DOI 10.35948/2532-9006/2023.27928
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Maurizio Vitale fu nominato accademico della Crusca nel Collegio del 23 maggio 1988 presieduto da Giovanni Nencioni, segretario Piero Fiorelli; assunse poi il nome accademico di "Nitido", e in seguito volle far dipingere la propria pala, cosa non banale in quegli anni, in cui la tradizione antica di questo emblema simbolico (oggi ripresa con una certa vivacità) era caduta in disuso, anche se non era totalmente abbandonata (era stata rilanciata da studiosi come De Robertis e Mastrelli). La pala del Nitido, dipinta da Luca Vernizzi, è oggi esposta nella cosiddetta "Sala delle pale moderne", nella Villa medicea di Castello a Firenze, assieme alle altre che hanno arricchito e rinnovato nei soggetti e nello stile l'antica collezione, nata alla fine del Cinquecento. La pala del Nitido rappresenta il profilo di un mulino in una notte stellata. Le pale dorate del mulino a vento si stagliano nette, nitide, appunto, nel blu del firmamento. Il nome scelto fa pensare alla chiarezza del pensiero, alla nettezza dell'argomentazione, alla fiducia nella capacità comunicativa, e infatti tali pregi sono costanti nella sua produzione saggistica, cosa tanto più notevole in anni nei quali le complicazioni metodologiche e l'involuzione criptica della scrittura rendevano spesso poco decifrabile il pensiero di studiosi pur segnalati per il loro valore. Ma torniamo alla pala del Nitido: due piccole finestre, visibili sulla forma scura del mulino, luccicano, quasi a mostrare il lavoro che ferve all'interno dell'edificio; la loro luce è ugualmente dorata, come quella delle pale rotanti. Ogni luce che qui appare è dorata, e il riferimento all'oro è evidenziato dal motto, "Pur come l'oro che in Crusca riluce", che sembra riprendere (se non mi sbaglio) un verso del Tasso, "pur come l'oro onde sei preso e prendi", settimo verso del sonetto 386 (e il verso precedente contiene anche il verbo "rilucere": "con fallace beltà riluci e splendi"). Il nome di "Nitido" non solo si collega al balenio delle luci dorate rappresentate nell'emblema (pale di mulino, finestre del mulino, stelle del cielo), ma anche si collega alla serenità della notte, rappresentata con un cielo perfettamente limpido. Direi che il mulino dove si macina è, metaforicamente, rappresentazione della Crusca stessa. Sullo sfondo della scena, si stagliano altri due mulini di piccola dimensione, ma il loro profilo è totalmente scuro: a differenza del primo, che è quello della Crusca, nessuna parte di essi riluce. Vedremo più avanti, ma il rilievo è già stato giustamente anticipato da Anna Dolfi nella sua commemorazione all'Accademia dei Lincei1, che la pala di Maurizio Vitale, con il riferimento insistito all'oro, si collega assai bene almeno a un titolo fondamentale della produzione scientifica dello studioso, L'oro della lingua, un libro in cui la Crusca occupa una parte dominante2.
Vitale, abbiamo detto, divenne accademico della Crusca dalla fine degli anni '80, quando era già studioso autorevolissimo e affermato. Nella votazione del 23 maggio 1988, i posti disponibili erano sei, i votanti erano 10. Per quanto lascia comprendere il verbale della seduta, prima della votazione, condotta a scrutinio segreto, come prevedeva e ancora oggi prevede lo statuto, ci fu un confronto sulle candidature. Il verbale nomina esplicitamente solo tre candidati, tra quelli il cui nome fu pronunciato prima della votazione. Sugli altri tace, pur facendo riferimento alla legittima candidatura di "quasi tutti" coloro che erano già soci corrispondenti, ciò che Vitale non era. Gli unici nomi espressamente registrati come presentati e discussi nella fase delle candidature sono quelli di Maurizio Vitale, di Fredi Chiappelli e di Aldo Duro. Tuttavia la votazione che seguì non premiò né Aldo Duro né Fredi Chiappelli. Il verbale del tempo è impietosamente preciso, e indica anche i non eletti, precisando il numero dei voti da essi raggiunto, benché insufficiente per ottenere uno dei sei posti disponibili (oggi siamo più diplomatici, e non verbalizziamo gli insuccessi, pur conservando, come ovvio, le schede votate, che possono essere utili per un'eventuale verifica successiva). Dei tre studiosi nominati nella fase istruttoria, nel corso di quella giornata, solo Maurizio Vitale risultò eletto, e lo fu con dieci voti, cioè all'unanimità. Fu l'unico a ottenere dieci voti, assieme a Cesare Segre, nella medesima seduta. I nuovi accademici ordinari, oltre a Segre e Vitale, furono in quell'occasione Rosanna Bettarini, Dante Isella e Francesco Sabatini, destinato a diventare presidente dell'Accademia dal 2000 al 2008. Va osservato che tutti, tranne Vitale, erano già accademici corrispondenti da diversi anni: così Segre, Bettarini, Isella e Sabatini.
Pochi giorni dopo, il 4 giugno 1988, Maurizio Vitale scriveva al presidente Nencioni, ringraziandolo della nomina. La breve lettera si conserva nell'archivio dell'Accademia, e mi permetterò di trascriverla qui:
Milano, 4 VI 88
Illustre Presidente,
ricevo la tua lettera con la notizia della designazione ad accademico ordinario della Crusca e ti ringrazio vivamente per l'onore che mi è fatto, così come ringrazio i colleghi del collegio accademico. Far parte della prestigiosa Accademia della Crusca è per me, oltre che un onore grandissimo, un serio impegno di collaborazione.
Ti prego di accogliere, con rinnovato ringraziamento, i miei più cordiali saluti
tuo
Maurizio Vitale
Sei mesi dopo, il 6 dicembre del 1988, Vitale partecipava al suo primo Collegio accademico, assieme ad altri due dei nuovi eletti del mese di maggio, cioè Isella e Sabatini. La loro presenza è registrata dal verbale come quella di "ospiti", con la qualifica di "accademici designati": per comprendere questa loro posizione, occorre far riferimento allo statuto allora in vigore, diverso da quello attuale, che richiedeva la nomina con decreto da parte del capo dello stato su proposta del ministro per i Beni culturali e ambientali. Evidentemente la procedura era lunga, e i nuovi accademici vennero tuttavia ammessi alla riunione con la formula che ho citato, come "ospiti". La prima partecipazione effettiva ed ufficiale, con tutte le prerogative di socio, sarà, l'anno dopo, quella del 20 giugno 1989, nella quale fu commemorato l'appena scomparso accademico Giorgio Petrocchi.
L'archivio dell'Accademia non è generoso di documenti relativi a Maurizio Vitale. Vi è però materiale sufficiente per valutare i rapporti che erano intercorsi con lo studioso anche prima della sua nomina ad accademico. Posso citare la locandina del 1983 per le celebrazioni del quarto centenario della Crusca, quando Vitale partecipò al convegno La Crusca nella tradizione letteraria e linguistica italiana con la relazione intitolata L'Accademia della Crusca, l'Istituto italiano di scienze lettere ed arti e la questione del Vocabolario3. In una lettera diretta a Severina Parodi, Vitale conferma la partecipazione al convegno e chiede di essere collocato nel programma in modo che non gli sia impedita la partecipazione al premio Galileo, la sera del 1° di ottobre4. Ma più interessante è forse lo scambio di lettere con Bruno Migliorini, presidente della Crusca dal 1949 al 1963. Le carte a cui farò riferimento non appartengono propriamente all'archivio storico dell'Accademia. Sono parte del Fondo Migliorini, che oggi è appunto custodito presso la nostra istituzione. Ci riportano all'inizio della carriera di studioso di Maurizio Vitale, e sono per questo molto interessanti, in quanto illuminano una fase che la distanza temporale potrebbe ingiustamente far collocare in secondo piano, e che invece appare decisiva per definire i suoi interessi di lunga durata. Il primo rapporto tra Vitale e Migliorini è documentato da una lettera particolare, il cui primo foglio è per metà scritto da Antonio Viscardi, il suo Maestro accademico. Dalla seconda metà del primo foglio, dopo la presentazione di Viscardi, la lettera è di pugno di Vitale medesimo. La missiva non porta date, ma una mano di archivista di Crusca ha annotato a matita nell'angolo destro il numero d'ordine "1" e una data: 1947. Viscardi annuncia a Migliorini che il suo "assistente" ha condotto la verifica di un codice Trivulziano, una verifica che certo doveva stare molto a cuore a Migliorini, per le ragioni che possiamo ricavare dal seguito della lettera, cioè dalle parole del giovane Vitale:
Egregio Professore, come Le ha scritto il mio Maestro, io ho consultato il codice Trivulziano 784, nel quale Lei credeva – desumendo la notizia da un articolo di "Popoli" del 1942[6] – ci fosse una grammatica italiana quattrocentesca. Il Codice citato contiene soltanto una grammatica latina; perciò ho chiesto all'autrice dell'articolo, signora Santoro, per l'appunto archivista alla Trivulziana, come mai nell'articolo in questione fosse chiaramente asserita l'esistenza di due grammatiche, una italiana e una latina, nel Cod. Trivul., mentre in realtà il Cod. ne offriva una sola, la latina; e la Sig. Santoro | ha risposto che nel suo articolo di "Popoli" era stato commesso un errore e che perciò la citazione della grammatica italiana non aveva valore e andava soppressa.
Certo la ricognizione di Vitale era importante, perché una grammatica italiana quattrocentesca sarebbe stata una primizia da collocare accanto alla Grammatichetta vaticana, dunque una scoperta non da poco. Chissà da quanto tempo Migliorini attendeva quella ricognizione, visto che l'articolo dell'archivista Santoro era del 1942, e la risposta arrivava nel 1947, probabilmente rallentata anche dagli eventi bellici che dovevano aver reso più difficile interrogare da Firenze gli amici di Milano. In ogni modo Vitale approfittava di questo primo contatto per parlare, nel seguito della lettera, dei suoi studi per il lavoro di laurea sulla Cancelleria sforzesca nel '400, e confermava di non aver trovato nessuna grammatica italiana nel materiale consultato, "nonostante anch'io ponessi attenzione a ciò, data l'importanza". Si dichiarava comunque pronto a segnalare eventuali ritrovamenti del genere, se fossero emersi nel corso degli studi che stava conducendo sui poeti alla corte di Ludovico il Moro, a cominciare da Gasparo Visconti. A questo proposito ricordava che "nell'elenco della libreria dei Simonetta era segnato un libercolo contenente alcune regole di grammatica italiana, ma esso è stato finora introvabile nonostante le mie ricerche". La lettera si concludeva con la speranza di un incontro personale a Firenze. Seguono altre lettere, seppure non troppo frequenti. Nel 1951, Vitale scrive a Migliorini una lunga missiva dattiloscritta in cui parla dell'imminente uscita dei Poeti della prima scuola e ne preannuncia l'invio, e al tempo stesso delinea con più particolari il quadro delle proprie ricerche sulla lingua della Cancelleria visconteo-sforzesca. Un'altra lettera manoscritta, del medesimo anno, accompagna appunto l'invio dei Poeti della prima scuola, usciti presso Paideia nel 1951, e Vitale ci tiene a precisare che "L'introduzione vorrebbe essere un capitolo di storia della lingua, sulla formazione della lingua letteraria e l'affido perciò maggiormente al suo giudizio". Siamo in anni precedenti alla Storia della lingua italiana del 1960, cioè in un momento fondativo e aurorale di quella che sarebbe diventata poi la nostra disciplina nella sua configurazione stabile, e il richiamo a quell’introduzione ci può suggerire un’attenta rilettura di quel testo, forse oggi un po’ dimenticato. L'ho rivisto in questi giorni, e sono rimasto colpito dalla visione storica del problema della lingua dei poeti siciliani che precede la parte propriamente filologica, delineando un quadro che, con il senno di poi, anticipa l'interesse per i dibattiti linguistici, come sarà sviluppato nel classico manuale La questione della lingua, quale dibattito di idee e di metodi. Nella stessa lettera del 1951 Vitale annuncia di avere concluso il lavoro sulla "cancelleria Milanese", ormai in attesa di andare in stampa, e anche di avere in corso un lavoro su Bembo, per il quale pensa alla pubblicazione nella rivista di Crusca "Studi di filologia italiana". In uno spazio bianco, Migliorini ha abbozzato la risposta alla lettera: in questa minuta, dice di avere ultimato quella lettura "con vivo interesse e con quasi costante consenso"6. La corrispondenza continua negli anni seguenti. Nel 1955 Vitale invia a Migliorini un passo che interessa lo studioso, tratto dal Prissian de Milan nell'edizione del 1606, confrontata con quella del 1750. L'epistolario prosegue con una lettera del 1963, in cui ormai Vitale è passato dal "lei" al "tu", con ben altra confidenza rispetto alle missive precedenti, certo legata anche al fatto che dal 1957 era diventato professore ordinario nell'Università di Milano, e la sua generazione mostrava attenzione per una ben misurata gradualità anche nelle forme di allocuzione (un atteggiamento che fu poi anche suo con noi giovani, come ben ricordo). Passare al "tu" non era una semplice abitudine di cortesia a tutti concessa, come accade oggi, ma una forma di riconoscimento nella difficile scala della carriera accademica. Una lettera di Maurizio Vitale a Migliorini del 7 luglio 1963, anch'essa conservata nel fondo di Crusca, trasmette e verosimilmente accompagna una breve nota della sua "allieva, la dott. Teresa Poggi Salani", un testo proposto per la pubblicazione in "Lingua Nostra". Ormai quello con Migliorini è un rapporto tra colleghi. Non è più Viscardi che presenta il giovane assistente, ma Vitale medesimo che presenta la propria allieva, destinata poi a diventare illustre accademica della Crusca.
Come ho detto, i materiali che ci sollecitano di più, tra quelli conservati in Crusca, sono relativi alla parte iniziale del percorso di studioso di Vitale. Le altre lettere rintracciate nell'archivio sono normale frutto del rapporto di routine con l'istituzione di cui era entrato a far parte. Si tratta di giustificazioni per alcune assenze ai Collegi accademici, dettate anche da sovrapposizioni con gli impegni ai Lincei. Del resto gli impegni del genere divennero per Vitale via via fittissimi, se si pensa al gran numero di accademie che lo vollero tra i propri soci, non solo i Lincei, la Crusca, e l'Istituto Lombardo, ma anche molte altre, come l'Arcadia, l'Accademia Virgiliana, l'Istituto Veneto di Scienze Lettere ed arti. Semmai può essere interessante il passo di una lettera dell'aprile 1998 in cui Vitale, avendo appena ricevuto la convocazione per il Collegio accademico di Crusca, sbotta in una lamentela diretta al presidente Nencioni, mostrando un malcontento che mi ha fatto sorridere: "Ma non è proprio possibile – come più volte ti avevo pregato di fare – fissare un calendario delle riunioni in anticipo? o, quanto meno, inviare molto per tempo la convocazione?"7. Dico che la lettera mi ha fatto sorridere, perché analoghe lamentele ricevo oggi dagli Accademici, e non sono riuscito, in nove anni di presidenza, a risolvere un problema che solo all'apparenza appare semplice; ma un po' mi consolo pensando che anche un grande presidente come Nencioni non era riuscito nell'intento, nonostante le giuste richieste di Maurizio Vitale, e probabilmente anche di altri colleghi.
Alle ricerche d'archivio, voglio aggiungere qualche ricordo personale. Ero presente, nel 1992, alla fondazione dell'ASLI, l'associazione accademica degli storici della lingua italiana, che avvenne nella sala delle conferenze dell'accademia della Crusca, alla presenza di Nencioni ancora presidente, e, tra i maestri più autorevoli, di Maurizio Vitale. Ricordo l'intervento di Vitale, che si spese perché la definizione dell'area disciplinare della nuova associazione fosse orientata nella direzione della storia della lingua nella sua accezione più pura e significativa, non contaminata da quelle indicazioni didattiche e pedagogiche che cominciavano allora ad andare di moda. Chi l'ha conosciuto riconoscerà in questo intervento il suo sentimento orientato verso un'immagine solida e tradizionale della storia della lingua italiana, forse un po' diversa rispetto alle ultime e più confuse declaratorie che sono state discusse più di recente. Almeno un ricordo risale alla mia presidenza, e mi è particolarmente caro. Il 6 giugno del 2017 presentammo in Crusca il libro poderoso di Maurizio Vitale sulla lingua della Scienza Nuova di Vico. Nel sito dell'Accademia si conserva la documentazione fotografica di quell'evento. In quell'occasione, Maurizio Vitale si rivolse a me non soltanto con il "tu" che mi aveva concesso da quando ero diventato professore ordinario, secondo la regola che ho prima avuto modo di citare, ma chiamandomi "il mio amico", cosa che mi onorò moltissimo, anche perché Maurizio Vitale era stato nella commissione che, applicando la riforma Valitutti del 1980, mi aveva fatto passare dal limbo del precariato, da "contrattista", come allora si diceva, a "ricercatore": era stato il primo passo vero nella carriera accademica, per cui la mia reverenza nei confronti di un Maestro come lui si intrecciava anche ai sentimenti di riconoscenza, con una distanza che mi rendeva difficile persino quel "tu" che pure egli aveva preteso. La categoria di "amico" era davvero un traguardo che non avrei sperato di raggiungere.
Ho detto prima che il titolo del libro di Vitale del 1986, L’oro della lingua, si collega direttamente al significato simbolico della sua pala accademica. Il libro contiene infatti lo studio più completo allora e forse anche oggi disponibile sulla I, III e IV edizione del Vocabolario della Crusca. Si può dire anzi che tra tutti gli accademici forse va a Vitale, in gara con Nencioni e Migliorini, il merito di avere maggiormente approfondito la storia della Crusca. A differenza degli studiosi fiorentini per nascita o per cattedra, Vitale mantenne sempre un distacco maggiore nel giudizio sulla storia della Crusca, equilibrando con saggezza il punto di vista filotoscano con quella che potrei definire la prospettiva di matrice milanese, non immemore degli Illuministi del Caffè e di Monti, cioè attenta alle forze che storicamente si opposero all’egemonia del toscanesimo cruscante. Basti pensare, nel classico volume sulla Questione della lingua, alla sua valutazione profondamente positiva di Tassoni, tra gli avversari della Crusca il più modernista e innovatore8, e non a caso a Tassoni saranno indirizzate le ricerche di un allievo prematuramente scomparso di Vitale, Andrea Masini. Altrettanto si può dire per l'attenzione alla tradizione senese, cioè a una linea toscana, ma avversa a quella della Crusca fiorentina9. Penso anche al saggio che già abbiamo citato, presentato al convegno del 1983 La Crusca nella tradizione letteraria e linguistica italiana, dedicato a L'Accademia della Crusca, l'Istituto italiano di scienze lettere ed arti e la questione del Vocabolario, in cui si conduce in maniera serrata il confronto tra Firenze e Milano nella gara per la progettazione di un nuovo vocabolario, saggio che si conclude con la piena valutazione della posizione anti-toscana di Ascoli, professore a Milano. Questo saggio del 1983 trova una continuazione nel saggio del 2005 su Firenze – L’Accademia della Crusca e Milano nel Sette-Ottocento10. Lo sguardo di Vitale, studioso interessato al Purismo italiano in tutte le sue forme, disposto a darne una completa e distaccata valutazione storica, non risparmia dunque le critiche alla Crusca, spesso rilevandone i fallimenti, a cominciare dal tentativo non riuscito di realizzare un vocabolario etimologico, al tempo di Carlo Dati11, e pur riconoscendone i meriti, quando ci sono, per esempio la ricaduta internazionale del Vocabolario del 1612 in Francia e in Spagna12, e la capacità mostrata dall'Accademia di Firenze, all’inizio del Seicento, nell'organizzare un lavoro collettivo, perché il Vocabolario del 1612 è il “risultato di un’attività compiutamente organizzata nei metodi e nei principi”13, cioè non casuale, bensì metodica e di gruppo, con un’unità d’intenti che ha dello straordinario in quel contesto e in quell’epoca. Questa è la sua posizione fin dal 1955, in un altro saggio della fase iniziale che a mio giudizio resta importantissimo, e che oggi è forse troppo poco citato: il contributo al volume Preistoria e storia degli studi romanzi14. Insomma, l’accademico della Crusca Maurizio Vitale seppe tracciare la storia dell’accademia linguistica a cui apparteneva, senza mai cadere nella tentazione di troppo concedere a un’istituzione a cui pure andava la sua partecipazione e il suo affetto, ma conservando il rigore intellettuale che del resto caratterizzava il suo stile di vita e di studi.
[Le foto sono state scattate in occasione della Tornata pubblica per la presentazione del volume
di Maurizio Vitale L’«autodidascalo» scrittore. La lingua della Scienza Nuova di Giambattista Vico,
6 giugno 2017]
*Questo ricordo di Maurizio Vitale è stato pronunciato a Milano, all’Istituto Lombardo – Accademia di Scienze e Lettere, il 15 dicembre 2022. Ringrazio il Presidente dell’Istituto Lombardo prof. Stefano Maiorana e il Cancelliere dott.ssa Rita Pezzola per avere acconsentito con pieno consenso alla pubblicazione dell’intervento anche nella rivista dell’Accademia della Crusca.
Cfr. Anna Dolfi, Ricordo di Maurizio Vitale (Commemorazione tenuta nell’adunanza del 14 gennaio 202), in Rendiconti dell'Accademia dei Lincei, Classe di Scienze morali, s. 9, v. 33 (2022), pp. 213-21.
Cfr. M. Vitale, L’oro nella lingua. Contributi per una storia del tradizionalismo e del purismo italiano, Milano – Napoli, Ricciardi, 1986.
L’intervento di Maurizio Vitale fu poi pubblicato con il titolo lievemente modificato, L’Istituto nazionale italiano di scienze, lettere ed arti, l’Accademia della Crusca e la questione del vocabolario, nel volume La Crusca nella tradizione letteraria e linguistica italiana, Atti del Congresso Internazionale per il IV Centenario dell’Accademia della Crusca, Firenze, Accademia della Crusca, 1985, pp. 289-325.
La lettera, conservata nell'Archivio della Crusca, porta il protocollo 571/A01 del 24 agosto 1983.
La rivista milanese "Popoli", legata alla Compagnia di Gesù, era stata fondata nel 1914, ed è cessata nel 2014.
Lettera di Maurizio Vitale al Presidente Nencioni in data 21.4.1998, protocollata 438/A22 (18 maggio 1998), Archivio dell'Accademia della Crusca.
Cfr. M. Vitale, La questione della lingua, Nuova edizione, Palermo, Palumbo, 1978, pp. 164-68.
Cfr. Id., La scuola “senese” nelle questioni linguistiche fra Cinque e Settecento, ora in Id., Studi di storia della lingua italiana, Milano, LED – Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto, 1992, pp. 143-179.
Il saggio, inedito, breve quanto pregnante, datato 2005 dall’autore, trovò posto nel volume M. Vitale, Divagazioni linguistiche dal Trecento al Novecento, Firenze, Franco Cesati Editore, 2006, pp. 69-72.
M. Vitale, Sommario elementare di una storia degli studi linguistici romanzi, in A. Viscardi- C. Cremonesi – E. Mozzati – M. Vitale, Preistoria e storia degli studi romanzi, Milano-Varese, Istituto Editoriale Cisalpino, 1955, p. 50.
Cfr. Vitale, L’oro nella lingua cit., p. 128.
Ibid., p. 132.
Cfr. Id., Sommario elementare cit. pp. 7-219.