DOI 10.35948/2532-9006/2019.3084
Licenza CC BY-NC-ND
Copyright: © 2011 Accademia della Crusca
Quesito:
Salvatore Campa da Torino ci chiede: "Come è nato il nome della nostra patria?"
Il nome dell'Italia
Rispondiamo con le parole di Carla Marcato che, nel suo Nomi di persona, nomi di luogo (Il Mulino, Bologna, 2009, p. 138), scrive:«Italia è un nome di tradizione classica, in origine con riferimento all'estremità meridionale della Calabria; si estende poi alla penisola con l'avanzarsi della conquista romana. La sanzione ufficiale del nome si ha con Ottaviano nel 42 a.C., mentre l'unione amministrativa con le isole si ha con Diocleziano ( diocesi italiciana). Nei secoli il nome rimane di tradizione dotta (l'evoluzione popolare del latino Italia sarebbe stato Itaglia, Idaglia, a seconda delle zone). L'origine del nome è discussa e incerta. Alcuni suppongono che derivi da una forma di origine osca e corrisponda a Viteliu accostato all'umbro vitluf 'vitello', latino vitulus. Per altri avrebbe il senso di "terra degli Itali", popolo che avrebbe come totem il vitello (italos), perciò la denominazione si fonderebbe sull'uso antichissimo di divinizzare l'animale totem della tribù; oppure "il paese della tribù degli Itali", nome totemistico da *witaloi 'figli del toro'. Non mancano le interpretazioni leggendarie, come quella del principe Italo, l'eroe eponimo che avrebbe dominato il Sud della penisola. Vi è poi il mito secondo il quale Eracle, nell'attraversare l'Italia per condurre in Grecia il gregge di Gerione, perde un capo di bestiame e lo cerca affannosamente; avendo saputo che nella lingua indigena la bestia si chiama vitulus, chiama Outalía tutta la regione».
Se la voce della scienza linguistica non dovesse soddisfare completamente il sentimento nazionale che in occasione del centocinquantenario dell'unità d'Italia sembra esser diffuso in buona parte degli italiani, riportiamo l'immagine evocata da Giovanni Pascoli, per il cinquantenario dell'allora Regno, nell'orazione ai giovani allievi della R. Accademia Navale (Italia!, Zanichelli, Bologna, 1911, p. 7).
Il poeta parla del popolo dell'antica terra che si chiamò poi Italia, ma che ancora "il nome suo non l'aveva", di quelle tribù, "meglio che popoli", che prendevano il nome da un animale sacro: «Uno di essi popoli prendeva il nome dal "bove". Narravano d'esser giunti alle lor sedi seguendo un toro. Grande cammino avrebbe lor fatto compiere l'animale sacro: da quei grandi monti per tutto il silvestre paese, attraversando via via altri monti, guadando rapide fiumane, sotto un cielo sempre più azzurro, sotto un sole sempre più ardente. Ma ecco il bove condottiere mugliò, fermandosi. Era avanti a lui un fiume inguadabile. Dall'altra sponda, in lontananza, una montagna fumava: nella notte il fumo si sarebbe converso in anelito di fiamma. Il popolo si fermò anch'esso, si estese lungo la spiaggia (quel fiume era il mare), si propagò, fondò città, e infine vanì. Non se ne ricordò se non il nome, che era quello del toro che li aveva guidati, ed era il segnacolo e si credeva il progenitore. In lor lingua si chiamava ITAΛΟΣ: Italo. Onde quel lembo di terra estrema sul mare, circa due millenni e mezzo fa, già si indicava col nome sacro d'Italia».