DOI 10.35948/2532-9006/2023.27940
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Alcuni lettori ci chiedono chiarimenti sul verbo assurgere: può essere transitivo? Ed esiste la forma riflessiva? L’ausiliare è essere o avere?
Capita spesso che una parola sconfini nell’uso in un’altra, cui è affine o per significato o per significante o magari per entrambi. È un errore comune. È il caso delle domande su assurgere poste dai nostri lettori. Assurgere (o assorgere) significa, nei non frequenti usi, specialmente letterari o formali, ‘alzarsi, levarsi a una posizione (anche e soprattutto figurata) superiore a quella precedente’. Inizialmente ed etimologicamente, ha il valore di ‘alzarsi, levarsi in piedi (da sedere)’, come nel poemetto giovanile (Urania) di Alessandro Manzoni:
Di tanti doni avventurata in mezzo / Corinna assurse: il portamento e il volto / stupia la turba
soprattutto per rendere onore, come in questo passo di un Dialogo del Tasso, dove ha significato proprio:
Così nè l’inchinarsi, nè l’assorgere, nè l’adorare son sempre argomento d’opinione benefattiva.
Oppure ha il valore figurato di raggiungere un livello qualitativamente superiore, come in questo passo (dal GDLI), riferito al pittore Cézanne, di Ardengo Soffici:
imprimendo … alla sua opera quell’aspetto di vastità reale e ideale, che fa assurgere il fatto più volgare alla dignità di simbolo perpetuo di vita
Si tratta di un latinismo, attestato, secondo il GDLI, dai primissimi dell’Ottocento (in Vincenzo Monti) e reperibile su Google libri in vari repertori dello stesso periodo e posteriori. È parola dotta, non familiare al parlante comune e quindi più esposta a slittamenti di significato, come quelli segnalati dai nostri lettori. Ad esempio, due di essi le attribuiscono il senso di verbi semanticamente e foneticamente limitrofi ma diversi, come ergere o elevare
abbiamo scelto l’ulivo assurgendolo a metafora della nostra azienda...
Nel 1061 Ruggero d’Altavilla si impadronì del fortilizio assurgendolo a testa di ponte per la conquista normanna...
Ora, i verbi con cui assurgere è scambiato sono transitivi e perciò viene anch’esso costruito in questi esempi con l’oggetto diretto (lo), che invece non ammette essendo intransitivo. Per la verità, nell’antico italiano meridionale, come attesta il TLIO, assurgere è stato usato transitivamente, come mostra questo caso dalle Esposizioni sulla Commedia del napoletano Maramauro:
doppo lui verrà Di ver’ ponente un papa senza lege e di più laida opra, tal che per la soa grande simonia non sarà ricordata «né la mia, né quella del dicto Bonifatio», per far assurgere frati, nepoti e parenti
dove il nostro verbo significa ‘far salire a posizione socialmente, economicamente, politicamente più alta’ “frati, nepoti e parenti”, sintetizza cioè l’attività tipica di un papa simoniaco. Il retroterra meridionale potrebbe spiegare perché due lettori del Sud (di Matera) propongano oggi un quesito che investe non solo il significato di assurgere, ma anche la sua costruzione. Nei casi segnalati, dunque, assurgere è costruito impropriamente e gli è attribuito un significato non suo. Succede che, specie quando si vuole alzare il livello del proprio stile, si cada in eccessi e veri e propri errori come quello su cui ci interrogano i nostri lettori. Per altro, questi slittamenti di assurgere in altre aree semantiche sono riscontrabili già in vari testi ottocenteschi, anche, non a caso, nella Guerra del Vespro (1842) di un grande storico meridionale come Michele Amari:
Alla morte di Federigo, pronto il pontefice assurse a schiantar d’Italia l’emula casa sveva
dove assurse sta per ‘si lanciò, si levò’. Ma resta un’improprietà.
È possibile trovare in rete anche un altro errore di significato (e a volte anche di costruzione) di assurgere, precisamente tutte le volte che la forma attiva “assurta in cielo”, che vale ‘salita in cielo’, è confusa con la passiva di “assunta in Cielo”, detta della Madonna e di altre donne celesti della religione e della poesia.
La costruzione intransitiva non consente poi la forma riflessiva propria di assurgere, come capita agli intransitivi; basti pensare a camminare o a giungere. Per assurgere non sono attestate neppure le forme pronominali medie, come in andarsene o tornarsene. Perciò se è corretto il significato, non è corretta la forma di “mi sono assurto”, su cui ci interroga un lettore di Firenze, attribuendo ad assurgere il costrutto dei sinonimi ‘levarsi, elevarsi’, che invece ammettono la riflessività deliberata. Infine, l’ausiliare di assurgere è essere e non è accettabile avere (per un orientamento sul complesso problema degli ausiliari dei verbi intransitivi si veda qui, qui e qui).