Consulenza linguistica | OPEN ACCESS SOTTOPOSTO A PEER REVIEW Così tanto…Emanuele BanfiPUBBLICATO IL 31 luglio 2024
Quesito: Paolo V. (Grosseto) definisce un “obbrobrio” l’espressione così tanto circolante “ormai sulla bocca di tutti, sui giornali, alla TV, su internet, ecc. […] senza che nessuno cerchi di porre rimedio a questo scandalo”. E non è il solo: Biancamaria B. (Roma) si dice “perseguitata dall’espressione così tanto + aggettivo” da lei percepita come un “brutto calco dall’inglese”. Paola A. (Milano) chiede se “l’aggiunta di così davanti a tanto/tanti non sia altro che un rafforzativo, da utilizzare solo quando veramente necessario e significativo”; Lucius F. S. (Urbino) ritiene “gravemente scorrette, addirittura squallide e assurde, espressioni quali così tanto o talmente tanto”; Italo C. (Benevento) chiede se sia corretto scrivere così tanto in frasi del tipo “Fu attratto dalla musica così tanto che vi si dedicò poi tutta la vita”; Roberto P. (Cinisello Balsamo, Milano) sente errata l’espressione più tanto (ad es.: “la mia minestra è più tanta della tua”), mentre trova corretta l’espressione avverbiale tanto così in frasi del tipo “Non mangiare tanto così”; Renato P. sente pleonastici tanto o così in frasi del tipo “Ho così tanto sonno che dormirei in piedi” e “Non voglio spendere così tanto”; Vittoria T. (Bologna) ritiene non accettabile l’espressione così tanto poiché “tanto significa già così grande/in tale quantità” e si tratterebbe di “una reiterazione del dimostrativo”. Così tanto…Le domande – tutte interessanti e rinvianti, in buona misura, alla questione della funzione ‘rafforzativa’ insita in così e tanto – richiedono una preliminare indagine sulla origine di così e tanto, tenendo conto dei loro antecedenti latini e proto-romanzi (§§ 1.1., 1.1.1., 1.1.2., 1.1.3., 1.1.4. e §§ 1.2., 1.2.1., 1.2.2.) nonché dei loro rapporti con forme attestate in altre lingue indeuropee. Quindi, si dirà a grandi linee, dei principali valori di così (§§ 2., 2.1.) e di tanto (§§ 2.2., 2.3.) nella storia dell’italiano con particolare attenzione, oltre che per gli usi delle due forme ‘in isolamento’ (e quindi non seguite da aggettivo o avverbio), anche per quelli di così + tanto > così tanto … ‘in isolamento’ e per quelli (recenziori) di così tanto + aggettivo o avverbio (§ 2.4.). Infine (§ 3.) si darà una risposta ai quesiti posti dagli attenti interlocutori e dalle egualmente attente interlocutrici, quesiti riportati in apertura di questo contributo. 1.1. Lat. eccum sīc > it. così 1.1.1. Alla base del lat. eccum – derivato da ecce hunc (*ekk-hom-ce) – sta il lat. ecce: quest’ultimo, particella dimostrativa formata da id + -ce (cfr. l’umbro eř-ek < *id + -ce), funge o da richiamo a volgere l’attenzione verso qualcuno o qualcosa (ecce homo / ecce tuae litterae) o da segnale discorsivo (ecce autem). Da eccum sīc – e per probabile incrocio con l’espressione avverbiale (pragmaticamente ‘rafforzata’) quō modō sīc ‘nel modo in cui così’ – derivano l’it. così (it. merid. akkussì; lomb. insì) nonché alcune forme galloromanze quali prov. anaisi; fr.a. einsi > fr. ainsi. 1.1.2. Il lat. sīc ricorre, in isolamento, come avverbio ‘così, in questo modo’ (sic fac! ‘agisci così!’, Cicerone), riferito sia a ciò che precede (haec sic res gesta est ‘la cosa è andata come ho detto’, Plauto; sic res est ‘è così’, Terenzio; sed cur sic ago? ‘ma perché faccio così?’, Cicerone) che a ciò che segue ‘così, nel modo che segue’ (nunc sic faciam: ad erum veniam ‘ora farò così, andrò dal padrone’, Plauto; Hispaniam habebant Romani Poenique sic ‘i Romani e i Cartaginesi si dividevano la Spagna in questo modo, Cicerone). In latino sīc ricorre però anche in correlazione con proposizioni o consecutive (spero, sic moriar ut mortuus non erubescam ‘morirò, spero, in modo da non arrossire da morto’, Petronio) o condizionali introdotte da sī (sic ignovisse putato me tibi, si cenas hodie mecum ‘ritieni che io ti abbia perdonato, a patto che oggi tu pranzi con me’, Cicerone); o con valore restrittivo, in isolamento (sic nos in sceptra reponis? ‘è così che mi restituisci lo scettro?’, Virgilio), o in correlazione sintattica con sfumatura finale/consecutiva (sic litteris utor ut exiguam oblivionem doloris petam ‘scrivo lettere per ricavarne/sì da ricavarne un lieve oblio dal dolore’, Cicerone). Dal punto di vista storico-linguistico, il lat. sīc ha riscontri, a livello indeuropeo, nei soli ambiti indoiranico e italico: cfr. sanscrito iti ‘così’ e umbro i t e k ‘così’. 1.1.3. Quanto alla sua origine, il lat. sīc deriva da una base indeuropea *s(w)ei + ce: là dove il radicale di *s(w)ei è tipico elemento anaforico che, con *sw- iniziale, compare anche in antiche lingue italiche (osco svai / umbro sve = lat. sī), in lingue germaniche (a.a.td. sō, td. so, ingl. so, ecc.) e in greco *(sϝ)ōs > ὧς / hōs ‘come’. Come avverbio indicante affermazione, sīc continua ampiamente in ambito romanzo: it. sì; fr., prov., cat. si; pg. sim.; con l’eccezione dello spazio balcano-romanzo, ove sīc > rom. şi, che vale però come semplice congiunzione ‘e’, là dove la forma asseverativa (rom. da) è prestito da una lingua slava (antico bulgaro, o serbo, o macedone), lingue di contatto. Va poi osservato che la -e della forma enclitica -ce permane nella particella interrogativa-dimostrativa sīcine / sīccine ‘così dunque?, così eh?’ (siccine me … deserto liquisti in litore? ‘e così mi hai abbandonato su una spiaggia deserta?’, Catullo). Infine, con la precisazione che ben presto in latino si è avuta – tra sī e sīc – una puntuale distinzione semantica: sī ‘se’, sīc ‘così’. 1.1.4. In latino, e in modo concorrenziale rispetto a sīc, erano presenti anche altre forme avverbiali caratterizzate da analogo semantismo: ita ‘così, in questo modo, in tale maniera’ e tam ‘così, tanto; in tal modo, talmente’. Il lat. ita poteva essere seguito da avverbio o da aggettivo: non (haud) ita multo post ‘non dopo così tanto/molto tempo’, Cesare; vallis non ita magna ‘valle non così/tanto grande’, Cesare; simulacra non ita antiqua ‘statue non così/tanto antiche’, Cicerone. Il lat. tam poteva ricorrere davanti avverbi e aggettivi: quid tam mane? ‘così di buon’ora?’, Cicerone; tam ob parvulam rem …? ‘per una simile inezia…?’, Terenzio; tam necessario tempore ‘in una circostanza così critica’, Cesare; tam gravissimis iudiciis concisus ‘abbattuto da giudizi tanto severi’, Cicerone. 1.2. Lat. tantum/tantō > it. tanto 1.2.1. Quanto all’antecedente latino dell’it. tanto, il riferimento è l’aggettivo tantus, -a, -um – derivato da *tam-to-s < tam: ‘grande come’ – correlativo di quantus, -a, -um e, in particolare, al suo derivato avverbiale tantum ‘tanto e non di più, solamente’ (e alle sue varianti tantī e tantō) di cui, di seguito, si riportano alcuni esempi: – nel valore di ‘tanto, così tanto, talmente’: tantum a vallo eius prima acies aberat ut … ‘la sua prima linea distava tanto dallo sbarramento che …’, Cesare; – nel valore di ‘soltanto, solamente’ (non tantum … sed etiam …): tantum ne noceat quod … ‘soltanto, non sia di danno il fatto che …’, Ovidio. 1.2.2. Il latino documenta anche l’uso di tantō (abl.) seguito da comparativi, con valore rafforzativo: – tanto minoris ‘tanto più a buon prezzo’, Cicerone; tanto hercle melior ‘per Ercole, tanto meglio > benissimo!’, Seneca; – con valore egualmente rafforzativo ricorre nell’espressione multō tantō propria del parlato: multo tanto miserior quam tu ‘molto più infelice di te’, Plauto; – più frequente con avverbi di tempo: tanto ante ‘tanto prima’, tanto post ‘tanto dopo’, Cicerone; – raro, invece, l’uso di tanto + superlativo: tanto pessimus omnium poeta, quanto tu optimus omnium patronus ‘di tanto il peggiore poeta tra tutti di quanto tu sei il migliore tra i difensori’, Catone. 2. Semantismi di così e tanto 2.1. L’avverbio it. così (dial. cusì; it.a. anche cosìe) ricorre nei valori di: – ‘in questo modo, in questa forma, in questa condizione’ – anche nella forma apocopata sì – in riferimento sia a persone che a cose, è già attestato nei testi antichi: Dante, I VI 6: “Che lo latino non sia conoscente del volgare e de’ suoi amici, così si pruova”; Dante, Purg. 10, 130 “qual cagion” disse “in giù così ti torse?”. Anche preceduto o seguito da un gerundio: Dante, Inf. 10, 23: “O Tosco che per la città del foco / vivo ten vai così parlando onesto …”; Dante, Inf. 10, 124: «Elli si mosse; e poi così andando / mi disse: “Perché se’ tu sì smarrito?”». – usato assolutamente o seguito da aggettivo, in modo pleonastico e indeterminato, così ricorre quale avverbio indicante ‘tanto, talmente, in modo tale, molto, troppo, a tal segno’ ed è presente in tutta la storia dell’italiano: Giacomo da Lentini II, 73: “Ohi tu, meo cori, perché non ti mori? / rispondi, che fai? / però che doglio - così?”; Giuseppe Ungaretti 1, 52: “Come questa pietra / del S. Michele / così fredda / così dura / così prosciugata / … / come questa pietra / è il mio pianto”; Salvatore Quasimodo 1, 48: “Non toccate i morti, così rossi, così gonfi: / lasciateli nella terra delle loro case”. – in correlazione con ‘come, quanto, quale, sempreché’, così ricorre con valore comparativo e modale, esprimente conformità, talvolta anche causalità: Guido Guinizelli, II, 409: “Prende Amore ’n gentilezza loco / così proprïamente / come calore ’n clarità di foco”; Cesare Pavese 5, 56: “Anche le facce mi piacevano così, come le avevo sempre viste: vecchie dalle rughe, buoi guardinghi, ragazze a fiorami, tetti a colombaia”; – unito a pure, anche, come, è attestato così con valore rafforzativo: Ugo Foscolo XIV, 322: “Ti confermo tutto quello che ti scrivo … Così pure leggerai la lettera … di cui ti parlai”; – con valore di aggettivo, così può valere ‘tale, siffatto’: Cesare Pavese 5, 64: “Erano un sangue così, fatto di terra e di voglie sostanziose, gli piaceva l’abbondanza, a chi il vino, il grano, la carne, a chi le donne e i marenghi”. – seguito da aggettivo e in correlazione con che o da (o anche senza nesso correlativo), così ricorre con valore consecutivo: ‘a tal punto, a tal segno, tanto, talmente …’: Dante I, 46: “Son le leggi d’abisso così rotte? / o è mutato in ciel novo consiglio, / che, dannati, venite alle mie grotte?”; Alberto Moravia IV-178: “Ad un tratto l’assalirono una viltà così persuasiva, una ripugnanza così forte per l’avventura cui andava incontro che ebbe paura”. – notevole anche l’espressione (con raddoppiamento) così così nel valore avverbiale di ‘mediocremente’, già attestata in Niccolò Machiavelli 3-289: “Come la fate voi? - così così”. E poi, più vicino a noi, in Carlo Collodi 658: “Come c’è gente in teatro? - Così così: un mezzo teatro appena”; Italo Svevo 2-458: “Ebbene, come va? - Così così - rispose Emilio stringendosi nelle spalle”; Luigi Pirandello 7-273: “Scusi, è religioso lei? Così così. Forse più no che sì”; Alberto Moravia XII-177: “È un appartamento grande o piccolo? - così così, - Cioè - Medio”; 2.2. tanto con valore di aggettivo – tanto, con valore di aggettivo, può significare ‘sufficiente a conseguire un fine determinato, bastante’: Dante, 9,9: “Già la vita di quel lume santo / rivolta s’era al Sol che la riempie / come quel ben ch’a ogne cosa è tanto”. – con valore di aggettivo tanto può significare ‘così illustre, così insigne o ragguardevole per qualità, attitudini, meriti’: Boccaccio VIII 1 213: “Ben doveva questa donna essere degna di reverenza, quando tanto uomo, quanto Virgilio fu, si proffera a lei”; Ardengo Soffici V 5 628: “Della vita di tant’uomo anche i piccoli tratti mi son parsi interessanti”; – tanto può essere usato come aggettivo in concorrenza con molto: “ha tanti denari” / “ha molti denari”; ma è obbligatorio in formule esclamative, specie di congedo: tante cose!; ti voglio tanto bene!; rispetto a molto, esprime l’idea di ‘così grande, forte’ o anche di ‘così numeroso’: Giacomo Leopardi, Canto notturno 32-34, “… infin ch’arriva / colà dove la via / e dove il tanto affaticar fu volto”; – detto di un sentimento o di un dolore, tanto può valere ‘talmente intenso, forte’: Giuseppe Baretti 6-46: “Non vi sono parole nel calepino atte ad esprimere l’orribilità di tanto male”. – tanto ricorrere anche preceduto da sì o così pleonastico: Domenico Cavalca 20 245: “Lo tempo si turbò e venne sì gran piova e fu sì tanta tempestade per tre giorni”. – tanto + sostantivo indicante una misura generica, può valere ‘troppo, eccessivo, esagerato’: Giovanni Soranzo (sec. XVI) LII 5 89: “Non possono sopportare la sua tanta grandezza, principalmente per esser forestiero”. 2.3. Semantismi di tanto, come avverbio, in isolamento o seguito da aggettivo o da altro avverbio – tanto può valere, quale avverbio in isolamento, ‘a tal punto, in tale misura’: Torquato Tasso 2, 82: “Tanto abbiam / sin’or sofferto / in mare, in terra, a l’aria chiara e scura…”; Giuseppe Ungaretti XIV 205: “Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto”. – tanto, in correlazione con quanto o come, ha valore comparativo o modale: Petrarca 129-48: “Quanto in più selvaggio / loco mi trovo e ’n più deserto lido / tanto più bella ’l mio pensier l’adombra”; Camillo Sbarbaro 4-38: “Da animale si diventa tanto prima uomo quante più sconfitte si toccano”; – tanto, seguito da aggettivo, gli conferisce valore di superlativo: Pietro Metastasio CXXXVII-63: “Ma vuol ch’io parta / senza farmi sentire una cantata? / - Son tanto raffreddata”; Carlo Cassola 2-56: “C’erano tanto pochi svaghi in quel paese!”; – tanto, connesso con il determinante temporale una volta, può veicolare il significato di ‘eccezionalmente, diversamente dal solito’: Grazia Deledda IV-646: “Una volta tanto … sentiva il bisogno di dire a qualcuno la sua pena”; Antonio Tabucchi 14-69: “Mi fa quasi piacere che tu ti sia sorpreso una volta tanto in vita tua”. – tanto, in isolamento, può avere valore conclusivo, atto a veicolare rassegnazione o accettazione di una realtà intesa come immodificabile. Quindi può valere ‘in ogni caso’: Giuseppe Mazzini 8-311: “Tanto non potrei venire”; Italo Calvino 12,12: “Poco importa se le luci non riescono a rischiarare più in là del loro alone sbavato, tanto questo è un ambiente che tu conosci a memoria”; – tant’è può valere anche ‘nonostante tutto’: Giosue Carducci II-3-302: “Tant’è, io ritorno col pensiero a tutti i tuoi libri latini”; Italo Calvino 12-104: “Ma tant’è, in quel sotterraneo non potevamo mica restare più a lungo”. 2.4. Usi di così (pleonastico) + tanto > così tanto: – in isolamento, con valore avverbiale: Giosue Carducci II 9 317: “Sono tre lunghi articoli che mi scaglia addosso nella ‘Nuova Antologia’. Così tanto per 6 strofe!”; Enrico Pea 7 427: “Da poi che era nato non aveva mai pensato così tanto”. – nel parlato comune: “lui ha fatto così tanto” ‘si è dato molto da fare’; “ha così tanto da raccontare” ‘ha moltissime cose da raccontare’; “abbiamo così tanto in comune” ‘condividiamo moltissime esperienze’; – seguito da sostantivo, in un registro colloquiale, così tanto segnala intensificazione: Piero Chiara, Le corna del diavolo: “gli aveva dato appuntamento al pomeriggio per vendergli del metallo, così tanto metallo che ne avrei potuto anch’io comprare un carico” (19771; p. 150 dell’ed. 1982); – nel parlato comune, frequenti espressioni del tipo: “non riesco a capire perché ha così tanto successo” ‘… successo esagerato’; “non devi mettere così tanto zucchero” ‘… zucchero eccessivo ’; “perché fai sempre così tanto rumore?” ‘… rumore insopportabile’; – frequente l’espressione così tanto + da/che, con valore consecutivo: “è così tanto da non poter essere accettato” / “che non può essere accettato”; – l’espressione così tanto, quale traduzione dell’inglese so much!, ricorre nel titolo di un recente libro per bambini: Cooke Trish e Helen Oxenbury, Così tanto!, Sant’Arcangelo di Romagna, Pulce Edizioni, 2019. 3. Nei paragrafi precedenti si sono descritti, alla luce di testimonianze d’ordine storico e socio-linguistico, usi di così e tanto, in isolamento o seguiti da avverbi, aggettivi, sostantivi; e, anche, usi di così tanto, egualmente visto o in isolamento o seguito da avverbi, aggettivi, sostantivi. In buona parte degli exempla considerati, le diverse forme sono per lo più caratterizzate da valori pragmatici riconducibili a semantismi di tipo pleonastico/rafforzativo, comunque rinvianti a processi di “enfatizzazione” realizzati, dal punto di vista pragmatico, secondo una scala oscillante tra i due poli di maggiore vs. minore marcatezza. In tale senso gli usi di così e di tanto, analogamente a quelli di così tanto, pur nelle differenze di singoli contesti comunicativi, richiamano vicende parallele riscontrabili in forme del latino quali ecce, eccum, sic, eccum sic, tantum, tanto, ita; forme caratterizzate da forza pragmatica e che bene rappresentano gli “antecedenti” dei semantismi veicolati in italiano da così, tanto, così tanto, così tanti, talmente tanto. Ne consegue che, in merito alle forme in questione e stante l’insieme delle testimonianze tratte dall’italiano letterario e dalla lingua comune (anche dal parlato comune), paiono francamente eccessive le valutazioni di “obbrobrio/scandalo” o di “persecuzione” o di “brutto calco dall’inglese”, o di espressioni “squallide e assurde” o quali “inutili rafforzativi” espresse da alcune delle gentili interlocutrici e da alcuni dei parimenti gentili interlocutori: si tratta insomma, a mio vedere, di usi accettabili all’interno di precisi contesti. Infine, in merito a così / così tanto seguiti da una proposizione consecutiva – in frasi del tipo: “Ho così (tanto) sonno che dormirei in piedi”, “Ripetilo (che) così ti rompo la testa!” –, si tratta di usi, a mio vedere, accettabili; mentre, al contrario, giudicherei inaccettabile l’uso di *più tanto in una frase del tipo: *“La mia minestra è più tanta della tua” e, eventualmente, usi simili in altre frasi analoghe. * per le citazioni sintetiche di autori italiani si rimanda al relativo volume del GDLI. Nota bibliografica:
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