DOI 10.35948/2532-9006/2023.27925
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Tra le parole più rappresentative del gergo delle relazioni al tempo dei social network possiamo senz’altro annoverare il sostantivo ghosting (già approfondito nelle pagine di questa rivista), che indica il ‘comportamento di chi decide di interrompere bruscamente e senza spiegazioni una relazione (per lo più sentimentale, ma anche di amicizia o lavorativa), rendendosi irreperibile’. Accanto a ghosting, che può ormai vantare una discreta circolazione nella lingua corrente (con 158.000 occorrenze nelle pagine italiane di Google il 6/12/22), e che è stato di conseguenza registrato nelle ultime edizioni dello Zingarelli e del Devoto-Oli, si è diffusa in italiano anche la corrispondente forma verbale ghostare.
Come ghosting, anche il verbo ghostare deriva dall’inglese: si tratta in particolare di un prestito parzialmente adattato, con l’aggiunta, all’infinito, del suffisso italiano -are della prima coniugazione, del verbo inglese to ghost, che, oltre all’accezione propria e originaria di ‘infestare (un luogo)’ e a quella estesa di ‘muoversi di soppiatto come un fantasma’, nel nuovo millennio ha assunto anche quella di ‘cessare di rispondere a una persona sui social media, ai suoi messaggi e alle sue chiamate, col fine di interrompere una relazione, in maniera improvvisa e senza una spiegazione (sparendo come un fantasma)’. La nuova accezione è stata di recente introdotta nei principali strumenti lessicografici inglesi, in particolare il Collins Dictionary, il Merriam-Webster e il Cambridge Dictionary, che la marcano come “informale”, e l’Oxford English Dictionary, che esplicita la data di aggiornamento della voce (settembre 2021) e riporta come prima attestazione del nuovo significato un post di Twitter del 2007.
In italiano, invece, ghostare non è ancora registrato da alcun dizionario dell’uso (ultima consultazione il 14/2/2023), con l’eccezione di Slengo, che è però un dizionario online compilato direttamente dagli utenti e dedicato ai “neologismi e al gergo in lingua italiana” (come riporta la pagina di presentazione del portale), che così glossa la forma:
Termine italianizzato derivante dallo slang inglese “to ghost”. Indica l’azione di una persona online che ignora il messaggio di qualcun altro. L’azione può estendersi fino a ignorare completamente una persona.
Analogamente a quanto avviene in inglese, in italiano il verbo ghostare, oltre a indicare l’azione di ‘porre fine a una relazione con una persona cessando improvvisamente ogni forma di comunicazione con quest’ultima’, può assumere inoltre anche il significato di ‘ignorare un messaggio, una chiamata o altra forma di comunicazione’ (senza che questo porti necessariamente alla rottura del rapporto con la persona che l’ha inviata), che si rivela anche il più comune nella lingua corrente: oggetto del verbo, che in italiano, così come in inglese, è transitivo, può essere dunque sia una persona, sia un messaggio o altra comunicazione, come risulta evidente anche dagli esempi d’uso riportati da Slengo (“Ti ho scritto l’altro giorno, ma hai ghostato il messaggio”; “Sono giorni che provo a chiamare Mario ma mi ha ghostato”). Come segnalato da Licia Corbolante nel suo blog “Terminologia etc.”, in un post del 2021 che descrive usi e significati del verbo, ghostare presenterebbe inoltre un’ulteriore, più recente accezione, specifica dei social network, ma non ancora molto diffusa nell’uso comune, a indicare l’operazione di mancata promozione del contenuto di una pagina o di un account da parte di una piattaforma social a causa degli algoritmi (i fattori che nei social regolano la visibilità dei post pubblicati dagli utenti). Questi gli esempi riportati nel post: “è un po’ che sono inattivo e credo che Twitter mi abbia ghostato”; “il modo in cui instagram mi ghosta le storie ultimamente è assurdo”.
La prima attestazione di ghostare che siamo stati in grado di rintracciare risale al 2015 (successiva quindi di un anno soltanto alla data di prima apparizione in italiano del sostantivo ghosting), in un articolo del “Corriere della Sera” che spiega appunto il fenomeno del “ghosting”, affiancando alla sua denominazione corrente in inglese anche la nostra forma verbale (usata tra virgolette), insieme al sostantivo inglese ghost ‘fantasma’, qui risemantizzato a indicare la persona che scompare improvvisamente dalla vita di un’altra:
Scomparire è molto più facile che dire, “Non mi piaci abbastanza” nessuno verrà a bussarti a casa. E con Tinder basta strisciare a destra per rimorchiare qualcun altro. Il ghost si sente impunito, e molto figo. Il New York Times ne ha scritto, con migliaia di commenti da vittime e “fantasmi”. Che si giustificano citando insicurezza, immaturità perfino, dell’autocompiacenza di perdonarci tutto. Perché il ghosting è sempre più accettato. Oltre l’11% degli americani ha già “ghostato”. E le donne dichiarano di farlo (e subirlo) più dei maschi. (Costanza Rizzacasa d’Orsogna, Ghosting, dirsi addio? No, basta scomparire, “Corriere della Sera”, sez. Tempi liberi, 11/7/2015, p. 39)
Le successive occorrenze del verbo, rilevate in rete e nei giornali, sono di numero piuttosto ridotto, almeno fino al 2021-2022, quando si osserva un relativo incremento nell’uso di ghostare, che comincia a essere impiegato anche autonomamente (e non solamente in combinazione con il sostantivo ghosting): la (modesta) fortuna del verbo è probabilmente legata non solo alla progressiva affermazione nella lingua corrente del corradicale ghosting, ma anche alla sua maggiore sinteticità e immediatezza rispetto alla locuzione di analogo significato fare/subire ghosting, all’interno della quale il sostantivo inglese è prevalentemente impiegato. Una ricerca del 6/12/22 nelle pagine italiane di Google restituisce infatti 8.280 attestazioni del verbo all’infinito, 7.770 della forma del participio passato “ghostato”, 2.770 del femminile “ghostata”, e rispettivamente 1.330 e 722 dei plurali “ghostati” e “ghostate”. La circolazione del verbo, almeno per il momento, è tuttavia limitata al web (soprattutto blog, social network, forum e simili) e ad articoli di costume e società che illustrano il fenomeno della sparizione di un partner (o di un amico), in qualche caso riportando la notizia di una celebrità vittima di un simile comportamento, o approfondiscono il linguaggio delle nuove generazioni e il lessico delle relazioni sentimentali nell’epoca di internet. Per esempio:
A quanti di voi è successo di essere stati improvvisamente abbandonati da una persona che fino a poco tempo prima sembrava interessata? L’esperienza di essere lasciati di colpo senza una spiegazione è così comune che almeno metà degli uomini e delle donne intervistate hanno ammesso di essere stati “ghostati” e di aver a loro volta “ghostato qualcuno” almeno una volta nella vita. Il dato interessante è che per quanto possa sembrare una pratica tipicamente maschile, studi sociali dimostrano che anche le donne mettono in atto questo tipo di comportamento, con partner sentimentali e amici. (L’effetto ghosting: persone che spariscono all’improvviso, post della dott.ssa Miriam Melani del 22/1/21 sul blog di benessere pratico di Simona Lauri, psicologa e psicoterapeuta)
Dopo “cringe” e “poser”, c’è un altro termine che sta spopolando tra la generazione Zeta. Si tratta della parola “ghostare”, che si sta diffondendo sempre di più nel gergo di internet e dei social network. Che cosa significa il termine? […] “Ghostare” a livello letterale significa ignorare una persona con determinazione e deriva dall’inglese ghost, ovvero “fantasma”. Infatti è come se si diventasse appunto degli spiriti con cui non si può interagire. Trasparenti come spettri, non degni di ricevere risposte in chat o al telefono. (Ilaria Arpino, “Ghostare” è il nuovo termine utilizzato dalla generazione Z: ecco cosa significa, radiozeta.it, 22/4/2021)
“Amber ha contattato le sue vecchie compagne di avventure, come Kirsten Stewart, Cara Delevingne, e Margot Robbie, sperando che potessero aiutarla con un posto in cui stare”, ha affermato la fonte anonima. “É [sic] stata snobbata e, in molti casi, completamente ghostata”. (Silvia Brighi, Amber Heard è stata ghostata da amiche e colleghe, che la definiscono “radioattiva”, “Hall of Series”, 31/8/22)
La più nota applicazione per incontri online, Tinder, nella sezione dedicata alle policies del portale, ha addirittura pubblicato una “guida su quando ghostare qualcuno”, in cui troviamo un elenco, con relativi commenti, di situazioni e di comportamenti di fronte ai quali viene considerato legittimo (e consigliabile) interrompere le comunicazioni con la persona conosciuta attraverso l’applicazione.
A causa della sua settorialità e del suo impiego in contesti prevalentemente informali, la diffusione della voce è piuttosto rara al di fuori degli ambiti d’uso indicati; prevedibilmente sporadiche sono quindi le attestazioni del verbo nei giornali: una ricerca negli archivi dei principali quotidiani nazionali restituisce infatti due sole occorrenze della forma dell’infinito, rispettivamente in un articolo della “Repubblica” e in uno della “Stampa” (entrambi datati 2022); un solo esempio del participio aggettivale “ghostato” in un articolo della “Stampa” dello stesso anno (oltre a quello già citato del 2015 sul “Corriere della Sera”); due occorrenze della forma maschile plurale “ghostati”, rispettivamente sulla “Repubblica” (2022) e sul “Corriere” (2018); tre della forma femminile “ghostata”, sul “Corriere” (2017), sulla “Stampa” (2020) e sulla “Repubblica” (2022).
Non si può tuttavia del tutto escludere, per il futuro, una maggiore affermazione nell’uso corrente del verbo, per il quale non esistono degli esatti equivalenti in italiano: alternative quali ignorare (una persona o un messaggio), smettere di rispondere, non farsi più sentire e simili, oltre a risultare meno immediate ed efficaci nell’individuazione del referente, presentano anche il limite di non riferirsi specificatamente alla sparizione “digitale” di una persona.