La Crusca rispose

Sulla grafia di ognuno

  • Francesca Cialdini
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2023.26899

Licenza CC BY-NC-ND

Copyright: © 2022 Accademia della Crusca


Abstract

Vittorio T., Giulia G., Mirko P. e altri utenti ci chiedono quale sia la grafia corretta tra ognuno e ogniuno. In particolare, Ida T. ci chiede se ogniuno sia una forma antica.


I dubbi che sono sorti sul pronome indefinito ognuno riguardano nella maggior parte dei casi la grafia: più in generale, le parole che presentano al loro interno gn possono creare qualche incertezza dal punto di vista grafico.

Come spiega Vera Gheno nella scheda Sul digramma gn e sulla presenza della i in forme verbali come guadagniamo, gn è un digramma originato dalla combinazione dei due grafemi g e n, che rappresentano un unico fonema (cioè un solo suono), la n palatale, indicata con [ɲ] secondo l’Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA). La grafia prevalente delle forme con grafema gn è senza la i: per esempio montagna, ragno, lasagne.
Dunque, tra ognuno e ogniuno la forma oggi da utilizzare è ognuno; ogniuno, invece, viene marcato come ‘antico’ dai diversi dizionari. Per esempio, il DOP, s.v. ogniuno, rimanda a ognuno e riporta un esempio tratto da un’opera di Francesco Redi, il Bacco in Toscana (1685): "Ogniun, che di Lieo Riverente il nome adora". Ogniuno viene definito "antico" anche da Garzanti 2007 e Sabatini-Coletti 2008; lo Zingarelli lo registra come ‘arcaico’ a partire dall’edizione del 1970 (nelle edizioni precedenti è assente), e il GRADIT marca la forma come ‘obsoleta’ (OB). Il Devoto-Oli 2012 non cita ogniuno, così come il Vocabolario Treccani, che però riporta le varianti antiche ogni uno e ogn’uno.

In italiano antico ognuno, che deriva dal pronome ogni (latino ŏmniu(m) per ŏmne(m) secondo il DELI, s.v. ogni) in composizione con uno, è attestato accanto ad altre varianti grafiche (cfr. GDLI, s.v. ognuno): la n palatale è un suono nuovo dell’italiano rispetto al latino e, soprattutto nelle fasi più antiche, viene rappresentata graficamente in vari modi. Oltre a -gn(i)-, infatti, sono frequenti anche -ngn- e -ng(i)- (la grafia -ngn- rappresenta la realizzazione sempre lunga della nasale palatale: cfr. Larson, Fonologia, XLII, 2.5.1, p. 1541). Tralasciando le varianti con -ngn-, nel caso di ognuno, troviamo per esempio la grafia analitica in ogni uno / ogn’un, che rappresentano la fase originaria della forma, e la scrizione univerbata in ogniuno con il mantenimento della i di ogni. Riportiamo alcuni esempi tratti dalla banca dati del TLIO (Tesoro della Lingua Italiana della Origini): "E tanto parea che la pace piacesse a ogni uno" (Dino Compagni, Cronica), "Ogniuno riceve secondo la sua capacità" (Santa Caterina da Siena, Libro della divina dottrina), "e per questa cagione ogn’uno gli vuol male" (Volgarizzamento del Tesoro di Brunetto Latini).

Come prevedibile, le varianti possono trovarsi anche all’interno dello stesso testo: per esempio, nel Commento al Paradiso di Francesco da Buti troviamo "baciò la terra che è generalmente madre di ogniuno" e "et ogni uno non accettavano et ad ogni uno non davano provigione"; così come nella Nuova Cronica di Giovanni Villani leggiamo "[…] per ogniuno danaio che Lucca si comperava" e "e crebbe molto di genti e di ricchezze, ch’ognuno guadagnava d’ogni mercantia". In particolare, l’alternanza ognuno / ogniuno si registra nell'autografo del Decameron, insieme ad altre coppie del tipo ognora / ogniora (cfr. Branca, Giovanni Boccaccio, Decameron. Edizione critica secondo l’autografo hamiltoniano, p. CVI).

Le varianti grafiche di ognuno si ritrovano, stando ai corpora consultati, anche nelle edizioni di testi molto successivi. Si registra, per esempio, un’occorrenza di ogni un in Goldoni, così come ogn’uno in Foscolo, ma l’oscillazione grafica principale è tra ognuno e ogniuno.
Le occorrenze maggiori di ogniuno (comprese le forme ogniun e ogniuna) si rilevano in Berni (35 occorrenze) e Cellini (28 occorrenze). Questi alcuni esempi tratti dal corpus della LIZ: "Così parlando ogniun sta dal suo lato" (Boiardo, Orlando Innamorato); "tenevano in timore ogniuno" (Guicciardini, Storie fiorentine); "spera che ’l mangiare insegni bere ad ogniuno" (Machiavelli, Lettere); "Ogniun maledicea l’ire e i furori" (Ariosto, Orlando Furioso); "perché ad ogniun piace i buon bocconi" (Berni, Rime); "ogniuno s’immaginava che lui fossi eccellentissimo ne l’arte" (Cellini, Vita); "D’intorno di lei sono molto castelli e villaggi, e ancora abitazioni discoste dalla medesima tre o quattro giornate, ogniun dei quai è tributario al signor della città" (Ramusio, L’Africa di Leone Africano).
Bisogna comunque tenere presente che soprattutto per le stampe del XVI secolo oscillazioni grafiche di questo tipo, come la presenza della i dopo n palatale, possono dipendere da fattori di tipo tecnico, relativi "all’organizzazione e alla divisione del lavoro nell’officina cinquecentesca, in particolare al meccanismo della composizione dei testi, che durante il processo di stampa passano obbligatoriamente per mani diverse. […] I responsabili della veste grafia definitiva sono, dunque, da una parte i compositori, dall’altra i correttori» (Maraschio, Grafia e ortografia: evoluzione e codificazione, pp. 191-192). 

Dopo il Cinquecento l’oscillazione ognuno / ogniuno si riduce progressivamente, anche se, come emerge dalla consultazione della BibIt (Biblioteca Italiana), ogniuno è attestato fino all’Ottocento: "le gentili nazioni si fondarono sulla credenza, ch’ebbe ogniuna, di certi suoi propi dei" (Vico, Principi di scienza nuova); "Ogniun vede che queste sono allusioni a Paolo e Francesca d’Arimino" (Foscolo, Epoche della lingua italiana); "onde ogniun di loro si disse Omero" (Leopardi, Zibaldone di pensieri).
La tendenza all’affermazione della forma ognuno a partire dal Seicento è dovuta al processo generale di normalizzazione grafica cominciato nel Cinquecento e concluso con la codificazione del Vocabolario degli Accademici della Crusca del 1612. Tra i grammatici di fine Cinquecento interviene sull’argomento della n palatale Lionardo Salviati nella sua opera principale, Degli avvertimenti della lingua sopra ’l Decamerone (1584), in cui si chiede quale debba essere la grafia corretta tra insegne / insegnie; sogno / sognio e ognuno / ogniuno, e conclude che la forma da normalizzare sia quella senza la i ("niente dall’i s’adoperi nelle sì fatte voci"). Della stessa opinione Benedetto Buommattei, autore di Della lingua toscana (1643), una delle più importanti grammatiche del Seicento: "il GN non ha altro che un suono, e quel sempre schiacciato, che occorre affaticar di caratteri la scrittura quando di essi non ha bisogno? Scrivansi dunque CAMPAGNA, VEGNENTE, GUADAGNO, IGNUDO e COMPAGNO" (III, 14-15, p. 51).

Il Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612) normalizza ognuno, rifiutando ogniuno. Tuttavia, nella seconda edizione (1623) ogniuno ricorre cinque volte s.vv. abbandonatamente, chiappola, facezia e tregenda, e nella terza (1691) s.vv. uccellare e tregenda. Dunque, il Vocabolario, in quanto grande corpus testuale, in queste due edizioni, riporta la forma ogniuno in alcuni esempi, ma dal punto di vista della codificazione la emargina. Ogniuno scompare definitivamente a partire dalla quarta impressione (1729-1738), così come nella quinta (1863-1923), almeno s.v. ognuno, la variante con la i non è presente.


Nota bibliografica: 

  • Vittore Branca, Giovanni Boccaccio, Decameron. Edizione critica secondo l’autografo hamiltoniano, Firenze, Accademia della Crusca, 1976.
  • Benedetto Buommattei, Della lingua toscana, a cura di Michele Colombo, Firenze, Accademia della Crusca, 2007.
  • Amerindo Camilli, Pronuncia e grafia dell’italiano. Terza edizione riveduta, a cura di Piero Fiorelli, Sansoni, Firenze, 1965.
  • Pär Larson, Fonologia, in Grammatica dell’italiano antico, a cura di Giampaolo Salvi e Lorenzo Renzi, vol. II, Bologna, Il Mulino, pp. 1515-1546.
  • Nicoletta Maraschio, Grafia e ortografia: evoluzione e codificazione, in Storia della Lingua Italiana, a cura di Luca Serianni e Pietro Trifone, 3 voll., vol. I I luoghi della codificazione, Torino, Einaudi, pp. 139-227.
  • Giuseppe Patota, Valeria Della Valle, Piuttosto che. Le cose da non dire, gli errori da non fare, Milano, Sperling & Kupfer, 2012.
  • Lionardo Salviati, Degli avvertimenti della lingua sopra ’l Decamerone, volume I, Venezia, Fratelli Guerra, 1584.
  • Luca Serianni, Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, con la collaborazione di Alberto Castelvecchi, Torino, UTET, 1989.