DOI 10.35948/2532-9006/2022.24839
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Alcuni lettori hanno chiesto se, per aprire un tipo di frase che Luca Serianni, nella sua Grammatica italiana (Serianni 1988), qualifica come “comparativa ipotetica”, sia possibile optare tanto per il connettivo come se quanto per il connettivo come che, e dunque se i due enunciati “È come se andassimo al mare in costume il 31 gennaio” e “È come che andassimo al mare in costume il 31 gennaio” siano equivalenti ed entrambi accettabili. A loro si aggiunge una lettrice, che chiede se la frase “L’ufficio propone le offerte, come che tutti gli hotels abbiano la spiaggia” sia corretta.
Partiamo dalla prima domanda. Nelle grammatiche e nei vocabolari che descrivono l’italiano contemporaneo da noi consultati (Devoto-Oli 2020, GRADIT, Zingarelli 2022, VOLIT) di un come che con valore comparativo-ipotetico non abbiamo trovato traccia. I dizionari informano che nella lingua antica e letteraria come che ha significato ‘benché, quantunque, seppure’ (come in Inferno VI 72: “Alte terrà lungo tempo le fronti, / tenendo l’altra sotto gravi pesi, / come che di ciò pianga o che n’aonti”) oppure ‘in qualunque modo, comunque’ (come in Decameron II IV: “Ma come che il fatto s’andasse, adivenne che...”) o ancora ‘dovunque, da qualsiasi parte’ (come in Inferno VI 5-6: “novi tormenti e novi tormentati / mi veggio intorno, come ch’io mi mova / e ch’io mi volga e come che io guati”).
Quanto alle indicazioni che vengono dalle grammatiche, ci limitiamo a citare quelle che possono leggersi nella già citata Grammatica italiana di Serianni, cap. XIV § 222, in cui si precisa che nella frase comparativa una marcata connotazione comparativo-ipotetica “è affidata agli elementi introduttori come se, quasi che (di uso meno corrente) o anche soltanto come, seguiti dal congiuntivo”: nessuna traccia, come si può vedere, di come che.
L’unico riferimento che si può trovare è nel GDLI, s.v. comecché, congiunzione indicata come ant. e lett., di cui – oltre ai significati indicati sopra per come che – si cita anche una terza possibile accezione, documentata nei secc. XIII-XVI:
3. Come se, quasi che.
Novellino, 100-222: Veramente vi dico, che ne li vecchi sono li perfetti consigli. E questo non dico io per me, come che io sia di quelli sì sufficienti né per me salvare, però che al vecchio è prode di passar da questa vita; ma io il dico per lo vostro prode ed onore. Boccaccio, Dec., 1 - Intr. (48): Alcuni erano di più crudel sentimento (come che per avventura più fosse sicuro), dicendo niun’altra medicina essere contro alle pestilenze migliore né così buona come il fuggire loro davanti. Castiglione, 416: Voi ragionate di questa cosa, come che sia necessario che tutti quelli che parlano d’amore con donne dicano le bugie e cerchino d’ingannarle. V. Borghini, 1-406: Ricorse ad allegare, che aveva lasciato i denari e le scritture in Arimini, come che nel sacco di quella città, come in una piena, fusser ite male le une e le altre. Agostini, 6: Come che non sapessi che quelli, non conoscendoti, ti maltrattarono, e che io, conoscendoti, le migliaia delle volte appassionato ti ho.
Ma l’uso di come che per come se è stato abbandonato da secoli e oggi non può essere accettato. Per spiegare il dubbio dei lettori si può solo ipotizzare questo: poiché il valore comparativo ipotetico espresso da come se può anche essere reso dal semplice come (“mi trattano tutti come se fossi colpevole” > “mi trattano tutti come fossi colpevole”) e poiché nei dialetti nordorientali il come è spesso accompagnato da che (cfr. Rohlfs 1969, § 792, che cita l’esempio veneziano del Papanti “te prego almanco he ti me insegni come che si fa a mandar zò”), per influsso dialettale come che potrebbe aver preso il posto del semplice come anche in contesti in cui ha il valore di come se.
Il caso posto dalla lettrice è diverso. Nella frase da lei allegata c’è una brachilogia, consistente nell’omissione della formula per esempio: “L’ufficio propone le offerte come <per esempio> che tutti gli hotels abbiano la spiaggia”. Una forma abbreviata del genere, non accettabile nello scritto, è ammissibile (o quanto meno comprensibile) nel parlato, in cui capita spesso che qualche elemento venga omesso o sottinteso.
Nota bibliografica: