DOI 10.35948/2532-9006/2023.27929
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8L’improvvisa scomparsa di Luca Serianni nel mese di luglio 2022 ha rappresentato una perdita gravissima per tutto il mondo culturale intellettuale e accademico. Il suo profilo di studioso è stato ricostruito in molte sedi grazie alle tante voci di colleghi e amici che ne hanno illustrato i contributi alla storia della lingua italiana e descritto le tante meritevoli iniziative di cui è stato perno e motore: basta citare la recente apertura del MUNDI - Museo nazionale dell’italiano, alla cui inaugurazione il 6 luglio 2022 ha preso parte come direttore del progetto scientifico1.
Al cordoglio che ha scosso la comunità scientifica hanno partecipato, oltre ai tanti colleghi e colleghe in Italia, anche studiosi attivi nelle accademie straniere, presso le quali l’illustre linguista, filologo, storico della lingua godeva di massima stima. Serianni seguiva infatti con viva attenzione le vicende della filologia e linguistica italiana all’estero e conosceva benissimo le tradizioni e gli ambienti della romanistica oltreconfine. Per questo costante impegno gli sono state attribuite due lauree honoris causa: in occasione della prima, all’Università di Valladolid nel 2002, aveva ricordato la varietà e la vitalità della ricerca scientifica condotta dall’italianistica spagnola; nell’omilia pronunciata durante la cerimonia di conferimento del titolo presso l’Università Nazionale e Kapodistrias di Atene nel 2019 (aperto da un intervento scritto in greco moderno), aveva ricostruito la presenza del greco classico nella lingua poetica italiana, mostrando una costante sensibilità per la circolazione internazionale delle lingue e delle culture.
In questo ricordo, che firmiamo in qualità di responsabili del gruppo OIM (Osservatorio degli Italianismi nel Mondo), ci piace ricordarlo proprio nella veste di studioso dell’italiano fuori d’Italia. Un interesse che lo ha visto attivo promotore di molte iniziative per la diffusione della lingua e della cultura italiana a partire da quelle condotte nella funzione istituzionale di consigliere (dal 1998) e poi di vicepresidente (dal 2010) della Società Dante Alighieri2. In questo senso, sono significative le riflessioni condotte a proposito del ruolo che storicamente la lingua e la cultura italiana hanno assunto soprattutto in Europa, specie nei secoli XVI-XVIII, quasi esclusivamente per lo spessore culturale (certamente differenziato in base alle aree geografiche e alle aree semantiche: almeno musica, commercio e marineria, gastronomia); ne ha sottolineato a più riprese, riprendendo gli studi di Francesco Bruni, l’importanza come lingua veicolare scritta, in area mediterranea, nell’ambito diplomatico e giuridico; e ha ribadito poi l’importante funzione dell’italiano come lingua della Chiesa, non tanto come lingua ufficiale (una funzione che non viene assolta neanche dal latino, proprio per la disposizione della Chiesa cattolica al multilinguismo), quanto come
la lingua moderna più frequentemente praticata nelle alte sfere della Chiesa e tra la massa dei religiosi che trascorrono un periodo più o meno lungo di formazione a Roma. E questo ruolo è emerso con chiarezza proprio nell'ultimo trentennio, segnato dal pontificato di due papi non italiani, che sono ricorsi all'italiano anche in visite all'estero, almeno quando non erano in grado di adoperare la lingua del luogo3.
Tra i tanti campi di indagine esplorati da Serianni dunque ha trovato un posto importante anche la relazione intrattenuta dall’italiano con le altre lingue. La centralità di questa dimensione si ricava già dallo spazio riservato al tema nella grande Storia della lingua italiana curata con Pietro Trifone per Einaudi (Serianni-Trifone 1993-94), il cui terzo volume è dedicato alle altre lingue. E anche nella mostra ideata nel 2003 per la galleria degli Uffizi a Firenze4 il tema del contatto era stato estesamente rappresentato nella terza sezione di quell’esposizione, intitolata per l’appunto L’italiano e le altre lingue, che occupava 7 delle 15 bellissime sale nelle quali venne allestito il percorso della mostra5.
Sulla base di questa sensibilità Serianni accolse con slancio l’incarico affidatogli nel 2004 dalla casa editrice Utet di pubblicare un’approfondita indagine sulla diffusione e sull’influenza della lingua italiana nella cultura e nella lingua dei diversi Paesi del mondo attraverso studi per aree geografiche e per settori tematici, corredata da un dizionario dei prestiti italiani nelle lingue straniere. Il progetto, che aveva visto il coinvolgimento di un consistente numero di studiosi, si è poi fermato qualche anno dopo, nonostante un significativo – sia pure fisiologicamente incompleto – avanzamento nelle ricerche, a fronte di un cambio di politica editoriale da parte del committente. Serianni non ha mai fatto mistero del fatto che questa battuta di arresto abbia rappresentato in realtà un’opportunità per il successo del progetto, che pochi anni dopo, anche sull’onda della pubblicazione da parte dell’Accademia della Crusca del Dizionario degli italianismi in francese, inglese e tedesco a cura di Harro Stammerjohann nel 2008 (DIFIT), è stato incluso tra i progetti strategici dell’Accademia della Crusca come Osservatorio degli italianismi nel mondo (OIM) e affidato alle cure dello stesso Serianni e di Matthias Heinz.
Oltre ai contributi esplicitamente concepiti per descrivere l’OIM (Serianni 2017, 2022), al tema del prestito Serianni aveva già dedicato un’ampia riflessione nel 2008 (Serianni 2008), nella quale ricostruiva lo stato della ricerca sui prestiti italiani e distingueva tra italianismi (e dialettismi) diretti e indiretti evidenziando tutte le difficoltà di individuazione delle diverse tipologie, specie in lingue della stessa famiglia. Altrettanto importante la ricognizione sulle categorie morfologiche interessate dal prestito, che, anche se sostanzialmente concentrate nel lessico, possono a volte toccare anche la fonetica, la grafia o fortunati morfemi, ben associati all’italianità, come alcune forme diminutive o i suffissi -issimo e -esco. Di quel contributo, per gli sviluppi che doveva avere più tardi la ricerca dell’OIM, resta preziosa l’indicazione di metodo:
Più dei dati quantitativi – qui più che mai incerti – contano i parametri qualitativi. Ne citerò quattro, di diversa importanza: a) bilancio dare-avere tra l’italiano e un’altra lingua romanza; b) incidenza, tra gli italianismi, di parole del lessico fondamentale; c) presenza di interiezioni e di connettivi fraseologici propri della conversazione quotidiana, segno di una penetrazione forte, che lambisce livelli profondi della lingua parlata; d) presenza di sviluppi semantici autonomi e di pseudo-italianismi (Serianni 2008: p. 32).
L’OIM si è avvalso, sia nel momento iniziale della progettazione sia nelle continue fasi di assestamento che ne hanno determinato la fisionomia, della guida sicura e della presenza attenta di Serianni, che con la sua competenza, unita a un sano pragmatismo, si è trovato a risolvere piccoli e grandi dubbi sorti durante le partecipate discussioni del gruppo operativo. Abbiamo già ricordato con quanta soddisfazione lo studioso abbia salutato l’avvio del progetto e caldeggiato l’entusiasmo e la dedizione di tutti i ricercatori coinvolti e come abbia espresso in più occasioni l’auspicio che questa piccola impresa potesse vedere la luce in una forma sempre più adeguata ai bisogni della comunità di studiosi interessati al tema del contatto linguistico (Pizzoli-Heinz 2022). Vale la pena ribadire come tante delle nozioni ormai acquisite in quel contesto derivino dagli studi pubblicati da Serianni ma anche dalle risposte fornite espressamente al comitato scientifico, nei più informali contesti dei colloqui OIM6. Viene dunque da questi confronti la scelta di assegnare una specifica casella, nella piattaforma che accoglie i dati, anche all’etimologia remota delle parole italiane che hanno dato vita al prestito, per dar conto del ruolo dell’italiano come lingua di mediazione, e non solo di origine degli italianismi. Analogamente, per evitare di trattare sullo stesso piano prestiti che hanno peso diverso, è stata introdotta la definizione di “prestito di secondo grado”, proposta da Serianni per definire le forme derivate da un italianismo attraverso i meccanismi di formazione delle lingue ospiti, che sono al contempo “segno della vivacità derivativa della lingua ricevente, ma anche dell’avvenuta acclimazione del prestito” (Serianni 2017, p. 42).
La costante preoccupazione di documentare in modo rigorosamente scientifico il fenomeno, fondandosi su dati per quanto possibile accurati, è parte della lezione che in forma più estesa Serianni ha impresso alla disciplina, e che si è trasformata in imperativo categorico in tutti gli studi a lui riconducibili a vario titolo. Anche per descrivere la presenza dell’italiano nel mondo, dunque, Serianni ha sempre sollecitato la ricerca basata su numeri certi: mai come in questo caso viene a taglio il richiamo più volte espresso alla concretezza e verificabilità dei dati puntuali (il “terreno solido delle cifre”), contrapposto a quello più impressionistico delle facili suggestioni trionfalistiche7. In nessun modo, infatti, la constatazione della fortuna dell’italiano nel mondo si è trasformata in una compiaciuta celebrazione della grandezza italica: sempre attento alla compostezza, Serianni ha mostrato grande scetticismo rispetto alla formula giornalistica della “quarta lingua più studiata al mondo”8. Allo stesso modo, nel valutare la persistenza dell’impronta culturale italiana nel mondo, non ha mancato di dare conto non solo delle luci ma anche di qualche zona d’ombra9.
Questo esemplare senso della realtà non ha però impedito allo studioso di riconoscere le grandi potenzialità della lingua e cultura italiana, anche alla luce della loro storia millenaria, nell’incidere nel complesso quadro plurilingue del mondo globalizzato: il richiamo alla necessità dell’intervento istituzionale per indirizzare le risorse e favorire la posizione dell’italiano nel complesso “mercato delle lingue”, nell’ottica di una politica linguistica orientata a consolidare lo spazio dell’italiano nel mondo (Serianni 2006), viene ripreso anche in anni recenti, nei quali l’impegno civile di Serianni diventa sempre più esplicito:
Sarebbe auspicabile investire di più per la promozione dell'italiano all'estero, avvicinandoci alle somme stanziate, non si dice da Francia e Regno Unito, ma dalla Spagna: è miope non cogliere lo stretto rapporto, anche economico, tra corsi di lingua e sviluppo del turismo, un settore del quale troppo spesso governi vecchi e nuovi trascurano l'importanza. Su un altro piano, bisognerebbe puntare sulla presenza dell'italiano nelle aree vicine, parte dell’Europa orientale e parte dei Paesi mediterranei, che già in passato – talvolta da alcuni secoli – hanno manifestato interesse per la lingua e la cultura italiana.
Un'iniziativa da parte del governo centrale è diventata indispensabile. Non ci si può più adagiare sulla ricezione dei programmi televisivi italiani che tanto ha contribuito negli scorsi decenni a tener vivo o a diffondere l'italiano a Malta o in Albania (Serianni 2019, p. 130).
Su un altro piano, l’attenzione si sposta verso la necessità di mantenere l’italiano nei discendenti degli emigrati del passato e in quelli prodotti dai flussi più recenti, senza trascurare il compito di insegnare l’italiano ai cittadini stranieri residenti in Italia, portatori di bisogni nuovi e urgenti, che si aggiungono ai tanti elementi che si addensano intorno al dibattito sui diritti – non solo linguistici – dei cosiddetti nuovi italiani. Ma questa è l’altra faccia del rapporto tra l’italiano e le altre lingue, che investe piuttosto la dirompente presenza del mondo in Italia, in una relazione feconda ma ancora tutta da consolidare.
Nota bibliografica:
Tra i tanti commossi ricordi pubblicati in questi mesi si rimanda innanzitutto a quello comparso sugli “Studi Linguistici Italiani” (Patota 2022), rivista di cui Serianni è stato a lungo direttore ereditandone la guida dal suo maestro Castellani. Cfr. anche la raccolta di testimonianze in de’ Angelis 2022 e ancora Caffarelli-D’Achille 2023, Faraoni 2022, Forni 2022, Heinz 2023, Rossi 2022, Tomasin 2022, Trifone 2022.
E a questa attività vanno ricondotte le pubblicazioni degli annuari curati in collaborazione con Paolo Peluffo (Peluffo-Serianni 2005; Peluffo-Serianni 2006; Peluffo-Serianni 2007).
È significativo che di questi contenuti sia stata innervata la relazione presentata, alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al convegno promosso dalla Presidenza della Repubblica e intitolato La lingua italiana fattore portante dell’identità nazionale (Roma, 21 febbraio 2011), poi ripubblicato in Serianni 2011 (la cit. a p. 228-30).
Dove il sì suona. Gli italiani e la loro lingua, a cura di Luca Serianni, Firenze, Galleria degli Uffizi (13.3.2003-6.1.2004), per conto della Società Dante Alighieri e sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica. Sull’esperienza della mostra fiorentina cfr. Pizzoli 2019. I volumi derivati da quell’esperienza sono rispettivamente Serianni 2001 e Serianni 2010-2012. Parte del materiale concepito per la mostra è poi confluito in Serianni-Pizzoli 2017.
Tre grandi sale erano dedicate alla direzione del “ricevere”, in una sottosezione intitolata “Le altre lingue nell’italiano”, nelle tappe ricostruite cronologicamente: in particolare la sala 8 (1. Il gallicismo dei primi secoli; 2. Lo spagnolismo tra il Cinquecento e il Seicento; 3. La gallomania del Settecento), la sala 9 (4. Le reazioni al forestierismo tra Ottocento e Novecento e l’influsso dell’anglo-americano) e la sala 10 (5. Il villaggio globale); a seguire, dopo una zona sulla tradizione letteraria dei dialetti italiani (sala 11), nelle restanti quattro sale compariva la sottosezione speculare, dedicata all’italiano nelle altre lingue, presentata in un ordine meno lineare dal punto di vista cronologico ma efficace da quello scenografico, perché concluso nella cornice immersiva di un palcoscenico di teatro: la sala 12 (7. L’italiano all’estero oggi), la sala 13 (8. Dal Medioevo al Rinascimento), la sala 14 (9. Il Melodramma) e infine la sala 15 (10. La fortuna del Melodramma; 11. Il Grand Tour).
Come già ricordato, la partecipazione di Luca Serianni ai colloqui OIM è stata costante nel tempo e nello spazio: abbiamo potuto contare sul suo aiuto, dopo l’incontro di avvio tenutosi alla Crusca nel 2014 (i cui atti si leggono in Heinz 2017) a Firenze (4-6 settembre 2017), Salisburgo (28-29 giugno 2018), Cosenza (5-7 novembre 2018), Firenze (4-5 aprile 2019), Atene (1 novembre 2019) e ancora Firenze (14-15 ottobre 2021); inevitabile sentirne la dolorosa mancanza nell’ultimo colloquio di Firenze (14-16 settembre 2022), che gli è stato dedicato, e di cui è stato già pubblicato in questa stessa sede il ricordo pronunciato da Paolo D’Achille nella giornata di apertura (“Italiano digitale” XXII, 2022/3 [luglio-ottobre], pp. 204-206).
Così, per esempio, riguardo all’utilità di valutare la diffusione dell’italiano all’estero attraverso indagini accurate (Serianni 2005, p. 10).
Si veda, per esempio, l’intervista rilasciata alla “Voce di New York” nel 2014, in cui viene spiegata anche l’origine della semplificazione: pur apprezzando, ovviamente, il fatto che l’italiano occupasse un posto alto in classifica, veniva ricordato che secondo un’indagine pubblicata pochi anni prima (Giovanardi-Trifone 2012), l’italiano sarebbe risultato “col francese, la prima lingua straniera tra le “terze scelte” e la prima tra le “quarte scelte”. Questo vuol dire che un apprendente, dopo avere studiato altre due lingue (tipicamente l'inglese, saldamente al primo posto) e il francese (al secondo), e volendo affrontare lo studio di una terza o quarta lingua si rivolgerà con buona probabilità all'italiano. Le cifre assolute non possono essere molto elevate, perché sono pochi nel mondo coloro che studiano o conoscono più di due lingue, oltre alla madrelingua” (Serianni 2014).
Ancora in Serianni 2005 (p. 11), per esempio, si cita il caso della (scarsa) conoscenza della letteratura italiana in Iran, documentata da Piemontese 2003 attraverso la consultazione di fonti locali: addirittura sarebbe emerso che gli studenti iraniani riconducessero all’inglese la lingua della Commedia di Dante, nella convinzione che la lingua ufficiale dell’Italia fosse appunto l’inglese.