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Generale, generico, general-generico o genericissimo?

  • Riccardo Gualdo
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2025.40548

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Quesito:

Una lettrice di Mentana, che lavora nel settore aziendale privato, segnala uno dei tanti “modi di dire o espressioni” molto “gettonato” nel suo ambiente: general-generico per indicare qualcosa di “mooolto generico” (si riportano testualmente le sue parole, con il voluto allungamento della vocale tonica di molto), chiedendoci se si tratti di una forma corretta.

Generale, generico, general-generico o genericissimo?

Considerata l’alta frequenza delle due componenti, non è facilissimo trovare riscontri di questa “espressione”, che tra l’altro non si è ancora fissata nell’ortografia: infatti i due aggettivi possono essere scritti separati oppure uniti da un trattino o da una barra obliqua, soluzione meno frequente perché associata in genere a indicare una relazione disgiuntiva (‘generale o generico’); escluderei anche che tra due elementi ci sia una relazione intersettiva, cioè di intersezione delle proprietà semantiche, che caratterizza i composti A-A con aggettivi antonimici, come acido-dolce, amato-odiato, e simili (D’Achille-Grossmann 2010, p. 406). A ogni modo, spulciando nella rete, ho trovato due esempi recenti e uno un po’ più antico (miei i neretti):

La Dirigente, evidentemente non si rassegna e convoca il 20 dicembre, un Consiglio di Istituto con all’ordine del giorno «Delibera ampliamento offerta formativa con nuovi indirizzi anche sperimentali». Una delibera general generica a cui comunque parte dei membri si oppongono, mettendolo a verbale, proprio per l’inconsistenza formale ma al contempo la pericolosità di tale decisione. (FILC-CGIL Milano, Sperimentazione filiera tecnologico-professionale: lo strano caso dell’Istituto Carlo Porta di Milano, m.flcgil.it, 5/1/2024)

Il merito rientra nel nutrito novero di quei temi che generano immediato consenso ed esercitano un’irresistibile forza magnetica. Ciò dipende soprattutto dal carattere general-generico che, di per sé, senza ulteriori determinazioni, accompagna il concetto, rendendolo aperto a ogni possibile contenuto: sotto questo profilo, «merito» è una «parola pigliatutto», a catchall word, come usa dire la lingua inglese. (Diego Fusaro, Le avventure del merito, iassp.org, 15/11/2023)

La distanza disciplinare e delle conoscenze culturali, legate ad una specificità scientifica imposta da un’evoluzione della società sempre più complessa e certamente incompatibile con un approccio del diritto “general/generico”, induce ad una maggiore riflessione sulle effettive affinità, anche per evitare ricadute pregiudizievoli sull’organizzazione degli ordinamenti didattici. (Alessandro Pace, Presidente dell’Associazione dei costituzionalisti, Sulla proposta di aggregazione in macro-settori dei settori scientifico-disciplinari, associazionedeicostituzionalisti.it, 5/7/2007)

Di un anno anteriore è la prima attestazione lessicografica, in un esempio riportato s.v. corporativizzazione del Supplemento 2009 al GDLI, ed è tratta dall’“Unità” del 26 novembre 2006:

«c’è una subalternità culturale del centro-sinistra a questa critica general-generica che non riconosce nemmeno l’evidenza – dichiara – che mi pare inaccettabile». si dà a Confindustria e le imprese si lamentano. si dà al sindacato e succede lo stesso. «siamo di fronte a una corporativizzazione della manovra», dichiara il senatore diessino.

Gli esempi raccolti qui provengono da ambienti di contrattazione sindacale o di àmbito scolastico o universitario. Non c’è una chiara distribuzione geografica, e dunque general-generico si può definire panitaliano, anche se il centro di diffusione potrebbe essere la comunicazione aziendale soprattutto settentrionale.

Gli aggettivi generale e generico, pur derivati entrambi dalla stessa base lessicale, hanno due significati distinti: generale, che significa ‘comune o applicabile a un intero ordine di fatti, cose o persone’ (Devoto-Oli 2025), si oppone a speciale, specialistico, specifico in molti contesti professionali; si pensi ad anestesia generale (sinonimo di anestesia totale) e a medicina generale in àmbito medico o alla procura generale contrapposta a quella speciale nel diritto privato. Generale, insomma, indica qualcosa che ha una larga applicazione. Non tecnico è invece generico, che è spesso usato nel senso di ‘indeterminato’ e suggerisce un’incertezza di specificazione; generico è connotato in modo lievemente negativo o riduttivo rispetto a specifico (per es. attore generico, o anche semplicemente generico, che recita piccole parti di vario genere; farmaco generico, diverso dal farmaco con marchio e nome brevettati; medico generico, contrapposto allo specialista). Tuttavia, nell’accostamento general-generico, è generico che prevale su generale, contaminandolo semanticamente e annullandone le valenze tecniche. La lettrice ha doppiamente ragione quando scrive che il composto indica qualcosa di “mooolto generico”: generale rafforza generico con un’iconicità grafica e fonetica non dissimile dall’allungamento della o di molto. Qualcosa di “general-generico”, in tutti i casi in cui lo si trova documentato, è qualcosa di supergenerico, di genericissimo.

Vengo all’aspetto formale del composto. I composti aggettivo-aggettivo (A-A) sono attestati in italiano da molti secoli, hanno origine nel latino rinascimentale e hanno avuto particolare fortuna nella seconda metà del Seicento (Migliorini 1960, pp. 486-488; Grossmann-Rainer 2009, pp. 76-78). Trovano spazio prima nella trattatistica storica e scientifica e poi nella fantasia della poesia e della prosa barocche, fino all’esplosione efficacemente rappresentata dal Bacco in Toscana di Francesco Redi. Nel primo abbozzo di questo celebre componimento, risalente al 1672, troviamo aggettivi come almigioioso, velocintrepido, pindarico-chiabrerico (Serianni 2015, p. 95) e altri nel testo definitivo, pubblicato nel 1685 (D’Achille-Grossmann 2010, p. 412; per un profilo storico cfr. D’Achille-Grossmann 2009).

Dopo le analisi di Bruno Migliorini (1963 [1941], pp. 29-33), Paolo D’Achille, Maria Grossmann e Franz Rainer hanno studiato le particolari caratteristiche ed espressioni di questo gruppo di composti, alcune delle quali sono al confine tra morfologia e sintassi. I composti formalmente più vicini a general-generico sono quelli del tipo liberal-democratico e social-democratico. Per unirsi a un altro aggettivo con iniziale consonantica, generale, liberale e sociale perdono la -e per apocope. È importante notare che questi aggettivi sono invariabili rispetto al genere; dunque non creano le oscillazioni d’uso possibili per aggettivi come economico, politico, tecnico (nelle prime tre posizioni, per frequenza, dell’elenco raccolto da Grossmann-Rainer 2009, p. 80), che in composizione ammettono sia la forma in -o (misure politico-economiche), in cui la -o- è una vocale di collegamento, sia – più raramente – quella concordata con il nome a cui si riferiscono (interventi politici-economici). L’apocope è più diffusa, sebbene non sistematica, negli aggettivi in -ale, proprio come generale, forse anche per l’influsso di forme omologhe in altre lingue (nazional-socialista sul tedesco nationalsozialistich, cfr. Grossmann-Rainer 2009, pp. 88-89).

Sul piano semantico, gli aggettivi che formano questi composti hanno tra loro perlopiù un rapporto di coordinazione: liberal-democratico significa ‘liberale e democratico’. Nel caso di general-generico, invece, sembra prevalere un valore intensivo. Nel campo della morfologia valutativa, l’espressione di un significato quantitativo sembra prioritaria rispetto a quella di un significato qualitativo, mentre l’aspetto accrescitivo e intensivo – che sembra agire in general-generico – sarebbe meno diffuso rispetto a quello diminutivo, stando al confronto interlinguistico (Micheli 2020, pp. 90-93).

Sul piano morfologico general-generico è sulla stessa linea di forme come quelle appena ricordate, tipiche del linguaggio politico; sul piano semantico è una sorta di reduplicazione parziale: per reduplicazione s’intende tecnicamente la ripetizione di una stessa parola, o di una sua parte, per diversi obiettivi, in prevalenza quello di intensificarne il significato (rinvio a Thornton 2009 per i principali riferimenti bibliografici).

Ma perché preferire general-generico a un pur possibile generico generico o a un più tradizionale genericissimo? Formulo qualche ipotesi, cercando di non tenermi troppo… sul generico.

Il superlativo in -issimo è un elemento morfologico che si può definire identitario dell’italianità linguistica; tuttavia, nella lingua contemporanea, soprattutto giovanile, gli si è affiancato negli ultimi anni il prefisso super-. Non escluderei, azzardando un po’, che un modello angloamericano spinga a preferire la caratterizzazione morfologica a sinistra rispetto a quella a destra, originaria in italiano, e dunque a preferire super- o, nel nostro caso, general(e), a -issimo. La reduplicazione totale generico generico per ‘molto generico’ o ‘(proto)tipicamente generico’ (cfr. gli esempi raccolti e commentati in D’Achille-Grossmann 2010, pp. 407-408) è virtualmente possibile. Ma è forse avvertita come troppo colloquiale, parlata, rispetto a una forma che, al contrario, ha il sentore e il prestigio del gergo aziendale. Insomma, general-generico suona più specifico, più efficiente, quasi tecnico.

Accenno, infine, alla possibilità dell’influsso di altre lingue, e in particolare dell’inglese, dove gli aggettivi derivati da forme latine in -alis terminano sempre in -al.

Come prototipo del tipo social-democratico Grossmann-Rainer 2009 citano imperial-regio, attestato in italiano alla fine del Settecento. Come si pronuncia imperial-regio? La questione è più complessa di quanto appaia a prima vista.

Si tratta intanto di capire se chi usa la parola la consideri come un’unità fonica compatta o distinta; nel primo caso ci sarebbe un ovvio accento primario su -re-, mentre un accento secondario potrebbe cadere più su ‑pe- che su -al-, per evitare l’accostamento tra una sillaba forte, con accento primario, e una sillaba con accento secondario; si pensi a banalmente con accento secondario su ba- o a naturalmente, con accento secondario su na- o (meno spesso) su -tu-; nel caso in cui le due parole fossero sentite come autonome, imperial andrebbe senz’altro accentato sull’ultima sillaba. Del resto imperial-regio, con il secondo elemento bisillabico e accentato sulla prima sillaba è un’eccezione rispetto alla stragrande maggioranza di composti con il secondo elemento polisillabo, in cui l’accento è ben più distante da quello del primo elemento (in liberàl-democràtico ci sono due sillabe atone tra i due accenti). Fatte queste premesse, ho sentito almeno una volta alla radio pronunciare impèrial-regio e ho il sospetto, ma la ricerca andrebbe approfondita, che questa pronuncia sia modellata su quella inglese di imperial, dove la sillaba accentata non è l’ultima, ma la penultima. Casi simili sono Natural‑Bibo e Ideal Standard, rispettivamente nome commerciale di una linea di prodotti monouso (piatti e posate) in bioplastica riciclabile e nome di una multinazionale specializzata in accessori per il bagno; la sequenza è la stessa: primo elemento apocopato, con accento italiano tendenzialmente sull’ultima sillaba (naturàle, ideàle), e secondo elemento bisillabo piano. Nelle pubblicità radiotelevisive la pronuncia è sempre nàtural-bìbo e ìdeal-stàndard. Non ho mai sentito usare general-generico nel parlato, ma non escludo che circoli la pronuncia gèneral-genèrico; questa eventuale pronuncia potrebbe avvalorare, dal versante prosodico, l’ipotesi di una pressione del modello inglese anche sul versante morfologico.

Nota bibliografica:

  • D’Achille-Grossmann 2009: Paolo D’Achille, Maria Grossmann, Stabilità e instabilità dei composti aggettivo + aggettivo in italiano, in Edoardo Lombardi Vallauri, Lunella Mereu (a cura di), Spazi linguistici. Studi in onore di Raffaele Simone, Roma, Bulzoni, 2009, pp. 143-171.
  • D’Achille-Grossmann 2010: Paolo D’Achille, Maria Grossmann, I composti aggettivo + aggettivo in italiano, in Maria Iliescu, Heidi M. Siller-Runggaldier, Paul Danler (eds.), Actes du XXVe Congrès International de Linguistique et de Philologie Romanes (Innsbruck, 3-8 septembre 2007), 7 voll., Berlin-New York, De Gruyter, 2010, vol. VII, pp. 405-414.
  • Grossmann-Rainer 2009: Maria Grossmann, Franz Rainer, Italian adjective-adjective compounds: between morphology and syntax, in “Rivista di Linguistica”, XXI/1, 2009, pp. 71-96.
  • Micheli 2020: Maria Silvia Micheli, La formazione delle parole. Italiano e altre lingue, Roma, Carocci, 2020.
  • Migliorini 1963: Bruno Migliorini, I prefissoidi (il tipo aeromobile, radiodiffusione), in Id., Saggi sulla lingua italiana del Novecento, Firenze, Sansoni, 1963 [1941], pp. 9-60.
  • Serianni 2015: Luca Serianni, Prima lezione di storia della lingua italiana, Roma-Bari, Laterza, 2015.
  • Thornton 2009: Anna M. Thornton, Italian verb reduplication between syntax and lexicon, in “Rivista di Linguistica”, XXI/1, 2009, pp. 235-261.


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