Consulenze linguistiche

Sversare, sversamento, pessime pratiche ma parole del tutto accettabili

  • Claudio Iacobini
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2020.4398

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Copyright: © 2020 Accademia della Crusca


Quesito:

Diversi lettori dichiarano perplessità sulla correttezza dell’impiego del verbo sversare e del suo derivato sversamento.

Sversare, sversamento, pessime pratiche ma parole del tutto accettabili

L’attenzione dei lettori verso il verbo sversare e il derivato sversamento, a cui si può aggiungere anche l’altro derivato sversatoio, è probabilmente dovuta alla diffusione che tali termini hanno avuto nei mezzi di comunicazione a partire dagli anni Settanta del Novecento in relazione allo sviluppo di una maggiore consapevolezza per il rispetto dell’ambiente. Ringraziamo quindi i lettori per la sensibilità per i temi ecologici oltre che per l’interesse verso la lingua italiana. Li invitiamo comunque a una più attenta consultazione delle fonti lessicografiche, ormai disponibili anche in rete, prima di esprimere reazioni di rigetto verso parole ben documentate nei dizionari e la cui formazione dal punto di vista morfologico è del tutto regolare.

Il verbo sversare è infatti usato da almeno cinquant’anni principalmente con il significato di ‘far defluire, scaricare sostanze tossiche o inquinanti nell’ambiente’, come si può apprendere dalla consultazione sia del GRADIT diretto da Tullio De Mauro, sia del GDLI fondato da Salvatore Battaglia, quest’ultimo reso recentemente disponibile in rete dall’Accademia della Crusca. L’impiego di sversare nel senso di ‘traboccare, straripare’ (riferito a un liquido, specialmente a un corso d’acqua) non è corrente nell’uso comune, ma attestato almeno dalla metà del XIX secolo, in pubblicazioni di idraulica, geologia, chimica, architettura. Dal punto di vista morfologico il verbo è un regolare derivato da versare ‘far uscire un liquido, una polvere, una sostanza granulare da un recipiente’ con il prefisso s-, che qui si può intendere sia nel valore di provenienza che di intensificazione. Sversare si affianca quindi a riversare (attestato già all’inizio del XIV secolo) come derivato di versare, e può essere associato anche all’ormai disusato evertere, etimologicamente ‘volgere fuori’, da cui il significato ‘distruggere abbattere’ che si coglie nei derivati eversione, eversivo, eversore. Sia sversare che riversare esprimono una connotazione intensiva rispetto a versare, e si prestano anche a sviluppi di senso secondari: si pensi, ad esempio, all’impiego di riversare come ‘trasferire dati, suoni o immagini da un supporto magnetico a un altro’.

La novità del verbo sversare consiste dunque nella specializzazione d’uso nell’ambito delle scienze ambientali. Normalmente infatti si usa per fare riferimento alla pratica criminale di inquinare deliberatamente terreni o corsi d’acqua con sostanze velenose specialmente allo stato liquido. Analogamente, i due derivati sversamento e sversatoio sono al giorno d’oggi usati specialmente nel significato rispettivamente di ‘scarico nell’ambiente di rifiuti inquinanti o tossici’ e di ‘discarica, specialmente abusiva, per lo smaltimento dei rifiuti’, ma hanno entrambi attestazioni risalenti alla metà del XIX secolo nel significato rispettivamente di ‘straripamento’, e di ‘area di deflusso delle acque’. Sversamento e sversatoio sono attestati nei due significati sia in GDLI (Supplemento 2009) sia in GRADIT, il secondo con il solo significato connesso allo smaltimento dei rifiuti. Le due opere datano sversatoio rispettivamente 1992 e 1999, mentre va retrodatato ad almeno il 1858-59 in quanto compare negli Annali delle opere pubbliche e dell’architettura pubblicato a Napoli come sinonimo del termine scaricatore nel senso di ‘canale o condotto di scarico’. Il Vocabolario Treccani online indica per sversatoio il significato di “Vasca di riempimento di un impianto di depurazione che, in caso di piena, sottrae all’azione del depuratore le acque più chiare, convogliandole verso un apposito canale di scolo”, oltre a quello di discarica abusiva senza indicare la datazione né del lemma né delle accezioni.

È plausibile che l’originario impiego del termine sversatoio per riferirsi al condotto di scarico impiegato per le bonifiche e altre opere di sanità pubblica per il controllo delle acque e dei liquami sia stato il tramite per l’attuale uso relativo allo smaltimento abusivo dei rifiuti. Il suffisso -toio è lo stesso usato in abbeveratoio e sfiatatoio, che indicano rispettivamente una vasca o recipiente dove si abbeverano gli animali e un condotto per la fuoriuscita di aria o gas. Il suffisso -mento presente in sversamento è uno dei suffissi più usati per formare nomi da verbi al fine di indicare un’azione e, spesso, l’effetto o il risultato che ne consegue: si pensi a parole come condimento, ornamento, versamento.

Diverso è l’iter formativo e il significato espresso dall’aggettivo sversato, usato specialmente in area toscana con il significato ‘sgarbato, sgraziato’ riferito a persone, oppure ‘non bene attillato, che cade male’ riferito ad abiti. Il punto di partenza di questo aggettivo può essere identificato nel nome verso, e il suo schema formativo è analogo a quello di parole come spudorato a partire da pudore o sgraziato a partire da grazia. L’aggettivo sversato e il suo derivato nominale sversataggine ‘sgarbatezza, malacreanza, grossolanità’ sono attestati sia in GRADIT sia in GDLI e risalgono all’ultimo quarto del XIX secolo. Il solo GDLI registra i nomi sversatezza e sversatura assieme all’avverbio sversatamente, tutti appartenenti all’area semantica della sgraziataggine, disarmonia, grossolanità.

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