DOI 10.35948/2532-9006/2023.29047
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Ci sono pervenute due domande sugli usi delle parole riga e rigo e sul significato della polirematica leggere tra le righe.
I vocaboli riga e rigo, che prenderemo in esame nelle accezioni ‘linea di scrittura (a mano o a stampa)’ e ‘linea tracciata su una superficie, spec. su un foglio’ (per tutte le altre caratterizzazioni semantiche, cfr. GRADIT), sono lemmatizzati dalla nostra lessicografia storica, etimologica e dell’uso contemporaneo (DELI, Devoto-Oli 2022, DISC, l’Etimologico, GRADIT, GDLI, Vocabolario Treccani online, Zingarelli 2022): tutti i dizionari datano riga sec. XIII (eccetto DISC, che presenta sec. XIV, DELI e Zingarelli 2022, che si riferiscono all’attestazione dantesca), mentre rigo av. 1527 (o sec. XVI); fanno, inoltre, risalire la prima al long. *rīga e considerano la seconda come derivata o variante dell’altra (ma potrebbe trattarsi anche di una conversione dal verbo rigare, che è precedentemente attestato: av. 1292 nel GRADIT).
È necessario osservare che, sugli usi di riga e rigo e sulle rispettive forme plurali, è già intervenuta presso il servizio di consulenza linguistica Teresa Poggi Salani nel 1991 (cfr. T. Poggi Salani, Risposta al quesito della signora Sofia Fucito di Sorrento sull’alternanza riga/rigo e rispettive forme plurali, in “La Crusca per voi”, n. 3 [ottobre 1991], pp. 6-7). In aggiunta alle indicazioni dei dizionari sincronici (è bene ricordare che, all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso, non erano ancora stati pubblicati il GRADIT e il DELI, che risalgono al 1999, il Sabatini-Coletti, pubblicato nel 2003, l’Etimologico, edito nel 2010, e, come nota la stessa Poggi Salani, era in corso di stampa il XVI volume del GDLI), la studiosa descrive e confronta il trattamento lessicografico delle due parole nei tre principali vocabolari dell’uso di fine Ottocento (il Vocabolario della lingua parlata di Rigutini e Fanfani, il Nòvo dizionario di Petrocchi e il Novo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze di Giorgini-Broglio; ma considera anche il Dizionario dei sinonimi di Tommaseo), giungendo alla conclusione che, nonostante tutto, «resta altrove sensibile la tendenza, ben avvertibile anche nella lessicografia ottocentesca, a divaricare in parte gli ambiti d’uso: “riga di scrittura” (a mano o a stampa), “scrivere con cura sul rigo”» (Poggi Salani cit., p. 7). Nei repertori lessicografici del XIX secolo, riga non è, dunque, connessa alla rigatura dei fogli sui quali si scrive. I dizionari storici, etimologici e dell’uso contemporaneo consultati tendono a precisare che con riga si fa riferimento a una ‘linea tracciata su una superficie’ (ma, nel GRADIT, anche a ‘ognuna delle linee secondo le quali è disposto un testo scritto’) e con rigo a ‘linea tracciata su un foglio per agevolare la scrittura’ e anche a ‘linea di scrittura e di stampa’ (secondo il DELI, Devoto-Oli 2022, DISC, GDLI, GRADIT, Vocabolario Treccani online, Zingarelli 2022; mentre l’Etimologico al lemma rigo rimanda direttamente a riga): le definizioni presentano zone di sovrapposizione – e questi confini in parte coincidenti vengono segnalati anche da Poggi Salani – al punto che, ad esempio, lo Zingarelli 2022 propone rigo come sinonimo di riga e il Vocabolario Treccani online spiega che rigo è “lo stesso che riga, ma quasi escl. per indicare le linee tracciate su un foglio o quaderno, oppure le linee di scrittura o di stampa”. Questo dizionario osserva, per di più, che il plurale di rigo non è righi, bensì righe, che, in realtà, è il plurale di riga (a differenza del Devoto-Oli 2022, DISC, GDLI e Zingarelli 2022, i quali specificano che il plurale maschile è in -ghi). Credo che l’estensione del plurale femminile alla forma maschile, oltre che da interferenze semantiche, sia determinata dalla frequenza d’uso delle due parole. Ancora Poggi Salani (cit., p. 7), a conclusione della sua indagine, afferma che “l’alternanza tra riga e rigo non si porrà tanto in termini di correttezza quanto di correntezza e frequenza (in un terreno ancora mosso)” e, prima, “[...] pare così complessivamente essersi ristretto l’ambito delle possibilità d’uso di rigo di fronte a riga”. Su tale aspetto, ci vengono in soccorso sia il GRADIT, che attribuisce la marca AU (‘alto uso’) a riga e CO (‘comune’) a rigo, sia Google Ngram Viewer, che rileva, in diacronia, una maggiore diffusione nei testi scritti di riga e del suo plurale righe:
È, forse, proprio in questi termini che va analizzato lo sviluppo della polirematica leggere tra le righe, cristallizzata in questa forma. Poggi Salani parla, a proposito della differenza fra riga e rigo sopra riportata, dell’esistenza di strutture stabili, che non rispettano propriamente le distinzioni semantiche delle parole in esame, e, tra queste, ricorda, per l’appunto, la locuzione qui considerata (insieme a “quaderno o foglio protocollo a righe”). Gran parte dei dizionari storici, etimologici e dell’uso contemporaneo analizzati (DELI, Devoto-Oli 2022, GDLI, GRADIT, Vocabolario Treccani online, Zingarelli 2022) la lemmatizzano e la definiscono come ‘fig., comprendere, intuire ciò che è sottinteso in un testo, in un discorso, ecc.’ (cfr. GRADIT). Il DELI indica anche una sua prima attestazione nel dizionario di Policarpo Petrocchi (Nòvo dizionàrio universale della lingua italiana, vol. II, Milano, Trèves, 1891, p. 65). Per mezzo di una ricerca in Google libri è, però, possibile reperire attestazioni ottocentesche anteriori, la prima delle quali risale al 1850 (ma c’è anche una l’attestazione inglese di to read between the lines; cfr. Joel Candler Harris, Life of Henry W. Grady including his writings and speeches, New York, Cassell, 1800, p. 45: “Mr. Grady read between the lines and saw beneath the surface, and he was profoundly impressed with the strong and vital purpose of Hugo’s book”):
Chi sa leggere tra le righe, si convince facilmente che, per quanto gentile e cortese sia del resto il dispaccio del sig. Pidal a lord Palmersion, tuttavia il Governo spagnuolo, mentre nega ogni intenzione di aver voluto offendere il Gabinetto e la nazione inglese collo scacciare il signor Enrico Balwer, crede però di aver diritto ad operare come fece verso di lui. (in “L’Araldo”, III [1850], 126, p. 2)
Il principe vuole siano restituiti quei rapporti, in cui si deve indovinare e leggere fra le righe, e dichiara che nella sfera ufficiale la cosa essenziale non venga soppressa dalla forma e che questa serva di copertela agli abusi. (in “Il Diavoletto”, IX [1856], 9, p. 34)
Prima di porre giù la penna, io credo che occorra rispondere a certi lettori troppo profondi, i quali non costumano mica di leggere alla buona, ma sanno pure leggere tra le righe, come si dice; sanno scovare il fine recondito di uno scrittore, e credono che in tal modo sia bello e spacciato e il libro e lo scrittore. (Giuseppe Ferrarelli, Schizzi, Napoli, Di Dura, 1871, pp. 57-58)
Ma per chi sa leggere tra le righe – e il Moltke vuole che sua moglie, a cui le lettere di lui sono indirizzate, ci legga – per chi sa leggere tra le righe, ripetiamo, la seguente letterina rappresenta il brutto rovescio della bella medaglia: [...]. (Lettere parigine del generale Moltke, in “La rassegna settimanale di politica, scienze, lettere ed arti”, I [1878], 12, p. 217)
Per quanto concerne l’origine della locuzione, non è, comunque, da escludere che possa derivare dalla consuetudine di inserire nei manoscritti glosse, chiose, postille o note interlineari di ausilio alla decodificazione del testo. Si “legge fra le righe”, in particolare nelle scritture bibliche e giuridiche, per comprendere aspetti che potrebbero non essere trasparenti con la sola lettura dei documenti (cfr. Vocabolario Treccani online, s.v. glòssa1).
Rimangono, infine, da esaminare alcune polirematiche simili a quella in questione, le quali, al posto di righe, presentano il maschile righi (o il singolare rigo). Nella lessicografia storica, più specificamente nel GDLI, possiamo trovare la locuzione leggere tra rigo e rigo ‘intuire ciò che in uno scritto è implicitamente suggerito, chiesto ecc.’ (in Google libri l’esempio più antico risale a una lettera di Giuseppe Giusti ad Alessandro Manzoni del 1845; cfr. Epistolario di Giuseppe Giusti, vol. II, Firenze, Le Monnier, 1859, p. 124: “Poni le debite distanze, e poi credi pure che tanto Gino che io, de’ tuoi rabeschi stampati sappiamo leggere anco tra rigo e rigo”) semanticamente affine al nostro leggere tra le righe. Grazie a Google libri, incontriamo esempi anche di leggere tra i righi:
In qualche passo par di leggere tra i righi un po’ di impaccio e di fastidio del poeta sul culto troppo premuroso di quella ch’egli chiamava “l’amabilissima musa del Tago”. (Benedetto Croce, Studii storici sulla rivoluzione napoletana del 1799, Torino, Loescher, 1897, p. 10)
Probabilmente in quei giorni Nicolini aveva inviato ad un giornale una lettera contraria al giudizio finale della Commissione, di cui faceva comunque parte, come riportato in altri passaggi “quanto oggi scrive” e “saper leggere tra i righi della lettera di Giovanni Nicolini”. (Elena Ippolini, Dal dibattito nazionale sulle riviste alla cronaca locale: i Monumenti ai Caduti di Messina e Siracusa. Gaetano Rapisardi e la pratica professionale (1922-1937), in Dibattito internazionale e realtà locali. L’altra modernità nella cultura architettonica del XX secolo, a cura di Maria Luisa Neri, Roma, Gangemi, 2015, p. 167, nota 52; il testo si riferisce al 1924)
[...] conosci la trama e saprai leggere tra i righi, anche quello che non c’è scritto. (Raffaele Viviani, La Commedia della vita, Napoli, 1939, in Raffaele Viviani, Guido Davico Bonino, Antonio Lezza, Pasquale Scialò, Teatro, vol. VI, Napoli, Guida, 1987, p. 535)
Le attestazioni, come si può osservare, sono poche. Va correlato a questo dato anche il confronto, ottenuto per mezzo di Google Ngram Viewer, sull’uso delle forme plurali righe/righi, che evidenzia, come già visto in precedenza, un impiego minore in testi scritti di righi rispetto alla corrispondente forma femminile.
Per concludere, sulla base documentazione analizzata, si è potuto, dunque, notare come il femminile riga-righe sia maggioritario nell’uso e come, probabilmente, a questo suo maggiore impiego si debba ricondurre l’affermazione e la cristallizzazione di leggere tra le righe, che potrebbe essere un calco dall’inglese to read between the lines.