Consulenze linguistiche

Ci avete chiesto di aiutarvi con due casi di reggenza e condividiamo con voi la nostra risposta (sperando che… la condividiate)!

  • Matteo Agolini
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2023.29013

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Copyright: © 2023 Accademia della Crusca


Quesito:

Ci sono giunte varie richieste di chiarimento circa due casi di reggenza di con, in costruzioni del tipo di “aiutare qualcuno con qualcosa” e “condividere qualcosa con qualcuno”. Un lettore, inoltre, chiede lumi circa la correttezza del ricorso a formule come “ci condividi (il calendario)?” o “ti condivido (il documento)”, che sente oggi sempre più adoperare in àmbito lavorativo, mentre un altro ci domanda se sia accettabile il ricorso allo stesso verbo condividere con il significato di ‘apprezzare’ in una frase come “Giorgio condivide la mia opinione”.

Ci avete chiesto di aiutarvi con due casi di reggenza e condividiamo con voi la nostra risposta (sperando che… la condividiate)!

Si possono riformulare le domande nel modo seguente:
1) se sia grammaticalmente lecito l’uso trivalente del verbo aiutare in una costruzione del tipo “soggetto + aiutare + oggetto + con qualcosa” (“Luca aiuta Mario con i compiti”), con la preposizione semplice con adoperata per introdurre l’àmbito limitatamente al quale l’oggetto necessita di soccorso;
2) se sia ammissibile l’impiego trivalente del verbo condividere in un costrutto “soggetto + condividere + oggetto + con qualcuno” (“Elisa condivide la stanza con la sorella”), considerata l’etimologia della forma verbale, già nata dall’unione tra la base dividere e il prefisso con-, oppure con una particella pronominale (tecnicamente, un clitico), che potrebbe avere valore solo di oggetto diretto o indiretto;
3) se sia contemplato il significato di ‘apprezzare’ in una struttura “soggetto + condividere + oggetto”, quindi con il verbo usato come bivalente.

Sembra allora opportuno fornire, anzitutto, qualche precisazione circa il modello della grammatica valenziale, legato alla figura del linguista francese Lucien Tesnière e importato in Italia da Francesco Sabatini (si veda, da ultimo, Francesco Sabatini, Carmela Camodeca, Grammatica valenziale e tipi di testo, Roma, Carocci, 2022), a cui si è fatto riferimento nelle suddette riformulazioni. Andrà ricordato che il concetto di valenza è derivato (per metafora) dalla chimica, àmbito in cui il termine è impiegato per alludere alla capacità che l’atomo ha di combinarsi con un certo numero di altri elementi, così da dar vita alle molecole di un composto. La valenza chimica è espressa da un numero, compreso tra zero e quattro, corrispondente ai posti che ogni atomo mette a disposizione nel momento in cui entra in combinazione con altri atomi. Tesnière, partendo dalla pratica didattica del latino, ha applicato il concetto di valenza alla lingua, e in particolar modo al verbo, vero “motore della frase”, del quale saranno da individuare, in ottica valenziale, quelli che lui definiva, con una parola ripresa dal mondo del teatro, attanti, e che Sabatini ha chiamato, invece, argomenti, vale a dire gli elementi a esso direttamente collegati. I verbi predicativi della nostra lingua si dividono, dunque, secondo il numero delle loro valenze, in zero-valenti, o a-valenti, a zero posti, come piovere; mono-valenti, a un posto, come camminare (Paolo cammina); bi-valenti, a due posti, come mangiare e credere (Luigi mangia la mela; Il giudice ha creduto alla testimone); tri-valenti, a tre posti, come regalare (Andrea regala un libro a Francesca; Marta è tornata a casa dall’ufficio); tetra-valenti, a quattro posti, come tradurre (Miriam traduce una favola dal latino in italiano). È necessario distinguere, tuttavia, a partire dai bi-valenti, tra valenza potenziale e valenza necessaria; ecco che un verbo come correre, ad esempio, può essere usato tanto come mono-valente (Laura corre), quanto come bi-valente (Laura corre in ufficio) o tri-valente (Laura corre da casa in ufficio). Si veda anche la scheda Valenze e reggenze dei verbi.

Condividere (con)

Partendo dai dubbi relativi a condividere, sarà bene leggere anzitutto la voce dedicata al verbo in questione all’interno del Sabatini-Coletti (ed. online), il dizionario più attento alle reggenze verbali:

condividere [con-di-vì-de-re] v.tr. (irr.: coniug. come dividere)
[sogg-v-arg] 1 Detto di due o più persone, dividere qlco., possedere qlco. in comune: Gianni e Carlo condividono la stessa stanza, lo stesso banco, l’appartamento. 2 fig. Partecipare con altri a qlco., provare qlco. insieme con altri: condivido la tua decisione, la tua scelta; padre e figlio condividono la passione per il calcio.
[sogg-v-arg-prep.arg.] Dividere qlco. con qlcu., possederlo con altri: Gianni condivide l’appartamento con Carlo.
ETIM comp. di con- e dividere □ sec. XV

Condividere è da considerarsi, allora, un verbo transitivo potenzialmente adoperabile tanto come bivalente, avente per oggetto diretto ciò che si divide con altri, quanto come trivalente, con l’aggiunta a soggetto e oggetto di un terzo argomento, non più diretto, ma introdotto da preposizione (da con, nella fattispecie), esprimente la persona con cui si possiede in comune qualcosa, anche di immateriale, come una passione, o una notizia, donde una sfumatura semantica non menzionata nel Sabatini-Coletti, ma che appare rilevante, vale a dire quella di “condividere qualcosa con qualcuno” con il significato di ‘mettere qualcuno a parte di qualcosa’. L’uso ha conosciuto recentemente una notevole impennata per via dell’aumento delle riunioni a distanza, nel corso delle quali a ogni membro è permessa la condivisione dello schermo con gli altri partecipanti, con il fine di mostrare loro uno schema, un’immagine, un power point o altro. Tale significato specifico è registrato nelle ultime edizioni in rete sia dello Zingarelli 2023 (con l’etichetta “Internet”, la definizione “mettere in comune con altri informazioni, foto, ecc.” e il rinvio a postare) sia del Devoto-Oli 2023 (con la marca “inf[ormatica]”, la definizione “mettere in comune con altri contenuti su un social network, un portale, un cloud computing (link, foto, file)” e l’esempio ho condiviso tutti i video del matrimonio; ultimo controllo: 5/3/2023).

Quanto all’impiego di condividere quale verbo bivalente nel senso di ‘apprezzare’, si vede bene come dall’accezione primaria di ‘spartire’ (etimologica, considerato che la forma verbale è effettivamente nata dall’unione tra dividere e il prefisso con-), si sia giunti a quella figurata di ‘approvare’, detto di solito di un’idea, di una posizione su un determinato argomento, di una scelta (accezione esplicitamente indicata dallo Zingarelli 2023: “essere pienamente d’accordo con qualcuno, appoggiare, approvare: non condividiamo le sue opinioni”); ritrovarsi a con-dividere con qualcuno una certa opinione, infatti, implica inevitabilmente il ritenerla corretta, l’approvarla, il pensarla allo stesso modo, e quindi anche l’apprezzarla. Si riportano di seguito, a titolo esemplificativo, solo due tra i più recenti contesti, tratti dall’archivio del quotidiano “la Repubblica”, nei quali ci si imbatte in un uso bivalente di condividere, nel primo caso nel significato di ‘possedere insieme con altri’, nel secondo in quello di ‘approvare’:

Una volta giunti là in alto è per un lapsus freudiano che parlano di umiliazioni altrui. Guardano giù e provano le vertigini per quanto basso è il luogo da cui provengono. Lo sgomento della disuguaglianza fa considerare meritata la propria fortuna e necessario umiliare chi non la condivide. (Stefano Bartezzaghi, Umiliare, “la Repubblica”, 26/11/2022)

Caro Merlo, lei definisce Giuseppe Conte una “quasità” e io lo condivido in pieno. Ma non è anche “il conformista”, quello cantato da Giorgio Gaber? (Putin, il pazzo che ci fa impazzire. Ripariamo “il tetto di cristallo”, “la Repubblica”, 2/10/2022)

Per quanto concerne l’uso trivalente di condividere, invece, anche i soli esempi proposti all’interno del Sabatini-Coletti mostrano chiaramente come la preposizione prevista dalla norma quale introduttore del terzo argomento, quello esprimente la persona o il gruppo con cui si divide il possesso di qualcosa, sia proprio con, malgrado la sua presenza, per le suddette ragioni etimologiche, già nella forma verbale, il che potrebbe portare a considerarla ridondante. Riporto di seguito, a mo’ di esempio, traendole ancora dall’archivio del quotidiano “la Repubblica”, alcune recenti attestazioni di forme del verbo condividere, usato come trivalente, seguite dalla preposizione semplice con:

«Infatti è come il rapporto d’amore fra una coppia: c’è il momento più passionale che è quello che ha a che vedere col fare musica, col concerto. Ma poi c’è scegliere i programmi, le tournée, fare collimare la vita di ciascuna con l’attività del trio. E lì si va oltre il rapporto di lavoro: c’è amore nell’impegnarsi, nel comprendere le esigenze reciproche e nel venirsi incontro in tutti i modi». Sembra ideale. «Lo è. Il trio è proprio una cosa nostra, anche più del quartetto che pur condivido con mio marito e che ha un repertorio meraviglioso». (Lavinia e Marek, amore e disgusto a Hong Kong, “la Repubblica”, 21/9/2022)

Il presidenzialismo, più vicino al sentire di FdI, è scomparso dal dibattito politico, mentre l’autonomia differenziata, cui tiene fortemente una Lega tornata al suo originale feeling separatista, è partita subito, e accelera. Forse era prevedibile, fin dalla chiamata del leghista Calderoli al ministero per le autonomie. La notizia è che ha condiviso con i presidenti di Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna (regioni firmatarie dei pre-accordi nel febbraio 2018), la bozza di una “legge di attuazione” dell’art. 116.3 della Costituzione. È una nuova etichetta, con cui riprende, con limature e integrazioni, le leggi-quadro Boccia/Gelmini. (Autonomia, la trattativa privatistica di Calderoli, “la Repubblica”, 5/11/2022)

“La scienza nucleare ancora una volta ci sta mostrando la sua straordinaria capacità di affrontare il cambiamento climatico”, ha detto il direttore generale dell’AIEA Rafael Mariano Grossi. “Sono fiducioso che questo esperimento porterà a scoperte: risultati che condividiamo liberamente con gli scienziati e nuove colture che aiutano gli agricoltori ad adattarsi ai cambiamenti climatici e ad aumentare le scorte alimentari”. (Cibo, inviati semi alla Stazione Spaziale Internazionale per sviluppare colture in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici sulla terra, “la Repubblica”, 7/11/2022) 

Ma in contesto informatico si è sviluppato anche l’uso di formule come vi condivido invece che condivido con voi, probabilmente per un’attrazione esercitata da inviare e dalla sua reggenza: equivalendo il condividere un documento o una foto con qualcuno, magari via posta elettronica o applicazione di messaggistica, all’inviare un documento o una foto a qualcuno (in allegato), si potrebbe esser passati, ad esempio, da “condivido con voi l’articolo” a “vi condivido l’articolo”, tramite l’influsso di un sottostante (e perfettamente lecito) “vi invio l’articolo”, giungendo, dunque, a “condividere qualcosa a qualcuno” e quindi a esiti come quelli segnalati dal lettore, ai quali ne aggiungo altri analoghi, fra i più recenti tra quelli reperiti in Twitter:

Oggi, per la Giornata Internazionale delle persone con disabilità, è uscita questa bella intervista per VITA. Parla dell’importanza delle parole per costruire una società per tutte e per tutti. Ve la condivido (3/12/2022)

Sapete come la penso sul Superbonus, ma vi condivido questa analisi di Paolo Becchi e Fabio Conditi (20/02/2023)

Troppo difficile da spiegare, ma ti condivido la mia interpretazione personale attraverso le parole della Merini (23/02/2023)

Ovviamente, costrutti di questo tipo sono da considerarsi inaccettabili nello standard, perché l’argomento indiretto esprimente la persona o il gruppo con cui si divide qualcosa deve essere introdotto necessariamente dalla preposizione con, mentre i pronomi personali atoni mi, ti, gli/lo, le/la, ci, vi e loro/li/le possono fungere unicamente da oggetto diretto oppure indiretto, equivalendo alle corrispettive forme toniche me, te, lui/lei, noi, voi e loro introdotte dalla preposizione semplice a.

Pienamente legittimati appaiono, insomma, sia l’uso bivalente di condividere con i significati di ‘approvare’ e quindi, in fondo, anche di ‘apprezzare’, sia il ricorso alla preposizione semplice con, in dipendenza dal medesimo verbo, allorché usato come trivalente, per introdurre l’indicazione della persona o del gruppo con cui si divide il possesso (anche virtuale) di qualcosa; lo stesso non può dirsi, in considerazione delle ragioni già espresse, per costrutti del tipo di “condividere qualcosa a qualcuno”.

Aiutare con

Venendo al quesito su aiutare, sarà bene partire, ancora una volta, dalla voce dedicata alla forma verbale all’interno del Sabatini-Coletti (ed. online):

aiutare [a-iu-tà-re] ant. aitare o atare v.
v.tr. [sogg-v-arg] 1 Soccorrere qlcu. che si trova in difficoltà: a. i poveri, un passante; lascia che ti aiuti!; spesso con specificazione della situazione che richiede aiuto: a. il figlio nella scelta della scuola; a. la nonna ad attraversare la strada // nel detto la fortuna aiuta gli audaci, la sorte agevola chi osa. 2 estens. Rendere più facile, più agevole qlco. SIN agevolare, favorire: la concentrazione aiuta lo studio; un medicinale che aiuta la digestione.
[sogg-v-arg-prep.arg] ant. Proteggere, difendere qlcu. da qlco. che può nuocergli: «aiutami da lei, famoso saggio» (Dante).
aiutarsi v.pronom. [sogg-v] 1 Darsi da fare, trovandosi in una situazione di necessità. SIN adoperarsi, sforzarsi, ingegnarsi: «il ragazzo avrebbe saputo a., quando fosse rimasto solo» (Verga); è usato anche con specificazione del mezzo: a. con i piedi, con le mani; a. con la ragione, con tutte le forze // nei detti aiutati che Dio (o il ciel) t’aiuta e chi s’aiuta, Dio l’aiuta, la provvidenza divina va in aiuto di chi si dà da fare. 2 Detto di due o più persone, prestarsi aiuto a vicenda. SIN soccorrersi: i parenti si aiutano.
ETIM lat. adiutare, intens. di adiuvare, comp. di ad- “a” e iuvare “giovare”; aitare e atare continuano il provenz. aidar ☼ sec. XIII

Aiutare è, dunque, un verbo transitivo impiegabile tanto come bivalente, avente per oggetto diretto la persona (o la categoria) che si trova in difficoltà e che usufruisce del soccorso, quanto come trivalente. In quest’ultimo caso, due appaiono le costruzioni ammesse dalla norma: l’una, presentata come arcaica, prevede la saturazione del verbo mediante l’aggiunta al costrutto bivalente di un terzo argomento, introdotto dalla preposizione da, esprimente l’entità, animata o meno, dalla quale il soggetto difende l’oggetto diretto (si veda, appunto, il v. 89 del canto I dell’Inferno, estratto dalla celebre richiesta di aiuto da parte di un Dante intimorito dalla lupa, che lo aveva sospinto nella selva, a Virgilio: “Vedi la bestia, per cu’ io mi volsi: / aiutami da lei, famoso saggio, / ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi”); l’altra, quella circa la quale ci vengono chiesti lumi, invece, presenta, in aggiunta a soggetto e oggetto, la specificazione della situazione per la quale l’oggetto stesso necessita di ausilio. Tale argomento, come ben risulta anche dagli esempi rinvenibili nella voce, può avere forma sia nominale sia predicativa. Ora, se nel secondo caso la norma ammette che il verbo, di modo infinito, sia retto dalla preposizione semplice a (Simone ha aiutato il figlio a svolgere l’esercizio), come dalle articolate nel e nello (in + l’articolo determinativo maschile singolare richiesto dall’infinito nella sua veste sostantivata: “Simone ha aiutato il figlio nel fare [o nello svolgere] l’esercizio”), nel primo l’unica soluzione prevista dallo standard sarebbe quella dell’elemento nominale introdotto da in (“Simone ha aiutato il figlio in matematica”) o, più frequentemente, dalle sue forme articolate (“Simone ha aiutato il figlio nello svolgimento dell’esercizio”).

L’impiego di con di cui ci viene chiesto conto, invece, in un’espressione quale aiutare con i compiti, ad esempio, ha tutta l’aria di essere un calco sintattico dall’inglese, lingua che conosce una costruzione come to help someone with something [letteralmente, ‘aiutare qualcuno con qualcosa’], così glossata all’interno dell’Oxford English Dictionary: “to help him to attain to something, to aid in obtaining something” [‘aiutarlo nel portare a termine qualcosa, nell’ottenere qualcosa’; trad. mia]. Si riportano di seguito alcune delle attestazioni, tratte ancora dall’archivio del quotidiano “la Repubblica”, di aiutare impiegato come verbo trivalente e con introduttore della specificazione di ciò per cui l’oggetto necessita di soccorso, sottolineando, anzitutto, come la prima occorrenza, la più antica di “soggetto + aiutare + oggetto + con qualcosa” all’interno del detto corpus, sembri avvalorare l’ipotesi di un calco sintattico dall’inglese, lingua in cui si era certo espressa l’allora Consigliera per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America Condoleezza Rice, quindi come la costruzione, che si direbbe esser divenuta sempre più frequente nel nuovo millennio, ricorra spesso, nel campione di scritti preso in considerazione, in contesti di resa del parlato:

Ma le minacce di Al Qaeda non spingono gli Usa a una retromarcia. «Arafat non sta facendo il possibile per tenere a freno le frange dell’estremismo palestinese – aveva detto la Rice – non ci può aiutare con Al Qaeda e abbracciare Hezbollah o Hamas». Il no americano al faccia a faccia aveva suscitato reazioni negative nei paesi arabi, quelle che Bin Laden spera di acuire. Irritati in particolare i sauditi. (Arturo Zampaglione, Jihad per la Palestina, “la Repubblica”, 10/11/2001)

La nave da crociera attraccata a Yokohama, che la miopia delle autorità giapponesi ha trasformato nel più concentrato focolaio di Coronavirus dopo la città di Wuhan (ieri altri 79 casi, per un totale di 621 contagiati su 3.700 passeggeri), dovrà essere spostata in un altro porto quando tutti i turisti saranno scesi. “Io e altri colleghi abbiamo dato la disponibilità a restare per aiutare con le operazioni”, dice il 26 enne di Trieste, al suo terzo anno sui colossi galleggianti della Princess Cruises. (Fabio Tonacci, Coronavirus, l’ufficiale italiano della Diamond Princess: “I passeggeri ci ringraziavano passando biglietti sotto le porte”, “la Repubblica”, 19/2/2020)

La loro intenzione è «rendere questa modalità di aiuto diffusa, magari utile anche per aiutare con i compiti gli studenti che oggi non vanno a scuola. C’è diffidenza ma magari quella del virus è l’occasione per sviluppare rapporti solidali nel quartiere». (La “squadra solidarietà” per ora resta in panchina, “la Repubblica”, 10/3/2020)

Alle 6 e mezza di mercoledì ero in uno stato di trance, non potevo ritirarmi, era ora di andare. Ho chiesto a mia figlia di venire per aiutare con le valigie. Ci siamo fatte largo nel cortile della chiesa tra i volontari che impacchettavano cibo e medicine. (Alexandra e Sasha, fuggiti senza una valigia, “la Repubblica”, 12/3/2022)

E ancora, si considerino i due contesti sottostanti, tratti questa volta dal ColiWeb (Corpus della lingua italiana nel web). Ecco, si vede bene come la costruzione “soggetto + aiutare + oggetto + con qualcosa” abbia dalla sua, rispetto alle alternative, di cui si è detto, previste dalla norma italiana, il non secondario pregio dell’economicità. Senza voler ricorrere a opzioni predicative, infatti, sarebbe impossibile correggere aiutare con le […] piante e aiutare con gli animali con *aiutare nelle […] piante e *aiutare negli animali, giacché si imporrebbe il ricorso a una formulazione più corposa quale, ad esempio, aiutare nella cura delle […] piante (o degli animali).

Proviamo a prendere in esame i più comuni rimedi suggeriti dalla nonna per avere un bell’orto e un bel giardino, e cerchiamo di capire quanto questi suggerimenti ci possano o meno aiutare con le nostre piante. (post I rimedi della nonna, giardinaggio.it)

Se siete tipi da aria aperta, un soggiorno ad Artcroft potrebbe fare più al caso vostro. In una fattoria, con tanto di mandrie di bestiame, in Kentucky, scrittori e artisti si dovranno cimentare sia nella preparazione dei pasti e altre faccende casalinghe, sia nei programmi artistici di gruppo. Gli scrittori che vi soggiornano potranno inoltre aiutare con gli animali o in giardino, come pagamento per il soggiorno (post Dagli Usa alla Francia: viaggio tra le “residenze per scrittori”, illibraio.it, 2/4/2016)

Andrà considerato, inoltre, che l’imporsi del calco sintattico potrebbe esser stato favorito tanto dal possibile influsso di una struttura semanticamente antitetica rispetto a quella in questione, ma legittimata dallo stesso Sabatini-Coletti (s.v. problema), quale “avere un problema con qualcosa”, nella misura in cui avendo un problema con i compiti, con la famiglia o con il lavoro, ad esempio, si potrebbe essere indotti a chiedere di venir aiutati con i compiti, con la famiglia o con il lavoro, quanto dal frequente impiego della preposizione semplice con per introdurre, soprattutto in dipendenza dal riflessivo aiutarsi, il mezzo con cui, in una situazione di necessità, ci si dà da fare (donde aiutarsi con i piedi, con le mani, con la ragione), o comunque, con verbo di diatesi attiva, lo strumento adoperato per venire in soccorso di qualcuno, come ben risulta, ad esempio, dal contesto seguente, ricavato sempre dall’archivio del quotidiano “la Repubblica”:

“La Georgia è un paese indipendente e non ha accordi di protezione militare con la nostra Comunità”, ha dichiarato ieri dalla Finlandia il ministro della Difesa Graciov. “Noi non possiamo aiutare con interventi militari – ha detto ancora – giacché in tal caso altri paesi potrebbero pensare ad un’interferenza negli affari interni di quello Stato”. (Fiammetta Cucurnia, La Russia esclude interventi in Georgia, “la Repubblica”, 20/10/1993)

In ogni caso, diversamente dall’uso di vi condivido invece di condivido con voi – il cui sviluppo è da considerare tutto interno all’italiano, dato che il verbo inglese to share, corrispondente a condividere, se usato come trivalente, richiede l’espressione di ciò che si divide con qualcun altro in forma di oggetto diretto e della persona o del gruppo con cui si spartisce qualcosa in forma di argomento introdotto da with: to share something with someone [letteralmente, ‘condividere qualcosa con qualcuno’] – il costrutto aiutare qualcuno con qualcosa sembra dipendere soprattutto dall’influsso dell’inglese.

In conclusione, in assenza di una piena accettazione da parte della norma, e considerata la possibile polisemia dell’elemento introdotto dalla preposizione semplice con, in dipendenza da aiutare adoperato quale verbo trivalente, non ci resta che raccomandarvi, soprattutto nello scritto, che non può contare sul supporto della deissi, una certa cautela nell’uso di questa costruzione.

Sperando d’aver dissipato una serie di dubbi condividendo con voi questa risposta, rimaniamo a disposizione per venire incontro alle vostre ulteriori richieste…d’aiuto!

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