DOI 10.35948/2532-9006/2024.32241
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Alcuni lettori ci chiedono chiarimenti sulla pronuncia della parola enclave: si legge “all’italiana” come conclave, o “alla francese?” E al plurale? Per exclave le regole sono le stesse?
Enclave ‘piccola porzione di un dominio territoriale all’interno di un altro dominio territoriale’ è uno dei molti francesismi del linguaggio politico e amministrativo, né soltanto di quello italiano, visto che questo termine è entrato non solo nella nostra lingua, ma nel complesso delle lingue europee vicine, romanze – come lo spagnolo, il portoghese, il romeno – e non romanze, come l’inglese.
In francese, il sostantivo femminile enclave, che oggi si pronuncia [ɑ̃ˈkla:v] è un derivato del verbo enclaver ‘chiudere, racchiudere, accludere’ (a sua volta mutuato dal provenzale, enclavar) ed è attestato dal secolo XIV, nella forma encleve, con un significato già affine a quello moderno. La lessicografia etimologica italiana (il DELI Dizionario etimologico della lingua italiana di Cortelazzo-Zolli, l’Etimologico di Nocentini-Parenti) attesta l’uso di questa parola in italiano a partire dalla fine dell’Ottocento, epoca nella quale il termine era percepito senza dubbio come un francesismo e pronunciato alla francese, tanto che se ne discuteva la possibile sostituzione con una voce più propriamente italiana. La pronuncia mimetica del francese è ancor oggi quella consigliata da vari dizionari italiani (a partire dal Vocabolario Treccani online, che mentre redigiamo queste righe riporta effettivamente questa pronuncia, forse aggiunta di recente; e la stessa pronuncia del resto è raccomandata dal Nuovo Treccani #leparolevalgono, uscito a stampa nel 2018), ma è in effetti difficile da realizzare correttamente per i parlanti italiani, vista la presenza di un suono (la vocale nasalizzata iniziale) assente nell’inventario fonologico dell’italiano standard, nonché di una consonante finale altrettanto poco familiare per la maggior parte dei parlanti. Se a ciò si aggiunge che la grafia della parola non rende evidente la sua natura di voce straniera, si capisce come nell’uso comune essa sia spesso pronunciata come se fosse appunto una voce italiana (quindi: [enˈklave]). Questa pronuncia non sembra veramente censurabile, visto che ripete un trattamento subìto in passato da numerosi francesismi nel loro percorso di “naturalizzazione” nell’italiano, e visto che varie altre lingue europee, come l’inglese e lo spagnolo, hanno già comunemente adattato questa stessa parola alle loro abitudini di pronuncia, senza danni per la sua comprensibilità e a tutto vantaggio dei rispettivi lessici politico-amministrativi, che si sono arricchiti di un termine il cui significato non era altrimenti esprimibile in modo così sintetico e univoco. Si aggiunga che la corretta pronuncia francese, quella con vocale centralizzata e nasalizzata iniziale, è di fatto raramente realizzata tra chi parla in italiano, e rischia di essere percepita come affettata o stucchevole, per cui anche chi vuole mantenere la pronuncia “alla francese” rischia di produrre, parlando in italiano, una forma approssimativa e ibrida come /anˈklav/.
L’adattamento della voce ha ovviamente varie conseguenze sul suo trattamento. Se si accetta, come pare ormai ragionevole, che la parla enclave sia un francesismo adattato dell’italiano, il suo plurale potrà essere formato come quello della maggior parte dei sostantivi femminili italiani in -e, e sarà quindi enclavi (una ricerca della sequenza “le enclavi” nella solita biblioteca virtuale di Google libri mostra che tale soluzione è largamente adottata non solo dalle guide turistiche che parlano di Ceuta e Melilla, ma anche da numerosi giornalisti specializzati in questioni internazionali e da esperti italiani di geografia politica). C’è però anche la possibilità, contemplata dal GRADIT e dal Devoto-Oli 2024, che il nome sia considerato femminile invariabile, come avviene nel caso di la stele/le stele (lo Zingarelli ammette entrambi i plurali, e anche quello francese). Quanto al genere, Google restituisce oggi (16/1/2024) 5.450 risultati di “le enclave”, contro i 4.380 di “le enclavi”; ce ne sono poi 650 di “gli enclavi” (in questi casi forse la finale in -i del plurale a guidare verso il maschile anche, che appare comunque mal motivato, e quindi sconsigliabile). Se si continua a considerare enclave una parola francese non adattata, il suo plurale, enclaves, sarà indistinguibile dal singolare nel parlato italiano e sarà preferibilmente riportato in corsivo nello scritto, come si conviene per le parole straniere.
Un’ulteriore, delicata conseguenza del vario grado di adattamento di questa parola alle lingue che l’hanno importata riguarda quello che di fatto è un suo derivato, exclave, ottenuto sostituendo il prefisso en- (dal latino in-) con il semanticamente opposto ex-. Con exclave si indica in italiano (e in inglese) lo stesso concetto espresso da enclave, ma considerato dal punto di vista dello Stato o del dominio territoriale che possiede la piccola porzione all’esterno del proprio corpo principale: ad esempio, “l’Italia possiede un'exclave in territorio elvetico, Campione d’Italia”. Ma la parola exclave non è registrata dalla lessicografia francese più autorevole (a partire dal TLFi Trésor de la langue française, e da dizionari dell’uso come il Larousse e il Robert) e sembra avere corso nel francese contemporaneo solo in àmbito specialistico, cioè in testi di geografia politica, che probabilmente l’assorbono dalla letteratura scientifica in inglese. Tutto lascia credere, insomma, che exclave sia parola formatasi non nel francese, ma nell’ambito internazionale della geografia politica (che oggi si esprime soprattutto in inglese). Quanto alla sua attestazione in italiano, Devoto-Oli, che la data al 1917, la considera voce francese; GRADIT e Zingarelli la classificano forse più correttamente come pseudofrancesismo.
In conclusione, enclave è una parola francese che come tale può essere pronunciata e scritta (e in questo caso avrà come plurale enclaves). Entrata ormai ampiamente nell’uso comune dell’italiano mantenendo di solito il genere femminile, essa può considerarsi adattata e quindi può anche essere pronunciata come un termine ormai italiano (e in tal caso il suo plurale sarà preferibilmente enclavi). La parola exclave, ricavata da enclave per sostituzione di prefisso, ha uno statuto linguistico più incerto e ibrido: poiché il suo significato è in sostanza lo stesso di enclave, il suo uso può essere lasciato agli ambiti specialistici e di fatto è estraneo, oggi, ai testi più accurati e autorevoli prodotti dal giornalismo, dal dibattito politico e dalla divulgazione di qualità.