DOI 10.35948/2532-9006/2024.30145
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Tra le postille che Alessandro Manzoni ha apposto all’esemplare di seconda edizione del Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini di sua proprietà, se ne leggono due che contengono rimandi molto puntuali alla Parte seconda del Prontuario di vocaboli di Giacinto Carena. Oltre a dare prova di una datazione – valida almeno per queste postille – successiva al 1853, anno di pubblicazione dell’opera, queste note dimostrano come, al di là delle note critiche al modus operandi adottato da Carena, il Prontuario sia stato studiato a lungo e attentamente da Manzoni, al punto da considerarlo un testo di riferimento per le sue correzioni alla parte italiana del Cherubini. Il rapporto tra Manzoni e Carena, dunque, va letto anche alla luce di questi materiali privati che, forse più del loro scambio epistolare, dicono del reale interesse provato dallo scrittore milanese verso l’opera del lessicografo torinese. Il contributo presenta queste postille, ancora inedite, e intende dare avvio ad una rilettura, ancora parziale e in via di sviluppo, del dialogo silenzioso e “non ufficiale” tra Manzoni e Carena, con nuovi spunti derivati dalle carte private di entrambi.
Tra i postillati cherubiniani appartenuti ad Alessandro Manzoni oggi noti, c’è un esemplare di seconda edizione del Vocabolario milanese-italiano, conservato presso la Sala Manzoniana della Biblioteca Nazionale Braidense con segnatura Manz. XV 16 B/1-4, che presenta numerose postille apposte da Emilia Luti, a matita, e dallo stesso Manzoni, con l’inchiostro, che ha ricalcato anche alcune delle Luti1. Le postille mute – cancellature, sottolineature, segni di lettura a margine – sono numerosissime, così come quelle verbali, che riguardano oltre 600 entrate del Vocabolario e sono distribuite in maniera non omogenea sui 4 tomi, essendo più fitte nei primi due. La trascrizione integrale e lo studio delle postille parlanti è stata oggetto della mia tesi di laurea (a.a. 2015/2016; relatrice Prof. Gabriella Cartago) e di due articoli successivi2; in questa occasione mi limiterò solamente a sottolineare che l’attività postillatoria della Luti è significativa per più aspetti. In primo luogo, l’incarico affidatole prova gli scopi perseguiti dal Manzoni, non più interessato a cogliere riscontri in “libri toscani d’ogni secolo”3: il possesso naturale del fiorentino basta perché Luti sia riconosciuta come autorità in fatto di lingua. Emilia cancella parole, frasi, espressioni percepite come obsolete; decresce la letterarietà della parte italiana del vocabolario (“fatto un po’ troppo sui libri”, secondo il noto giudizio del Manzoni4); sostituisce parte di ciò che elimina con voci e locuzioni vive e vere, fiorentine. Inoltre, le sue postille dicono qualcosa sulla datazione delle stesse: i rapporti tra Emilia e Manzoni cominciarono nel settembre del 1839, quando era istitutrice in casa d’Azeglio, e si intensificarono dal maggio del ‘41 al maggio del ‘42, durante la sua permanenza a casa Manzoni. Negli stessi anni, tra il 1839 e il 1843, Francesco Cherubini dava alle stampe i quattro tomi della seconda edizione del suo Vocabolario milanese-italiano e gli interventi correttori richiesti alla Luti sembrano quindi dare conferma dell’attenzione immediata del Manzoni per questa seconda edizione.
A questi dati ricavati implicitamente dalle postille della Luti (la cui attività si interrompe bruscamente alla voce Frànza, tomo II, p. 172), che lasciano intendere, “sulla base dei rapporti allora intercorsi tra i postillatori”, che la postillatura sia databile “almeno nella sua massima parte, al 1840-1842” (Gaspari 1993, p. 253), è possibile aggiungere alcune prove esplicite di una datazione più tarda, grazie alle fonti cui Manzoni rinvia in annotazioni certamente successive ai primi anni Quaranta.
Due note contengono, infatti, rimandi molto puntuali al Prontuario di Giacinto Carena, e più precisamente alla Parte seconda (Vocabolario metodico d’arti e mestieri), pubblicata a Torino, presso la Stamperia Reale, nel 1853. La prima si trova alla voce Compònn (tomo I, p. 319), dove Cherubini riporta l’espressione Componn a la longa, indicandola come T. di Stamp., termine degli stampatori, di cui non dà un corrispettivo italiano, ma piuttosto una definizione (“Il comporre gran quantità di righe per uno stampato senza impaginare”) e una traduzione in francese (“ciò che presso gli stampatori francesi viene detto Aller en galée o en paquet”). Manzoni inserisce un rimando a fianco dell’espressione (una sorta di cancelletto: #), ripreso nel lato apposto della pagina, dove appunta: “Componn a la longa. Comporre a dilungo. Car. arti e mest. pag. 139” (fig. 1).