DOI 10.35948/2532-9006/2023.29057
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Molti lettori ci hanno chiesto quali siano i referenti per le parole carrozzina e carrozzella.
Con questa risposta cercheremo di fare chiarezza tra i diminutivi di carrozza individuandone i significati e monitorandone l’evoluzione semantica attraverso i testi normativi italiani e alcune ricerche condotte in rete.
Partiamo dalla base dei diminutivi ossia la parola carrozza che deriva da carro (< lat. carru(m), voce di origine celtica), a cui è stato aggiunto il suffisso -ozza, femminile di -ozzo, forma non fiorentina del suffisso -occio. La prima attestazione, stando al TLIO, risale alla metà del XIII secolo all’interno di un testo in romanesco antico ossia Storie de Troia e de Roma con il significato di ‘veicolo da guerra a due ruote trainato da cavalli’. Alternato a carroccio (da carro con il suffisso toscano -occio) indicava anticamente anche un ‘veicolo a quattro ruote trainato da buoi, con una torre nel mezzo sui cui erano gli stendardi cittadini, un’antenna a croce, un altare e una campana; posto al centro dello schieramento in battaglia, era simbolo della libertà comunale’ (TLIO; ricordiamo che oggi può riferirsi anche al movimento della Lega Nord, cfr. Devoto-Oli online). Le attestazioni antiche si riferiscono prevalentemente a due tipologie di veicoli usati in ambito militare, ma non mancano occorrenze in testi bassomedievali di area fiorentina, senese e siciliana in cui carrozza ha il significato generico di ‘veicolo a due o a quattro ruote a trazione animale adibito al trasporto di persone o merci’.
Nei secoli successivi la parola perde progressivamente il riferimento al veicolo usato in ambito militare e finisce per indicare esclusivamente un mezzo di locomozione per le persone, tant’è che il DELI e il GRADIT riportano come prima datazione di carrozza con quest’ultimo significato il 1575, quello della prima edizione della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso (uscita in quell’anno con il titolo Goffredo), in cui termine ricorre in questa accezione. Le prime due edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca (1612 e 1623) alla voce carrozza rimandano a carretta ossia “spezie di carro [...] diciamo anche carrozza: questa ha sempre quattro ruote, ed è a uso di portare huomini”. A partire dalla III edizione del 1691 viene definita direttamente la parola senza rimandare a carretta; nel lemmario della V edizione ne viene ampliata la definizione, per cui abbiamo una dettagliata descrizione del referente: “veicolo signorile a quattro ruote, o chiuso con isportelli e cristalli, o aperto e con mantice, tirato per lo più da due cavalli, per uso di viaggiare o di andar a diporto”. Viene anche inserita la nuova accezione di “veicolo nelle vie ferrate pe’ viaggiatori”. Nel Tommaseo-Bellini carrozza è definita come “sorta di carro nobile con quattro ruote, lavorato e ornato finemente a uso di portar uomini a sollazzo e a diporto” e inoltre “Carrozze, anche quelle delle vie ferrate, di prima, di seconda, di terza classe. Meglio che Vagoni”. Oggi la parola carrozza ha mantenuto questi significati (‘veicolo a quattro ruote per trasporto di persone, tirato da uno o più cavalli’ e ‘vettura ferroviaria per il trasporto di passeggeri’, come corrispondente italiano dell’inglese coach), a cui si aggiunge quello del lessico marinaresco ‘l’intelaiatura disposta sui boccaporti per sostegno delle cappe’ (Devoto-Oli online). La base dei diminutivi che analizzeremo è carrozza nell’accezione che si è imposta nel XVI secolo, ossia nella sua prima accezione che il GDLI definisce, riprendendo la V edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca, come “veicolo a quattro ruote (per il trasporto di persone): chiuso con sportelli e cristalli, oppure fornito di mantice, trainato da due o più cavalli (per viaggi o per diporto: ed era segno di benessere economico, di agiatezza)”. I diminutivi carrozzella, carrozzina, carrozzino e anche carrozzetta e carrozzello indicano diversi tipi di piccoli veicoli che riprendono, in scala ridotta e in modo semplificato nella foggia, la forma della carrozza appena descritta. Nelle trattazioni che seguono faremo un confronto tra vari dizionari: GDLI, GRADIT 2007, Sabatini-Coletti (edizione 2023 consultabile online su eLexico.com), Vocabolario Treccani online, Zingarelli 2023 e Devoto-Oli online.
Carrozzella
Il suffisso -ello, “dal latino -ellus, dove aveva già significato diminutivo, è il terzo suffisso per produttività” ed è “particolarmente diffuso nel Mezzogiorno” (Lavinia Merlini Barbaresi, in Grossmann-Rainer 2004, pp. 285-286). Può apporsi a nomi formando, come nel nostro caso, derivati lessicalizzati indicanti oggetti di dimensioni ridotte. Il termine carrozzella, ormai lessicalizzato, si riferisce sempre meno spesso a una carrozza di piccole dimensioni (a causa anche della progressiva scomparsa di questo veicolo), denotando piuttosto referenti che nella forma riprendono la foggia della carrozza ma che nella grandezza e soprattutto nella funzione sono oggetti completamente differenti.
Carrozzella non viene mai registrato nelle edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca e neanche nel Tommaseo-Bellini mentre viene lemmatizzato in tutti i dizionari contemporanei, i quali ne riportano essenzialmente tre significati, uno dei quali si è sviluppato a partire dall’area centro-meridionale in cui il suffisso -ello, come abbiamo detto, è particolarmente diffuso. Riportiamo di seguito la definizione a cui ci riferiamo:
GDLI: carrozza pubblica, a quattro ruote, con mantice (tirata per lo più da un cavallo): a Roma e a Napoli, per passeggiate turistiche.
GRADIT: CO[MUNE] [av. 1886, dal napol. carruzzella] tipico calesse per passeggiate e gite turistiche.
Sabatini-Coletti: carrozza a mantice, da piazza, in partic. a Roma e a Napoli
Vocabolario Treccani: a Napoli, Roma e in altre città, carrozza in servizio pubblico di piazza, per passeggiate, a 4 ruote e a un cavallo aperta e con copertura a mantice.
Zingarelli 2023: vettura pubblica a cavalli, a Roma e a Napoli.
Devoto-Oli online: REGION. carrozza in servizio pubblico di piazza.
Il Sabatini-Coletti e il Devoto-Oli sottolineano l’uso regionale del termine e il GRADIT ne riconduce l’origine al napoletano. Il LEI alla voce carrus riporta spesso, come derivati da carrozza, il tipo lessicale carrozzella (tralasciamo tutte le varianti fono-morfologiche) come voce appartenente alle varietà centro-meridionali (particolarmente citata è quella pugliese oltre a quella napoletana) la quale può assumere, oltre al significato appena riportato, anche quello di ‘carromatto’ (ossia una tipologia di carro da guerra) e ‘piccolo veicolo dei venditori ambulanti’. Le occorrenze di carrozzella nei testi tra 1800 e 1900 digitalizzati su Google libri coinvolgono quasi tutte questo significato, che però, oggi, è comunque meno corrente rispetto al passato: le piccole carrozze a Roma, a Napoli, a Firenze (e non escludiamo in altre città italiane) sono sempre di meno e vengono usate per lo più dai turisti stranieri. Il film L’ultima carrozzella con Anna Magnani e Aldo Fabrizi del 1943 già descriveva la progressiva scomparsa di questi veicoli caratteristici a Roma (dove vengono definiti anche botticelle), che, invece, come possiamo leggere nel seguente brano, erano particolarmente attivi nell’Ottocento come mezzo di locomozione cittadino a poco prezzo (in questo caso a Napoli; ricordiamo anche la canzone del 1939 Sulla carrozzella del fiorentino Odoardo Spadaro):
Un egregio giovane, che vorrei nominare, mi dovea essere compagno nella vagheggiata escursione; e puntuale infatti egli venne colla carrozzella a levarmi all’albergo. Alla carrozzella napolitana, permetta il lettore che io dedichi qualche riga: essa è tanta parte dell’esistenza di laggiù, essa è anche un gradevole ricordo per me che me ne sono tanto servito. Le vie della grande città sono ogni ora, di giorno e di notte, percorse, attraversate da migliaja di carrozzelle; i forestieri e la gente del paese se ne valgono egualmente per accorciare distanze e ne è incentivo la poca spesa; tanto gli è vero il proverbio dei nostri vicini: rien qui ruine plus que le bon marché.
La carrozzella è il brougham di Milano, la cittadina di Firenze: con questo divario che essa è sempre scoperta, come il più spesso domandi la mitezza del clima: è insomma un calessino ad un cavallo leggiero e d’uniforme modello. È più che decente veicolo, e di ciò vuolsi dar ampia lode a quel solerte Municipio che, a bandir la vecchia e incomoda carrozzella, privilegiò la nuova di un aumento di prezzo, portando la corsa da quaranta a sessanta centesimi.
La carrozzella va, vola, guizza fra la vettura blasonata e l’omnibus, fra i carri e il curricolo campestre, sbiadita immagine del pittoresco curricolo antico messo omai in abbandono, fra un gruppo di persone ed un altro impedimento, senza che mai urti od offenda, perocché i cocchieri di Napoli, a parte la foggia del loro vario vestire, che talvolta accusa l’avanzo del lazzarone, sono i primi cocchieri al mondo. (Pier Ambrogio Curti, Pompei e le sue rovine, Milano/Napoli, Sanvito Editore/Detken e Rocholl, 1872, vol. I, pp. 13-14)
Consultando l’archivio storico del “Corriere della Sera” abbiamo conferma che la maggior parte delle occorrenze pre-novecentesche di carrozzella ha come significato quello di ‘piccolo calesse da passeggio’.
Passiamo al secondo significato, più vitale rispetto a quello appena descritto, spesso inserito nei dizionari come prima accezione, ossia quello di ‘piccolo veicolo usato per trasportare i neonati’:
GDLI: piccola carrozza a due ruote (a forma di culla, con mantice), spinta a mano, per portare a passeggio i bambini.
GRADIT: CO[MUNE] carrozzina per bambini.
Sabatini-Coletti: culla montata su un telaio provvisto di ruote, usata per portare a passeggio i neonati
Vocabolario Treccani: Piccola carrozza a mano per portare a passeggio i bambini
Zingarelli 2023: carrozzina, nel sign.2 > specie di lettino, montato su ruote e spinto a mano, per portare a passeggio i neonati
Devoto-Oli online: carrozzina per bambini
In questo caso il diminutivo -ello ha concorso a formare un termine diminutivo che poi si è lessicalizzato designando una “piccola carrozza”, funzionalmente differente dalla carrozza propriamente detta perché atta a trasportare e cullare i neonati. Non ci è dato sapere quando siano nati i primi prototipi di questa tipologia di veicolo, ma le prime due occorrenze della parola con questa accezione che abbiamo reperito risalgono rispettivamente al 1873 e al 1883:
Francesca ed Alain, malgrado il male che aveva alle mani, lo faceva girare pel giardino in una carrozzella. [...] E quando egli aveva finito il bambino si agitava nella carrozzella, e, volgendo il capo verso di lui, implorava: - Alain Alain, ancora! (Giorgio Pradel, La colpa della signora Bussière, “Corriere della Sera”, 18-19 dicembre 1883, p. 4)
Inoltre attraverso una ricerca condotta su Google libri sappiamo che a fine Ottocento si cominciavano a creare strutture in ferro battuto, dotate di ruote, atte a trasportare o a far muovere da soli i bimbi: nell’edizione del 1890 della rivista periodica “La moda illustrata” la sedia a carrozzella per bimbi indica un primo prototipo di passeggino mentre la carrozzella si riferisce a una sorta di girello a quattro ruote usato dagli infanti per muovere i primi passi (la rivista è dotata di illustrazioni: che riportiamo di seguito):
Carrozzella per bimbi. La carrozzella è di ferro fuso verniciato. Il giro che serve a sostenere la tavoletta coi giuocattoli è guarnita con un rotolo a cuscinetto il quale può essere chiuso nel mezzo di dietro mediante una coreggia. Nel mezzo davanti sono applicate delle coreggie, che vengono tirate sulle spalle del bambino, quando si adopera la carrozzella, come si vede dalla figura 36. Appena che il bimbo stanco, s’appoggia all’indietro, il sedere, che fino allora se ne stava perpendicolare, si piega in linea orizzontale (vedasi la figura 35).
[...]
Sedia a carrozzella per bimbi. Essa è provvista di sedere, di uno schienale e di molle. Per aprirla si comprime il sedere, si aprono due molle che vi si trovano ai lati; si fissano con uncinetti ed occhielli di ottone, e così la sedia viene a poggiare su quattro ruote. Disposta in tal modo si presta moltissimo a condurre il bambino che vi siede dove meglio aggrada, senza bisogno di portarlo in braccio. (“La moda illustrata, Giornale settimanale illustrato per le famiglie”, V(1), 2/1/1890, pp. 376-377 e p. 389)
Queste informazioni anticipano di un cinquantennio la datazione del LEI, che indica l’it. carrozzella nel significato di ‘lettino o seggiolino montato su ruote per portare a passeggio i bambini piccoli’ diffuso a partire dal 1941; più tarda la prima attestazione riportata dal GDLI: «Si sono fabbricate, per esempio, sul modello “aerodinamico” le carrozzelle per bambini, cioè basse, raso terra, dove la polvere e i gas della città sono più densi» (Corrado Alvaro, Il nostro tempo e la speranza, Milano, Bompiani, 1952, p. 105).
Infine, carrozzella indica anche il mezzo di locomozione per chi ha una disabilità temporanea o permanente, cioè quella che può essere anche chiamata sedia a rotelle:
GDLI: piccolo veicolo, formato da un sedile che poggia su quattro ruote di gomma (spinto a mano o da un motore elettrico): per il trasporto o il movimento degli invalidi.
GRADIT: CO[MUNE] veicolo per invalidi e due più ruote, spinto a mano o a motore.
Sabatini-Coletti: poltroncina mossa manualmente o a motore, eventualmente coperta, per invalidi.
Vocabolario Treccani: piccolo veicolo a 3 e 4 ruote, spinto a mano o dotato di motore, usato per lo spostamento degli invalidi.
Zingarelli 2023: piccolo veicolo per invalidi, mosso a mano e da un motore.
Devoto-Oli online: carrozzina per bambini > veicolo per mutilati, invalidi e malati impediti nella deambulazione
Tutti i dizionari consultati inseriscono prima l’accezione di ‘carrozzina per bambini’ e poi quella di ‘veicolo per mutilati ecc.’; non solo: il Devoto-Oli sembrerebbe far derivare la seconda accezione dalla prima. Il GDLI invece inserisce due citazioni, una di Sbarbaro del 1920 e una di Moravia del 1929, antecedenti entrambe a quella di Alvaro sopra riportata, in cui carrozzella ha l’altra accezione:
Lo storpio s’è fermato all’angolo della piazzetta, nella carrozzella che manovra da sé. (Camillo Sbarbaro, Trucioli (1920), a cura di Giampiero Costa, Milano, Libri Scheiwiller, 1990, p. 255)
Ma sai cosa ti dico?... che tra uno o due anni al massimo ti porteranno in carrozzella... sicuro, non potrai neppur più camminare. (Alberto Moravia, Gli indifferenti, Milano, Tascabili Bompiani, 1981, p. 222)
Non sappiamo quale dei due piccoli veicoli sia nato per primo ma siamo certi che già all’inizio del Novecento erano commercializzate strutture in ferro battuto o in legno dotate di ruote atte al trasporto di persone con difficoltà motoria: ad esempio il Catalogo Generale della Premiata Fabbrica Angelo Porino (Torino, 1912, pp. 4-5), propone una vasta gamma di modelli di carrozzelle “per malati e feriti alle gambe” assieme a poltrone a ruote (ne riportiamo di seguito le immagini):
Dunque, possiamo affermare, grazie alle le ricerche condotte nell’archivio del “Corriere della Sera” e su Google libri, che carrozzella dalla seconda metà dell’Ottocento almeno fino alla prima metà del Novecento designava prevalentemente il tipico calesse da passeggio usato in alcune città italiane, meno frequentemente il piccolo veicolo per portare a passeggio i bambini e ancor meno spesso quello per gli invalidi. Attraverso l’archivio della “Repubblica” abbiamo notato anche un cambiamento semantico in diacronia e cioè: 1) il progressivo regresso del significato di ‘piccolo calesse’ fino alla quasi completa scomparsa proprio come conseguenza della netta diminuzione dei mezzi stessi; 2) la prevalenza del significato di ‘culla da passeggio per bambini’ nel primo Novecento (ad esempio nel 1993 le attestazioni di carrozzella sulla “Repubblica” sono 10 per questa accezione, soltanto 5 per ‘veicolo per invalidi’, 1 per ‘piccolo calesse turistico’ e 2 altri significati metaforici); 3) la graduale avanzata del significato relativo al mezzo per persone con disabilità, che ha scalzato quello di ‘veicolo per trasportare i bambini’: infatti delle 49 occorrenze di carrozzella sulla “Repubblica” del 2022, 47 si riferiscono alla sedia a rotelle per persone con disabilità, 1 al mezzo per gli infanti e 1 al piccolo calesse da passeggio.
Le occorrenze di carrozzella nei testi legislativi italiani delineano una situazione simile ma più complessa di quella appena rilevata. Il Decreto-Regio 25 gennaio 1940 n. 9 riporta testualmente “le carrozzelle (anche a lettiga) per persone impedite” e “le carrozzine per bambini”, operando così una distinzione dei referenti attraverso l’uso di due suffissi diminutivi differenti (Nuove condizioni e tariffe per il trasporto delle cose sulle ferrovie dello Stato, “Supplemento Ordinario” alla “Gazzetta Ufficiale” n. 25 del 31/1/1940); negli anni Settanta il termine carrozzella viene usato sia per i bambini sia per i disabili, tanto che nella legge 22 maggio 1974 n. 348 si parla di “carrozzelle per bambini e per invalidi” (Ratifica ed esecuzione dell'accordo che istituisce una classificazione internazionale per i disegni e modelli industriali, firmato a Locarno l'8 ottobre 1968, “Gazzetta Ufficiale” n. 216 del 19/8/1974, p. 5500); nei testi normativi successivi prevale l’accezione di ‘sedia a rotelle’ per disabili, sebbene ci siano sporadiche occorrenze in cui indica ancora entrambe le tipologie dei veicoli, come ad esempio nella legge in cui si dice che “Sono assimilate ai pedoni le persone che spingono o tirano una carrozzella per bambini, malati o per infermi” (Legge 5 luglio 1995, n. 308, Ratifica ed esecuzione delle convenzioni, con annessi, firmate a Vienna l'8 novembre 1968, sulla circolazione e sulla segnaletica stradale, ed adesione agli accordi europei, con annessi, firmati a Ginevra il 1 maggio 1971, sulle stesse materie ed al protocollo, con annessi, firmato a Ginevra il 1 marzo 1973, sui segnali stradali e loro esecuzione, “Supplemento Ordinario” n. 92 alla “Gazzetta Ufficiale” n. 174 del 27/7/1995). Dagli anni Novanta ai giorni nostri, nel linguaggio normativo, la parola carrozzella designa esclusivamente il piccolo veicolo per disabili, invalidi e infermi.
Carrozzina e carrozzino
I suffissi diminutivi hanno una diversa distribuzione geografica: in Toscana si preferisce -ino, nel Veneto e nel Lazio -etto, nel Meridione -ello ma ormai -ino ha finito per selezionare “aree di uso molto ampie in cui gli altri suffissi non costituiscono alternative possibili” (Lavinia Merlini Barbaresi, in Grossmann-Rainer 2004, p. 281). Infatti ormai -ino è il primo suffisso per produttività e il suo ampio uso nel linguaggio bambinesco ne conferma l’alto potere vezzeggiativo. Può ammettere una differenza di significato connotativo nelle formazioni alternative del tipo donnina e donnino: la prima ha una connotazione negativa (eufemismo per ‘prostituta’) mentre la seconda è legata a un’immagine di grazia e piacevolezza. Non è però il caso dei diminutivi che tratteremo adesso, carrozzina e carrozzino, per i quali l’alternanza di genere non marca alcuna differenza connotativa in negativo o in positivo. Partiamo da carrozzina, che ha mantenuto lo stesso genere della base carrozza.
Abbiamo visto che nelle definizioni di carrozzella per ‘piccolo veicolo per portare a passeggio i bambini’ spesso viene usata la parola carrozzina, che effettivamente tutti i dizionari consultati registrano con questo significato, assieme a quello di ‘diminutivo di carrozza’ (la cui prima attestazione è nell’edizione 1840-42 dei Promessi Sposi, cfr. DELI). Soltanto il Devoto-Oli online inserisce il significato, marcato come improprio, di ‘carrozzella per mutilati, invalidi e malati’.
La parola carrozzina non è stata mai lemmatizzata nelle varie edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca, ma è stata inserita nel Tommaseo-Bellini come “dim. di CARROZZA. Segnatam. quelle da balocco a’ bambini” e poi è stata registrata nel Nòvo dizionàrio universale della lingua italiana di Policarpo Petrocchi (Milano, Fratelli Treves, 1887, 2 voll.) come carrozzina da bambini “Quelle con tre ròte per portarceli a spasso. § E quelle che adòprano per baloccarsi”. La prima citazione letteraria che riporta il GDLI risale al 1939 in Cecchi, a cui segue un’attestazione del 1955 in Alvaro (che, come abbiamo visto, aveva usato con lo stesso significato anche carrozzella) e del 1953 in Cassola:
Le governanti spingono... le carrozzine, con dentro dormenti bamboli di lana nivea, fioccosa, dalla quale non si vede uscire che la punta del naso. (Emilio Cecchi, America amara, Padova, Muzzio, 1995, p. 35)
Un’ombra d’uomo che spingeva una carrozzina da bambino si sedette dall’altra parte della panchina. (Corrado Alvaro, Romanzi brevi e racconti, Milano, Bompiani, 1994, vol. II, p. 536)
Donne con la carrozzina si godevano il sole, gruppetti di giovani scherzavano e ridevano. (Carlo Cassola, I vecchi compagni: un matrimonio del dopoguerra, Milano, Rizzoli, 1979, p. 55)
Grazie a una ricerca su Google libri possiamo anzitutto confermare i dati dell’archivio del “Corriere della Sera”: nel corso dell’Ottocento carrozzina si riferisce quasi sempre al balocco per le bambole; inoltre possiamo retrodatare le attestazioni letterarie di carrozzina con l’accezione di ‘piccolo veicolo per trasportare i bambini’ almeno al 1830:
E da quel momento vi tornò – sicuro! quasi ogni giorno, e, quando venne la primavera tutta rose e fiori di lilla ed il piccolo nato incominciò ad uscire sulle terrazze e sul piazzale; il nonno comparve inaspettato spessissimo e li s’indugiava accanto alla carrozzina tutta bianca. Così avvenne che si trovarono una volta tutti e due curvi e le teste grigie si toccavano quasi: a guardare quella piccola cosa dormiente e sorridente. (Jolanda Monaci Bencivenni, Le dolenti, Bologna, L. Cappelli Editore, 1830, p. 318)
L’evoluzione semantica del termine è parallela a quella di carrozzella: le occorrenze di carrozzina almeno fino alla prima metà del Novecento hanno prevalentemente il significato di ‘piccola carrozza’ (anche ad uso di giocattolo per bambini), a cui si aggiungono quelle, più sporadiche, di ‘piccolo veicolo per trasportare i bambini’. Dalla seconda metà del Novecento comincia a comparire il significato di ‘veicolo per mutilati, invalidi e malati’. Monitorando le attestazioni delle occorrenze sulla “Repubblica” ci accorgiamo che se a ridosso degli anni Novanta prevale ancora il primo significato, oggi troviamo una netta prevalenza di ‘veicolo per disabili’: delle 325 attestazioni di “carrozzina” negli articoli del 2022, quasi tutte presentano quest’ultima accezione (si parla spesso di “papa Francesco in carrozzina” o di sport come “rugby/basket/tennis in carrozzina”, dell’“icona della carrozzina” usata per marcare i parcheggi per disabili) mentre soltanto una decina sono quelle di ‘veicolo per trasportare bambini’. Nel seguente brano si nota che il termine viene alternato a passeggino:
“Mi sono buttato a terra dopo lo sparo, ho alzato gli occhi e ho visto quella carrozzina con una bambina. D’istinto ho preso bambina e passeggino e li ho infilati nel locale. A tutti i clienti ho urlato di entrare dentro”. (Romina Marcera, Spari a San Pietro contro auto, allarme antiterrorismo: l’uomo bloccato col taser. Il testimone: “Ho messo in salvo bimba in passeggino”, roma.repubblica.it, 19/6/2022)
La ricerca su Google immagini per “carrozzina” ci restituisce per lo più immagini della sedia a rotelle, pochissime, ma comunque di più rispetto a carrozzella, del veicolo per trasportare i bambini (a volte viene anche segnalata qualche marca tipica dei modelli per neonati). Come ci è stato suggerito dall’ultimo articolo della “Repubblica” e confermato da una piccola ricerca condotta nel Lazio presso un gruppo di mamme (ma non escludiamo che in altre parti d’Italia la situazione possa essere differente) e su Twitter, la parola con quest’ultima accezione ha finito per essere progressivamente affiancata al termine passeggino, sebbene, tecnicamente, questo designi un referente differente: la carrozzina è propriamente la culla per trasportare i neonati mentre il passeggino è una struttura a forma di sedia reclinabile che può trasportare i neonati a partire dai quattro mesi circa, ossia da quando, sviluppandosi i muscoli della schiena, cominciano a mantenersi abbastanza eretti (infatti il Devoto-Oli online lo definisce ‘seggiolino su rotelle per portare a passeggio i bambini piccoli’). Le aziende di queste tipologie di prodotti hanno fatto in modo di poter comprare carrozzina e passeggino insieme da montare sulla medesima struttura a quattro ruote: probabilmente anche questa evoluzione tecnica ha contribuito alla confusione tra i due significati e significanti.
Infine, nei testi legislativi italiani si ha la tendenza a mantenere distinti nel significato i suffissati usando carrozzella per gli invalidi e carrozzina per i bambini: basti ricordare il sopra citato Decreto regio del 1940 ma anche alcuni testi più recenti come la legge 4 agosto 2015 n. 138, dove leggiamo: “carrozzine, passeggini e veicoli simili per il trasporto dei bambini” e “di carrozzelle o di altri veicoli per invalidi” (in questo caso carrozzella viene usato anche per indicare il giocattolo per portare le bambole, cfr. il “Supplemento Ordinario” n. 52 alla “Gazzetta Ufficiale” n. 204 del 3/9/2015, p. 546, p. 547, p. 571).
Quest’ultimo testo normativo ci aiuta a introdurre il termine carrozzino, in cui il suffisso -ino ha cambiato in maschile il genere grammaticale della base di partenza, forse ricongiungendosi all’originario carro. Nella legge appena citata si parla anche di “carrozzini laterali” glossati nello stesso testo come «“side-car”» (quest’ultimo termine è tra virgolette, p. 546).
Il diminutivo carrozzino è quello che per primo è stato inserito nei dizionari antichi: compare nel secondo volume, uscito nel 1866, del lemmario della V edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca, come “dim. di carrozza. Piccola carrozza, e per lo più elegante” con una prima attestazione galileiana. È anche nel Tommaseo-Bellini come “dim. di carrozza. Carrozza piccola non senza eleganza”, a cui viene aggiunto il significato ironico di “detto del letto”. I dizionari contemporanei inseriscono tutti, come prima accezione, quella di ‘piccola carrozza, leggera, elegante (a uno o due cavalli)’, per la quale il GRADIT inserisce la datazione del 1642 riferendosi al testo di Galilei (citato anche dal GDLI). Soltanto il GDLI, il GRADIT (con la marca di B[asso] U[so]) e il Vocabolario Treccani inseriscono anche il significato di ‘carrozzina per bambini’, che manca invece nel Sabatini-Coletti, nello Zingarelli 2023 e nel Devoto-Oli online. Tutti i dizionari eccetto il GDLI (anche nei suoi due Supplementi) inseriscono il significato di ‘seggiolino munito di ruota montato di fianco a una motocicletta’, altrimenti anche chiamato sidecar (Sabatini-Coletti), che il LEI data al 1970 precisando che potrebbe derivare dall’italiano regionale calabrese. Manca invece nello stesso Sabatini-Coletti, così come pure nello Zingarelli 2023, l’accezione di ‘guadagno ottenuto con mezzi illeciti; contratto fraudolento (vantaggioso per una parte e disastroso per l’altra)’ (GDLI), che viene comunque marcata come di “basso uso” nel GRADIT e “non comune” nel Devoto-Oli 2023. Quest’ultimo significato, assente nella Crusca e nel Tommaseo-Bellini, figura nel Nòvo dizionario di Petrocchi (1887): “Guadagno segreto fatto illecitamente, ma d’accordo con un ministero, con un municipio o con una società sopra un dato affare”.
A differenza di carrozzella e carrozzina, le occorrenze di carrozzino sono sporadiche e per la maggior parte con il significato di ‘piccolo veicolo per portare a passeggio i bambini’ (e, in un caso, addirittura i cani) fino alla soglia del Duemila, quando cominciano a crescere, nella maggior parte dei casi con la stessa accezione. Vi sono comunque alcune occorrenze di carrozzino ‘guadagno illecito’, ‘piccolo calesse’ e ‘piccolo veicolo attaccato a un mezzo motorizzato o a una bicicletta’ (dunque non necessariamente un sidecar):
È appollaiato alle mie spalle sul sellino della bicicletta che spinge il carrozzino su cui sono seduto. (Bernardo Valli, Nella spartana Hanoi il tempo si è fermato, “la Repubblica”, 12/8/1988)
Ora si cercano responsabilità e si avanzano le prime ipotesi. Secondo una ricostruzione della polizia di Ancona, il calessino su cui era la bambina avrebbe fermato la sua corsa a causa di una brusca frenata del carrozzino che lo precedeva. L’arresto improvviso avrebbe sbalzato dall’abitacolo anche gli altri occupanti della carrozzella. A questo punto uno dei cavalli si è imbizzarrito. (Ancona, cavallo imbizzarrito travolge e uccide una bimba, “la Repubblica”, 19/12/1989)
Confrontando le occorrenze di carrozzino negli articoli del 2002 con quelle del 2022, notiamo che tutte hanno solo ed esclusivamente il significato di ‘piccolo veicolo per trasportare i bambini’:
Un uomo piccolino e macilento a torso nudo spinge un carrozzino con un grande pelouche dentro a passo spedito verso una meta tutta personale. (Davide Vergas, Palazzo Cavalcanti ci invita a guardare, repubblica.it, 30/7/2022)
Ebbene, in particolare alcune strade, anche nei quartieri bene di Napoli, sono impossibili da percorrere senza cadere nell'incidente spiacevolissimo (in particolare per un bambino o per la ruota di un carrozzino) di pestare un escremento canino. (Guido Trombetti, Le cattive abitudini di massa, repubblica.it, 19/6/2022)
Le più giovani hanno legato palloncini ai carrozzini dei figli. (Anna Laura De Rosa, Ucraina, gli immigrati in piazza Garibaldi “Fermate la guerra”, repubblica.it, 14/2/2022)
La ricerca su Google immagini ci restituisce nella quasi totalità immagini di quest’ultimo referente (qualcuna anche di passeggino), mentre sono rarissime quelle dei sidecar e delle piccole carrozze da passeggio. Nei testi normativi italiani, invece, prevale il significato di ‘sidecar’ (l’ultima citazione ricorre in molti altri testi normativi successivi, fino alla legge 4 agosto 2015, n. 138):
Art. 6 L’amministrazione deve ammettere al trasporto a bagaglio: [...] g) I motocicli (anche con carrozzino) purché il serbatoio non contenga carburante, [...] le carrozzine per bambini (Regio decreto-legge 25 gennaio 1940, n. 9, Nuove condizioni e tariffe per il trasporto delle cose sulle ferrovie dello Stato, “Gazzetta Ufficiale” n. 25 del 31/1/1940)
In caso di ritardo nella riconsegna di autovetture, di rimorchi e di motociclette con carrozzino, trasportati come bagagli, la ferrovia deve pagare un’indennità soltanto se il danno sia stato provato [...]. (Legge 27 ottobre 1975, n. 692, Ratifica ed esecuzione dei seguenti atti internazionali adottati a Berna il 7 febbraio 1970 ed il 9 novembre 1973, “Supplemento Ordinario” della “Gazzetta Ufficiale” n. 342 del 30/12/1975)
Motocicli (compresi i ciclomotori) e velocipedi con motore ausiliario, anche con carrozzini laterali; carrozzini laterali (“side-car”). (Legge 11 febbraio 1989, n. 87, Ratifica ed esecuzione della convenzione sul sistema armonizzato di designazione e codificazione delle merci, adottata a Bruxelles il 14 giugno 1983, e del protocollo di modifica adottato a Bruxelles il 24 giugno 1986, “Supplemento Ordinario” n. 16 della “Gazzetta Ufficiale” dell’11/3/1989)
A questo proposito, i vari dizionari, ad eccezione dello Zingarelli 2023, registrano motocarrozzino, variante più recente, assieme a motocarrozzella, di motocarrozzetta, con cui si indica non il solo piccolo veicolo laterale al motociclo ma tutto il ‘motoveicolo a tre ruote, destinato al trasporto di persone’, ossia la ‘motocicletta con sidecar’ (GRADIT).
Carrozzetta e carrozzello
Nella lista dei diminutivi di carrozza rientrano anche carrozzetta e carrozzello, sicuramente meno usati rispetto agli altri.
Il suffisso diminutivo -etto è il secondo per produttività e spesso porta con sé il significato di scarsa importanza e valore, oltre che a quello di piccolezza. La parola carrozzetta è registrata nel Vocabolario di Giuseppe Manuzzi del 1833 e nel Nòvo dizionario universale della lingua italiana di Policarpo Petrocchi come diminutivo e vezzeggiativo di carrozza, con l’esempio “Un po’ di carrozzetta, da vecchi, non fa male”. Viene inserita nel GDLI con il significato di ‘piccola carrozza elegante, a due ruote, e tirata da un solo cavallo’ come variante di carrozzino e carrozzella e la prima citazione letteraria risale al 1631-1632 in Galileo (“Credo che prova assai accomodata sarebbe il pigliare una carrozzetta scoperta”, Galileo Galilei, Dialogo sopra i massimi sistemi, Pordenone, Studio Tesi, 1992, p. 215). Il GRADIT (e poi anche lo Zingarelli 2023), invece, rimanda al significato di ‘specie di culla con quattro ruote spinta a mano per portare a spasso i bambini’ (propr. carrozzina) e di ‘sidecar’. Viene registrato, invece, quale diminutivo di carrozza, dal Sabatini-Coletti, dal Vocabolario Treccani online, dal Devoto-Oli online. Le attestazioni di fine Ottocento nell’archivio storico del “Corriere della Sera” riportano il significato di ‘piccola carrozza elegante’ ma anche di ‘piccolo veicolo per trasportare i neonati’, mentre quelle più recenti hanno prevalentemente il significato di ‘sidecar’. Delle sette occorrenze al singolare per “carrozzetta” nell’archivio della “Repubblica”, ben cinque hanno il significato di ‘sidecar’ mentre le rimenanti un uso metaforico. Anche le immagini che restituisce Google per “carrozzetta” sono quasi tutte del sidecar, poche della piccola carrozza elegante e nessuna della carrozzina per i neonati. Nei sette testi normativi italiani che presentano la parola carrozzetta si ha il solo significato di ‘sidecar’; riportiamo a titolo esemplificativo il primo e l’ultimo in ordine cronologico:
Al transito facilitato sono ammesse: [...] le motociclette senza carrozzetta immatricolate nel Tirolo purché condotte dal proprietario di maggiore età, munito [...]. (Legge 5 dicembre 1950, n. 1253, Esecuzione della Convenzione tra il Governo italiano e il Governo federale austriaco per il regolamento del transito facilitato stradale tra il Tirolo settentrionale ed il Tirolo orientale attraverso il territorio italiano [...], “Gazzetta Ufficiale” n. 71 del 28/3/1951)
Motocicli, ossia veicoli e due ruote, senza carrozzetta (categoria L3e) o con carrozzetta (categoria L4e), muniti di un motore con cilindrata superiore a 50 cm3 se a combustione interna e/o aventi una velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h [...]. (Decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, Attuazione delle direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida, “Gazzetta Ufficiale” n. 99 del 30/4/2011)
Terminiamo la carrellata di diminutivi di carrozza con il termine carrozzello, registrato nel Supplemento 2004 al GDLI (e anche nel GRADIT, che lo data 1964) con il significato di ‘vagoncino di una giostra, di un ottovolante’ la cui attestazione letteraria citata appartiene a Trucioli di Sbarbaro (“Ma la macchina più ardimentosa è questo taboga che fuma dal cielo. Compaiono e scompaiono ingoiati i carrozzelli precipitosi, dove il viaggiatore si ranicchia”, Camillo Sbarbaro, Trucioli, cit., p. 109). Ma con questa accezione possiamo retrodatare il termine di oltre ottant’anni:
E per una chiacchierata sui palii, sulle corse, sulle giostre, sui fasci d’arme, sulle quintane, sui carrozzelli, sugli spettacoli di pattinaggio e altre cose d’effetto...più o meno ginnastico non occupar più di ventidue pagine, via! (Antonio Manno, Turf e Scating dei nostri nonni, “Rivista minima di scienze, lettere ed arti”, IX, 1879, p. 315)
Troviamo anche, dalla seconda metà dell’Ottocento, esempi in cui carrozzello ha il significato di ‘piccola carrozza’ o ‘calesse’ come nella rivista “Il Pungolo” (nella sez. Cronaca interna del n. 180, 1861, p. 840).
Conclusioni
Al termine della nostra lunga carrellata (verrebbe da dire scarrozzata!) possiamo concludere che oggi i diminutivi ormai lessicalizzati carrozzella e carrozzina vengono usati prevalentemente per indicare la sedia a rotelle per disabili, ma non mancano esempi in cui soprattutto il secondo termine può assumere il significato di ‘piccola culla montata su una struttura con ruote atta a trasportare i neonati’. Questo secondo concetto può essere espresso anche dal maschile carrozzino (secondo alcune indagini condotte nel Lazio e su Twitter), probabilmente a causa dell’associazione con il sostantivo passeggino, che, pur indicando un tipo di veicolo differente, caratterizzato da una seggiola reclinabile, ha finito per essere usato anche per la “culla da passeggio”. Carrozzino ha inoltre il significato di ‘sidecar’, che tuttavia oggi viene prevalentemente associato a carrozzetta, mentre carrozzello per indicare il vagoncino di una giostra o di un ottovolante risulta rarissimo nell’uso contemporaneo. Infine possiamo senz’altro constatare la progressiva diminuzione, per carrozzella, carrozzina e carrozzino, del significato di ‘piccola carrozza da passeggio’, che riflette la scomparsa quasi definitiva dello storico veicolo, divenuto ormai un “cimelio” turistico proprio di pochissime città, come Roma, Firenze e Napoli.
[Tutte le ricerche condotte sui motori di ricerca, negli archivi dei quotidiani online nonché le consultazioni del dizionario Devoto-Oli sono state aggiornate al 14/1/2023]