DOI 10.35948/2532-9006/2021.5458
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Alcuni lettori ci chiedono se esista e che cosa significhi il verbo massimizzare; in particolare qualcuno domanda se massimizzare i tempi sia la stessa cosa che ottimizzarli. Un lettore chiede se sia preferibile usare massimizzazione o massimazione.
Le domande riguardano il verbo massimizzare e il suo derivato massimizzazione (o, si chiede un lettore, massimazione?). Cominciamo da quella relativa al significato del verbo. Massimizzare significa portare qualcosa al (grado, livello) massimo (di rendimento, potenza, grandezza ecc.). Si capisce che qualcuno lo confonda con ottimizzare, portare qualcosa al livello migliore possibile. Ma non sono sinonimi: se “ottimizzo i tempi di un lavoro”, in linea di massima li riduco e lo faccio nel minor tempo possibile; se “li massimizzo”, ci metto tutti quelli necessari e anche di più (magari così la fattura è più consistente). Ergo, per rispondere: massimizzare e ottimizzare non sono sinonimi; ma neppure contrari, visto che il contrario di massimizzare sarebbe, alla lettera, minimizzare, che, però, vale, in genere, non tanto ridurre al minimo quantitativo, quanto ridurre l’importanza di qualcosa (e il suo contrario sarà perciò ingigantire, esagerare). Dunque massimizzare e ottimizzare non vanno confusi.
Con questo, abbiamo implicitamente risposto anche alla domanda di un lettore sull’“esistenza” in italiano di massimizzare, che non solo esiste lecitamente, ma non è neppure un acquisto novecentesco come risulta dai dizionari correnti, perché, come si vede da Google libri ed era prevedibile per chi conosce la filosofia dell’utilità di Jeremy Bentham (morto nel 1832), è già nelle traduzioni italiane del filosofo inglese, come in questa del 1841 in cui si legge:
Ho detto il massimo bene del massimo numero… è impossibile massimizzare il bene egualmente per tutti.
Un’attestazione che, tra l’altro, spiegherebbe il nostro massimizzare più come un calco dell’inglese maximize che del più tardo francese maximiser (che, semmai, deriva dall’inglese), come invece risulta sinora dai nostri dizionari. Del resto, molti verbi in -izzare (doppio suffisso fecondissimo in italiano) sono spesso calchi di corrispondenti francesi o inglesi con valore causativo.
E veniamo alla domanda su massimizzazione o massimazione. Diciamo subito che sono due parole diverse, derivate da due verbi diversi, massimizzare e massimare, figli l’uno del comune massimo (aggettivo) e l’altro, a seconda dei significati, di massima giuridica (aggettivo sostantivato da lat. maxima sententia) o anch’esso di massimo, quando ha il senso che assume in matematica (‘far assumere a una funzione il suo valore massimo’), collegato a quello della meglio nota massimante. Massimazione, nel suo uso meno raro ma pur sempre molto specialistico, deriva da massimare, nel senso giuridico di ‘estrarre le massime’, cioè il principio di diritto, dalle sentenze (da qui, ad esempio, il massimario della Cassazione, l’ufficio e i risultati del lavoro di estrazione e pubblicazione delle massime dalle sentenze del tribunale supremo). Il GDLI attesta anche un suo significato disusato in economia, nella locuzione leggi di massimazione, che ne farebbe risalire la prima attestazione ad ante 1923, anno della morte di Vilfredo Pareto che l’aveva usata.
Massimizzazione (databile secondo il GDLI al 1908 nel Dizionario moderno del Panzini) deriva invece, come detto, da massimizzare e ha sia il significato speciale della matematica, almeno stante al GRADIT (che registra singolarmente soltanto questo più raro significato che ne farebbe un sinonimo di massimazione) sia quello qui in esame e oggi un po’ più diffuso di ‘atto ed esito del massimizzare’ come azione per ottenere, portare al massimo qualcosa, con cui è registrata dagli altri dizionari, ad esempio Sabatini-Coletti e Zingarelli. Dunque due parole non confondibili e che, almeno per i loro significati più importanti e attestati, sarebbe inesatto e sconsigliato usare come sinonimi.
Anche per un’altra ragione che ci consente di dare un’occhiata alla loro forma. Massimazione è prodotta, si diceva, da massimare, un verbo che ha agganciato al nome (massima), semplicemente il suffisso di prima coniugazione con un valore descrittivo di stato più che indicativo di scopo, invece ben evidente in massimizzare, che, grazie all’affisso in -izz-, introduce una valenza causativa, ‘fare il massimo, portare al massimo’; valore ripreso puntualmente dal derivato massimizzazione.