Consulenza linguistica

Mordere vs morsicare

  • Emanuele Banfi
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2024.32235

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Copyright: © 2024 Accademia della Crusca


Quesito:

Alcune lettrici e alcuni lettori, distribuite e distribuiti variamente nello spazio linguistico italiano – Luca S. (Roma), Giacomo G. (San Biagio, Frosinone), Simona C. (Camposampiero, Padova), Alessandro P. (Treviolo, Bergamo), Flora T. (Bisceglie, Barletta-Andria-Trani), Daniela Paola M. (Calcio, Bergamo), Chiara P. (Torino), Antonella M. (Solesino, Padova), Claudia R. (Cesenatico, Forlì-Cesena), Roberta D’A. (Musile di Piave, Venezia) –, chiedono se mordere e morsicare siano davvero sinonimi e se si debba dire/scrivere morso o morsicato, ed eventualmente in quali contesti.

Mordere vs morsicare

Domande tutte interessanti per la cui risposta è opportuno, innanzi tutto, rinviare (§ 1. e 1.1.a, 1.1.b) a due forme verbali del latino – mordēre e morsicāre – delle quali si ricostruirà (§ 2.) a grandi linee l’origine (con riscontri importanti in lingue diverse del quadro indeuropeo); quindi, dei due singoli verbi italiani – mordere e morsicare –, si indicheranno (§§ 3. e 3.1, 3.2.), oltre che attestazioni d’ordine storico-linguistico, i principali usi nell’italiano moderno e contemporaneo. Sulla base di tali dati si darà (§ 4.) una risposta, (auspicabilmente e sufficientemente) motivata, ai dubbi esposti da cortesi lettrici e lettori.

1. I verbi italiani mordere e morsicare continuano due forme verbali latine – rispettivamente mordēre e morsicāre – attestate, in contesti e in tempi diversi, nel grande fiume della latinità linguistica.

La ricostruita forma *mordĕre (con ĕ breve, supposta oltre che dall’italiano mordere anche da altre lingue e varietà romanze: logudorese mórdere, engadinese mórder, fr. mordre, catalano/spagnolo/portoghese mórder), è rifatta per analogia con tondĕre ‘tosare, rasare’ e spernĕre ‘rifiutare, disprezzare’.

1.1.a. Quale verbo transitivo della seconda coniugazione, lat. mordeō (momordī [ma anche, più raramente, morsī], morsum, mordēre) ricorre, a partire dall’età classica, in varie accezioni:

  • ‘mordere, masticare, mangiare, rodere’ (Cicerone, Pro Roscio Amerino, 57: canes mordere possunt ‘i cani possono mordere’; Virgilio, XI, 376: humum semel ore momordit (detto di un caduto in battaglia) ‘una volta per sempre morse la polvere’; Plinio, Hist. Nat. 37, 2: prout quaeque mulceri morderive opus sit ‘a seconda che occorrano lenitivi o eccitanti’;
  • ‘tenere saldamente stretto, allacciare, legare’ (Virgilio, Aen. XII, 274: laterum iuncturas fibula mordet ‘una fibbia allaccia e congiunge le due estremità’; anche in senso figurato: Seneca, Epistulae, IX, 29: hoc tene, hoc morde ‘tieni ben fermo in mente questo’);
  • ‘pungere, danneggiare, fare male a qualcuno’ (Orazio, Sermones, I - Satyrae, VI, 45: matutina parum cautos iam frigora mordent ‘il freddo del mattino è già pungente per chi non si copre bene’;
  • ‘pungere a parole, offendere’ (Terenzio, Eunuchus, 411: morderi dictis ‘essere attaccato con insinuazioni maligne’; Ovidio, Tristia IV, X, 204: iniquo dente momordit opus ‘attaccò l’opera con ingiuste critiche’);
  • ‘tormentare, addolorare, angosciare’ (Cicerone, ad Atticum 13, 12, 1: scribis morderi te quod non simul sis ‘scrivi che ti dispiace di non essere al mio fianco’).

1.1.b. Quale verbo transitivo della prima coniugazione, morsicō (morsicō, morsicāre – probabile retroformazione su *morsa ‘morso’ < morsus part.pass. < mordeō) – più rare ne sono le varianti mordicō / morditō –, risulta attestato dalla tarda latinità quale intensivo di mordeō (Apuleio, Met. 2,10: morsicantibus oculis ‘con occhiate assassine’): il suo valore iniziale, in quanto intensivo, era ‘morsicchiare’ e poi ha via via assunto il valore generico di ‘mordere’.

La variante mordicō è attestata nella latinità tarda da Celio Aureliano (sec. V) come termine medico (Celio Aur., De morbis acutis et chronicis, 2: est acerrimae atque mordicantis qualitatis ‘è di qualità assai aspra e mordente’), ed è rifatta per analogia con vellicō, -āre ‘pizzicare, stimolare, tormentare’, intensivo di vellĕre ‘strappare’.

In ambito italo-romanzo, il lat. morsicāre continua nel veronese-trentino mozegár, logudorese mossigáre, friulano smorseá; e, al di fuori dell’area italo-romanza, nel catalano e provenzale mossegár e nel romeno mușcă nel valore generico di ‘morsicare’.

2. Quanto all’origine dei lat. mordēre e morsicāre, va detto che nel macro-spazio indeuropeo non esiste una radice comune indicante la nozione di ‘mordere’: comunque, da una radice i.e. *(s)merd- / *(s)mord- – attraverso una forma *(s)mord-éjō (ricostruibile per il tramite del confronto con scr. mard-aya-ti (sanscrito vedico mrad-aya-ti ‘stritolare/macinare’) e avestico marěd- ‘annientare, sterminare’ –, si ha l’esito di lat. mordēre.

La medesima radice *(s)merd- / *(s)mord- ricorre per altro anche nel gr. σμερδνός / smerdnós ‘impressionante, spaventoso’, σμερδαλέος / smerdaléos ‘logorante, estenuante’, ἀμέρδειν / amérdein ‘ingannare/affascinare/incantare’ > ‘derubare, rapinare’; in anglosassone smeort-an, nederlandese smarten ‘dolori’, antico alto tedesco. schmerz-an, tedesco schmerz-en (tr. e intr.) ‘dolere, fare male [a qlcu.]’; in inglese smart ‘mordente, pungente’ > ‘mordace’ > ‘spiritoso’; e anche, da una forma i.e. *smer[u]dā > lat. merda ‘sudiciume, immondizia; escremento’.

Il valore primario della radice i.e. *(s)merd- / *(s)mord- era ‘puzzare, avere cattivo odore’: tale valore appare ben conservato in ambiente balto-slavo: cfr. antico slavo smaradъ ‘puzzo, cattivo odore’ > ‘sudiciume, sporcizia’, lituano smardas, lett. smòrds ‘cattivo odore, puzzo’, lituano smierdëti, lettone smìrsti ‘puzzare’, antico bulgaro smrŭděti ‘puzzare’, russo smerdet’ ‘puzzare’. Quindi, muovendo dalla nozione di ‘colpire il senso dell’odorato (e poi, per traslato, i sensi in generale)’, si spiegano i successivi semantismi di ‘colpire’ > ‘soffrire/fare soffrire’ e di ‘impressionare’ > ‘affascinare’.

3. Vediamo ora qualche attestazione relativa ai diversi semantismi dell’it. mordere.

3.1. In italiano i valori semantici di mordere (verbo bivalente transitivo) sono molteplici:

  • ‘Stringere, serrare, tagliare, incidere, lacerare coi denti’; ‘afferrare con forza tra le fauci, addentare, morsicare (in riferimento ad animali e a persone, per offendere, ferire, aggredire, oppure per prendere il cibo, per nutrirsene’. Anche ‘mangiare voracemente, sbranare’. Tali valori sono ben attestati già nell’italiano antico: “Qual è quel cane ch’abbaiando agogna /e si racqueta poi che il pasto morde / che solo a divorarlo intende e pugna / cotai si fecer quelle facce lorde / de lo demonio Cerbero” (Dante, , 6, 29); “Quando vide noi, se stesso morse / sì come quei cui l’ira dentro fiacca” (Dante, Inf., 12, 14); “L’un e l’altro fianco / de la fera gentil mordean sì forte / che ’n poco tempo la menaro al passo…” (Francesco Petrarca, Rime, canzone XXIV, vv. 7, 8).
  • In senso assoluto: “Due ombre smorte e nude / … mordendo correvan di quel modo / che ’l porco quando dal porcil si schiude” (Dante, Inf., 30, 26).
  • Quale sostantivo: “Da ogne bocca dirompea co’ denti / un peccatore, a guisa di maciulla, / sì che tre ne facea così dolenti, / A quei dinanzi il mordere era nulla / verso ’l graffiar, che tal volta la schiena / rimanea de la pelle tutta brulla” (Dante, Inf., 34, 58).
  • ‘Fare presa aderendo saldamente, in particolare fare presa sul fondo (detto di un’ancora)’: “Ferrea è la curva falce e ferrea morde / l’ancora il lido” (Francesco Algarotti, Opere, per Lorenzo Manini, Cremona, 1778-1784, v. IX, p. 60).
  • ‘Provocare viva sensazione di freddo o di caldo’: “Il fresco della mattina … ti morde con un brivido gentile” (Francesco Algarotti, Opere cit, vol. VII, p. 19); “In quei giorni il freddo cominciava a mordere” (Edmondo De Amicis, La carrozza di tutti, Milano, Treves, 1920 [18991], p. 412); “Guardati da quel sole che morde, percuote e arrostisce” (Bruno Barilli, Il sole in trappola, Firenze, Sansoni, 1943 [19411], p. 153).
  • ‘Tormentare fisicamente, fare male, nuocere (anche assoluto)’: “Più non si va, se pria non morde, / anime sante, / il foco: intrate in esso, / e al cantar di là non siate sorde” (Dante, , 27,10); “I dolori si accavallano, mordono come serpenti” (Carlo Emilio Gadda, Giornale di guerra e di prigionia, Torino, Einaudi, 1965 [19551], p. 285).
  • In senso figurato mordere acquista il valore di ‘turbare profondamente, commuovere, affliggere, angustiare, tormentare, perseguitare; preoccupare vivamente, assillare, crucciare’: “Non fe’ motto a noi; ma fe’ sembiante / d’uomo cui altra cura stringa e morda / che quella di colui che li è davante” (Dante, Inf., 9, 102); “La qual alquanto nel viso mirando, / sentì ch’Amor per lei il cor li morse” (Giovanni Boccaccio, Ameto del Boccaccio (commedia delle Ninfe fiorentine), Firenze, eredi di Filippo de Giunta, 1521, p. 226); “Lo morse la vergogna d’esser poi ripreso e tirato giù per un orecchio dal treno come un ragazzino” (Luigi Pirandello, Novelle per un anno, Milano, Mondadori, 1958, vol. II, p. 1157); “[…] io t’assomiglio un satiro cui morse / il desiderio di te fuggitiva” (Umberto Saba, Il canzoniere, Torino, Einaudi, 1957 [19211], p. 219).
  • Sempre in senso figurato mordere vale ‘criticare aspramente, biasimare, rimproverare; schernire, satireggiare; ingiuriare, insultare con tono di superiorità e di spregio altezzoso’: “Una medesma lingua pria mi morse, / sì che mi tinse l’una e l’altra guancia” (Dante, Inf., 31, 1); “Varie lettere […] mi mordeano non poco su le stampate tragedie” (Vittorio Alfieri, Vita scritta da esso [1790-1803], a cura di Luigi Fassò, Asti, Casa d’Alfieri, 1951, p. 238).
  • E, anche, ‘assalire, aggredire’: “Quando il dente longobardo morse / la Santa Chiesa, sotto le sue ali / Carlo Magno, vincendo, la soccorse” (Dante, Par., 6, 94);
  • ‘godere, assaporare’: “Egli desiderava né più né meno che mordere la ‘polpa del mondo’” (Vitaliano Brancati, Il vecchio con gli stivali, Milano, Bompiani, 1958 [19451], p. 191);
  • ‘far presa sulle cose, agirvi efficacemente, impegnarsi concretamente’: “[…] e bada che spesso la troppa lima morde sul vivo e fa più male che bene” (Vincenzo Monti, Epistolario, a cura di Alfonso Bertoldi, 6 voll., Firenze, Le Monnier, 1928-1931, vol. V, 1930, p. 219);
  • ‘avere effetti gravi, conseguenze pesanti’: “I grandi hôtels sui ‘boulevards’, i tronfi Casinos stile Garnier […] sono muti, deserti. La crisi ha morso a buono anche nella vita di questi Eldoradi internazionali” (Carlo Linati, A vento e sole, Torino, Soc. Subalpina Editrice, 1939, p. 206).

Il verbo mordere ricorre anche in numerose locuzioni: dare da mordere ‘fornire materiale per pettegolezzi’; mordere come la pecora e non come il cane: ‘satireggiare in modo gentile, non offensivo’; mordere la terra, la polvere, il fango, il suolo ‘soccombere in un combattimento (anche in modo disonorevole)’; mordersi la lingua, le dita, le labbra, le mani, le unghie ‘per esprimere disagio, scontento, irritazione, inquietudine’.

    3.2. Il verbo morsicare (verbo bivalente transitivo; in italiano antico ne ricorrono anche le varianti morcecare / morsecare; in romanesco antico è attestato anche moccecare; in romano, oggi, è diffuso anche mozzicare, probabile incrocio tra mozzare e morsicare) deriva – quale voce di area settentrionale e sarda – da un lat. volg. tardo morsicāre ‘morsicchiare’ a sua volta derivato da morsus, part. pass. di mordēre. Quale verbo transitivo, molteplici i suoi valori semantici:

    • ‘afferrare con forza fra i denti, affondandoli una o più volte; mordere, azzannare (per lo più è riferito ad animali, in particolare feroci e nocivi)’: “Se ffosse papa, voli cardinale […] da li serpenti tuct’è morcecato” (Laudario Urbinate [seconda metà del sec. XIII], in Jacopone e il Laudario Urbinate, a cura di Rosanna Bettarini, Firenze, Sansoni, 1969, p. 517); “Lo serpente lo livrier ebe morsegato / e quelo de la piaga grande dolor portava” (Storia di Stefano [fine del sec. XIV], a cura di Pio Rajna, Bologna, Gaetano Romagnoli, 1880, c. II, ottava 10); “Se uno è morsicato da un cane e gli dà un calcio, novantanove per cento pigliano le parti del cane” (Giosue Carducci, Opere, 30 voll., Bologna, Zanichelli, 1950 e seguenti, vol. XXIV 1961, Confessioni e battaglie [1861-1901], p. 277); “Ieri il mio ragazzo è stato morsicato alla mano da un puledro; e la mano si è gonfiata” (Grazia Deledda, Il Dio dei viventi [1922], in Romanzi e novelle, 5 voll., Milano, 1954-1969, vol. III, p. 260);
    • ‘irritare (la pelle)’: “De l’onferno aricastela esta vesta penosa / tesséola lo diavolo de pili de spinosa; / enne pelo me mòrcea como vespa artigliosa” (Jacopone da Todi, Laude, a cura di Franco Mancini, Bari, Laterza, 1974, VII, v. 31, p. 30);
    • ‘criticare aspramente, fare oggetto di maldicenze’: “La bocca di’ aver clusa e la lengua affrenata … perciò c’ha costumanza de molto morcecare” (Laudario Urbinate, cit., p. 62); “Egli si trovò lasciato d’un canto, vedendo i galloni e gli spallacci d’oro luccicare addosso a tutti coloro che egli aveva fuggiti e morsicati per l’addietro” (Giuseppe Giusti, Memorie inedite, a cura di Ferdinando Martini, Milano, Treves, 1890, p. 130);
    • nell’italiano antico morcecare (variante di morsicare) ricorre nel valore assoluto di ‘dare morsi (o un morso)’: “Recordo come ogie […] avendo morcecato uno cane guasto ad uno garzoncello” (Tommaso di Silvestro, Diario, dal Codice Vaticano Urbinate 1745 [aa. 1482-1514], in Ephemerides Urbevetanae, a cura di Luigi Fumi, vol. II, Bologna, Zanichelli, 1923-1929, p. 443).

    Numerose le locuzioni con morsicare: morsicare sul duro ‘incontrare resistenza, ostilità’: “Il povero aggiunto ha morsicato sul duro […] La ragazza gli ha dato sulla grinta un bel ‘no’ secco e spietato!” (Antonio Ghislanzoni, Un suicidio a fior d’acqua, Milano, Sonzogno, 1888, p. 82); morsicarsi il dito, come vezzo di persona, che accompagna una riflessione: “Tirandosi i mostacchi e morsicandosi il dito, non tralasciò di pensare al modo per farne memorabil vendetta” (Galeazzo Gualdo Priorato, Istoria universale, Genova, Giacomo Chovetto, 1642, p. 134); morsicarsi le dita, la lingua, le mani, per indicare rabbia, dispetto, delusione: “Maestro Antoni però si morsicò la lingua, come faceva ogni volta che si sorprendeva a giudicare temerariamente il prossimo” (Grazia Deledda, Il fanciullo nascosto [1916], in Romanzi e novelle, vol. II, p. 522); morsicarsi le labbra, come manifestazione di disappunto, dispetto, tensione: “Il vecchio impenitente si morsicò le labbra e si rivolse al figliuolo con un visaccio sì brutto ch’egli corse a rifugiarsi col capo sotto il grembiale materno” (Ippolito Nievo, Le confessioni di un italiano, a cura di Sergio Romagnoli, Milano-Napoli, Ricciardi, 1952 [18671], p. 14).

      4. I due verbi mordere e morsicare sono davvero sinonimi? E si deve dire/scrivere ho morso o ho morsicato? Ovviamente, come avviene normalmente nelle dinamiche linguistiche, è l’uso che “detta legge”… A proposito dei due quesiti, stante anche l’esame di attestazioni delle forme mordere e morsicare registrate nel corpus di Google libri (ItTenTen20 su sketchengine.eu), emerge che esse ricorrono spesso con accezioni simili, dipendenti dalla nozione latamente primaria di ‘addentare, stringere tra i denti’ (da parte di umani o di animali/insetti) e dai successivi usi figurati di tale nozione.

        Di seguito, tra i tanti exempla disponibili, ne riporto alcuni, a mio vedere interessanti e distribuiti lungo un arco diacronico che va dal sec. XIX ad oggi:

          per mordere:

            mordere davvero i vitelli disubbidienti, se no non hanno nessun timore di lui. Quando spinge la vacca, le deve mordere le gambe posteriori, non mai la coda o i fianchi […]. (Alfred Edmund Brehm, La vita degli animali. Descrizione generale del regno animale, Torino-Napoli, Unione tipografico-editrice torinese, 1872, vol. I, p. 441);

            “È una brezzettina che morde il viso”; “Che vuoi? mi tocca a mordere il freno […]”. (Giuseppe Rigutini, Pietro Fanfani, Vocabolario italiano della lingua parlata, Firenze, Tip. Cenniniana, 1875, p. 998);

            mordere (figur.): ferire con parole mordaci: avventare saette, balestrare, dare una zaffata, impepare, lacerare, pungere, pinzare, rosecchiare, risaettare, trafiggere.(Palmiro Premoli, Il vocabolario nomenclatore, Bologna, Zanichelli, 1989, vol. II, p. 643);

            [...] mordere di contro al veneto morsicare. Ma non si tratta, neppure in questo caso, di una reale contrapposizione come dimostra la consultazione della carta 1109 (“Morde?”) dell’AIS.(Giovan Battista Pellegrini, Paola Barbierato, Comparazioni lessicali retoromanze, Venezia, Istituto Veneto di scienze lettere ed arti, 1999, p. 28);

            oppure catturano le aspidi e le vipere nel cuore dell’inverno, quando sono meno “atte a mordere”. Ma usano anche un altro inganno che consiste nell’aizzare “i serpi a mordere un pezzo di carne [...] fin che perdono il veleno [...]”. (Piero Gambaccini, I mercanti della salute, Firenze, Le lettere, 2000, p. 59);

              per morsicare:

                morsicare? Le bestie che non hanno denti non puonno morsicare. In vece con che prendono le cose? Le prendono colla bocca. E allora che fanno, morsicano? Non morsicano, ma abboccano […]. (Ferrante Aporti, Metodo per adoperare fruttuosamente l’abbecedario, Cremona, C. Manini, 1838, p. 88);

                Guardati da’ lupi che ti vonno morsicare. Andava morsicando il viso dei morti. Tutto il morsicò con quei dentacci. Egli si era succiato il luogo morsicato dalla vipera. (Antonio Lissoni, Frasologia italiana, Milano, Gaspare Truffi, 1839, p. 111);

                Questo canino l’à morsicato. Chi à morsicato tutta questa mela? § Degl’insètti. Le zanzare, le pulci l’ànno morsicato tutto. (Policarpo Petrocchi, Novo dizionario universale della lingua italiana. L-Z, Milano, Fratelli Treves, 1891, p. 289);

                [...] mordignà on pomm, morsicare una mela; [...] mordignôn, s.m. = morditore che facilmente morde, morsica. (Francesco Angiolini, Vocabolario milanese-italiano coi segni per la pronuncia, Torino, Paravia, 1897, p. 502);

                Attesochè i fratelli Luparia ammisero esplicitamente che un loro cane e nella loro casa morsicò la bambina Caprioglio, che alcuni giorni dopo quel cane si allontanò dalla casa, nè più videro. (“Giurisprudenza italiana”, 50, 1890, p. 239);

                […] morsicare... e morsicare... e morsicare. Gli facevano ancora male la bocca e le mascelle per il trattamento che aveva riservato a Tippete […], ma era un problema che non l’avrebbe dissuaso e neppure rallentato.(Stephen King, Rose Madder [versione italiana di Tullio Dobner], Milano, Sperling & Kupfer, 2014 [s.i.p.]);

                “[...] morsicare la gola a quello stronzo?” chiede Barcellona con ammirazione. Accenno di sì, vomitando terribilmente. “Pas mal, mon ami”, si congratula il legionario battendomi sulla spalla. “L’uomo spesso se la cava solo con i denti”. (Sven Hassel, Ultimo assalto [versione italiana s. n.], [s. l.], MHABooks, 2017, [s.i.p.]);

                [...] morsicare, perché quei dentini così piccoli possono fare molto male alle sue manine piccole e morbide. Ma non gli viene nessuna idea, finché un giorno è Volpina stessa che gli fa accendere come una lucina nella testa. Morsica la corda [...]. (Antonello Pau, E gira la giostra gira, Romagnano al Monte [SA], Booksprint, 2022, [s.i.p.])

                  4.1. Tenendo conto delle attestazioni di mordere e morsicare e dei loro diversi usi, pur connessi questi con una sfera semantica all’origine ampiamente coincidente (quella, già ricordata, di ‘stringere tra i denti, addentare’), sembra che, nell’uso attuale dell’italiano medio, esista una qual certa ‘specializzazione’ delle due forme, tale per cui:

                  • mordere sembra preferibilmente riferito a persone o animali: “tuo figlio tende spesso a mordere il suo compagno di banco”; “quel cane è aggressivo, morde spesso e volentieri”. Ma mordere può essere riferito anche a situazioni nei valori – in senso figurato – di ‘provocare sensazioni pungenti’: “un freddo che morde viso e mani e piedi”; di ‘tormentare’: “quel ricordo gli morde la coscienza”; di ‘sopportare mal volentieri, essere impaziente’: “quell’individuo è inquieto, sembra mordere il freno”; detto di pneumatici, di ‘fare presa’ > ‘aderire perfettamente al fondo stradale’: “quella rossa Ferrari morde la pista in modo magnifico”; di ‘restare vinto’: “quel soldato è stato costretto a mordere la polvere”;
                  • detto di un’esperienza consumata molto in fretta: “è stato un mordi e fuggi”;
                  • morsicare, pur ricorrendo anche in contesti in cui – nella accezione di ‘addentare con uno o più morsi’ – è prevista una persona (“Antonio ha morsicato una mela”), sembra piuttosto essere caratterizzato da usi più “concreti”, non figurato, e, anzi, parrebbe “specializzato” in relazione a comportamento di animali: “quel rottweiler è pericoloso, ha morsicato un altro cane già due volte”; “mi ha morsicato una vipera”; o a insetti: “stanotte mi ha morsicato una zanzara” (ma, anche, e forse preferibilmente a proposito del noiosissimo, aculeato insetto: “stanotte mi ha punto una zanzara…”);
                  • quanto alle forme ha morso e ha morsicato, si tratta di forme entrambe possibili, dipendenti singolarmente da mordere e da morsicare. Quindi espressioni quali “vicino allo stagno mi ha morsicato un calabrone” vs. “vicino allo stagno mi ha morso un calabrone” sono senz’altro possibili e in competizione tra di loro, al pari di “Piero ha morso una mela” vs. “Piero ha morsicato una mela”: almeno così a me pare, stante la mia “sensibilità” linguistica.

                  Va segnalato poi l’uso assoluto (con omissione dell’argomento/oggetto) di mordere in espressioni del tipo quel cane morde nel senso di ‘quel cane è mordace’, senz’altro più comune della (per altro possibile) parallela espressione quel cane morsica. In ogni modo, l’espressione can che abbaia non morde – senz’altro con morde, quindi e non con morsica – è una frase fatta, proverbiale e tale rimane.

                  Quanto a morsicare, nel corpus demauriano PTLLIN Primo Tesoro della Lingua Letteraria Italiana del Novecento, è riportato un solo esempio di uso assoluto del verbo in questione. Si tratta della citazione tratta da uno scritto di Dino Buzzati:

                  Lo addentò a lungo, poi tornò al centro della rete, poi sembrò pentirsi e ricominciò a morsicare. (I reziarii, in Sessanta racconti, Milano-Verona, A. Mondadori, 1958, p. 283)

                  Tale uso assoluto del verbo è del tutto parallelo a quello di mozzicare, attestato dalla medesima fonte demauriana. L’esempio è tratto dalla prosa di Melania Mazzucco:

                  E così fece – con stupefacente dolcezza, indugiando, esplorando, succhiando, mozzicando – e lei si dimenticò dell’agenzia e dell’odore di fritto dei fiori marci che invadeva il salone. (Vita, Milano, Rizzoli, 2003, p. 273)

                  I due verbi mordere e morsicare – “fratelli” o comunque “cugini”… (e a Roma, a quanto pare, entra in gioco anche un “fratellastro”: mozzicare…) – hanno alle spalle quindi, nei loro diversi usi, una lunga storia che li ha portati ad essere parzialmente, oggi, in vivace competizione.

                  Quanto ai loro usi, sarebbe comunque interessante controllare, sulla base di un campione di parlanti varietà regionali di italiano – diversificati per distribuzione areale, per età, per istruzione e per posizione sociale –, il loro manifestarsi in concreti esiti, prevedibilmente tra di loro posti in “antagonismo” più o meno marcato.

                  Nota bibliografica:

                  • Francesco Arnaldi, Pasquale Smiraglia, Latinitatis Italicae Medii Aevi Lexicon (saec. V ex. - saec. XI in.), Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2001.
                  • Robert Beekes, (with the assistance of Lucien van Beek), Etymological Dictionary of Greek, Leiden-Boston, 2010, voll. 2.
                  • Thomas Charlton, Charles Short, A Latin Dictionary founded on Andrews edition of Freund’s Latin Dictionary, revised, enlarged and in great part rewritten, Oxford, Clarendon Press, 1980 [18791].
                  • Gian Biagio Conte, Emilio Pianezzola, Giuliano Ranucci, il Latino. Vocabolario della lingua latina, Firenze, Le Monnier, 2010.
                  • Giacomo Devoto, Avviamento alla etimologia italiana. Dizionario etimologico, Firenze, Le Monnier, 1967.
                  • Giacomo Devoto, Gian Carlo Oli, il Devoto-Oli minore. Vocabolario della lingua italiana con DVD Rom, Firenze, Le Monnier, 2013.
                  • Alfred Ernout, Antoine Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine. Histoire des mots, Paris, Éditions Klincksieck, 19944 (retirage de la quatrième édition augmentée d’additions et de corrections nouvelles par Jacques André).
                  • Egidio Forcellini, (et al.), Lexicon totius Latinitatis, Bologna, Forni/Padova, Gregoriana, 1965, 6 voll.
                  • Hjalmar Frisk, Griechisches etymologisches Wörterbuch, Heidelberg, Carl Winter- Universitätsverlag, 1973, 2 voll.
                  • Aldo Gabrielli, Grande dizionario Hoepli italiano, Milano, Editore Ulrico Hoepli, 2019.
                  • GEDEA - Grande Dizionario della Lingua Italiana, Milano, De Agostini Editore, 2004.
                  • Peter Geoffrey William Glare, Oxford Latin Dictionary, Oxford, The Clarendon Press, 1994.
                  • Michiel de Vaan, Etymological Dictionary of Latin and other Italic Languages, Leiden-Boston, Brill, 2008.
                  • Alois Walde, Johannes B. Hoffmann, Lateinisches etymologisches Wörterbuch, Heidelberg, Universitätsverlag Winter, 2008, 3 voll.

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