Consulenze linguistiche

Derivati dei nomi dei mesi (Gennaio)

  • Lucia Francalanci
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2021.5466

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Quesito:

Vista la frequenza con cui giungono al servizio di Consulenza linguistica quesiti riguardanti i derivati dei nomi dei mesi, la Redazione ha deciso di proporre ogni ultima domenica del mese una rubrica con la trattazione, il più possibile completa, dei derivati del nome del mese che si sta concludendo.

Derivati dei nomi dei mesi (Gennaio)

INTRODUZIONE

In questa rubrica, che avrà una cadenza mensile, illustreremo i principali derivati dei nomi dei mesi, presentandone una trattazione, approfondita per quanto si può, ordinata alfabeticamente.

Per ciascuna voce, riporteremo la definizione, le eventuali varianti, la presenza nei vari dizionari (se non è indicato nulla, significa che il termine è attestato in tutti i principali dizionari), l’eventuale presenza nei detti proverbiali; forniremo anche degli esempi d’uso, cercando di evidenziare le attestazioni letterarie o nella stampa quotidiana.

Le varianti formali sono raccolte sotto la stessa voce. In alcuni casi, si è scelto di abbinare anche altri vocaboli: ad esempio, abbiamo riunito alcune voci sinonimiche (settembreccia, settembresca, settembria) o formato un gruppo con forme sinonimiche e termini derivati dalle voci trattate (settembriano, settembrista, settembrizzamento, settembrizzare, settembrizzatore).

Ne risulta un gruppo di ben 122 derivati (142 se si contano anche le varianti). Di questi, abbiamo scelto di includere nella trattazione, oltre ai termini registrati dai vari tipi di dizionari (sincronici, storici, etimologici), anche quelli non censiti ma che risultano largamente diffusi in rete o comunque particolarmente interessanti da un punto di vista linguistico o semantico. Abbiamo inoltre considerato alcune voci che presentano sporadiche attestazioni in rete ma che sono tuttavia presenti nei testi a stampa o nei quotidiani.

Sono invece escluse dalla trattazione quelle forme (non registrate dai dizionari) che presentano un alto numero di occorrenze in rete ma per le quali c’è molto rumore, ad esempio le voci che coincidono con toponimi (spesso si tratta di nomi di comuni, come Marzano, Maggiano, Giugnano, ecc.) o con cognomi (Maggiale). In rete sono attestati anche diversi prefissati (sia nella grafia univerbata sia con il trattino), specialmente in ambito economico o burocratico: ad esempio, sono usati i suffissi ante-, anti-, extra- (quasi esclusivamente in ambito pubblicitario), mega-, post-, pre-, stra-, ecc. Purtroppo la quantità di rumore legato a tali vocaboli è molto alta (soprattutto per il fatto che gli attuali motori di ricerca non distinguono con precisione le forme con o senza il trattino), per cui si è preferito escluderli dalla trattazione.

Le forme dialettali sono presenti soltanto quando accolte anche dai dizionari.

I mesi più produttivi sono maggio, con ben 19 derivati, e marzo, che ne ha 15. Seguono luglio, con 12 derivati, agosto, giugno e settembre con 11 derivati ciascuno. I mesi meno “prolifici” sono quelli più freddi (gennaio, febbraio, novembre e dicembre), in cui non a caso vi sono pochissime coltivazioni o raccolti.

Metodo e strumenti

Il metodo usato per la raccolta dei vocaboli ha previsto, come primo passo, una ricerca dei derivati nei dizionari sincronici, storici ed etimologici. In particolare, per quanto riguarda i dizionari sincronici, abbiamo consultato in varie edizioni (compresi i supplementi) il Devoto-Oli, il Garzanti (nelle versioni cartacea e online), il GRADIT, il dizionario Hoepli, il Sabatini-Coletti (online), il Vocabolario Treccani (nelle versioni cartacea e online) e lo Zingarelli. Per i dizionari storici, abbiamo fatto riferimento alle cinque edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca, al Tommaseo-Bellini, al Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (TLIO) e al Grande Dizionario della Lingua Italiana (GDLI) di Salvatore Battaglia. Infine, abbiamo consultato il Dizionario etimologico della lingua italiana (DELI), il Dizionario etimologico italiano (DEI), l’Etimologico di Alberto Nocentini e il Lessico etimologico italiano (LEI) per la parte pubblicata.

Una volta terminata questa prima indagine, abbiamo raggruppato i derivati in base al loro suffisso ed effettuato una ricerca a tappeto in rete per ciascuno dei suffissi, in aggiunta ai vari nomi dei mesi: per esempio, abbiamo preso il suffisso -ata di maggiolata, settembrata, ecc. e provato ad aggiungerlo ai diversi mesi, riuscendo a rintracciare altre forme, come aprilata, giugnata, giugnolata, lugliata, novembrata, dicembrata. La ricerca è stata poi estesa ai suffissi più produttivi per l’italiano benché non presenti nella raccolta iniziale. Abbiamo verificato la presenza dei derivati anche nei testi di Google libri e negli archivi storici della “Repubblica”, della “Stampa” e del “Corriere della sera”. Per la trattazione dei suffissi si è fatto principalmente riferimento a Grossmann-Rainer 2004 e Rohlfs 1969.

Abbiamo infine condotto una ricerca sulle attestazioni dei derivati in ambito paremiologico.

Notazioni generali

Mentre in italiano i mesi sono indicati con nomi, in latino si usavano aggettivi che affiancavano il sostantivo mensis, ad esempio februarius mensis ‘mese della purificazione’; molti di quegli aggettivi sono alla base dei nostri nomi dei mesi.

Nel calendario romano la successione dei mesi iniziava dall’attuale marzo e terminava con febbraio; fatta eccezione per quest’ultimo e per aprile, la cui etimologia è incerta, i nomi dei mesi da gennaio a giugno erano dedicati a divinità (Ianus e Ianuarius in onore di Giano, Martius di Marte, Maius di Maia, Iunius di Giunone), quelli da luglio a dicembre erano invece legati a un numerale, che indicava rispettivamente dal quinto al decimo mese dell’anno romano (Quintilis, Sextilis, September, October, November, December).

Il calendario romano restò in vigore fino al 46 a C., quando venne adottato il calendario giuliano. Il mese Quintilis fu modificato nel 44 a. C. in Iulius, in onore di Giulio Cesare, nato il 12 di tale mese, e Sextilis divenne Augustus nell’8 a. C., in onore di Ottaviano Augusto che in quel mese aveva ottenuto il primo consolato.

Il calendario gregoriano, introdotto nel 1582 da papa Gregorio XIII, fissò l’inizio dell’anno al 1° gennaio: gli ultimi due mesi dell’anno romano (gennaio e febbraio) divennero così i primi dell’anno civile. L’adozione di tale calendario, che non fu immediata e non venne accolta subito da molti paesi, consentì di correggere la sfasatura di circa 10 giorni che si era prodotta in quello giuliano tra l’anno solare e l’anno civile. Gregorio XIII ordinò che si cancellassero questi giorni in eccesso, passando da giovedì 4 ottobre a venerdì 15 ottobre 1582.

Nel tempo, i nomi dei mesi (che non indichiamo perché a tutti ben noti) hanno generato moltissimi derivati, in particolar modo aggettivi. Questa proliferazione di vocaboli non deve certo stupire: si tratta di termini che descrivono e ricordano i mesi per le loro principali caratteristiche, soprattutto in riferimento al mondo agricolo. Ciascun mese, e dunque ciascun derivato, può infatti essere legato a particolari condizioni meteorologiche (abbiamo così neve marzolina, calura agostana, sole settembrino, pioggia novembrina, freddo dicembrino, ecc.), a determinati periodi di semina o di raccolta del grano e delle colture (grano marzatico o marzuolo, che si semina i primavera; fieno maggengo o maggese, che matura e si raccoglie a maggio; pere giugnole, uva lugliatica o luglienga, ecc.), all’arrivo o al passaggio di alcune specie di uccelli (la marzaiola, l’agostinella, ecc.).

Molti di questi derivati fanno inoltre parte della tradizione proverbiale, che ha certamente contribuito alla conservazione e alla vitalità di tali vocaboli: la neve marzaiola, dura quanto la suocera e la nuora; la neve marzolina dura dalla sera alla mattina; uva lugliolina non arriva mai in cantina; aria settembrina, fresco la sera e fresco la mattina; neve decembrina per tre mesi ci rovina, ecc. Altre forme si sono invece perse nell’uso corrente o non sono mai uscite dai confini delle sentenze proverbiali, come la voce aprilante, proprio della formula (e varianti) quarto (o terzo) aprilante, quaranta dì durante, o i verbi gennareggiare/gennaieggiare e febbreggiare/febbraieggiare ‘fare il tempo tipico della stagione’, cioè fare freddo, e marzeggiare ‘essere incostante e variabile con pioggia e sole che si alternano’.


GENNAIO

Il nome gennaio deriva dal latino tardo Ienuarĭus, variante di Ianuarius ‘di Giano, pertinente a Giano’, derivato di Ianus ‘Giano’, nome di un dio romano, noto perché bifronte, a cui il mese era dedicato. Gennaio è, come detto, il primo mese dell’anno nel calendario giuliano e gregoriano, mentre era l’undicesimo nell’antico calendario romano. Alla base dei derivati non sempre c’è la forma toscana e poi italiana in -aio, ma a volte anche la variante letteraria e dialettale gennaro, che presenta l’esito non toscano -aro invece di -aio, a volte altre forme ancora più marcatamente dialettali (diverse per la consonante iniziale, per la vocale protonica, per la stessa terminazione), e a volte anche la base latina.

  • gennaieggiare/gennareggiare

Le due varianti del verbo sono costruite rispettivamente sull’esito toscano (Ienuarĭu(m)gennaiogennaieggiare) e sull’esito non toscano -aro (Ienuarĭu(m)gennarogennareggiare).

La variante gennareggiare si trova nei proverbi dialettali, nella forma tipica se gennaio (non) gennareggia…, e significa ‘che gennaio si comporta da gennaio, facendo freddo’.

L’Atlante Paremiologico Italiano (Franceschi 2000) e il Dizionario dei proverbi di Boggione e Massobrio (2004) citano il proverbio Se gennaio non gennareggia febbraio mal pensa [= ‘agisce, si comporta male’], che è presente sia in alcuni dialetti pugliesi, come il salentino (ci scinnaru nu scinnariscia febbraru male pensa e ci li ia tutti, facia quajare lu vinu intra le utti = ‘se a gennaio non fa freddo, febbraio pensa male e se li avesse tutti [i giorni] farebbe intorbidire il vino nelle botti’) o il tarantino (Cə scennarə no scənnarescə, fəbbrarə malə penzə), sia nel siciliano (si jinnaru ’un jinnarìa, frivaru malu pensa). È inoltre presente nella variante bresciana (se zenèr no ’l zenerèsa, fevrer ’l fa ’na gran scorèsa = ‘se gennaio non gennareggia, febbraio fa una gran scoreggia’) e nel ladino (ladino veneto: se genàr no genaréza, febràr fa na scorésa = ‘se gennaio non genareggia, febbraio fa una scoreggia’; ladino friulano: se genâr nol genàre e fevrâr nol febràre, març mal al fâs e mal al pense = ‘se gennaio non gennareggia, se febbraio non febbrareggia, marzo fa male e pensa male’).

Il verbo risulta tipico anche dei proverbi dialettali della Svizzera italiana, come illustrato nel saggio di E. Ghirlanda, Il mese di gennaio negli usi e nei dialetti della Svizzera italiana (1968). Ne riportiamo alcuni esempi (da cui ricaviamo anche le traduzioni): se snair u snàira, ènca màisc u màisgia = ‘se gennaio gennaieggia, anche maggio si comporta da maggio’ (Olivone); se sgiane no sgianèira e faurè no faurèira, marz u i pinsa = ‘se gennaio non gennaieggia e febbraio non febbraieggia, marzo ci pensa’ (Gordevio); se sgenè u ne sgeneresgia, fervè ma u la pensa = ‘se gennaio non gennaieggia, febbraio male la pensa’ (Ronco s. Ascona); se sgenéi ne sgenesgia, se fevréi ne fevresgia, marz e avrii matesgia = ‘se gennaio non gennaieggia, se febbraio non febbraieggia, marzo e aprile fanno i matti’ (Lavertezzo); se sgianee ne sgiana, fevree ne fala = ‘se gennaio non gennaieggia, febbraio non falla’, lo sostituisce (Frasco); se genàr nu l genegia, febràr al ga dà d'uregia = ‘se gennaio non gennaieggia, febbraio dà d'orecchio’, si fa sentire (Viganello); sa giné nu l genesgia e fevré nu l fevresgia, mars e aprìl i tiran la curesgia = ‘se gennaio non gennaieggia e febbraio non febbraieggia, marzo e aprile tirano la cinghia’, li imitano, non fanno il tempo che dovrebbero (Brusio).

  • gennaiese/gennarese

È possibile rintracciare in rete alcuni aggettivi (anche sostantivati), non registrati dai dizionari sincronici, usati in riferimento ad alcune colture e i cui nomi derivano dal mese della raccolta. Così, ad esempio, il cavolfiore tipico della zona napoletana annovera tra le specie il gennaiese/gennarese, il febbraiese/febbrarese, l’aprilatico e il dicembrese.

Sempre per i cavolfiori la provincia di Salerno è prevalentemente interessata alla produzione e alla commercializzazione dei tipi precocissimi e precoci (novembrino, natalino e gennaiese) e scarsamente impegnata nei tipi a media e tardiva maturazione (febbrarese, marzatico e aprilatico), che costituiscono, invece, il grosso dell’apporto napoletano (dal resoconto stenografico delle sedute dell’Assemblea e degli organi parlamentari della V Legislatura della Repubblica italiana, Seduta di giovedì 15 luglio 1971, Assemblea, p. 30129).

  • gennaino

L’aggettivo gennaino è attestato esclusivamente in rete ed è spesso associato a condizioni meteorologiche favorevoli: ad esempio, c’è chi approfitta di una giornata gennaina, fredda ma serena (o di un cielo gennaino, di una domenica gennaina, ecc.), per fare una passeggiata:

Grande partecipazione alla prima Edizione del Trail del Cuculo tenutasi ieri (Domenica 17 Gennaio) a Castiglion Fibocchi in provincia di Arezzo, ben 360 competitivi e 30 camminatori accompagnati da un espertissima [sic] guida della Nordic Walking Arezzo, hanno approfittato della bella giornata gennaina, fredda ma serena, per scoprire sentieri, luoghi e paesaggi ai più ancora sconosciuti (Brezzi E Parigi Trionfano Al Trail Del Cuculo, Subbiano Marathon La Società Più Numerosa, 18/1/2016).

Non mancano, tuttavia, esempi in ambiti del tutto differenti, come il mercato calcistico:

Gli innesti del mercatino di gennaio non funzionano. Camplone, con il suo presuntuoso 4-3-3, non sa che pesci pigliare. La Samb allora fa vedere che la gallina vecchia, che non usa gli acquisti “gennaini”, fa anche le uova d’oro (Veleno, La Samb col Martina? Facile, facile, ilquotidiano.it, 10/2/2008).

  • gennaiolo/gennaiuolo

In rete è attestato (ma le occorrenze sono piuttosto sporadiche) anche l’aggettivo gennaiolo (con la variante gennaiuolo), usato principalmente in relazione alle condizioni meteorologiche (il gelo g., il sole g., il tepore g., la neve g. [qui solo esempi puntati?], ecc.) o all’inusuale fungo che nasce nel mese di gennaio, quando il clima è particolarmente caldo e umido. L’aggettivo gennarolo (anche nella forma sostantivata) è invece usato quasi esclusivamente in riferimento a San Gennaro (il cui nome deriva sempre da Ienuarius).

Una curiosa occorrenza del termine si ha nei Proverbi agricoli di Ugo Rossi-Ferrini (1931). Sotto il proverbio n. 1047 (p. 109), Sementa anticipata, rare volte fu sbagliata, l’autore del volume riporta una citazione di Giovanni Emilio Rasetti, direttore della cattedra ambulante di agricoltura dell’Università di Pisa e autore del Manuale di agricoltura pratica (1919), nella quale si parla di grano gennaiolo:

1047 - Sementa anticipata, rare volte fu sbagliata.
«Vale anzitutto pel grano marzuolo, che anzichè con questa denominazione più propriamente, in Toscana, dovrebbe chiamarsi gennaiolo o febbraiolo, perchè è appunto nella prima quindicina di febbraio e magari alla fine di gennaio, quando le condizioni del tempo lo permettono, il tempo adatto per questa semina». (G. Rasetti).

  • gianuario

L’aggettivo gianuario non è un derivato di gennaio ma del latino Ianuarĭus, e significa ‘di gennaio’. Il termine è registrato dal dizionario Tommaseo-Bellini e da due dizionari sincronici, il GRADIT e lo Zingarelli. Il Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (TLIO) registra anche un sostantivo gianuario (riportando anche le varianti ormai in disuso gianuaro, ianuario, ianuariu), presente già in testi del ’200 e del ’300, generalmente in contesti latineggianti o in riferimento alla denominazione usata dai Romani, come nelle citazioni seguenti:

E appresso Numa Pompilio, di cui dicemmo dinanzi, ve n’agiunse due, e ciò fu gennaio e febraio. E chiamò gianuario perché tanto è a dire gianua quanto porta, ed elli ha due porti, ciò è l’entrata e l’uscita dell’anno... (A. Pucci, Libro, cap. 17, 1362, pag. 142)

Li antichi Romani al tempo del popolo gentile avieno un tempio nella città consegrato a Giano, il quale nel loro errore facieno Iddio dell’anno. E per tanto il primo mese dell’anno a questo loro Iddio era consegrato, e da llui era dinominato gianuaro, che noi volgarmente appelliamo gennaio (Matteo Villani, Cronica, L. 8, cap. 59, vol. 2, ed. Moutier, 1348-63, pag. 207).

Secondo il GRADIT e lo Zingarelli, la voce gianuario è di basso uso e viene impiegata prevalentemente nell’espressione calende gianuarie, chiamate anche le gianuarie.


Bibliografia

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  • Anna Maria Antoni, Carlo Lapucci, I proverbi dei mesi, Milano, Garzanti, 1985.
  • Valter Boggione, Lorenzo Massobrio, Dizionario dei proverbi: i proverbi italiani organizzati per temi 30.000 detti raccolti nelle regioni italiane e tramandati dalle fonti letterarie, Torino, Utet, 2004.
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  • Luigi Carrer, Dizionario della lingua italiana, Padova, Tipogr. della Minerva, 1827.
  • Maurizio Dardano, La formazione delle parole nell’italiano di oggi (primi materiali e proposte), Roma, Bulzoni, 1978.
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  • Temistocle Franceschi (a cura di), Atlante paremiologico italiano: questionario. Ventimila detti proverbiali raccolti in ogni regione d’Italia, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2000.
  • Giovanni Battista Gagliardo, Vocabolario agronomico-italiano, Milano, presso Pietro Agnelli, 1804 (2a edizione stampata a Napoli, presso Angelo Trani, 1813).
  • Elio Ghirlanda, Il mese di gennaio negli usi e nei dialetti della Svizzera italiana, in “Vox Romanica: Annales Helvetici Explorandis Linguis Romanicis Destinati”, vol. 27, 1968, pp. 250-267.
  • Giuseppe Giusti, Raccolta di proverbi toscani nuovamente ampliata da quella di Giuseppe Giusti e pubblicata da Gino Capponi, Firenze, Le Monnier, 1871.
  • Paola Guazzotti, Maria Federica Oddera, Il Grande dizionario dei proverbi italiani, Bologna, Zanichelli, 2006.
  • Carlo Lapucci, Dizionario dei proverbi italiani, Firenze, Le Monnier, 2006.
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  • Bruno Migliorini, Lugliembre, in “Lingua e cultura”, Roma, 1948, p. 235-239.
  • Policarpo Petrocchi, Nòvo Dizionàrio universale della lingua italiana, Fratelli Frères, 1887-91.
  • Ugo Rossi-Ferrini, Proverbi agricoli, Firenze, I Fermenti dei F.lli Garoglio, 1931.
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  • Carlo Tagliavini, I nomi dei mesi, in Carlo Tagliavini, Storia di parole pagane e cristiane attraverso i tempi, Brescia, Morcelliana, 1963, pp. 115-176.

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