Consulenze linguistiche

Fideiubente la Crusca

  • Vittorio Coletti
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2020.4418

Licenza CC BY-NC-ND

Copyright: © 2020 Accademia della Crusca


Quesito:

Un lettore ci chiede se il termine fideiubente (o fidejubente), in uso nei documenti relativi a concessioni di credito, “esista” e quale sia la sua origine.

Fideiubente la Crusca

Capita che alle domande (specie quando di singoli lettori) la Crusca non possa rispondere subito, tante esse sono. Per questo motivo pratico, può capitare di accingerci a rispondere a una domanda che, probabilmente, qualche anno dopo non ci sarebbe stata più fatta perché il tempo ha pienamente risolto il dubbio che aveva spinto qualcuno a porcela. Ce ne scusiamo. È questo forse il caso di una domanda (del 2012) sulla liceità e l’esistenza della parola fideiubente (o fidejubente). Basterebbero gli oltre 8000 risultati della parola su Google per accertarci della sua esistenza odierna, anche se, per la verità, sarebbe bastata anche una sola attestazione ad assicurarcene e la sua natura di latinismo ben adattato a garantirci della sua correttezza formale (appartiene alla famiglia dei discendenti e prestiti adattati del verbo latino fideiubere ‘farsi garante’). Il significato di fideiubente individua, come quello del più noto fideiussore, la figura giuridica di chi offre garanzia a un creditore per il debito di un terzo. Fideiubente si legge già (grazie a Google libri) come sinonimo di fideiussore in una sentenza del Tribunale di Milano del 1872 (riportata sulla “Giurisprudenza italiana” del 1873), dove si parla di “semplice garante o fideiubente” e l’uso che lì se ne fa spiega perché accanto a fideiussore si sia sviluppato quest’altro latinismo (si noti in entrambi la conservazione della tonica latina di fidem). Scrive un sito (Lente di ingrandimento) della Confedilizia:

Si può dire fideiussore, certo. Ma, al femminile, bisogna allora dire fideiussora. Che non è bellissimo. Ecco perché, da molti, si usa il termine fideiubente, che va bene sia al maschile che al femminile. Si usa fideiubente, cioè, per semplicità di linguaggio, e non per essere ricercati (come molti credono).

E in effetti nella citata sentenza ottocentesca, in tre delle quattro volte in cui appare, fideiubente è riferito a nomi femminili: “e in quanto alla denominazione data alla Jelmoni nel ridetto precetto di terza posseditrice e di fideiubente del debitore…” e così si parla tanto del fideiubente in astratto quanto di una fideiubente in carne ed ossa in una sentenza dello stesso tribunale del 1864. C’è di più: di fideiubente come sinonimo di fideiussore parlano già gli statuti di Pergine Valsugana del 1516. Del resto fideiubente, non di rado riferito a foemina, era corrente nel latino giuridico, come altre forme del citato verbo fideiubere, da cui sono derivati ovviamente anche gli antenati di fideiussore (attestato da metà Trecento in italiano) e di fideiussione. Il vantaggio di fideiubente è dunque quello di poter funzionare bene non solo in riferimento a persona di sesso femminile ma anche come aggettivo (di “banca fideiubente” si legge in alcuni testi giuridici del corpus CORIS, di “società fideiubente” ci sono esempi su Internet), sopperendo all’imbarazzo (più che alla scarsa bellezza) del femminile e soprattutto alla difficoltà dell’uso aggettivale del sostantivo fideiussore, anche se sarebbe disponibile il corradicale fideiussorio, riferibile però solo alla fideiussione e non anche al fideiussore (“prestito, obbligo fideiussorio”, “garanzia fideiussoria”). Fideiubente però è sinonimo di fideiussore oltre che meno frequente valido esclusivamente in ambito tecnico-giuridico e bancario, mentre fideiussore ha sviluppato anche il significato più generico e figurato di ‘garante, mallevadore’, specie in testi religiosi (riferiti per lo più a Cristo). Si capisce dunque la ragione dell’uso antico e oggi forse crescente ma pur sempre limitato di fideiubente, che non è ancora arrivato ai vocabolari della lingua comune, per quanto il GDLI (fonte di quasi tutti gli altri successivi) lo registri, sia pur citandone la riprovazione (“inutile latinismo”) di Filippo Ugolini del 1860. Qualche utilità, invece, può averla.

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