Parole nuove

L’italiano è uscito dal lockdown

  • Matilde Paoli
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2020.3336

Licenza CC BY-NC-ND

Copyright: © 2020 Accademia della Crusca


Una delle ragioni per cui da parte di questa Istituzione si è più volte raccomandato di limitare l’uso dei forestierismi è che essi, almeno nei primi tempi del loro impiego, si comportano come un corpo estraneo privo di legami con il resto del sistema italiano, che non offre “appigli” per la completa comprensione alla maggior parte delle persone. Queste raccomandazioni, che trovano voce nei comunicati del gruppo Incipit, riguardano in particolare termini che coinvolgono più direttamente la vita e gli interessi dei cittadini.

Non c’è dubbio che il termine lockdown, così come viene usato in questo periodo, sia particolarmente legato alla vita di tutti noi, sia in senso fisico, sia in senso psicologico: è diventato, insieme a coronavirus o Covid 19, una delle parole chiave del difficile periodo che stiamo affrontando. Per dare un’idea di quanto questo sia vero è forse sufficiente il numero di risultati che Google restituisce per “lockdown” circoscrivendo la ricerca all’Italia, alle pagine in italiano, e all’ultimo mese: 11.500.000.

Ci sono state altre parole che hanno assunto un peso maggiore in periodi di crisi più o meno recenti e che sono diventate, così come oggi lockdown, la goccia che incessantemente torna a colpirci e a rafforzare la nostra ansia. Nel caso di lockdown però c’è, almeno a mio parere, qualcosa di diverso: credo che questa volta non ci siano fraintendimenti, opacità, volontà di nascondere; credo che tutti abbiamo capito perfettamente che cosa è il lockdown. Non dico che il termine sia trasparente, nemmeno che sia dominato completamente il suo significato, ma penso che tutti abbiamo conoscenza diretta della realtà che quel termine indica (quello che per i linguisti è la realtà extralinguistica o il referente), perché ne abbiamo vissuto nel nostro quotidiano le limitazioni e gli effetti. Abbiamo prova di questo anche nelle lettere inviate in proposito al servizio di Consulenza linguistica dell’Accademia; chi ci scrive dispone già almeno di una parola o di un’espressione della nostra lingua da proporre in sostituzione: chiusura totale, confinamento, isolamento, blocco.

Le alternative offerte sono molte e in rete o nei quotidiani se ne possono trovare diverse con differenti spiegazioni e preferenze. Fra tutte riportiamo la voce del presidente dell’Accademia Claudio Marazzini che ha dedicato un tema alla terminologia inerente agli effetti del SARS-CoV-2 e ai provvedimenti presi per arginarli. Nel testo pubblicato lo scorso 2 aprile Marazzini a proposito di lockdown scrive [qui, come in tutte le citazioni seguenti, neretto mio]: 

Il gruppo Incipit, che propone possibili alternative ai termini stranieri, ha avviato una discussione su lockdown, che potrebbe essere detto, a scelta, confinamento o segregazione, anche se l’uso prevalente, nella comunicazione italiana di questi giorni sembra alludere piuttosto alla chiusura forzosa degli esercizi commerciali e delle fabbriche, e finisce quindi per equivalere a serrata o chiusura obbligatoria o obbligata (lo ha osservato, nel corso del dibattito interno a Incipit, il linguista e accademico Michele Cortelazzo).

Lo stesso governo è intervenuto con uno scritto del Dipartimento per le politiche europee - Presidenza del Consiglio dei Ministri del 10/4/2020 proponendo diverse alternative: 

Lockdown
Diciamolo in italianochiusura o blocco totale, segregazione, confinamento, serrata, (misure di) distanziamento sociale.

Come già detto tutti sappiamo quello che il lockdown ha comportato nel nostro paese per noi cittadini (riprendendo in parte le parole del documento governativo appena citato): confinamento nelle nostre case, drastica riduzione dei nostri contatti sociali (amicizie, rapporti con parenti, con i compagni di vita o di scuola, con i colleghi di lavoro, i membri delle associazioni, sportive o politiche o di volontariato, di cui facciamo parte, con i gruppi di conoscenti con cui condividiamo abitualmente i mezzi pubblici, con i vicini di casa); e anche, almeno per buona parte di noi, trasformazione delle modalità di lavoro se non perdita (temporanea o meno) del lavoro stesso. Questo per quanto riguarda le nostre persone. Mentre per quel che riguarda il contesto in cui viviamo lockdown ha voluto dire sospensione forzata della maggior parte delle attività (negozi, fabbriche, palestre, bar, ristoranti, chiese), chiusura dei parchi, delle scuole, delle piscine... Tutto questo sta dentro quella parola che viene da fuori, che non ci appartiene.

A differenza di altre forme anglosassoni formalmente vicine attestate in alcuni dizionari contemporanei ‒ shutdown ‘chiusura di un’attività o di un servizio’ e in informatica ‘arresto del sistema operativo allo spegnimento del computer’ (Zingarelli 2020, datato 1995), lock-up ‘immobilizzazione di un investimento finanziario per un tempo prestabilito, imposta dal venditore al compratore...’ (GRADIT, datato 2000), lock-in ‘obbligo per azionisti di una società di non vendere le proprie azioni prima di una certa data’, ‘condizione di un’amministrazione o di un’impresa che non può servirsi di altri fornitori o passare a sistemi tecnologici più evoluti perché frenata dai costi del trasferimento...’ (Zingarelli 2020, datato 2011) ‒, lockdown è registrato soltanto nella sezione Neologismi 2020 del portale Treccani come sostantivo maschile invariabile con il valore di “isolamento, chiusura, blocco d’emergenza; usato anche come agg., separato e isolato dall’esterno al fine di essere protetto”. A corredo vi si riportano vari esempi da articoli del “Corriere”, della “Repubblica” e di Ansa.it datati rispettivamente 2016, 2013 e 2019, mentre, a chiusura della voce si riportano attestazioni riguardanti la situazione attuale.

Alla base della forma è il verbo to lock ‘chiudere con una chiave’, ‘sbarrare con chiuse, detto di un corso d’acqua’ attestato in inglese già dal XIV secolo che è a sua volta derivato dal sostantivo lock ‘serratura’, ‘chiusa’. Il verbo è usato, come accade spesso in inglese, in combinazioni con in, out, up e down da cui sono derivati anche i sostantivi corrispondenti lock in, lock out, lock up e, solo in USA, lockdown. Così già dalla fine del XVIII secolo to lock up/down/into sono usati in rapporto alla regimentazione del flusso d’acqua nei canali (‘farne salire o scendere il livello o fare in modo che si riversi in un fiume per mezzo di chiuse; bloccare (una massa d’acqua per mezzo di chiuse’). Da questi valori nell’Ottocento in ambiente angloamericano si è sviluppato il sostantivo lockdown (fino a tutto l’Ottocento lock-down) per indicare un particolare pezzo di legno usato nella costruzione di zattere per il trasporto del legname a valle lungo il fiume, consistente in un’asta o in un ramo fissato ai pali orizzontali e assicurato in fori praticati nei tronchi; e successivamente qualsiasi ‘sbarra, perno o simile dispositivo usato per fissare qualcosa’ (cfr. OED s.v.).

Molto più tardi, la prima attestazione risale al 1971, sempre negli USA to lock down ha assunto un ulteriore specifico valore semantico: “To confine all of the prisoners of (a prison, cell block, etc.) to cells for an extended period of time, usually as a security measure following a disturbance; to confine (a prisoner) to a cell in this way” [Confinare tutti i prigionieri (di una prigione, di un blocco di celle, ecc.) nelle loro celle per un prolungato periodo di tempo, solitamente come misura di sicurezza in seguito a disordini; confinare (un prigioniero) nella propria cella allo stesso modo] (OED).

Quasi contemporaneamente (1973) si è affermato anche il sostantivo lockdown per “The confinement of prisoners to their cells for an extended period of time, usually as a security measure following a disturbance; the time at which such confinement begins. Also in the context of a psychiatric hospital or other secure unit” [Il confinamento di prigionieri nelle loro celle per un prolungato periodo di tempo, solitamente come misura di sicurezza a seguito di disordini; il momento in cui tale confinamento inizia. Anche nel contesto di una clinica psichiatrica o in altro istituto di sorveglianza] (OED).

Successivamente (1980) il verbo ha assunto un’altra accezione e si è esteso ad indicare una procedura usata per garantire la sicurezza in qualsiasi situazione o ambiente: “To contain, confine, shut off, or otherwise restrict access to, usually for security purposes” [Contenere, confinare, chiudere, o impedire altrimenti l’accesso, solitamente per motivi di sicurezza]. Poco tempo dopo (1984) anche il sostantivo passa a indicare “A state of isolation, containment, or restricted access, usually instituted as a security measure; the imposition of this state. Also Computing: the restriction of access to data or systems” [Uno stato di isolamento, contenimento, o restrizione dell’accesso solitamente istituito come misura di sicurezza; l’imposizione di questo stato. Anche, in informatica: la restrizione di accesso a dati o sistemi].

L’ultima accezione di ambito informatico circola indubbiamente anche in Italia almeno dall’inizio di questo secolo, ma probabilmente già da prima, senza però uscire dall’ambito strettamente specialistico. Per quanto riguarda il significato legato a problemi di sicurezza, verbo e sostantivo sono arrivati in Italia sicuramente “a mezzo stampa”. La prima attestazione, risalente al 2001, quindi precedente a quelle riportate in Treccani Neologismi, risulta in questo articolo della “Repubblica” in cui appare una descrizione di New York in caso di ipotetico attacco dopo gli attentati dell’11 settembre: 

Giuliani ha un piano segreto, lo rivela in prima pagina il New York Post di domenica: in caso di attacco a New York o in qualunque altra città americana, la "Grande Mela" verrà isolata dal resto del mondo per motivi di sicurezza. «Lockdown», tutto chiuso, era il titolo di prima pagina: ponti e tunnel bloccati, aeroporti fermi, scuole serrate, uffici deserti, cordoni di polizia attorno agli edifici federali e alla Federal Bank of New York dove è custodita la più grande quantità di oro del mondo, mobilitazione dei pompieri, della polizia e degli ospedali, che dall’11 settembre non sembrano avere più un momento di pace. (Arturo Zampaglione, Un piano segreto di Giuliani contro il terrore a New York, “la Repubblica”, 8/10/2001)

Si tratta evidentemente di un riferimento all’uso angloamericano visto che se ne cita la comparsa in un titolo della stampa statunitense. La seconda occorrenza si trova l’anno successivo in un articolo pubblicato sulla “Stampa”; questa volta però non si tratta di emergenze pubbliche ma di finanza:

Sempre per volontà del datore, infatti, chi ha aderito al fondo del colosso fallito ha dovuto accettare la clausola "lockdown", sottochiave, che ha imposto per un certo periodo il blocco della vendita dei titoli Enron. (Glauco Maggi, L’onda lunga di Enron minaccia il new look della previdenza USA, “La Stampa”, 21/1/2002 p. 18 Economia)

Questo uso particolare non ci risulta attestato nei dizionari (non nell’OED e nel Merriam Webster) che riportano invece come usato in ambito finanziario con questo valore lock in che è passato poi anche nell’italiano della finanza come abbiamo già visto testimoniato in Zingarelli 2020.

Nel 2003, oltre a due attestazioni non pertinenti sulla “Repubblica” e sul “Corriere”, troviamo una testimonianza nella grafia disgiunta, decisamente minoritaria, lock down nel “Corriere della Sera” in un articolo di Gianni Riotta che si riferisce alle esercitazioni tenute nelle scuole di New York in previsione di un ipotetico attacco da parte di Osama Bin Laden.

«Lock down», bloccati per emergenza, spiega con garbo anglosassone la preside, vuol dire che nessuno sarà lasciato entrare o uscire fino alla fine dell’allarme. Inutile bussare, picchiare al portone, gridare. (Gianni Riotta, Il nastro isolante contro Osama Così New York scaccia la paura, “Corriere della Sera”, 17/2/2003)

Questa volta non si tratta di una grande città ma di un edificio isolato, in particolare una scuola: la procedura del lockdown può quindi riguardare sia un singolo edificio che una città enorme come New York, ovviamente mettendo in atto modalità diverse (come posti di blocco nel secondo caso). L’universo di riferimento sono sempre gli USA e anche in questo caso si citano le parole di una persona anglofona.
Per arrivare alla terza attestazione (o quarta se consideriamo anche quella di carattere finanziario) occorre aspettare il 2006. Si tratta di un articolo a firma Fabrizio Caccia, Ore 9, «lock down»: la scuola si barrica, apparso sul “Corriere” il 31/3/2006 riguardante un’esercitazione antiterrorismo in una scuola americana, ma stavolta la scuola si trova a Roma. Nella storica American Overseas School of Rome fondata nel 1947, viene simulato un attacco terroristico e così si procede a ciò che “in gergo si chiama lock down drill”.

Dopo sette anni ‒ in precedenza solo attestazioni non pertinenti sulla “Repubblica”: nel 2009 si tratta di un programma televisivo di wrestling e ancora di un film, nel 2011 ci si riferisce a un videogioco ‒, nel 2013, il lockdown non è più una simulazione.

Alle prime notizie scatta il "lockdown", la blindatura d’emergenza. Senatori e deputati vengono intimati di non uscire dai loro uffici, nessuno può abbandonare il perimetro di sicurezza del Congresso. [...] Quando la Capitol Police leva il "lockdown" e i parlamentari barricati nei loro uffici possono finalmente uscire, fioccano le prime polemiche. (Federico Rampini, Tenta l’assalto alla Casa Bianca un’ora di terrore a Washington, “la Repubblica”, 4/10/2013)

L’attestazione è la meno recente riportata anche da Treccani Neologismi. Siamo ancora negli States e la forma è ancora tra virgolette; inoltre, come in tutti gli esempi precedenti, si dà una traduzione della voce. In questo caso si traduce il sostantivo con “blindatura d’emergenza” coerente con la traduzione “bloccati per emergenza” dell’esempio precedente. Di cosa si tratti nei fatti lo capiamo anche dalla spiegazione: tutti coloro che lavorano o si trovano nella Casa Bianca e nella vicina sede del Congresso devono rimanere all’interno.

Sempre allo stesso attentato si riferisce l’articolo pubblicato lo stesso giorno sulla “Stampa” dove il termine, che appare ancora tra virgolette, non si riferisce però alla Casa Bianca ma alla città di Stamford:

Miriam [l’attentatrice] credeva che Obama avesse messo Stamford, la cittadina del Connecticut dove si era trasferita quando gli affitti a Brooklyn erano saliti alle stelle, sotto «lockdown» e che il suo appartamento fosse spiato dal presidente. (Miriam, kamikaze sulla Casa Bianca, lastampa.it, 4/10/2013)

Come abbiamo visto le occorrenze fino a tutto il 2013 sono pochissime e mai più di una per anno su ogni quotidiano.
Nel 2014 si registra un leggero incremento: sulla “Repubblica” si hanno cinque occorrenze e due sulla “Stampa” (su cui ne appare anche una relativa al già citato videogioco). La spiegazione dell’incremento si deve al verificarsi di un nuovo tentativo di ingresso alla Casa Bianca, ma soprattutto all’attentato al Parlamento di Ottawa compiuto il 22 ottobre di quell’anno. In tutti gli articoli si usa la locuzione mettere/trovarsi/rimanere in lockdown. Solo in tre casi su cinque il termine è virgolettato, ma in tutti gli articoli si dà una spiegazione della realtà a cui ci si riferisce e in un caso anche una traduzione: è stata messa in lockdown = (è stata) isolata. Anche i due articoli della “Stampa” riguardano gli stessi eventi e anche su questo quotidiano, oltre a procedura di lockdown, si usa la sequenza mettere in lockdown; il termine è sempre tra virgolette e si fornisce la spiegazione di ciò che comporta, ma non compare una traduzione vera e propria. Riportiamo due esempi, uno per testata, riferiti all’attentato di Ottawa, che appaiono molto simili tra di loro:

Dopo cinque ore dai primi spari Ottawa è una città in stato d’assedio, [...]. Ogni auto viene controllata, agenti armati fino ai denti perquisiscono ogni angolo di edifici pubblici, case private, portoni, negozi. In centro le scuole, gli uffici e le ambasciate sono stati messi in lockdown, nessuno (e niente) può entrare o uscire. (Alberto Flores D’arcais, Canada, attacco al Parlamento ucciso un soldato a Ottawa l’ombra del terrorismo islamico, “la Repubblica”, 23/10/2014)

Tutta l’area in cui sorge il Parlamento è in stato di assedio. Le scuole, gli uffici e le ambasciate presenti - tra cui quella americana e quella italiana - sono stati messi in “lockdown”: nessuno può entrare od uscire. (Terrore in Canada, spari dentro il Parlamento. Uccisi soldato e attentatore, giallo sui complici, “La Stampa”, 22/10/2014)

Oltre alla spiegazione pressoché identica, c’è la sequenza mettere in lockdown, che con trovarsi e rimanere in lockdown, corrisponde all’uso inglese di to put/be/remain in lockdown, molto frequenti in rete (al 11/5/2020 "be in lockdown" 18.900.000; “put in lockdown” 4.980.000; "remain in lockdown" 11.200.000; meno diffuso l’uso con on lockdown).

Un’altra cosa che si nota è l’uso su entrambe le testate della locuzione italiana in stato d’assedio scelta per rendere l’idea in italiano. Torneremo su questo più oltre.

Negli anni successivi, fra il 2015 e il 2019, la presenza della voce negli archivi dei due quotidiani si intensifica seppure moderatamente; tutte le attestazioni riguardano avvenimenti che si sono verificati fuori dal nostro paese.

Nel 2015 gli articoli che usano la forma (8 sulla “Repubblica” e 6 sulla “Stampa”) riguardano le frequenti sparatorie avvenute nei college americani ‒ quindi ancora nella patria del lockdown ‒ che provocarono la richiesta dei giovani statunitensi di limitare la possibilità di acquisto di armi. A novembre però il teatro dell’emergenza che provoca la procedura di sicurezza si sposta e a essere sottoposta a lockdown è una capitale europea: dopo l’attentato del 13 novembre a Parigi si cercano gli attentatori in Belgio, a Bruxelles. In quell’occasione la polizia per ringraziare i giornalisti, che hanno sospeso la diffusione di informazioni in modo da non essere d’aiuto ai terroristi, usa l’hashtag #BrusselsLockdown: ora la parola non è più solo statunitense.

A dicembre il teatro torna a essere l’America:

SAN BERNARDINO, California, come Parigi dopo la strage del Bataclan. "Lockdown", cioè chiuse le scuole e gli edifici pubblici. Coprifuoco obbligato, la popolazione invitata ad asserragliarsi in casa. (Federico Rampini, Armi facili, più vittime che alle Torri Gemelle la guerra che l’America non riesce a vincere, "la Repubblica", 3/12/2015, p. 10, sez. CRONACA)

Come si vede il linguaggio è quello di una guerra (coprifuoco, asserragliarsi) e in effetti le armi non mancano. Sulla “Stampa” oltre alla presenza in un articolo scritto in inglese si riscontra l’uso per indicare le misure di sicurezza messe in atto per la visita di papa Francesco a New York.

Delle imponenti misure di sicurezza che hanno messo in «lockdown» New York se ne è abbondantemente parlato. Il clima di blindatura è tale da creare tensione anche tra chi lo deve garantire... (Francesco Semprini, Le 5 curiosità sul viaggio del Papa a New York, “La Stampa”, 25/9/2015)

Negli articoli il termine è ancora tra virgolette e si dà ancora una spiegazione/traduzione.

Per l’anno successivo, il 2016, in cui troviamo 10 occorrenze sulla “Repubblica” e 5 sulla “Stampa”, le testimonianze riguardano per lo più gli Stati Uniti: ancora sparatorie, allarme in una base aerea,  e poi tentativi di ingresso alla Casa Bianca; fuori dagli States il lockdown viene messo in atto nella capitale del Pakistan Islamabad e in Germania per minacce di terrorismo. La procedura quindi si applica in caso di accadimenti che in qualche modo sono legati alle armi, ad attacchi terroristici.

In questi articoli l’uso delle virgolette non è più costante e si alternano casi di spiegazione esplicita, di spiegazione implicita e di nessuna spiegazione del significato.

Nel 2017 le attestazioni (solo una pertinente sulla “Repubblica” e 8 sulla “Stampa”) riguardano perlopiù casi avvenuti in Europa e anche, ed è la prima volta, in Italia: a marzo le procedure fanno seguito al gesto del terrorista che investe con l’auto la folla davanti al Parlamento di Londra; nello stesso mese anche a Roma vengono attivate misure straordinarie di sicurezza per le manifestazioni previste per l’anniversario dell’Europa unita (nell’esempio si nota un raro uso come predicato nominale):

Roma è «lockdown», con decine di delegazioni straniere negli hotel del centro, cortei di auto blindate a sirene spiegate, cecchini sui tetti, l’esercito a presidio dei punti sensibili. (Flavia Amabile, Fulvio Cerutti, Grazia Longo, Elena Masuelli, Roma città chiusa: quattro quartieri blindati e sei manifestazioni per l’anniversario dell’Europa, “La Stampa”, 25/3/2017)

Ancora a marzo ci si riferisce a una sparatoria a Washington vicino alla sede del Congresso. A giugno la scena del lockdown è di nuovo Londra per gli episodi di terrorismo che culminano a settembre con la strage nella metropolitana. Ad agosto si parla di aggressioni di matrice terroristica a Londra e Bruxelles. Infine a ottobre a provocare le misure di sicurezza è l’allarme nella sala bowling di un centro commerciale del Warwickshire, in Inghilterra.

La procedura del lockdown riguarda ormai anche l’Europa, divenuta teatro di qualcosa di molto simile a una guerra. Il termine statunitense è adottato anche nel contesto europeo.

Nel 2018 non troviamo attestazioni sul “Corriere”, mentre ce ne sono tre sia sulla “Repubblica” sia sulla “Stampa” che trattano avvenimenti accaduti principalmente negli Stati Uniti: a febbraio la “sparatoria di San Valentino” in un liceo della Florida; a marzo ancora spari nel dormitorio della Central Michigan University e pochi giorni dopo in una scuola del Maryland; a maggio sparatoria in una scuola del Texas. I fatti europei riguardano la Svezia a gennaio con l’esplosione in una stazione di polizia a Malmo e l’Inghilterra a fine novembre con l’allarme suscitato da un pacco sospetto all’aeroporto londinese di Heathrow.

Nel 2019 sulla “Repubblica” solo due occorrenze (oltre alle due non pertinenti che si riferiscono al titolo del film già citato) mentre “la Stampa” ne conta ben 9, nessuna sul “Corriere della Sera”.

I fatti trattati negli articoli: in aprile ancora allarme in una scuola statunitense, in agosto una strage in un supermercato del Texas e una sparatoria a Filadelfia; nello stesso mese a Londra viene isolata la Tate Modern Gallery dove un bambino di sei anni viene gettato da una terrazza e in India l’intero Kashmir si trova in lockdown; a dicembre spari a Pearl Harbor alla Naval Air Station di Pensacola e a Jersey City.

A gennaio di quest’anno l’argomento è uno solo: l’isolamento e la chiusura delle attività di Wuhan della provincia cinese di Hubei. Con l’espandersi dell’epidemia da SARS-CoV-2 la stampa in inglese ha usato la forma di cui ormai disponeva per indicare la serie di provvedimenti presi per arginarla.

In Italia i primi due mesi dell’anno vedono solo un’attestazione ciascuno sulla “Repubblica” e sulla “Stampa” e per entrambi i quotidiani si tratta di articoli scritti e pubblicati in inglese. Il primo riferimento alla situazione italiana in articoli scritti in italiano si ha a marzo, dopo che Conte ha annunciato il decreto (DPCM) “chiudi Italia” con cui estende a tutto il territorio nazionale le “misure di contrasto” in vigore nelle zone rosse, in un articolo apparso su Repubblica.it, in cui però si cita un titolo in inglese della Cnn che riguarda il nostro paese:

Insomma, la crisi Coronavirus sta investendo in pieno gli Usa. Tutti i tg parlano solo di questo. E parlano anche dell’Italia. La Cnn titola: “Italy in lockdown”. Un paese di 60 milioni di persone chiuso per coronavirus. (Claudio Tito, Coronavirus, Stati Uniti in allerta. Proposte per nuove misure economiche: meno tasse, sussidi e fondi speciali, Repubblica.it, 10/3/2020, sez. Esteri)

La seconda comparsa, questa volta “tutta italiana” è in un articolo della “Stampa” del 12 marzo:

Il lockdown annunciato dal premier Giuseppe Conte in tutta Italia per frenare l’epidemia di coronavirus, ulteriormente ristretto mercoledì con la chiusura degli esercizi commerciali, non seda il malumore di molti cattolici per la sospensione di ogni messa e funzione religiosa fino al 3 aprile. (Salvatore Cernuzio, Messe sospese, c’è chi rievoca la “dittatura” ma i preti obbediscono e inventano nuovi modi di celebrare, “La Stampa”, 12/3/2020)

Nel comunicato in realtà Conte parlava di “zona protetta” e “regime di disciplina”.

Sul “Corriere”, che è l’ultimo ad “arrendersi”, il primo ingresso è in data 24 marzo nelle parole di Pietro Manfredi, docente presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa e “modellista matematico delle malattie infettive”, per il quale sicuramente l’inglese è lingua d’impiego comune, intervistato da Margherita De Bac:

"I segnali di discesa sono davvero pallidi, ma le misure per contenere l’epidemia sono state poderose, sebbene dilazionate nel tempo. Ora finalmente c’è il lockdown. Se vedremo un drastico calo nei prossimi 7-8 giorni saremo fortunati". («Pallidi ma incoraggianti questi segnali di discesa Devono però consolidarsi», “Corriere della Sera”, 24/3/2020)

Da allora lockdown (molto più raramente lock down) ha moltiplicato le sue comparse sulla stampa nazionale: già il mese di marzo vede 167 occorrenze (di cui 6 non univerbate) sulla “Repubblica”, 99 sulla “Stampa” e 20 (con un lock down disgiunto) sul “Corriere”. In aprile le occorrenze sulla “Repubblica” sono arrivate a 871 (di cui 21 in grafia disgiunta), sulla “Stampa” a 520, mentre il “Corriere” si ferma a 68; al 20 maggio sulla “Repubblica” si sono già raggiunte 1.415 occorrenze, sulla “Stampa” 895, sul “Corriere” 145 (al 13 per la limitazione delle ricerche sull’archivio).

Come viene usato lockdown sulla stampa?

Abbiamo visto che il “vecchio” lockdown era sempre accompagnato da una traduzione, da una definizione o almeno da una descrizione della situazione a cui si riferiva. Così è stato ed è ancora adesso anche per il lockdown legato all’epidemia da SARS-CoV-2. In alcuni casi si tende a “prendere le distanze” usando anche formulazioni come “il cosiddetto lockdown”. L’anglismo compare soprattutto nei titoli, mentre nel corpo dell’articolo spesso si ricorre a un traducente italiano, creando così un “dialogo” tra titolo e contenuto dell’articolo:

Ha tentato "l’esercitazione da lockdown più grande al mondo". Così alcuni media internazionali hanno definito il "coprifuoco del popolo", la chiusura del Paese per 14 ore, voluta dal premier Narendra Modi per contrastare l’avanzata del nuovo coronavirus nella seconda nazione più popolosa del pianeta. (Coronavirus, l’India e il lockdown più grande del mondo. E Modi chiede ai cittadini di cantare dai balconi, Repubblica.it, 22/3/2020)

Il governo [svedese] ha chiesto e ottenuto oggi dalle altre forze politiche poteri eccezionali, per poter affrontare l’emergenza sanitaria con provvedimenti che non dovranno più passare dal Parlamento. Tra questi ci potrebbe essere anche la chiusura di tutte le attività, al contrario di quanto fatto finora. (Sandro Orlando, La Svezia si prepara al lockdown e il premier Löfven chiede poteri eccezionali fino al 30 giugno, “Corriere della Sera”, 7/4/2020)

In entrambi questi articoli si parla di chiusura (delle attività): questo sostantivo è una scelta piuttosto frequente come traducente ‒ sul motore di ricerca di Google, in associazione a lockdown nelle pagine in italiano relativamente all’ultimo mese in data 18/5/2020, “chiusura totale” e “chiusura delle attività” hanno dato rispettivamente 4.800 e 10.500 risultati ‒ e si riferisce non agli effetti diretti dei provvedimenti sulle persone, ma a quelli sulle attività, sulle scuole, industrie, luoghi di intrattenimento e di cultura, come palestre, ristoranti, bar, cinema teatri.

Analoga, ma meno frequente, è la scelta di serrata che, alle medesime condizioni e alla stessa data, ha dato 6.290 risultati:

[...] La protesta civile nello stato che conta circa 27 mila contagiati e quasi 1.800 morti è iniziata sei giorni fa, quando la governatrice democratica ha firmato un ordine esecutivo per prolungare il «lockdown» di un altro mese... (La rivolta del Michigan contro la serrata per il coronavirus: uccisa la libertà - Il cuore dell’America non vuole chiudere, nessuna serrata e avanti con le attività economiche, LaStampa.it, 16/4/2020, sez. esteri)

In Italia -1.500 morti grazie al calo dello smog durante il lockdown - 30 aprile - Analisi centro Crea, in tutta la Ue la serrata evita 11 mila morti (Ansa.it, 30/4/2020) 

Su serrata c’è una riflessione da fare: se i verbi serrare e chiudere sono in italiano quasi sinonimi e se forse serrare sarebbe più adatto al nostro caso perché significa ‘chiudere saldamente’ e quindi è meno generico e più efficace di chiudere, il sostantivo ha perso il suo valore originario di ‘azione del serrare’ che è ormai obsoleto e si è specializzato in un significato ben preciso in ambito economico. Serrata vale infatti secondo il GRADIT “sospensione totale o parziale dell’attività aziendale attuata dal datore di lavoro, spec. durante conflitti sindacali, come forma di pressione o intimidazione sui lavoratori o sui pubblici poteri, fino al 1960 considerata un delitto contro l’economia pubblica” e con valore estensivo “sospensione dell’attività di piccoli imprenditori, spec. commercianti, per protesta o tutela dei propri interessi”. Lo stesso dizionario aggiunge un rimando all’inglese lock-out.

Una chiusura ancora più energica è la blindatura, termine che abbiamo visto usato da Federico Rampini nell’articolo del 2013 per spiegare il “lockdown pre-coronavirus” e che trova 7.090 occorrenze in associazione a lockdown.

“Come si riparte in Sicilia? [...] Una delle nostre proposte che faremo nella legge di stabilità è la blindatura della Sicilia. Musumeci, prima di fare le riunioni spiritiche, deve blindare seriamente la Sicilia [...] lo ha detto stasera in diretta Facebook il sindaco De Luca, in merito alla fine del lockdown in Sicilia. (Messina verso la fine del lockdown, De Luca chiede di blindare la Sicilia: “La ripartenza non può essere il festival delle stronzate, banca dati estesa a tutta l’Isola”, Strettoweb.com, 17/4/2020)

Un po’ diversa è la scelta piuttosto frequente di blocco (64.000 occorrenze alle condizioni dette, di cui 3.330 per “blocco totale”) che pone l’accento sull’interruzione (forzata) del movimento, più che sulla chiusura di uno spazio.

Un lockdown ogni 15 giorni - Venerdì o sabato Conte annuncerà altre due settimane di blocco. (Huffingtonpost.i, 7/4/2020)

Il prolungato blocco che sta interessando il nostro Paese, così come tutto il Mondo, con la fortissima riduzione degli spostamenti ed il fermo di molte attività produttive, sta incidendo sulle emissioni inquinanti sia in atmosfera che sul rumore. Sono già disponibili molte informazioni sull’argomento. (Lockdown e inquinamento atmosferico in Europa, arpat.toscana.it, 20/4/2020)

Nel secondo esempio vediamo affiancato a blocco il termine fermo, che ha una semantica analoga. Anche per questa voce si sono riscontrate occorrenze piuttosto alte (65.900) ma occorre considerare la possibilità che si tratti dell’aggettivo (in contesti quali è/resta/rimane fermo); se si considera la sequenza “il fermo” le occorrenze scendono a 3.040.

Un blocco ulteriore in questi giorni decisivi dopo lo stop delle scorse settimane, è l’allarme, rischia di compromettere anche l’attività nel 2021. [...] la direttrice generale di Confindustria Nautica Marina Stella ha segnalato [...] che il comparto appare a basso rischio, con bassa aggregazione sociale, tutti dipendenti di prossimità e protocolli sanitari già sottoscritti ancor prima del lockdown totale. Dove durante il fermo generale per covid al comparto nautico sono invece state consentite minime attività [...]. (Coronavirus: la Nautica chiede di ripartire dal 27 aprile - Associazione categoria in Confindustria, o si rischia anche 2021, ansa.it, 24/4/2020)

Ci sono ancora altre possibilità: in particolare risultano molto usate parole che si riferiscono alla condizione umana imposta dalle misure di contenimento del contagio. La più frequente appare isolamento con 115.000 occorrenze in associazione a lockdown.

La sospirata Fase 2 deve attendere, almeno sino a maggio, a causa del persistere di rischi di carattere sanitario, chiaramente illustrato dal Comitato scientifico al Premier Conte, che sta maturando l’ipotesi di prolungare il lockdown. (Fase 2 ancora lontana. Ma cosa accadrà a fine isolamento?, Quifinanza.it, 9/4/2020)

“Qui la decisione è politica: non si arriverà ad un livello zero di contagi, perché ciò richiederebbe un tempo di lockdown (isolamento) molto elevato, secondo i vari modelli matematici che alcuni statistici ci stanno prospettando”. [parla Fabrizio Pregliasco virologo] (Coronavirus: cosa aspettarsi dalla Fase 2?, grupposandonato.it, 24/4/2020)

Una sintesi tra il concetto di chiusura e l’effetto provocato sulla persona è espresso dalla forma suggerita dal presidente dell’Accademia, confinamento,  su cui convengono anche altri linguisti:

C’è un solo termine in grado di rendere efficacemente lockdown nella nostra lingua ed è “confinamento”. Se pensiamo a “confinare”, nel significato di “costringere a stare in un luogo chiuso, remoto, separato dal mondo”, non facciamo certo fatica a riconoscerci nella comune sorte, condivisa da centinaia di milioni di persone sparse per tutto il pianeta, di confinati in casa. (Massimo Arcangeli, Dizionario del Covid – Lockdown, da dove viene e cosa indica il ‘contenimento’ all’americana, ilfattoquotidiano.it, 28/4/2020)

Ad oggi sembra che la proposta del termine abbia avuto un buon riscontro tanto che (almeno dal 13/5/2020) scrivendo lockdown sul motore di ricerca di Google si offre immediatamente la traduzione confinamento. Le co-occorrenze con lockdown al 18/5 erano 13.600.

Nella diretta del 10 aprile u.s., attesa dalla tarda mattinata e poi slittata al tardo pomeriggio, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha comunicato che il confinamento degli italiani è prorogato sino al prossimo 3 maggio. (Lockdown prolungato: il confinamento è prorogato fino al 3 maggio, diritto.it, 10/4/2020)

Rispetto a isolamento il termine confinamento introduce la misura della spazio entro il quale si è confinati e anche la percezione della costrizione, visto che confinare vale “costringere in una situazione o in un luogo”, inoltre almeno nella memoria dei non giovanissimi è facile l’associazione a confino “provvedimento di polizia, non più in uso e ora sostituito dall’obbligo di soggiorno, che costringeva ad abitare per un determinato periodo di tempo in un luogo diverso dal comune di residenza: mandare al c.” (GRADIT).

L’aspetto della costrizione risulta ancora più enfatizzato nei termini clausura, reclusione e segregazione, che hanno rispettivamente, alle condizioni più volte ricordate, 9.080, 9.950 e 2.990 occorrenze in associazione a lockdown.

Gli ultimi due termini hanno in comune con il significato di lockdown in angloamericano il rimando al sistema carcerario; il terzo poi è legato anche all’idea di discriminazione religiosa o razziale e non è da escludersi che questo ne abbia frenato l’adozione.

Sull’opportunità di usare termini così “forti” (in particolare segregazione) il presidente dell’Accademia non si è affiancato a chi condanna quest’uso, considerando la gravità della situazione tale da dover trovare parole che abbiano “carico” equivalente (cfr. la seconda puntata, 2/4/2020, del tema In margine a un’epidemia e anche Paola Taddeucci, Marazzini: “Il Covid è una guerra, parola di linguista. La segregazione fa più paura di lockdown”, “La Stampa”, 21/4/2020). Del resto, come abbiamo visto, anche lockdown nelle testimonianze dei media si riferisce spesso a situazioni per certi aspetti assimilabili a una guerra.

Naturalmente segregazione e reclusione, in associazione ad altri termini legati alla carcerazione, sono spesso la scelta di chi si esprime in opposizione alle scelte operate dal governo per il contenimento dell’epidemia.

Ieri è stato il mio primo giorno di annunciata «evasione» e riappropriazione delle mie libertà civili, [...] mai sono stato fermato e controllato, così come mai è accaduto dall’inizio della segregazione. Sembrava, insomma, un giorno di vecchio conio, come se i casi fossero stati due: o tutti avevano improbabilmente letto il mio articolo (quello in cui annunciavo che sarei uscito liberamente in spregio a un governo delegittimato e cialtrone) oppure non so, da ieri, forse, è come se fosse scattato qualcosa di diverso nella gente. (Filippo Facci sfida Giuseppe Conte e rompe il lockdown: "Sono evaso dai domiciliari e sono arrivato fino a Lecco", liberoquotidiano.it, 15/4/2020)

Si scrive lockdown, si legge "arresti domiciliari". O, se preferite, reclusione imposta dal potere. (Lampi del pensiero di Diego Fusaro / Lockdown: una pratica di incostituzionale reclusione dei cittadini, affariitaliani.it, 23/4/2020)

Gli stessi termini appaiono in testi in cui si esaminano gli aspetti psicologici negativi dovuti alle condizioni anomale in cui ci siamo trovati costretti a vivere:

Immaginate la casa “come un ventre materno” che nei nove mesi di gestazione accoglie e nutre senza chiedere nulla in cambio. È la metafora utilizzata dalla psicoterapeuta Maria Rita Parsi con Agi per spiegare il ruolo delle mura domestiche durante la reclusione forzata, analizzando il fenomeno di quelli che in casa ci si trovano talmente bene da temere il ritorno a una vita normale dopo la fine del lockdown. (Antonella Piperno, Quelli che il 4 maggio non vogliono uscire da casa, agi.it, 30/4/2020)

Dal punto di vista psicologico sono le fasce d’età tra i 18 e i 29 anni e tra i 30 e i 44 quelle maggiormente colpite: lamentano ansia, noia, depressione, insofferenza per i limiti sociali e anche problemi di salute fisica. "Le percentuali sono schizzate mediamente di venti punti percentuali, segno che questa popolazione è stata colpita duramente dalla segregazione" continua Dalla Zuanna. (Enrico Ferro, Coronavirus, effetto lockdown: ansia e depressione per l’85% dei giovani, La Repubblica, 9/5/2020)

Anche il termine clausura, che non rimanda a carceri o “campi di lavoro”, ma piuttosto a monasteri, è usata in rapporto ai possibili effetti negativi su persone fragili:

La Fase 2 per alcuni, spesso i più vulnerabili, si prospetta ancor più difficile e piena di incertezze della clausura forzata. (Vittorio Lingiardi e Guido Giovanardi, Nuove convivenze e responsabilità con la fine del lockdown, ilsole24ore.com, 15/5/2020)

Ma è comunque usato anche in contesti “neutri”:

Quasi sessanta giorni dopo l’entrata in vigore del proverbiale “dpcm” con cui il governo annunciava, lo scorso 8 marzo, il “lockdown”, anche a Como da domattina cambieranno un po’ di regole. (Coronavirus, fine della clausura - Le nuove regole tra cautela e rigore, laprovinciadicomo.it, 3/5/2020)

Ci sono poi due espressioni che rimandano allo stato di guerra che non sono vere e proprie traduzioni ma che vengono associate al lockdown, come coprifuoco e stato d’assedio.
La prima, che indica il “divieto di uscire durante le ore serali, imposto dall’autorità ai cittadini per motivi d’ordine pubblico, in situazioni di particolare emergenza”, nonché “il segnale con cui si ricorda che ha inizio tale divieto” e il “periodo di tempo in cui vige tale imposizione” (GRADIT) risulta piuttosto usata (6.170 occorrenze in associazione a lockdown), mentre la seconda lo è molto meno (199).

Per la prima però è evidente il limite nella sua stessa definizione: mentre il confinamento ha riguardato la nostra vita sia diurna che notturna, il coprifuoco ha un limite temporale nella giornata. Infatti nel caso in cui il termine sia stato usato lo è stato fatto perlopiù in senso proprio:

Il Paese africano [la Nigeria] si sta avviando verso un lento e graduale allentamento delle misure dopo oltre quattro settimane di blocchi nella capitale [...] Buhari ha affermato che il lockdown ha causato un "costo economico molto pesante", privando molti cittadini del sostentamento "Nessun Paese può permettersi un blocco prolungato in attesa del vaccino". Le autorità imporranno un coprifuoco dalle 20:00 alle 6:00, e renderanno obbligatorie le mascherine. (Coronavirus nel mondo, gli Usa superano il milione di casi. In Russia Putin estende il lockdown: "Picco non ancora raggiunto", la Repubblica, 28/4/2020)

Inoltre coprifuoco ha, sempre secondo GRADIT (ma anche nella competenza di chi scrive), la possibilità di un uso figurato scherzoso o quanto meno familiare:

Diffidando di lasciarli andare in giro da soli o persino di lasciarli a casa senza una persona più coscienziosa che li controlli, i genitori non si rendono conto che stanno crescendo dei giovani che non sanno badare a se stessi e non sanno risolvere i piccoli o grandi problemi che la vita pone. Come risolvere questa situazione? Il modo migliore è porre delle regole senza esagerare, magari dando un coprifuoco ai figli, oppure decidendo se un’attività è appropriata o meno. (Gloriadebu [14 anni], Autonomia e maturità: due concetti diversi, ilQuotidianoinClasse.it, 10/11/2017) 

Per quanto riguarda l’impiego di stato d’assedio, che abbiamo visto usato già in riferimento alle misure d’emergenza prese in occasione dell’attentato a Ottawa, in fondo può ben adattarsi anche a questa situazione in cui ci siamo sentiti costretti ad asserragliarci in casa per difenderci da un nemico (ancorché invisibile) accampato alle nostre porte:

"A Mosca! A Mosca!": è il proverbiale grido della Irina di Cechov (Tre sorelle) che ha la forza liberatoria dei sogni prima che diventino illusione. Claudio Simeone di Cicogne Teatro ne fa il verso, con amore e non per parodia, per inaugurare la sua piccola rassegna che si intitola A teatro! A teatro!, un progetto che si propone di rompere lo stato d’assedio di questi giorni in cui il lockdown ci obbliga ai domiciliari, all’isolamento. (Nino Dolfo, Coronavirus, quando il teatro diventa smart (e interattivo), brescia.corriere.it, 27/4/2020)

Abbiamo visto che lockdown viene usato sulla stampa, e non è la prima volta che accade con un anglismo, come una parola “contenitore” che sintetizza più informazioni per cui in italiano dovremmo usare più parole; e se anche disponiamo, come molti ritengono, di una parola del tutto equivalente, essa ha però già altri impieghi consolidati nella nostra lingua e quindi si attaglia meno alla situazione di riferimento rispetto a lockdown che con quella situazione è “arrivato tra noi”. Abbiamo anche visto che i traducenti sono ben più di uno, il che potrebbe rafforzare l’idea della loro inadeguatezza. Benché l’intervento del presidente dell’Accademia a favore di confinamento sia stato seguito anche da media di largo pubblico e prestigio, la presenza di valide alternative (riconosciuta dallo stesso Marazzini) ne potrebbe frenare l’adozione generalizzata.

A favore di confinamento giocano anche le scelte di Francia e Spagna, paesi dove la “politica linguistica” è più forte, che usano, in sostituzione di lockdown, confinement e confinamiento. Del resto sono queste le voci, insieme a confinamento per l’italiano, usate per tradurre lockdown nel significato relativo alle situazioni di emergenza nella banca dati IATE (Interactive Terminology for Europe, database della terminologia dell’Unione Europea). È pur vero che anche confinamiento e confinement hanno analoghi concorrenti in spagnolo e francese come cierre (de emergencia) o bloqueo e verrouillage, clôture o isolement, e che, soprattutto in Francia, decisamente più raramente in Spagna, si trovano attestazioni di lockdown nella stampa nazionale.

Quanto alla presunta rinuncia a esprimersi in italiano che lamentano coloro che si rivolgono al servizio di Consulenza linguistica, credo che gli esempi citati siano una testimonianza che in realtà l’anglismo non sostituisce i termini italiani ma spesso vi si affianca. Sui media in rete lockdown è usato come parola chiave (come accade anche a coronavirus Covid 19 o Fase 2), soprattutto nei titoli delle pagine d’entrata particolarmente caratterizzati dall’assenza di legami sintattici; un solo esempio di quest’uso da Repubblica.it del 14/5/2020: Lockdown, più acquisti di cibo ma meno sprechi. Questa funzione di etichetta si perde progressivamente passando al titolo esteso dell’articolo, al sottotitolo e al testo; così una volta aperto il collegamento all’articolo di Caterina Pasolini troviamo:

Con il coronavirus più acquisti di cibo ma meno sprechi
L’indagine "Waste watchers" nei mesi di lockdown racconta gli italiani che, tra fornelli e chili di troppo, hanno imparato a riutilizzare gli alimenti. In Italia ogni anno lo spreco alimentare vale 15 miliardi di euro. (repubblica.it, 3/5/2020)

Sempre nei titoli risulta poi molto efficace in altre costruzioni come la locuzione sostantivale effetto lockdown:

Earth Day, effetto lockdown: così la Terra è tornata a respirare. (Repubblica TV, dal canale Youtube della "Repubblica", 22/4/2020)

Effetto lockdown, Telefono Azzurro denuncia: “Le violenze sui bambini cresciute del 20%” (Luca Monticelli, lastampa.it, 12/5/2020)

E poi abbiamo le abitudini, le complicazioni, la diffidenza, i ricorsi, la stanchezza, il mal di schiena, l’ansia e le tensioni, lo stress, fino alle psicopatologie da lockdown; e anche la tintarella, il calo di inquinamento perfino uno snellente rimodellante da lockdown. C’è il lockdown sentimentale, quello del lusso, quello del consulente, perfino quello delle montagne.

Come parola etichetta è poi efficace anche in formazioni sintetiche: abbiamo così avuto un d(ecreto) l(egge) lockdown: Aula Camera approva dl lockdown, ora passa a Senato (Askanews.it).

Ci sono poi dei derivati: soprattutto negli Stati Uniti ci sono le manifestazioni e i manifestanti anti-lockdown o gli anti-lockdown tout court:

Usa, superati i 40 mila morti. Trump con gli anti-lockdown. La Norvegia riapre gli asili [titolo breve sulla pagina iniziale]. (Repubblica.it, 20/4/2020)

Naturalmente esistono anche persone o documenti pro-lockdown

Coronavirus, il Comitato tecnico scientifico difende il documento pro-lockdown: «Chi ci contesta non ha incluso i morti tra i casi gravi, livello umiliante». (Angela Gennaro, Open.online, 30/4/2020)

Abbiamo già superato la fase di de-lockdown, ovvero di deconfinamento:

Dopo 30-40 giorni di rigide misure di confinamento [...] diversi Paesi europei e di altri continenti stanno allentando il lockdown, rilanciando l’economia e autorizzando la ripresa della attività quotidiane [sic] dei propri cittadini. Ad incoraggiare diversi governi ad ammorbidire il confinamento, è il calo e/o il controllo delle curve di contagio e decessi da nuovo coronavirus. [...]
AUSTRIA: è stato uno dei primi paesi europei ad attuare misure di de-lockdown, autorizzando il 14 aprile la riapertura di piccoli negozi mentre gli altri dovrebbero ripartire il 2 maggio. (La mappa del deconfinamento e le tappe della riaperturaagi.it, 21/4/2020)

La forma circola anche in inglese, sui social e siti che trattano di Covid 19; ma per l'italiano forse ha pesato deregulation, altra forma inglese attestata in italiano dal 1980 (GRADIT), che è facilmente leggibile come deregolamentazione.

E ormai siamo nel (periodo) post-lockdown:

Nell’azienda post-lockdown l’agilità diventerà una capability critica per affrontare le dinamiche di mercati sempre più volatili; la capacità di anticipare le discontinuità e di rimodulare rapidamente le operations sarà l’imperativo da seguire per vincere le prossime sfide. (Fabio Benasso, Post lockdown per aziende agili, “il Sole24ore”, 24/04/2020)

Ma qualcuno lo chiama anche il dopo-lockdown:

Acquistare casa ai tempi del Covid 19 - Il dopo-lockdown del mercato immobiliare. (Venetouno.it, 30/04/2020) 

E a quanto pare presto ritorneremo ai livelli pre-lockdown il che non è detto sia sempre una buona notizia:

Il traffico di Verona è tornato al livello pre-lockdown - Ieri in città circolavano tante auto quante lunedì 24 febbraio, giorno di scuole chiuse per carnevale, ma con tutte le attività economiche e commerciali aperte. (daily.veronanetwork.it, 13/5/2020)

Soprattutto al livello pre-lockdown non devono tornare i contagi, altrimenti potremmo andare incontro al temutissimo lockdown di ritorno:

Tra i punti allo studio anche un eventuale ‘lockdown di ritorno’, se i contagi dovessero tornare a salire. Intanto, da inizio maggio ristoranti e bar potranno forse ripartire con l’asporto, e l’autocertificazione potrebbe essere richiesta solo per gli spostamenti tra Regioni. (Un 25 aprile blindato in Sicilia, LiveSicilia.it, 25/4/2020) 

Ci sembra evidente come la parola sia stata particolarmente utile alla “narrazione” di questi mesi di crisi e ancora evidentemente lo è se nelle ultime 24 ore (alle 10 del 21/5) nelle pagine in italiano il motore di Google restituisce 1.600.000 risultati per lockdown.

Forse questa parola che ancora incombe su di noi non è davvero entrata a far parte del nostro lessico “normale”, ma viene usata quasi come una sorta di “hashtag mentale”. Forse. Quello che è certo è che se tutto ciò che ha significato per noi dovesse tornare capiremmo benissimo cosa vuol dire.

L’ora zero
La notte in cui il Covid si è preso l’Italia

Inchiesta su come, quando e perché il virus sorprese un Paese disarmato. Sulle scelte e gli uomini che hanno cambiato il nostro destino. Nove firme svelano la storia inedita dei momenti che portarono al 9 marzo 2020, il giorno in cui cominciò la nostra traversata nel deserto: il lockdown. (Repubblica.it, 20/5/2020)