DOI 10.35948/2532-9006/2022.14684
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Vari lettori ci hanno chiesto spiegazioni sul significato del termine nomofobia.
La parola nomofobia è un adattamento del termine inglese nomophobia, formato da no-mo(bile) ‘senza cellulare’ e phobia ‘paura’ (dal greco), nato nel 2008 in un’indagine dell’ente di ricerca britannico YouGov, commissionata da Stewart Fox-Mills, responsabile del settore telefonia di Post Office Ltd (un ramo della Royal Mail, il servizio postale britannico). Lo studio, condotto su un campione di 2.163 persone, ha evidenziato come il 53% dei possessori di un cellulare nel Regno unito sia sottoposto a stress e ansia causati dall’assenza della copertura di rete o del cellulare stesso; questo disturbo colpirebbe in misura maggiore gli uomini (58%) rispetto alle donne (48%). Nello stesso anno il sostantivo appare in un articolo del quotidiano “la Repubblica”, nell’adattamento nomofobia: «E ora c’è anche la nomofobia. È questo il nome – dove “nomo” è l’abbreviazione di “no mobile” – che ricercatori britannici hanno dato al terrore di non essere raggiungibile al cellulare» ([s.f.], Telefonino dimenticato. Esplode la nomofobia, “la Repubblica”, 1/4/2008). Il termine è stato registrato in alcuni dizionari (Zingarelli 2021; Devoto-Oli 2021; Neologismi Treccani 2008) e in effetti negli ultimi anni, dopo la diffusione degli smartphone, ha avuto una discreta diffusione nel linguaggio giornalistico e scientifico: alla data dell’11 marzo 2021 una ricerca su Google ne restituisce 351.000 risultati, circa 300 Google libri, 24 l’Archivio della “Repubblica”.
Segnaliamo subito che il termine è omonimo dello spagnolo nomofobia ‘paura della legge’ (formato da due elementi greci, nomos ‘legge’ e fobia ‘paura’), documentato dal 1956. Nonostante la parola, con questo significato, non sia registrata nei dizionari italiani, se ne riscontrano quattro occorrenze nel corpus della “Repubblica”, risalenti al 2013-2014. Si riporta un esempio: “sotto maschera ilare (ai bei tempi, ormai è cupa) il senior impersona una nomofobia narcisistica: pirata fraudolento, corruttore, plagiario, senza le quali risorse, sarebbe ignoto” (Franco Cordero, Se le urne restano l’ultima speranza, “la Repubblica”, 26/4/2014). Non si può escludere dunque, che alcune delle attestazioni in rete indichino questa diversa nomofobia. Anche in spagnolo, tuttavia, la parola viene usata sempre più spesso per indicare il disturbo fobico legato al cellulare. Il disturbo, peraltro, non è stato ancora codificato nel linguaggio medico ufficiale: non si trova, infatti, nella classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati (International Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death, ICD) redatta dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Nonostante le registrazioni lessicografiche sopra indicate e la sua discreta diffusione, il termine nomofobia sembra non essersi ancora inserito nell’uso comune e neppure nel linguaggio giovanile, generalmente aperto al lessico di provenienza inglese legato alle più avanzate tecnologie. Lo conferma una piccola indagine che ho effettuato tramite il social media Instagram (il giorno 11/3/2021 – da considerarsi puramente indicativa). La domanda “Conosci la parola nomofobia?”, sottoposta agli utenti tramite Instastory, sebbene visualizzata da circa un centinaio di persone, ha ottenuto solo 9 risposte positive. Nella successiva story si è chiesto invece all’utente di inserire in un box predisposto il significato conosciuto della parola. Solo 6 utenti, dei 9 che avevano affermato di conoscere il significato, hanno poi effettivamente indicato l’accezione corretta. È interessante notare come un utente abbia inserito la definizione di ‘paura della legge’ che, come detto, è propria dello spagnolo. In questo caso è possibile che l’utente, madrelingua italiano, abbia semplicemente attinto alla sua conoscenza della lingua greca, presupponendo dunque che il termine rispettasse le tradizionali regole italiane per formazioni del genere. In italiano, infatti, composti neoclassici con fobia come secondo elemento sono abbastanza comuni e in genere presentano come primo elemento una parola anch’essa di origine greca. Si pensi ad esempio ad alcune delle fobie più conosciute: agorafobia ‘paura degli spazi aperti’, aracnofobia ‘paura dei ragni’, claustrofobia ‘paura dei luoghi chiusi’, acrofobia ‘paura delle altezze’, idrofobia ‘paura dell’acqua’, ecc. Nel caso esaminato, invece, il composto neoclassico ha come primo elemento un nomo, che costituisce l’abbreviazione inglese di no-mobile phone, e che per giunta non indica propriamente la cosa che determina la paura; dunque, si tratta di un termine assai poco trasparente, anche in rapporto a composti simili.
Nonostante questo, ha prodotto due derivati, registrati anche nello Zingarelli 2021, che documentano un certo acclimatamento del termine nel lessico italiano: nomofobo ‘chi, che soffre di nomofobia’ e nomofobico ‘relativo alla nomofobia’, ‘chi soffre di nomofobia’. Entrambi sono documentati in rete: alla data dell’11/3/2021 il motore di ricerca Google restituisce 1.313 risultati per nomofobo (410 m.s.; 226 m.pl.; 252 f.s.; 425 f.pl.) e 60.570 risultati per nomofobico (12.800 m.s.; 826 m.pl.; 46.900 f.s.; 44 f.pl.). Si riporta un esempio d’uso per ciascun derivato:
Attenzione alla differenza: provare disappunto se ti muore il telefono mentre stai facendo un bonifico è normale, il nomofobo invece è angosciato in anticipo, anche solo al pensiero che possa succedere ([s.f.], Drogati di cellulare? Tranquilli, guarire si può. Ecco i sintomi (e le cure) della «nomofobia», “Corriere della Sera - Buone Notizie”, 6/11/2020);
Tutte eventualità che adesso hanno un nome, Nomofobia, e per cui esistono dei metodi di diagnosi e cura, e quindi vere e proprie strutture in cui il nomofobico può seguire programmi di riabilitazione» ([s.f.], Senza Rete e smartphone siamo perduti? Cresce la Nomofobia, paura dell’era digitale, “la Repubblica – Tecnologia”, 7/12/2012).
Forse, l’effettiva diffusione della sindrome di non riuscire a connettersi col proprio cellulare determinerà il successo della parola, come sembrano documentare questi due esempi:
Affinché si arrivi a costituire delle linee guida per “la prevenzione e il contrasto della nomofobia nell’ambito sociale e scolastico”. “Il termine nomofobia è ancora poco diffuso ma il problema che indica è sempre più frequente”, spiegano i promotori della proposta di legge. (Giovanni Lamberti, Che cosa è la nomofobia e come il M5s vuole sconfiggerla, 22/7/2019)
Insonnia e ansia, panico per assenza di rete a e (sic) Sindrome della vibrazione fantasma: sono solo alcuni sintomi della «nomofobia», la paura di restare sconnessi, evoluzione tecnologica della generica Fomo (Fear of missing out). Ma curarsi è possibile (e intanto un nuovo video su Youtube ci scherza... ma non troppo). ([s.f.], Drogati di cellulare? Tranquilli, guarire si può. Ecco i sintomi (e le cure) della «nomofobia», “Corriere della Sera - Buone Notizie”, 6/11/2020)
Al momento, però, alle registrazioni dei dizionari non corrisponde una effettiva diffusione della parola nell’uso concreto, tranne che in ambiti ancora molto circoscritti (giornalismo, letteratura specialistica).