DOI 10.35948/2532-9006/2020.3261
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Pedàncola è effettivamente un termine dell’italiano del Piemonte, equivalente a passerella; indica cioè un ponte leggero e di sezione ridotta, temporaneo o permanente, destinato al transito dei pedoni su un corso d’acqua (o su altri ostacoli).
Il termine è formato per mezzo del suffisso atono derivazionale -ol-, di valore originariamente alterativo, a partire da una radice lessicale anch’essa di area piemontese, pedanca. Il GDLI glossa il regionalismo pedanca come ‘trave o asse di legno gettata da una riva all’altra di un ruscello o di un fosso, per consentirne l’attraversamento’ e ne riconduce l’etimologia all’incrocio di due voci del latino tardo, *pedanĕa (derivato di pes, pedis ‘piede’) e planca (‘asse, tavola’). Si può aggiungere che con il significato di passerella esiste anche il panitaliano palancola: il termine ha la stessa derivazione suffissale del piemontesismo pedancola ma è formato a partire dalla base lessicale palanca (continuatrice del latino *palanca; dal greco phálagga, accusativo di phálagks ‘tronco, bastone’), che ha propriamente il valore di ‘trave lunga e robusta’ (Vocabolario Treccani; ancorché, specie nel linguaggio marinaresco, possa indicare essa stessa un ponticello mobile, v. ad es. GRADIT e Sabatini-Coletti).
I regionalismi pedancola e pedanca poggiano sul dialetto piemontese, che annovera termini variamente consimili. In torinese ad esempio è presente pianca, di etimo discusso (una possibilità è certamente che derivi dal latino tardo *planca ‘asse, tavola’; cfr. Attilio Levi, Dizionario etimologico del dialetto piemontese, Torino, Paravia, 1927; Anna Cornagliotti, a cura di, Repertorio etimologico piemontese, Torino, Centro studi piemontesi, 2015), che ha i significati di ‘passatoio, palancola, tragetto’ (Michele Ponza, Vocabolario piemontese-italiano e italiano-piemontese, Torino, Le livre precieux, 1967; ristampa dell’edizione: Pinerolo, Lobetti-Bodoni, 1877) e può quindi corrispondere, nell’uso, sia a pedancola che a pedanca. In altre varietà dialettali, pianca equivale più specificamente a pedanca; è così ad es. in monferrino, dove ha il valore di ‘asse posto a cavalcioni sopra un ruscello per attraversarlo’ (Giuseppe Ferraro, Glossario monferrino, Sala Bolognese, Forni, 1976; ristampa dell’edizione: Torino, Loescher, 1889). Inoltre, la stessa forma pedanca può comparire non soltanto nell’italiano regionale ma anche in dialetto; è attestata ad es. in valsesiano, nel senso di ‘travicello che serve a passare le acque dei fossati o dei torrentelli’ (Federico Tonetti, Dizionario del dialetto valsesiano, Bologna, Forni, 1967; ristampa dell’edizione: Varallo, Camaschella-Zanfa, 1894).
Di pedancola e pedanca si hanno occorrenze nelle opere letterarie di scrittori piemontesi, tra cui Nuto Revelli, v. ad es. “Lungo la discesa che porta alla pedancola di Sant’Anna incontriamo mia sorella” (La strada del davai, Torino, Einaudi, pag. 177), e Beppe Fenoglio, v. ad es. “Passò sulla pedanca fradicia e sbilenca. Il paese oltre il greto era sempre perfettamente silenzioso, formicolava di silenzio” (Una questione privata, Torino, Einaudi, pag. 79); oltre che in testi di altro tipo. Fra questi mette conto citare almeno la cronaca giornalistica. Se ne dànno qui alcuni esempi, tratti dalle pagine locali della “Stampa” e da periodici a diffusione provinciale; da cui emerge, tra l’altro, come pedancola e pedanca possano essere usati intercambiabilmente con lo stesso significato: “Accordo fra Cuneo e Boves per la pedancola sul Gesso” (“La Stampa”, Cuneo, 5.06.2018); “Sotto la pedancola Vassallo c’è gente che bivacca” (“La Stampa”, Cuneo, 19.03.2019); “Sulla piazza Cariolo di Dronero, non lontano dal ponte del diavolo, un cartellone pubblicizza la nuova pedancola sul Maira” (“Corriere di Saluzzo”, 18.04.2019), “L’incidente sulla provinciale […] all’altezza della pedanca sul Maira” (“La Stampa”, Cuneo, 21.10.2015). Tutti i passaggi, si sarà notato, fanno riferimento a notizie della provincia di Cuneo; proprio nel cuneese, difatti, pedancola e pedanca parrebbero più diffusi.
È significativo, inoltre, che le due voci regionali compaiano in testi giornalistici, poiché questi sono spesso rappresentativi dell’uso medio dell’italiano (e più in generale di una lingua; v. Ulrich Ammon, “On the social forces that determine what is standard in a language and on conditions of successful implementation”, in Sociolinguistica 17, 2003, pp. 1–10); per pedanca, un ulteriore indizio del carattere non marcato del fenomeno è l’attestazione lessicografica (giacché i dizionari documentano tutto ciò che è ‘normale’ negli usi di una comunità; cfr. Eugenio Coseriu, “Sistema, norma y habla”, in Id., Teoría del lenguaje y lingüística general. Cinco estudios, Madrid, Gredos, 1967 [1952], pp. 11-113). Ben inteso, la possibilità di interpretare pedancola e pedanca come termini di uso medio vale soltanto in area piemontese, se non più specificamente cuneese, e non su scala nazionale.
Infine, non è da escludere che queste stesse forme siano presenti in qualche misura anche altrove. I tipi pianca e pedanca sono del resto attestati in vari dialetti italo-romanzi (cfr. Wilhelm Meyer-Lübke, Romanisches etymologisches Wörterbuch, Heidelberg, Carl Winter, 1911, §§ 6343, 6455) e non mancano denominazioni analoghe a quelle piemontesi in altre parti d’Italia, come la Pedanca sull’Entella a Chiavari (GE) (www.pinterest.it/pin/577375614700845118) o la Pedanca del Buso ad Ampezzo (UD) (www.ampezzo.org/turismo/itinerari/pedanca). Ma la diffusione di pedancola e pedanca oltre l’area piemontese è ancora tutta da esplorare.
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