DOI 10.35948/2532-9006/2022.17740
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Nell’ultimo biennio, caratterizzato dalla pandemia di Covid-19, il lessico italiano, nel suo uso comune, ha visto un incremento di parole nuove, alcune di ambito medico, altre che riguardano gli aspetti sanitari e organizzativi (anche relativi alla campagna di vaccinazione) nonché politici, altre ancora che rispecchiano le conseguenze sociali e psicologiche che la pandemia ha inevitabilmente portato, fino a interessare addirittura la stessa relazione della persona con il suo aspetto fisico. Infatti uno degli effetti della pandemia è stato il contenimento delle relazioni interpersonali fisiche e reali, che sono state sostituite da quelle realizzate in modalità virtuale attraverso le videochiamate, la didattica a distanza e il lavoro agile (o smart working). Queste tipologie di comunicazione, nella maggior parte dei casi, prevedono un costante confronto con la propria immagine, la quale viene riflessa a specchio sul video, evidenziando pregi ma anche difetti fisici. Negli ultimi due anni, infatti, secondo alcune ricerche di mercato, l’industria cosmetica ha visto un vero e proprio incremento delle vendite legate alla cura della pelle del viso, nonché del trucco degli occhi. Anche l’uso delle mascherine ha cambiato la percezione e la cura del volto: da una parte, il trucco degli occhi, unico veicolo di espressività, è diventato fondamentale; dall’altra parte, l’attenzione per la pelle del viso si è resa necessaria per far fronte alle evidenti conseguenze estetiche dovute a un uso prolungato dei nuovi dispositivi di protezione (mascherine in primis, ma anche visiere), come ad esempio invecchiamento precoce dei tessuti cutanei, acne, sovrapproduzione di sebo, apertura dei pori e altri disagi. Per questi motivi, l’anglismo skincare (scritto anche skin care o skin-care) letteralmente ‘cura della pelle’, già presente in alcuni testi in lingua italiana nel primo decennio del XXI secolo, ha visto un incremento d’uso a partire da aprile-maggio del 2020, registrando un considerevole picco di occorrenze nell’ultimo anno: si tratta, in questo caso, di un vero e proprio rilancio.
In inglese, la parola skincare, composta da skin ‘pelle’ e care ‘attenzione, cura’, benché assente in alcuni dizionari, come ad esempio il Merriam-Webster (che è un dizionario che registra principalmente il lessico di origine statunitense, ma non solo), è registrata nell’OED come ‘The use of creams, lotions etc., to care for the skin’ (ossia ‘l’uso di creme, lozioni ecc., per la cura della pelle’ [traduz. mia]) e anche nel Cambridge Dictionary come ‘things that you do and use to keep your skin healthy and attractive’ (ossia ‘quello che si fa e si usa per rendere la propria pelle in salute e seducente’ [traduz. mia]). La prima attestazione riportata dall’OED risale al 1931 (sulla rivista “Vogue”) e dunque presumiamo che la parola, in inglese, abbia avuto origine agli inizi del XX secolo. Nell’ultimo decennio, forse anche grazie alla particolare attenzione rivolta alle innovative tecniche di cura della pelle messe a punto dalla Corea, la parola skincare ha visto un significativo incremento di occorrenze nei testi in lingua inglese.
In italiano la parola skincare (generalmente usata nella forma univerbata ma presente altresì in quella analitica skin care, anche con trattino) non è registrata in nessun dizionario della lingua italiana. Nonostante ciò, non si può ignorare la sua presenza rilevante nei testi in italiano: nelle pagine in italiano di Google (ricerca del 25/2/2022) “skincare” conta ben 6.050.000 risultati e “skin care” (che comprende anche le occorrenze della forma con trattino) ben 4.890.000 risultati. La forma analitica, meno presente nella lingua inglese, conta invece, in quella italiana, un numero non indifferente di occorrenze e questo fenomeno si può spiegare in due modi: anzitutto la traduzione in italiano si compone di due parole piene, autonome e separate, ossia cura della pelle (consideriamo la preposizione come parola grammaticale che in inglese di solito non è presente); poi, l’infiltrazione di altri composti inglesi, simili nella composizione ma analitici nella forma, induce il parlante italiano a dividere la parola nelle due parti che la compongono: basti pensare a body care, sun care e anche hair care (che presenta però, nelle pagine in italiano di Google, più occorrenze nella forma univerbata haircare, cfr. la tabella più avanti).
Le ricerche, quindi, sono sempre state condotte considerando le due forme della parola: skincare e skin care (anche con trattino). La prima attestazione del termine che si è riusciti a reperire risale al 2001 quando, in un’intervista a Donatella Versace pubblicata sul “Corriere della Sera”, la stilista parla di skin care (la parola viene enfatizzata a livello grafico con il corsivo, probabilmente perché considerata parola inglese non ancora entrata in italiano):
Nell’universo Versace ci sono anche gioielli e cosmetici. «E sono parte integrante del gruppo, seguiti con la stessa cura che dedichiamo all’abbigliamento. La scorsa settimana abbiamo cominciato la presentazione mondiale della nuova linea di bellezza skin care, sviluppata con tecnologie giapponesi. Per noi si tratta di prodotti di grande importanza, su cui puntiamo per offrire una gamma cosmetica». (Giusi Ferrè, «Coì la medusa tornerà a colpire», “Corriere della Sera” sez. CorrierEconomia, Moda Design & Business, 29/10/2001, p. 20)
Nel 2001, sempre sul “Corriere della Sera” compare il termine univerbato, senza enfasi grafica ma con lettera maiuscola, quasi come se fosse un marchionimo, o comunque un nome proprio:
Tutte le fragranze proposte da L’Occitane vengono dalle colline della Provenza: la lavanda, la verbena, gli agrumi, e tutti i fiori in generale. Tra i prodotti più particolari: la linea Skincare [...]. (Stefania K. Montanari, Le nuove vetrine di Brera, “Corriere della Sera”, 19/12/2001, p. 13)
In questi primi anni del Duemila, oltre alle più importanti aziende cosmetiche, i vari marchi di alta moda o quelli dedicati alla produzione di fragranze, profumi o prodotti per il trucco, cominciano a investire una parte del loro fatturato nella ricerca e, conseguentemente, nella produzione di cosmetici destinati a una cura più specifica e più mirata della pelle. Questa nuova tendenza, sicuramente influenzata dal successo e dalla crescente notorietà dei marchi coreani e orientali in campo cosmetico, diventa sempre più imponente tanto che alcune aziende inseriscono una vera e propria linea di prodotti dedicata allo/alla skincare (tratteremo la questione del genere più avanti insieme ad altri aspetti grammaticali): le aziende, immettendo questa gamma di cosmetici, usano sulla confezione l’etichetta “skincare” (o “skin care”), spesso scritto con la lettera iniziale maiuscola. Ad esempio, la conversazione aperta sul forum bellezza.alfemminile.com (da Zoe 2999877 del 28/4/2004) reca il titolo Dolomia skin care...chi la conosce?: sembrerebbe che l’autrice del commento riporti fedelmente il nome del prodotto sul quale vorrebbe i pareri degli utenti. Altre testimonianze reperite all’interno dello stesso forum nei due anni successivi, confermano questa tendenza:
Ho provato dievrse [sic] cose della linea skincare tra cui l’idratante Hydramax e il contorno occhi! (commento di giada_10981494 sul forum bellezza.alfemminile.com del 14/10/2005)
ho 30 anni e una pelle sensibile da normale a mista. cerco una ottima crema idratante e la commessa della profumeria mi ha detto di prendere o la crema “clarins desalterant” x tutti i tipi di pelle o la “shiseido the skincare” da giorno con protezione solare [...]. (commento di an0N_1109652499z sul forum bellezza.alfemminile.com del 1/4/2006)
Anche i quotidiani riportano fedelmente le etichette o le diciture usate dalle aziende cosmetiche sui loro prodotti:
Molte sono vere e proprie medical-spa chains, catene mediche specializzate in bellezza come «Dermacare Laser and Skin Care Clinics». (Alessandra Farkas, Usa, soldi facili con il mercato della bellezza, corriere.it, 30/10/2006)
Accanto a questi esempi, in cui la parola sembrerebbe far parte integrante di un marchionimo, dunque di nome proprio (rivelando una scelta di mercato e pubblicitaria ben precisa), il termine comincia, fin dal 2005, a essere inserito anche in una testualità più complessa riferendosi a un segmento/settore produttivo. La prima attestazione sulla “Repubblica” risale al 2006 all’interno di una nota del redattore:
Nonostante le difficoltà del settore Ferrari però rilancia: fra le prossime sfide di Intercos ci sarà l’ingresso nel mondo dello skin care e in quello della colorazione dei capelli. (Daniela Fabbri, Anche profumi e rossetti in cerca del prezzo scontato, “Corriere della Sera”, sez. CorrierEconomia, Moda Design & Business, 24/1/2005, p. 20)
Quello della cosmetica è ormai diventato un settore maturo e un segmento in cui opera intercos, quello del make up (gli altri sono skin care e fragrance, ndr), è uno dei più difficili, con un prodotto che è il più complesso sia dal punto di vista tecnico che del marketing. (Marcella Gabbiano, Intercos fa il trucco alle firme della cosmetica, repubblica.it, 13/2/2006)
Sempre riferendosi al segmento produttivo, nel 2007 le attestazioni sui quotidiani, specialmente sulla “Repubblica”, subiscono un forte incremento, in relazione all’investimento che l’azienda “Bulgari” fa nel settore della cura della pelle. Inoltre l’Associazione Italiana delle Imprese Cosmetiche pubblica uno studio che rileva come il settore relativo allo/alla skincare abbia subito una forte crescita produttiva in termini economici (in questa analisi l’Associazione analizza la situazione ucraina):
Il terzo segmento leader è lo Skin Care (in particolare prodotti viso e anti età), che ricopre una quota pari a $ 356,6 mln. Rispetto al 2005 lo skin care in Ucraina è cresciuto nella misura del 28%, ossia di $ 100 mln. [...] I prezzi di make-up e skin care hanno subito un aumento, se si pensa che a livello economico c’è stato un aumento del 42% delle importazioni, ma solo del 9% in termini di peso volumetrico. (Il settore della Cosmesi in Ucraina, a cura del Centro Studi e Cultura d’Impresa, UNIPRO – Associazione Italiana delle Imprese Cosmetiche, 13/12/2007)
Durante il 2008, come vedremo più avanti, la parola non sembra avere lo stesso impulso di crescita che aveva subìto gli anni precedenti: c’è una leggera flessione, anche sui quotidiani. La parola ricomincia a circolare maggiormente durante il 2009 quando, accanto a “Versace” e “Bulgari”, anche “Armani”, “Pupa” e molte altre aziende inaugurano una linea di prodotti dedicati alla cura della pelle. Le attestazioni fuori dei quotidiani cominciano ad essere più numerose, a volte con enfasi grafica, a volte senza:
Linee di trattamento professionale accompagnano una linea di Skin care dedicata alle donne che prestano attenzione alla salute della propria pelle. Fondotinta compatti, in polvere e in crema, correttori, fard, ciprie, mascara, ombretti, matite, rossetti, smalti e accessori come pennelli, temperini, spugnette e applicatori. La linea Skin care propone invece prodotti per detergere, idratare e purificare la pelle. (Gianni Puglisi, Kiko, il make up made in Italy, negozidiroma.com, 6/11/2009)
Negli anni successivi si uniscono alle precedenti anche le aziende “L’Oréal”, “Davines” e altre ancora che fanno tutte riferimento a un modello giapponese (e, di riflesso, coreano): l’azienda leader nella ricerca e creazione di prodotti innovativi per la cura della pelle, ossia “Shiseido”. È importante citare “Shiseido” perché gli articoli di giornale, le ricerche di mercato condotte in Italia e le aziende cosmetiche stesse, utilizzano spesso la parola skincare facendo riferimento (fino ad oggi) a questa azienda, tant’è che recentemente si è anche parlato di skincare digital o skincare app, ossia un’applicazione, messa appunto per la prima volta da “Shiseido” che, dopo aver scansionato la pelle attraverso la telecamera dello smartphone, permette di individuare i prodotti mirati alla cura della propria varietà di pelle. Questa tipologia di applicazioni, perfezionata recentemente, permetterebbe attraverso un approccio più medico e meno estetico, di diagnosticare precocemente i tumori della pelle e pertanto prevenirli e curarli in tempo. Nel 2010 il termine comincia a comparire su “Accademia 33”, sempre con il significato che si riferisce al settore produttivo, la rivista dell’Associazione Italiana Imprese Cosmetiche, accanto a body care e haircare:
La parte più incisiva è rappresentata da skin e body care (43,8%), seguono haircare (29,5), make-up (21,8%), profumeria (0,3%) e altri settori (4,6%). [...] Le preferenze di prodotto vanno allo skincare con specifiche funzioni (sbiancanti, anti-ageing, lifting, trattamento pelli impure); ai prodotti naturali e organici; ai cosmetici formulati da dottori; alle SPA, ai prodotti di base per make-up (fondotinta, ombretti); ai cosmetici per la cura dei piedi; ai prodotti con schermi solari; ai deodoranti; non è molto consueto in Giappone, invece, indossare profumi. (Corinna Parisi, 17/19 Maggio 2010: Unipro nel Sol Levante, “Accademia 33” 3(5), 5/2010, p. 2)
Nel 2013 esce il primo Skin Care Master Sephora by Lancôme che viene documentato in tutti i suoi passaggi dal giornale “Grazia”:
Grazia.it ha seguito anche l’ultima giornata dedicata agli Skin Care Master 2013 Sephora by Lancôme. [...] La giornata è continuata all’interno della stanza del make up, dove gli esperti Sephora hanno seguito i seminari dedicati allo skin care. [...] Allega una tua foto in primo piano e una domanda che vorresti fare a un esperto di skin care. (Loretta Fossati, Skin care master 2013 Sephora by Lancôme: le origini di Lancôme attraverso i suoi profumi iconici, grazia.it, 19/7/2013)
Il termine continua ad essere impiegato con molta frequenza sui quotidiani nelle sezioni dedicate al benessere e alla salute e nel 2014 viene usato per la prima volta dalla blogger di trucco Clio Zammatteo, nota come Clio Make up, con il genere femminile. In questo caso il termine si svincola dal significato relativo alla linea di prodotti o di ‘settore produttivo’ e assume quello di ‘cura della pelle’:
Vista l’accoglienza che avete riservato ai vari post sugli errori più comuni che ho pubblicato nelle scorse settimane (qui trovate quelli nel makeup e nello styling dei capelli), oggi ho deciso di andare a scovare quelli della skincare, che rischiano di compromettere non la solo la bellezza della nostra pelle ma anche la sua salute. (I 10 Errori Più Comuni Della Skincare Routine, blog.cliomakeup.com del 2/11/2014)
In questo stesso anno notiamo un considerevole incremento d’uso della parola, destinato poi a crescere in maniera costante negli anni successivi (nel 2015 il settore arriva a coinvolgere anche la fetta di mercato maschile), almeno fino al 2017-2018, anni in cui notiamo un’ulteriore crescita del numero delle attestazioni. Nel 2020 e 2021, come dicevamo, le attestazioni di skincare per designare un vero e proprio rituale di bellezza alla portata di tutti, superano quelle della parola con il significato che si riferisce al settore produttivo, per lo più della cosmetica “di lusso”. Se, fino alle soglie di questi anni, gli articoli che parlavano di skincare riguardavano la descrizione di linee di prodotti, di innovazioni aziendali e di nuovi settori di consumo (come quello anti-età o quello maschile), ora, invece, si concentrano maggiormente su una pratica raccomandata a ogni individuo a beneficio della salute della propria pelle. La pandemia ha sicuramente agevolato questo “scatto” semantico facendo fuoriuscire definitivamente la parola dall’ambito specialistico della cosmesi (e dell’economia), introducendolo in quello di uso comune. Come la cura del corpo (body care), come quella dei capelli (haircare) e quella della pelle al sole (sun care), ancor più lo/la skincare si struttura in un rituale di bellezza “codificato”, in un vero e proprio decalogo da seguire e da trasmettere nel tempo. Blog, commenti sui forum e sui social spesso si focalizzano sulla descrizione dei vari passaggi di cui si compone il rituale dedicato alla cura personale della pelle (non solo del viso ma anche, seppur sporadicamente, delle mani, del cuoio capelluto, ecc.):
La mia skin care era composta da tanti step. (The Optimistic Apple, Skin care senza plastica, minimal e con prodotti naturali, vanityfair.it, 10/6/2020)
Quali sono gli step per un corretto skin care delle mani? [...] Allo skin care delle mani non prestiamo purtroppo la stessa attenzione che abbiamo per il viso: eppure, pensandoci bene, anche le mani sono il nostro “biglietto da visita”. [...] Anche per la pelle delle mani ci vuole uno skin care quotidiano, così come per quella del viso. [...] Gli step per un corretto skin care quotidiano si possono riassumere in tre punti [...]. (Lo skin care quotidiano delle mani, centrimediciradiesse.it, 2020)
Le ricerche di mercato sottolineano questa impennata d’uso dei prodotti dedicati alla cura della pelle nel quotidiano durante gli anni della pandemia, caratterizzata, invece, in moltissimi altri settori, da una flessione in negativo dei consumi:
E al trucco non si rinuncia neanche in tempo di quarantena: nell’ultimo mese i prodotti per lo skincare hanno subito una impennata di vendite del 50% rispetto allo stesso periodo [...]. (Agnese Ferrara, Pannelli e fondotinta, conservali bene. E non usare prodotti scaduti, repubblica.it, sez. Salute, 21/4/2020)
In un’indagine di ricerca sui consumatori, FOREO ha anche notato che per tutta la durata della situazione Covid il 96,5% preferirebbe investire nella skincare piuttosto che nel makeup e quasi il 40% di loro stava facendo incetta dei propri prodotti preferiti per la cura della pelle per paura di ulteriori blocchi. (Monica Rubino, Foreo, il gigante svedese della skintech: la rivoluzione della pulizia del viso passa dallo smartphone, repubblica.it, sez. Economia, 20/6/2020)
Oltre allo skincare hanno performato bene anche le vendite online e in Asia (+35%), come spiega Fabrizio Freda, presidente e ceo di The Estée Lauder Companies: «Siamo orgogliosi di essere tornati a crescere nel nostro secondo trimestre, prima del previsto, a dimostrazione dell’efficacia nel tempo dei nostri molteplici motori strategici di crescita come skincare, profumi, l’area Asia/Pacifico, il travel retail in Asia e l’e-commerce globale che ci hanno permesso di continuare a crescere nonostante la pandemia. (Marika Gervasio, Lo skincare traina la crescita di The Estée Lauder Companies, ilsole24ore.it, 8/2/2021)
In questi anni si vede affiorare, nei testi in italiano, un sintagma fisso mutuato integralmente dall’inglese composto dal termine in questione: skincare routine (241.000 risultati nelle pagine in italiano di Google per “skincare routine”, 62.000 per “skin care routine”). Risalgono al 2017 le prime attestazioni del sintagma (la prima sul sito di Clio Make Up), le quali diventano sempre più numerose nel biennio 2020-2021 (le occorrenze da 800 nel 2019, salgono a 2.377 nel 2020 e 3.340 nel 2021). Esistono esempi occasionali in cui viene usata la forma italianizzata sintatticamente che prevede l’anteposizione del determinato (routine di skincare), ma viene di gran lunga preferito skincare routine (a volte abbreviato anche in skin routine) che presenta sempre il genere femminile:
Le giornate iniziano sempre con una bella doccia tonificante: la skin care routine non può quindi prescindere da un detergente corpo che va scelto ovviamente a seconda della propria tipologia cutanea. (Skin routine: scopri come prenderti cura la pelle di ogni giorno, cerave.it, 2020)
Ma dei capelli nel 2022 si parlerà sempre di più, non solo per idee di taglio e acconciatura: la cura del cuoio capelluto o scalp care diventerà un’abitudine fissa della propria skincare routine. (Martina Manfredi, Dal make-up gioiello agli sport per pigri: le tendenze beauty e benessere del 2022, repubblica.it, sez. D, 15/12/2021)
Ultimamente la parola skincare viene usata anche all’interno di un altro sintagma fisso, integralmente prelevato dall’inglese, skincare cocktailing, di genere maschile, con cui si indica la pratica di mescolare prodotti di diverse marche, consistenze e dalle funzioni più disparate per creare una miscela da applicare sulla pelle (4.810 r. nelle pagine in italiano di Google per la forma “skincare cocktailing”, nessuna per quella con “skin care”).
Passiamo ora ad alcune questioni grammaticali. Anzitutto la parola skincare viene usata spesso in funzione aggettivale, o sul modello dell’inglese con omissione della preposizione: linea skincare, prodotti skincare. Bisogna specificare che quest’uso prevale nei testi in cui vengono descritte le produzioni e le innovazioni delle aziende cosmetiche (spesso di lusso) e rispecchia il linguaggio di marketing che di solito viene impiegato nell’“aziendalese”.
Per quanto riguarda invece il genere grammaticale, la situazione non è ben definita visto che sono attestati sia il maschile sia il femminile. Come abbiamo avuto modo di leggere nella maggior parte delle citazioni riportate, il genere che sembrerebbe prevalere è quello maschile. Effettuando una ricerca mirata (attraverso la selezione degli articoli) nelle pagine in italiano di Google per “skincare” (e varianti) così per altri composti simili formati con care, vediamo che il genere maschile prevale (le ricerche sul genere sono state impossibili per haircare che presenta 1.900.000 occorrenze nella forma univerbata e 1.100.000 in quella analitica):
Nella tabella, però, va sottolineato che la forma “skin care” conta più occorrenze al femminile che al maschile. E questo dato non va sottovalutato se si considerano le attestazioni di “skincare” e “skin care” anno per anno: dal 2005 al 2022, per ogni singolo anno, le attestazioni sia di “skincare” sia di “skin care” al femminile (ricerca ottenuta inserendo nella stringa l’articolo determinativo “la” e quello indeterminativo “una”) superano di gran lunga le attestazioni al maschile (ottenute aggiungendo “lo” e “uno”). Sicuramente, considerando come avviene l’assegnazione del genere grammaticale in italiano per i forestierismi (cfr. la consulenza di Raffaella Setti), il maschile è presente in maniera considerevole, sia perché è il genere di default in italiano, sia perché spesso si fa riferimento al settore/segmento produttivo oppure perché, recentemente, si sottintende rituale o trattamento. Il femminile, come abbiamo visto, comincia ad affiorare quando la parola designa più sistematicamente l’insieme delle pratiche relative alla cura della pelle, ossia quando si riferisce a cura, pulizia o sottintende routine, cioè parole di genere femminile.
Il genere femminile, effettivamente, risulta essere quello preferito all’interno dei siti “smistati” da Google nonché sui blog, come ad esempio quello, seguitissimo, di Clio Make Up citato precedentemente:
Inutile dirlo, il make up e la skin care sono importanti per noi donne ma sono tanti i falsi miti che bisogna eliminare una volta per tutte. [...] se è vero che nel trucco e nella skin care non è esistono [sic] regole prestabilite e le novità sono sempre dietro l’angolo, è appurato che la tradizione e l’abitudine sono aspetti importanti della cura che si ha della propria pelle [...]. (10 falsi miti da sfatare sulla skin care e sul trucco, bigodino.it, 17/2/2015)
Una corretta skin care farà si [sic] che il trucco risulterà più luminoso, meno pesante e durerà anche di più. [...] Come eseguire una skin care perfetta by night. [...] Invece, magari, è solo la scelta sbagliata e il modo scorretto in cui viene applicato il prodotto a non far funzionare bene la skin care. (post sul blog likemakeup.it del 12/10/2017)
Non parliamo per adesso di pelle giovane o con problemi di acne – che certo vanno trattati a livello dermatologico -, ma capiamo insieme invece come ottenere un bell’incarnato attraverso la skin care per pelle mista, che è forse la tipologia più diffusa. (Come prendersi cura della pelle mista: la skin care perfetta in 5 mosse, feelyourlook.com, 25/7/2019)
Prevale il genere femminile anche sui giornali dedicati alla bellezza e alla moda come “Grazia”, “Elle” e “Vanity Fair”:
Scoprite i 10 step della skin care coreana e i prodotti must have per seguirla senza fatica. (Laura Elena Fusè, Serena D’Angelo, Skin care coreana: la beauty routine orientale per una pelle splendente, grazia.it, 16/1/2018)
In alcuni casi maschile e femminile si alternano in uno stesso testo:
Cos’è lo Skin Care e come farlo in modo corretto, senza commettere errori che potrebbero danneggiare la pelle del viso. La perfetta skincare? E’[sic] il sogno di ogni donna! [...] Spesso si commettono degli errori, più o meno comuni, dovuti a cattive abitudini o falsi miti che compromettono una buona skin care. (Francesca, Skin care: cos’è e come farlo senza commettere errori, caracallacomestici.com, 14/11/2019)
La pratica della skin care viene spesso sottovalutata e, un po’ per mancanza di tempo e/o pigrizia, si tende sempre più spesso a non farla. [...] Prima di tutto va ricordato che la skin care va eseguita 2 volte al giorno: la mattina, appena svegli, e la sera, prima di coricarsi. (Cos’è lo skin care, come si esegue e quali prodotti usare per prendersi cura di ogni tipo di pelle: grassa, secca, delicata e normale, portalebenessere.com, 28/11/2019)
Anche sui social, la situazione è di sostanziale equilibrio e non si nota un genere prevalente, neanche tra le generazioni più giovani: c’è chi preferisce il maschile e chi il femminile:
Come se struccarsi (cioè fare lo skincare) non fosse già abbastanza un secondo lavoro. (tweet di @agoleso del 5/2/2022)
la skincare la faccio in qualsiasi situazione, anche se sto per morire collassato (tweet di @giusesuig del 27/2/2022)
Situazione simile per quanto riguarda i libri (da citare il volume di Marilisa Franchini, Verità e falsi miti. Un manuale per organizzare la propria skincare in modo semplice ma scientifico, Milano, Red Edizioni, 2002). Sui quotidiani, invece, nonché sui siti specialistici che si occupano di cosmetica come quello dell’Associazione Nazionale Imprese Cosmetiche, il genere usato in maniera categorica è il maschile. Le sporadiche occorrenze del femminile sui quotidiani riguardano gli ultimi due anni, forse per influenza di skincare routine. Sicuramente ha inciso il fatto che in ambito specialistico cosmetico e di marketing, skincare si riferisce a un settore di produzione (assumendo quindi prevalentemente il maschile). Rimane comunque un’incertezza di fondo che in questo articolo non si può pretendere di risolvere: l’osservazione dell’evoluzione del termine sicuramente ci darà risposte più certe.