DOI 10.35948/2532-9006/2024.34332
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L’insegnamento principale di don Milani è un sapere pedagogico che non accettava più il mondo ‘così com’è’ e che quindi faceva della scuola il luogo della novità possibile e della novità necessaria. È il contrario di quello che è avvenuto negli ultimi trent’anni, trent’anni in cui spesso ci siamo trovati di fronte a ‘riforme della scuola’ orientate nella direzione opposta, quella di adeguare la scuola al mondo ‘così com’è’, un mondo che in questi anni ha messo al centro il profitto e il mercato senza regole. Ricordare oggi don Milani significa riaffermare il valore della Costituzione, significa pensare alla scuola così come la nostra Costituzione la contempla: un luogo necessario per superare le diseguaglianze e per non accettarle o peggio ancora, moltiplicarle.
Si deve far in modo che nessuna persona sia lasciata indietro: la scuola deve servire a costruire quelle condizioni affinché in tutto il Paese siano garantite le stesse opportunità e gli stessi diritti a tutte le persone.
Questo sta succedendo oggi? No, non sta succedendo. Nonostante gli enormi sforzi di tantissimi docenti, della stragrande maggioranza dei docenti in tante aree del nostro Paese, i problemi tuttavia restano, in particolare nella scuola secondaria di I e II grado e sono acuti: 100.000 ragazzi che si perdono, e c’è una quantità di bocciati elevatissima: sono una perdita intollerabile. Come non è sostenibile il peso di migliaia di giovani che non studiano e non lavorano. Se a questo aggiungiamo le migliaia di ragazzi che non raggiungono esiti scolastici di buona qualità credo che la situazione proponga a tutti noi un impegno fondamentale nel riaffermare il valore della scuola come luogo di formazione del pensiero critico, luogo di crescita delle persone, luogo della formazione della cittadinanza e del diritto delle persone ad imparare.
Questo vuol dire allora pensare a una scuola che riparta dal territorio, che faccia della cura e dell’attenzione alle persone un punto fondamentale, che provi con un pensiero lungo a realizzare un cambiamento condiviso per migliorare la condizione delle persone. Può soprattutto ridare senso, fiducia e riconoscibilità all’ istruzione come risorsa decisiva per la democrazia, la promozione e l’inclusione di tutti e di ciascuno. In una parola è la Costituzione che entra a scuola e che sa fare scuola.
Oggi come ieri, si è determinata una scuola di classe: chi è figlio di un lavoratore dipendente deve sopportare tantissimi ostacoli, spesso non ha la possibilità di acquisire i titoli di studio più elevati, è condannato a una condizione di precarietà lavorativa. Come don Milani non possiamo rassegnarci a questa idea, al destino già scritto dei ragazzi che provengono dalle famiglie più povere. Insegnare non può essere una routine burocratica fredda, asfittica, senza pretese, che non tiene conto delle persone in carne ed ossa. Insegnare è invece sperimentare, conflitto con le ingiustizie del mondo, con le forze che inseguono il profitto e la diseguaglianza. Insegnare è mettere a disposizione di tutti, a partire da chi ne è privato o è in maggiori difficoltà, quella risorsa straordinaria che è la conoscenza. Una conoscenza non solo per vivere, per poter scegliere, per poter essere cittadino consapevole.
Quindi in questo senso apprendere le parole diviene essenziale. Ci insegnava don Milani proprio l’importanza di apprendere le parole, la loro magia rappresentativa, il gioco delle combinazioni più imprevedibili per afferrare il senso della vita.
Io mi permetto di dire che oggi si aggiunge un ulteriore tema, quello del diritto alla formazione permanente, alla conoscenza lungo tutto l’arco della vita di una persona. Non è più sufficiente pensare alla scuola come un periodo della vita delle persone finalizzato al conseguimento di un titolo di studio, ma diventa decisivo e fondamentale che il diritto alla formazione diventi un elemento che accompagna la vita lavorativa di ognuno.
E noi aggiungiamo che occorre apprendere lungo tutto l’arco della vita facendo del diritto alla formazione un diritto fondamentale al quale dedicare lo stesso tempo di lavoro: si deve essere pagati non solo quando si lavora, ma anche quando si studia, quando ci si aggiorna, quando si cresce professionalmente.
Questo vuol dire mettere in discussione il modello della società, ma anche del sistema delle imprese. Credo che oggi questo sia un punto fondamentale di battaglia, in un momento di grandissima trasformazione digitale e ambientale che implicherà ripensare ai prodotti, alla cura e alla tutela dell’ambiente, alla cura e alla tutela delle persone.
In questo il diritto alla conoscenza diventa un elemento fondamentale. E consentitemi, per ricordare don Milani, un riferimento personale. Io sono una persona che non ha potuto studiare. Che all’età di 15 anni è andata a lavorare perché la famiglia non aveva più le risorse per potermi mantenere gli studi. Ho fatto solo il biennio dell’Istituto Geometri, avrei dovuto fare il triennio, ma non potevo permettermelo. Quale fortuna ho avuto nella mia vita? La mia fortuna è stata incrociare il sindacato, incrociare la FIOM e la CGIL. Questo incontro, da autodidatta, mi ha consentito di crescere, mi ha fatto conoscere cose che altrimenti avrei ignorato. Proprio perché è una cosa che ho vissuto personalmente, penso che non debba capitare a nessun altro, a nessun altro giovane, a nessun altro cittadino. Per questo penso che sia fondamentale la battaglia per la conoscenza, per la formazione, per una scuola che sia lo strumento per costruire il punto di vista critico delle persone, per costruire cittadinanza.
Quindi oggi non c’è solo da ricordare don Milani per quello che ha fatto, per il significato che ha avuto la sua vita, le sue opere, le sue battaglie. Ma dobbiamo avere in testa che se vogliamo far vivere il suo pensiero, affermare questi diritti e affermare la Costituzione, dobbiamo batterci qui e ora per trasformare il nostro Paese, batterci qui e ora per affermare la conoscenza come strumento per il cambiamento. Soprattutto perché chi governa questo Paese la Costituzione non la vuole applicare, ma la vuole cambiare.