DOI 10.35948/2532-9006/2023.29058
Licenza CC BY-NC-ND
Copyright: © 2023 Accademia della Crusca
Per chi ancora non lo sapesse, il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è un piano predisposto dal governo italiano in seguito alla pandemia di COVID-19 per rilanciare l’economia e migliorare la qualità della vita del nostro Paese. Il programma prevede una serie di interventi da attuare in sei direzioni (definite “Missioni”), quali la digitalizzazione e l’innovazione, la rivoluzione verde e la transizione ecologica, le infrastrutture e la mobilità sostenibile, l’istruzione e la ricerca, la coesione e l’inclusione, la salute. Presentato alla Commissione europea il 30 aprile 2021 e approvato dalla stessa il 13 luglio 2021, il PNRR ha avuto (e avrà ancora) in Italia importanti risvolti socioeconomici, influenzando di riverbero anche la lingua. I vari documenti redatti dal governo, diffusi poi dai media, hanno agito infatti sul lessico, ora rilanciando parole già esistenti (è il caso di resilienza, che compare nel nome ufficiale del Piano, parola presa in prestito dalla psicologia e ancor prima dall’ambito tecnologico; si veda, in proposito, la risposta di Simona Cresti sul sito dell’Accademia), ora creando ex novo espressioni o termini propri del linguaggio burocratico, come nel caso di casa della comunità.
L’espressione in questione fa una delle sue prime comparse nel documento presentato alla Commissione europea il 30 aprile 2021. A proposito degli interventi relativi alle Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale (Missione 6 - Salute) compare un punto sulla necessità di “rafforzare le prestazioni erogate sul territorio grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali (come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità)” (p. 226). Casa della comunità ricorre poco dopo anche nel decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, emanato il 6 agosto 2021 e pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 229, 24/9/2021, riguardante le risorse finanziare previste per i vari interventi (rimodulate poi in un secondo decreto ministeriale del 23 novembre 2021, apparso sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 309, 30/12/2021). La tabella presente nel documento segnala di fatto lo stanziamento di 2 miliardi di euro per l’intervento di realizzazione di “Case della Comunità e presa in carico della persona” (p. 16).
Per spiegare il significato dell’espressione non ci possiamo affidare alla lessicografia italiana, dove è assente (ultima consultazione di Devoto-Oli online, Zingarelli 2024 e Vocabolario Treccani online eseguita il 10 luglio 2023), ma dobbiamo ricorrere ancora una volta a un testo burocratico, ossia al documento allegato al decreto ministeriale del 23 maggio 2022, n. 77 del Ministero della Salute, intitolato Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 144, 22/6/2022:
[1] La Casa della Comunità (CdC) è il luogo fisico e di facile individuazione al quale i cittadini possono accedere per bisogni di assistenza sanitaria, socio-sanitaria a valenza sanitaria e il modello organizzativo dell’assistenza di prossimità per la popolazione di riferimento. Nella Casa della Comunità lavorano in modalità integrata e multidisciplinare tutti i professionisti per la progettazione ed erogazione di interventi sanitari e di integrazione sociale ai sensi dell’articolo 1, comma 163, della legge 31 dicembre 2021, n. 234, subordinatamente alla sottoscrizione della relativa Intesa ivi prevista e alla sottoscrizione dell’accordo previsto all’articolo 21, comma 1, del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017, anche al fine di definire gli ambiti delle competenze del Servizio sanitario nazionale da un lato e dei comuni dall’altro, mediante l’impiego delle risorse umane e strumentali di rispettiva competenza disponibili a legislazione vigente […]. (Allegato 1 al Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale, “Gazzetta Ufficiale” n. 144, 22/6/2022, p. 26)
In parole semplici, la casa della comunità è una struttura del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che offre servizi di cura e di assistenza sociosanitaria ai cittadini, continuando (e potenziando) di fatto i compiti della casa della salute (rimando al glossario “Le Parole della Salute” per la definizione e a un articolo di “Quotidiano sanità" per un confronto tra le due strutture). Il “Regolamento” prevede infatti la creazione di 1) una casa della comunità “di riferimento” o “centrale” (nel documento si usa l’anglismo hub) ogni 40.000-50.000 abitanti, che, supportata da gruppi di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e altri professionisti della salute, assicura la presenza medica e infermieristica 7 giorni su 7, 24 ore su 24, e garantisce servizi di cure primarie, ambulatori specialistici, servizi diagnostici di base, servizi infermieristici, punti prelievi ecc.; 2) più case della comunità “periferiche” (nel documento si usa l’anglismo spoke), ossia dislocate in modo capillare nel territorio, soprattutto nelle aree rurali e montane del nostro Paese, ma facenti riferimento alla casa della comunità centrale; questa tipologia non è a tempo pieno e offre meno servizi sociosanitari (rimandiamo a un articolo di “Med4.Care” per approfondire).
Dal punto di vista morfologico, casa della comunità è un’espressione formata da N + prep. + N (nei documenti ufficiali i due sostantivi appaiono quasi sempre con la lettera maiuscola). Il primo elemento è rappresentato dal sostantivo casa, termine già largamente usato in ambito sanitario e sociale (si pensi alla già citata casa della salute, alla casa di cura, alla casa internazionale della donna, alla casa dello studente o ancora alla casa del popolo), che assume il significato di “edificio di uso pubblico o aperto al pubblico” (Zingarelli 2024); il secondo è la preposizione articolata della, che introduce il complemento di specificazione. In alcuni casi questa può essere sostituita anche dalla preposizione semplice di, che ha la stessa funzione (es. casa di preghiera, casa di ricovero, casa di cura, casa di pena), ma che può anche voler indicare un concetto meno definito; il terzo elemento è il sostantivo comunità, con cui si intende il gruppo sociale del territorio a cui sono rivolti i servizi. Nella fattispecie, l’ambito sanitario predilige la formazione di locuzioni con schema N + di + comunità o famiglia, con cui si indicano figure o presìdi dedicati alla cittadinanza: per es. infermiere/a di comunità e di famiglia, medico/a di comunità e di famiglia, medicina di comunità, ospedale di comunità.
Veniamo ora alle attestazioni e ai dati sulla diffusione. La prima occorrenza rintracciata della parola è nella forma casa della comunità (così anche nel documento presentato alla Commissione europea il 30 aprile 2021 riportato all’inizio) e si trova in un articolo dell’ottobre del 2020 apparso sul “Corriere della Sera”:
[2] I servizi territoriali ci sono solo in Emilia-Romagna e in Veneto. Al Sud mancano anche i posti letto delle RSA. Telemedicina, Casa della Comunità e Ospedali della Comunità, nel peggiore dei casi, fanno parte del libro dei sogni, nel migliore del piano ministeriale di resilienza di cui si discuterà nei prossimi mesi (Alessandro Trocino, Medici di base e Covid-hotel, cosa manca, “Corriere della Sera”, 27/10/2020, p. 11; qui Casa della Comunità potrebbe essere un refuso per Case della Comunità).
L’espressione non compare solo in documenti ufficiali e sulla stampa, ma si diffonde anche attraverso altri mezzi di comunicazione come canali social ufficiali di esponenti politici [3] o siti governativi [4]:
[3] Oggi sono stato alla Casa di comunità dell’Ospedale Vecchio di Monza. Il primo appuntamento in Lombardia non poteva che riguardare la sanità: dopo quasi 30 anni è ora di voltare pagina, potenziando la sanità pubblica, quella per tutti (Tweet di @GiuseppeConteIT del 6/2/2023) [da notare l’iniziale minuscola di comunità e l’uso di di]
[4] Casa della Comunità - Aperte fino a 24h su 24 e 7 giorni su 7, oltre 1.350 Case della Comunità finanziate con le risorse del PNRR, diffuse in tutto il territorio nazionale, sono il luogo fisico e di facile individuazione al quale i cittadini possono accedere per bisogni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria. Rappresentano il modello organizzativo dell’assistenza di prossimità per la popolazione (Ministero della Salute, Riforma dell’assistenza territoriale, pnrr.salute.gov.it, consultato il 10/7/2023) [qui al plurale]
Grazie ai dati raccolti nella fase di ricognizione preliminare sulla diffusione delle “parole nuove” segnalate all’Accademia, possiamo operare un confronto tra la situazione odierna e quella di diversi mesi fa sulle pagine italiane di Google. Schematizziamo i risultati in due tabelle, in cui si mostrano i dati relativi a casa della comunità (tabella 1), casa delle comunità (tabella 2) e casa di comunità (tabella 3), al singolare e al plurale.
Tabella 1:
Tabella 2 (per cui non disponiamo di risultati precedenti):
Tabella 3:
A questi dati, che ci testimoniano un rapido incremento della diffusione dell’espressione in breve tempo, oltre a una preferenza per l’uso della preposizione di, probabilmente sulla base di quanto rilevato sopra (e a dispetto della documentazione ufficiale), possiamo aggiungere le attestazioni reperite sull’archivio della “Repubblica” e del “Corriere della Sera” (tabella 4 per la stringa casa della comunità, tabella 5 per casa delle comunità, tabella 6 per casa di comunità; tutte le stringhe sono state cercate con casa sia al singolare che al plurale), da prendere anch’esse con molta cautela, dato il possibile rumore generato da espressioni omografe con diverso significato o da ripetizioni degli stessi articoli:
Tabella 4:
Tabella 5:
Tabella 6:
Anche sui giornali si può notare un aumento delle occorrenze nel tempo e una netta preferenza per la costruzione con la preposizione di. La convivenza delle due forme testimonia che l’espressione non si è ancora del tutto acclimatata in italiano e quindi, a rigore, non può ancora considerarsi un’unità polirematica. Un’altra oscillazione riguarda le iniziali maiuscole, spesso sostituite dalle minuscole, segno di una percezione dell’espressione come nome comune e non come nome proprio (come sembrava essere considerata all’inizio). Esempi di alternanze sia tra maiuscole o minuscole sia della preposizione semplice o articolata si trovano in molte fonti scritte, tra cui lo stesso, già citato, “Regolamento” del DM n. 77 del 23 maggio 2022 [5] e diversi articoli di giornale [6; 7]:
[5] Il Distretto costituisce il luogo privilegiato di gestione e di coordinamento funzionale ed organizzativo della rete dei servizi sociosanitari a valenza sanitaria e sanitari territoriali. È inoltre deputato, anche attraverso la Casa di Comunità, al perseguimento dell’integrazione tra le diverse strutture sanitarie, in modo da assicurare una risposta coordinata e continua ai bisogni della popolazione, l’uniformità dei livelli di assistenza e la pluralità dell'offerta. All’interno del distretto possono essere presenti i Consultori familiari e le attività rivolte ai minori, ove esistenti, funzionalmente collegati con la Casa della Comunità hub. (Allegato 1 al Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale, “Gazzetta Ufficiale” n. 144, 22/6/2022, p. 23)
[6] Case di comunità: centri di vaccini e presenza medica per 12 ore al giorno […]. La prima sede, quella di via Rugabella a Milano, è stata inaugurata alla fine di dicembre 2021. Via via sono seguiti altri tagli del nastro in tutte le province. Ma al momento le case della comunità viaggiano a scartamento ridotto (Sara Bettoni, Case di comunità: centri di vaccini e presenza medica per 12 ore al giorno, “Corriere della Sera”, 21/8/2022, p. 3)
[7] Se ne parla da anni, nel tempo sono cambiate le riforme e pure il nome dato a queste strutture, che finalmente potrebbero partire. Le case di comunità, per le quali si stanziano 2 miliardi, saranno centri diffusi sul territorio dove il cittadino troverà i servizi sanitari di base, a partire dal proprio medico di famiglia. La loro forza è la capillarità ma anche una certa complessità, che rende possibile la presa in carico completa dei pazienti, in particolare i cronici che rappresentano il 40% della popolazione. Nella Casa della comunità lavorerà un team multidisciplinare, con appunto medici e pediatri di famiglia (almeno 10), specialisti, infermieri di comunità (almeno 8) e altri professionisti della salute, nonché assistenti sociali (Michele Bocci, Sette miliardi sull’assistenza sanitaria, il futuro passa dalla telemedicina, repubblica.it, 7/6/2021)
Concludiamo, infine, con un breve accenno a un’altra espressione affine, ma già attestata prima del PNRR: ospedale di comunità. Anche questa locuzione, non registrata dalla lessicografia italiana, grazie al PNRR ha subito un forte rilancio. Essa indica “una struttura sanitaria di ricovero della rete di assistenza territoriale” che “svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero” (pnrr.salute.gov.it, consultato il 10/7/2023), presente nel territorio italiano già da diversi anni. Definito con il DM 70/2015 (qui il testo), poi nel “Patto per la Salute 2014-2016” (qui all’art. 17) e nello “Schema di intesa alla Conferenza di Stato-Regioni sui requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dell’Ospedale di Comunità” (qui il documento), anche l’ospedale di comunità è stato oggetto di interesse del PNRR, che si prefigge di potenziarlo e diffonderlo il più possibile nel nostro Paese attraverso un investimento di un miliardo di euro. A differenza di casa della comunità, questa locuzione viene costruita nella maggioranza dei casi con la preposizione di (su Google si registrano 287.000 risultati al singolare + 120.000 risultati al plurale), anche se non mancano esempi di ospedale della comunità (31.200 + 29.400, ma contenenti molto rumore), ma anche ospedale di comunità appare spesso con le iniziali dei sostantivi maiuscole. Dato questo precedente (a cui aggiungiamo quelli già riportati poco sopra), sarebbe stato forse da preferire anche per casa della comunità la preposizione semplice in modo che potesse essere più trasparentemente ricondotto all’uso sanitario, ma molto probabilmente il modello casa della salute ha agito nella direzione opposta.