicato Ansa riguardante la Toscana) o, forse, anche come drastica soluzione ai dubbi sulla preposizione più opportuna da usare.
Come già visto per settimana prossima, da qualche tempo si assiste a un processo di cancellazione dell’articolo nelle espressioni temporali (ci viene segnalato anche l’uso di mese prossimo); l’uso di pomeriggio in luogo di il/al/nel pomeriggio non è recentissimo: una domanda analoga ha avuto risposta nella rubrica Scioglilingua del “Corriere della sera” già nel 2011; più recente l’intervento nel Treccani Magazine, che rimanda al nostro sito. Del resto, con i giorni della settimana o con gli avverbi domani e ieri (nel caso di pomeriggio anche con oggi) seguiti dai termini indicanti le partizioni della giornata non si usano né preposizioni né articolo: ci vediamo lunedì mattina/pomeriggio/sera/notte o ci siamo visti ieri mattina/pomeriggio/sera/notte. Se ci riferiamo al giorno stesso, la lingua dispone di stamani/stamattina, stasera, stanotte, ma per pomeriggio ci richiede quell’oggi (o questo) in più che non sembra motivato visto che, non essendoci ieri o domani, il pomeriggio in questione è ovviamente questo: perché aggiungerlo? Comunque il semplice pomeriggio non appare, per adesso, molto diffuso: in rete “ci vediamo pomeriggio” ha 3.440 risultati, “ci sentiamo pomeriggio” 338 e “andiamo pomeriggio” solo 84. Sequenze analoghe hanno anche un’assai ridotta presenza in Google libri, laddove si riportano dialoghi tra giovani:
“Adesso scusami, ma devo proprio andare” […] “Ci vediamo pomeriggio” […] Rimane fermo sul marciapiede fin quando l’autobus non riparte. “A pomeriggio”, scrivo con le dita sul finestrino appannato. “A pomeriggio”, grida nuovamente. (Valentina ed Enrica Criscione, E non c’è mai una fine, Lulu.com, 2018, p. 63 e poi ancora a p. 64 e sg.)
Si noti che, nello stesso testo, fuori dal dialogato, si usa “nel pomeriggio”. Sono praticamente inesistenti i corrispettivi “ci vediamo mattina/mattino/sera/notte”.
Come dicevamo il tratto sembra piuttosto recente: i tentativi condotti sul corpus di Google libri (“vedersi / uscire /dormire pomeriggio”, variamente declinati) non sembrano dare alcun risultato per il XIX e il XX secolo; per quest’ultimo si trovano esempi in cui pomeriggio è isolato, ma si tratta di cronache che collocano eventi e azioni in una data parte della giornata, come nell’esempio che segue (nel resto del libro, in altri contesi, si usa nel pomeriggio):
Quanto a Paolo lo vedrò volentieri tutti i giorni ancora, sempre, ma credo che un po’ di assenza fa bene, giova a mantenere il desiderio di vedersi. Pomeriggio leggo i giornali, mi telefona Cesare (Palma Bucarelli, 1944: cronaca di sei mesi, a cura di Lorenzo Cantatore, Roma, De Luca Editori d’Arte, 1997, p. 51)
Oppure la forma appare in sequenze come questa (analoga alla più comune mattina e sera): “Voglio uscire pomeriggio e sera della domenica e almeno un’altra sera durante la settimana” (Giuliana Berlinguer, Agata e i suoi, Milano, Rizzoli, 1994, p. 31). Anche in questo caso altrove è “nel pomeriggio”.
Quanto all’origine dell’uso assoluto di pomeriggio, si potrebbe forse ipotizzare un’influenza delle forme tradizionali documentate nei dialetti dalla già ricordata carta AIS: molto spesso si tratta di espressioni come dopo mangiato, dopo pranzo, dopo mezzogiorno o, nel caso del pomeriggio del giorno stesso, oggi, che non richiedono preposizione o articolo (“uscirò dopo mezzogiorno”, “ci vediamo dopo pranzo”, “ci vediamo oggi”).
Infine rispondiamo alla domanda sull’uso di giorno seguito dall’indicazione di una data, senza l’uso dell’articolo.
In rete si trovano esempi, di varia provenienza, tutti riconducibili alla tipologia dell’avviso:
Inizio lavori giorno 20/12/2021. (Ordinanza area polizia locale. reg.gen. 91 del 15/12/2021. Comune di Casorezzo [MI]. Disciplina della circolazione)
Alla riapertura giorno 1 settembre 2021 saranno ancora valide le modalità di accesso su prenotazione sul sito della biblioteca. (Chiusura estiva, Pontificio Istituto Orientale, Roma)
L’AMMI (Associazione Mogli Medici Italiani) ha organizzato nei giorni 7/8 ottobre p.v. (con inizio lavori giorno 7/10 ore 17,00) presso la Sala Giuditta Levato del Consiglio Regionale della Calabria, il XXIII Seminario Nazionale […]. (Danilo Loria, A Reggio Calabria il seminario dal titolo “Test genetici e nuove speranze in molte malattie quali il cancro e le sindromi neurodegenerative. Luci e ombre”, strettoweb.com, 7/10/2016)
Si comunica che i locali del Dipartimento delle Autonomie Locali - via Trinacria 34/36 - saranno chiusi giorno 18 giugno per pulizia straordinaria e sanificazione. (Avviso - chiusura locali, Regione Siciliana, 17/6/2021)
Si tratta evidentemente di un uso di ambito burocratico, forse legato alla presenza nei moduli predisposti di indicazioni come giorno/mese/anno che seguono immediatamente la richiesta di indicare la data di “inizio/conclusione lavori”, “apertura/chiusura” ecc.
Concludiamo riprendendo i vari punti trattati: per le preposizioni da usare con i giorni della settimana, la scelta tra al/alla, di o il semplice articolo, di diverso “peso” nelle varietà regionali dell’italiano, nella lingua comune è del tutto libera, anche se la terza soluzione appare oggi prevalente e la prima è caratterizza soprattutto l’area settentrionale. Altrettanto si può dire con le partizioni del giorno, aggiungendo per pomeriggio la possibilità di usare nel. Si sconsigliano invece, nello scritto e in contesti formali, le locuzioni a e in pomeriggio, nonché l’uso assoluto (ci vediamo pomeriggio), che sembrano più caratterizzate a livello areale. Altrettanto sconsigliabile l’impiego di giorno senza articolo, come in apertura giorno 10 febbraio: se proprio si vuol fare economia si può scrivere, con il risparmio di 4 caratteri, apertura il 10 febbraio.