DOI 10.35948/2532-9006/2024.34275
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Paolo V. (Grosseto) definisce un “obbrobrio” l’espressione così tanto circolante “ormai sulla bocca di tutti, sui giornali, alla TV, su internet, ecc. […] senza che nessuno cerchi di porre rimedio a questo scandalo”. E non è il solo: Biancamaria B. (Roma) si dice “perseguitata dall’espressione così tanto + aggettivo” da lei percepita come un “brutto calco dall’inglese”. Paola A. (Milano) chiede se “l’aggiunta di così davanti a tanto/tanti non sia altro che un rafforzativo, da utilizzare solo quando veramente necessario e significativo”; Lucius F. S. (Urbino) ritiene “gravemente scorrette, addirittura squallide e assurde, espressioni quali così tanto o talmente tanto”; Italo C. (Benevento) chiede se sia corretto scrivere così tanto in frasi del tipo “Fu attratto dalla musica così tanto che vi si dedicò poi tutta la vita”; Roberto P. (Cinisello Balsamo, Milano) sente errata l’espressione più tanto (ad es.: “la mia minestra è più tanta della tua”), mentre trova corretta l’espressione avverbiale tanto così in frasi del tipo “Non mangiare tanto così”; Renato P. sente pleonastici tanto o così in frasi del tipo “Ho così tanto sonno che dormirei in piedi” e “Non voglio spendere così tanto”; Vittoria T. (Bologna) ritiene non accettabile l’espressione così tanto poiché “tanto significa già così grande/in tale quantità” e si tratterebbe di “una reiterazione del dimostrativo”.
Le domande – tutte interessanti e rinvianti, in buona misura, alla questione della funzione ‘rafforzativa’ insita in così e tanto – richiedono una preliminare indagine sulla origine di così e tanto, tenendo conto dei loro antecedenti latini e proto-romanzi (§§ 1.1., 1.1.1., 1.1.2., 1.1.3., 1.1.4. e §§ 1.2., 1.2.1., 1.2.2.) nonché dei loro rapporti con forme attestate in altre lingue indeuropee. Quindi, si dirà a grandi linee, dei principali valori di così (§§ 2., 2.1.) e di tanto (§§ 2.2., 2.3.) nella storia dell’italiano con particolare attenzione, oltre che per gli usi delle due forme ‘in isolamento’ (e quindi non seguite da aggettivo o avverbio), anche per quelli di così + tanto > così tanto … ‘in isolamento’ e per quelli (recenziori) di così tanto + aggettivo o avverbio (§ 2.4.). Infine (§ 3.) si darà una risposta ai quesiti posti dagli attenti interlocutori e dalle egualmente attente interlocutrici, quesiti riportati in apertura di questo contributo.
1.1. Lat. eccum sīc > it. così
1.1.1. Alla base del lat. eccum – derivato da ecce hunc (*ekk-hom-ce) – sta il lat. ecce: quest’ultimo, particella dimostrativa formata da id + -ce (cfr. l’umbro eř-ek < *id + -ce), funge o da richiamo a volgere l’attenzione verso qualcuno o qualcosa (ecce homo / ecce tuae litterae) o da segnale discorsivo (ecce autem).
Da eccum sīc – e per probabile incrocio con l’espressione avverbiale (pragmaticamente ‘rafforzata’) quō modō sīc ‘nel modo in cui così’ – derivano l’it. così (it. merid. akkussì; lomb. insì) nonché alcune forme galloromanze quali prov. anaisi; fr.a. einsi > fr. ainsi.
1.1.2. Il lat. sīc ricorre, in isolamento, come avverbio ‘così, in questo modo’ (sic fac! ‘agisci così!’, Cicerone), riferito sia a ciò che precede (haec sic res gesta est ‘la cosa è andata come ho detto’, Plauto; sic res est ‘è così’, Terenzio; sed cur sic ago? ‘ma perché faccio così?’, Cicerone) che a ciò che segue ‘così, nel modo che segue’ (nunc sic faciam: ad erum veniam ‘ora farò così, andrò dal padrone’, Plauto; Hispaniam habebant Romani Poenique sic ‘i Romani e i Cartaginesi si dividevano la Spagna in questo modo, Cicerone).
In latino sīc ricorre però anche in correlazione con proposizioni o consecutive (spero, sic moriar ut mortuus non erubescam ‘morirò, spero, in modo da non arrossire da morto’, Petronio) o condizionali introdotte da sī (sic ignovisse putato me tibi, si cenas hodie mecum ‘ritieni che io ti abbia perdonato, a patto che oggi tu pranzi con me’, Cicerone); o con valore restrittivo, in isolamento (sic nos in sceptra reponis? ‘è così che mi restituisci lo scettro?’, Virgilio), o in correlazione sintattica con sfumatura finale/consecutiva (sic litteris utor ut exiguam oblivionem doloris petam ‘scrivo lettere per ricavarne/sì da ricavarne un lieve oblio dal dolore’, Cicerone).
Dal punto di vista storico-linguistico, il lat. sīc ha riscontri, a livello indeuropeo, nei soli ambiti indoiranico e italico: cfr. sanscrito iti ‘così’ e umbro i t e k ‘così’.
1.1.3. Quanto alla sua origine, il lat. sīc deriva da una base indeuropea *s(w)ei + ce: là dove il radicale di *s(w)ei è tipico elemento anaforico che, con *sw- iniziale, compare anche in antiche lingue italiche (osco svai / umbro sve = lat. sī), in lingue germaniche (a.a.td. sō, td. so, ingl. so, ecc.) e in greco *(sϝ)ōs > ὧς / hōs ‘come’.
Come avverbio indicante affermazione, sīc continua ampiamente in ambito romanzo: it. sì; fr., prov., cat. si; pg. sim.; con l’eccezione dello spazio balcano-romanzo, ove sīc > rom. şi, che vale però come semplice congiunzione ‘e’, là dove la forma asseverativa (rom. da) è prestito da una lingua slava (antico bulgaro, o serbo, o macedone), lingue di contatto.
Va poi osservato che la -e della forma enclitica -ce permane nella particella interrogativa-dimostrativa sīcine / sīccine ‘così dunque?, così eh?’ (siccine me … deserto liquisti in litore? ‘e così mi hai abbandonato su una spiaggia deserta?’, Catullo). Infine, con la precisazione che ben presto in latino si è avuta – tra sī e sīc – una puntuale distinzione semantica: sī ‘se’, sīc ‘così’.
1.1.4. In latino, e in modo concorrenziale rispetto a sīc, erano presenti anche altre forme avverbiali caratterizzate da analogo semantismo: ita ‘così, in questo modo, in tale maniera’ e tam ‘così, tanto; in tal modo, talmente’.
Il lat. ita poteva essere seguito da avverbio o da aggettivo: non (haud) ita multo post ‘non dopo così tanto/molto tempo’, Cesare; vallis non ita magna ‘valle non così/tanto grande’, Cesare; simulacra non ita antiqua ‘statue non così/tanto antiche’, Cicerone.
Il lat. tam poteva ricorrere davanti avverbi e aggettivi: quid tam mane? ‘così di buon’ora?’, Cicerone; tam ob parvulam rem …? ‘per una simile inezia…?’, Terenzio; tam necessario tempore ‘in una circostanza così critica’, Cesare; tam gravissimis iudiciis concisus ‘abbattuto da giudizi tanto severi’, Cicerone.
1.2. Lat. tantum/tantō > it. tanto
1.2.1. Quanto all’antecedente latino dell’it. tanto, il riferimento è l’aggettivo tantus, -a, -um – derivato da *tam-to-s < tam: ‘grande come’ – correlativo di quantus, -a, -um e, in particolare, al suo derivato avverbiale tantum ‘tanto e non di più, solamente’ (e alle sue varianti tantī e tantō) di cui, di seguito, si riportano alcuni esempi:
– nel valore di ‘tanto, così tanto, talmente’: tantum a vallo eius prima acies aberat ut … ‘la sua prima linea distava tanto dallo sbarramento che …’, Cesare;
– nel valore di ‘soltanto, solamente’ (non tantum … sed etiam …): tantum ne noceat quod … ‘soltanto, non sia di danno il fatto che …’, Ovidio.
1.2.2. Il latino documenta anche l’uso di tantō (abl.) seguito da comparativi, con valore rafforzativo:
– tanto minoris ‘tanto più a buon prezzo’, Cicerone; tanto hercle melior ‘per Ercole, tanto meglio > benissimo!’, Seneca;
– con valore egualmente rafforzativo ricorre nell’espressione multō tantō propria del parlato: multo tanto miserior quam tu ‘molto più infelice di te’, Plauto;
– più frequente con avverbi di tempo: tanto ante ‘tanto prima’, tanto post ‘tanto dopo’, Cicerone;
– raro, invece, l’uso di tanto + superlativo: tanto pessimus omnium poeta, quanto tu optimus omnium patronus ‘di tanto il peggiore poeta tra tutti di quanto tu sei il migliore tra i difensori’, Catone.
2. Semantismi di così e tanto
2.1. L’avverbio it. così (dial. cusì; it.a. anche cosìe) ricorre nei valori di:
– ‘in questo modo, in questa forma, in questa condizione’ – anche nella forma apocopata sì – in riferimento sia a persone che a cose, è già attestato nei testi antichi: Dante, I VI 6: “Che lo latino non sia conoscente del volgare e de’ suoi amici, così si pruova”; Dante, Purg. 10, 130 “qual cagion” disse “in giù così ti torse?”. Anche preceduto o seguito da un gerundio: Dante, Inf. 10, 23: “O Tosco che per la città del foco / vivo ten vai così parlando onesto …”; Dante, Inf. 10, 124: «Elli si mosse; e poi così andando / mi disse: “Perché se’ tu sì smarrito?”».
Nel parlato comune: “non fare così!” ‘non comportarti in questo modo!’;
– usato assolutamente o seguito da aggettivo, in modo pleonastico e indeterminato, così ricorre quale avverbio indicante ‘tanto, talmente, in modo tale, molto, troppo, a tal segno’ ed è presente in tutta la storia dell’italiano: Giacomo da Lentini II, 73: “Ohi tu, meo cori, perché non ti mori? / rispondi, che fai? / però che doglio - così?”; Giuseppe Ungaretti 1, 52: “Come questa pietra / del S. Michele / così fredda / così dura / così prosciugata / … / come questa pietra / è il mio pianto”; Salvatore Quasimodo 1, 48: “Non toccate i morti, così rossi, così gonfi: / lasciateli nella terra delle loro case”.
Nell’uso corrente, nel parlato, frequenti frasi del tipo: “ho sempre considerato Giorgio intelligente, ma non ho mai creduto così il suo amico”; “amici così gentili sono sempre graditi”;
– in correlazione con ‘come, quanto, quale, sempreché’, così ricorre con valore comparativo e modale, esprimente conformità, talvolta anche causalità: Guido Guinizelli, II, 409: “Prende Amore ’n gentilezza loco / così proprïamente / come calore ’n clarità di foco”; Cesare Pavese 5, 56: “Anche le facce mi piacevano così, come le avevo sempre viste: vecchie dalle rughe, buoi guardinghi, ragazze a fiorami, tetti a colombaia”;
– unito a pure, anche, come, è attestato così con valore rafforzativo: Ugo Foscolo XIV, 322: “Ti confermo tutto quello che ti scrivo … Così pure leggerai la lettera … di cui ti parlai”;
– con valore di aggettivo, così può valere ‘tale, siffatto’: Cesare Pavese 5, 64: “Erano un sangue così, fatto di terra e di voglie sostanziose, gli piaceva l’abbondanza, a chi il vino, il grano, la carne, a chi le donne e i marenghi”.
Nel parlato comune: “vorrei comprarmi un paio di scarpe così” ‘… un paio di scarpe di siffatta foggia’; “sportivi così non li posso sopportare” ‘sportivi caratterizzati da tali (deplorevoli) atteggiamenti’;
– seguito da aggettivo e in correlazione con che o da (o anche senza nesso correlativo), così ricorre con valore consecutivo: ‘a tal punto, a tal segno, tanto, talmente …’: Dante I, 46: “Son le leggi d’abisso così rotte? / o è mutato in ciel novo consiglio, / che, dannati, venite alle mie grotte?”; Alberto Moravia IV-178: “Ad un tratto l’assalirono una viltà così persuasiva, una ripugnanza così forte per l’avventura cui andava incontro che ebbe paura”.
Nel parlato comune: “ho così bevuto che mi gira la testa” ‘ho talmente bevuto che …’; “fa così caldo che io non mi muovo” ‘fa talmente caldo che io …’; “la tua casa è così bella, vorrei averne una uguale” ‘la tua casa è tanto bella da far sì che io …’;
– notevole anche l’espressione (con raddoppiamento) così così nel valore avverbiale di ‘mediocremente’, già attestata in Niccolò Machiavelli 3-289: “Come la fate voi? - così così”. E poi, più vicino a noi, in Carlo Collodi 658: “Come c’è gente in teatro? - Così così: un mezzo teatro appena”; Italo Svevo 2-458: “Ebbene, come va? - Così così - rispose Emilio stringendosi nelle spalle”; Luigi Pirandello 7-273: “Scusi, è religioso lei? Così così. Forse più no che sì”; Alberto Moravia XII-177: “È un appartamento grande o piccolo? - così così, - Cioè - Medio”;
2.2. tanto con valore di aggettivo
– tanto, con valore di aggettivo, può significare ‘sufficiente a conseguire un fine determinato, bastante’: Dante, 9,9: “Già la vita di quel lume santo / rivolta s’era al Sol che la riempie / come quel ben ch’a ogne cosa è tanto”.
– con valore di aggettivo tanto può significare ‘così illustre, così insigne o ragguardevole per qualità, attitudini, meriti’: Boccaccio VIII 1 213: “Ben doveva questa donna essere degna di reverenza, quando tanto uomo, quanto Virgilio fu, si proffera a lei”; Ardengo Soffici V 5 628: “Della vita di tant’uomo anche i piccoli tratti mi son parsi interessanti”;
– tanto può essere usato come aggettivo in concorrenza con molto: “ha tanti denari” / “ha molti denari”; ma è obbligatorio in formule esclamative, specie di congedo: tante cose!; ti voglio tanto bene!; rispetto a molto, esprime l’idea di ‘così grande, forte’ o anche di ‘così numeroso’: Giacomo Leopardi, Canto notturno 32-34, “… infin ch’arriva / colà dove la via / e dove il tanto affaticar fu volto”;
– detto di un sentimento o di un dolore, tanto può valere ‘talmente intenso, forte’: Giuseppe Baretti 6-46: “Non vi sono parole nel calepino atte ad esprimere l’orribilità di tanto male”.
E, in relazione a uno spazio, tanto può valere ‘così grande, talmente esteso quanto a larghezza, lunghezza, superficie’: Ottimo commento della Divina Commedia II 434: “Eresitone di Tessaglia ebbe tagliata l’antica quercia nel bosco consegrato a Cerere … ed uccise uno che ’l riprendea del tagliare tanto albero”; Giuseppe Ungaretti I 103: “Dopo tanta / nebbia / a una / a una / si svelano / le stelle”.
E, genericamente, tanto può valere ‘così numeroso’ o ‘così esiguo’: Novellino XXVIII 850: “Invitò tutta la buona gente, e tanta ne venne, per amore, che le robe e l’ariento fallio”; Malatesta Malatesti 1 174: “L’adversità multiplice advenute / m’hanno sì tratto fuor di mia virtute / e reffreddato il sangue per le vene / ch’el core a pena tanta vita tene”;
– tanto ricorrere anche preceduto da sì o così pleonastico: Domenico Cavalca 20 245: “Lo tempo si turbò e venne sì gran piova e fu sì tanta tempestade per tre giorni”.
Così tanto / sì tanto può valere ‘così complesso, profondo’: Giulio Camillo Delminio (sec. XV-XVI) 381: “Li teologi moderni non aspirano a la intelligenza di sì tanto mistero”;
– tanto + sostantivo indicante una misura generica, può valere ‘troppo, eccessivo, esagerato’: Giovanni Soranzo (sec. XVI) LII 5 89: “Non possono sopportare la sua tanta grandezza, principalmente per esser forestiero”.
2.3. Semantismi di tanto, come avverbio, in isolamento o seguito da aggettivo o da altro avverbio
– tanto può valere, quale avverbio in isolamento, ‘a tal punto, in tale misura’: Torquato Tasso 2, 82: “Tanto abbiam / sin’or sofferto / in mare, in terra, a l’aria chiara e scura…”; Giuseppe Ungaretti XIV 205: “Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto”.
Seguito da aggettivo o da altro avverbio: Elegia giudeo-italiana XXXV I 39: “Tanto dura era lor signoria / la notte prega ’n Dio ke forsi dia”; Novellino XXVIII 837: “tanto innanzi andaro le cose che l’arcivescovo sentì ‘l medico …”; Mario Luzi 11 200: “Sei tanto lontano / da non poterti raggiungere”;
– tanto, in correlazione con quanto o come, ha valore comparativo o modale: Petrarca 129-48: “Quanto in più selvaggio / loco mi trovo e ’n più deserto lido / tanto più bella ’l mio pensier l’adombra”; Camillo Sbarbaro 4-38: “Da animale si diventa tanto prima uomo quante più sconfitte si toccano”;
– tanto, seguito da aggettivo, gli conferisce valore di superlativo: Pietro Metastasio CXXXVII-63: “Ma vuol ch’io parta / senza farmi sentire una cantata? / - Son tanto raffreddata”; Carlo Cassola 2-56: “C’erano tanto pochi svaghi in quel paese!”;
– tanto, connesso con il determinante temporale una volta, può veicolare il significato di ‘eccezionalmente, diversamente dal solito’: Grazia Deledda IV-646: “Una volta tanto … sentiva il bisogno di dire a qualcuno la sua pena”; Antonio Tabucchi 14-69: “Mi fa quasi piacere che tu ti sia sorpreso una volta tanto in vita tua”.
O, in forma reiterata – tanto tanto –, può valere ‘appena’: Giambattista Giuliani II-100: “Tanto, tanto mi reggo diritto sulle gambe, ma se il piede mi va in un sasso, addio, mi ritrovo in terra bello e franto”;
– tanto, in isolamento, può avere valore conclusivo, atto a veicolare rassegnazione o accettazione di una realtà intesa come immodificabile. Quindi può valere ‘in ogni caso’: Giuseppe Mazzini 8-311: “Tanto non potrei venire”; Italo Calvino 12,12: “Poco importa se le luci non riescono a rischiarare più in là del loro alone sbavato, tanto questo è un ambiente che tu conosci a memoria”;
– tant’è può valere anche ‘nonostante tutto’: Giosue Carducci II-3-302: “Tant’è, io ritorno col pensiero a tutti i tuoi libri latini”; Italo Calvino 12-104: “Ma tant’è, in quel sotterraneo non potevamo mica restare più a lungo”.
2.4. Usi di così (pleonastico) + tanto > così tanto:
– in isolamento, con valore avverbiale: Giosue Carducci II 9 317: “Sono tre lunghi articoli che mi scaglia addosso nella ‘Nuova Antologia’. Così tanto per 6 strofe!”; Enrico Pea 7 427: “Da poi che era nato non aveva mai pensato così tanto”.
Notevole l’uso di così tanto così pochi, nella traduzione del discorso di guerra pronunciato da Winston Churchill il 20 agosto 1940 (“Never was so much owed by so many to so few”) reso con “Mai nei conflitti umani, così tanti dovettero così tanto a così pochi”, in riferimento agli sforzi dei valorosi equipaggi britannici impegnati nella celebre “Battaglia d’Inghilterra” contro la Luftwaffe tedesca;
– nel parlato comune: “lui ha fatto così tanto” ‘si è dato molto da fare’; “ha così tanto da raccontare” ‘ha moltissime cose da raccontare’; “abbiamo così tanto in comune” ‘condividiamo moltissime esperienze’;
– seguito da sostantivo, in un registro colloquiale, così tanto segnala intensificazione: Piero Chiara, Le corna del diavolo: “gli aveva dato appuntamento al pomeriggio per vendergli del metallo, così tanto metallo che ne avrei potuto anch’io comprare un carico” (19771; p. 150 dell’ed. 1982);
– nel parlato comune, frequenti espressioni del tipo: “non riesco a capire perché ha così tanto successo” ‘… successo esagerato’; “non devi mettere così tanto zucchero” ‘… zucchero eccessivo ’; “perché fai sempre così tanto rumore?” ‘… rumore insopportabile’;
– frequente l’espressione così tanto + da/che, con valore consecutivo: “è così tanto da non poter essere accettato” / “che non può essere accettato”;
– l’espressione così tanto, quale traduzione dell’inglese so much!, ricorre nel titolo di un recente libro per bambini: Cooke Trish e Helen Oxenbury, Così tanto!, Sant’Arcangelo di Romagna, Pulce Edizioni, 2019.
3. Nei paragrafi precedenti si sono descritti, alla luce di testimonianze d’ordine storico e socio-linguistico, usi di così e tanto, in isolamento o seguiti da avverbi, aggettivi, sostantivi; e, anche, usi di così tanto, egualmente visto o in isolamento o seguito da avverbi, aggettivi, sostantivi.
In buona parte degli exempla considerati, le diverse forme sono per lo più caratterizzate da valori pragmatici riconducibili a semantismi di tipo pleonastico/rafforzativo, comunque rinvianti a processi di “enfatizzazione” realizzati, dal punto di vista pragmatico, secondo una scala oscillante tra i due poli di maggiore vs. minore marcatezza.
In tale senso gli usi di così e di tanto, analogamente a quelli di così tanto, pur nelle differenze di singoli contesti comunicativi, richiamano vicende parallele riscontrabili in forme del latino quali ecce, eccum, sic, eccum sic, tantum, tanto, ita; forme caratterizzate da forza pragmatica e che bene rappresentano gli “antecedenti” dei semantismi veicolati in italiano da così, tanto, così tanto, così tanti, talmente tanto.
Ne consegue che, in merito alle forme in questione e stante l’insieme delle testimonianze tratte dall’italiano letterario e dalla lingua comune (anche dal parlato comune), paiono francamente eccessive le valutazioni di “obbrobrio/scandalo” o di “persecuzione” o di “brutto calco dall’inglese”, o di espressioni “squallide e assurde” o quali “inutili rafforzativi” espresse da alcune delle gentili interlocutrici e da alcuni dei parimenti gentili interlocutori: si tratta insomma, a mio vedere, di usi accettabili all’interno di precisi contesti.
Infine, in merito a così / così tanto seguiti da una proposizione consecutiva – in frasi del tipo: “Ho così (tanto) sonno che dormirei in piedi”, “Ripetilo (che) così ti rompo la testa!” –, si tratta di usi, a mio vedere, accettabili; mentre, al contrario, giudicherei inaccettabile l’uso di *più tanto in una frase del tipo: *“La mia minestra è più tanta della tua” e, eventualmente, usi simili in altre frasi analoghe.
* per le citazioni sintetiche di autori italiani si rimanda al relativo volume del GDLI.
Nota bibliografica: