DOI 10.35948/2532-9006/2025.40542
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Se è vero che il nome di Luciano Agostiniani è legato indissolubilmente alla ricerca scientifica sulle lingue di frammentaria attestazione, e tra queste in particolare sull’etrusco1, è parimenti innegabile il profondo contributo che egli ha dato, attraverso i suoi studi, alla dialettologia toscana e alla linguistica italiana. Questa duplicità di interessi scientifici – interessi che, in realtà, sarebbe più corretto definire molteplici e complessi, perché tutto lo spettro degli studi linguistici gli era proprio: dalla tipologia alla creolistica, alla sociolinguistica di matrice laboviana, alla pragmatica testuale – lo accomuna una volta di più, oltre alla comune formazione universitaria presso Giacomo Devoto, a Gabriella Giacomelli, che tuttavia tracciò un percorso di studi che possiamo definire, come mi è stato suggerito da Gabriella Capecchi, specularmente asimmetrico rispetto al suo. In effetti, mentre Gabriella Giacomelli, dopo la tesi di laurea, ha dedicato la prima fase delle sue ricerche scientifiche agli studi sulle lingue dell’Italia antica, per poi rivolgersi progressivamente alla dialettologia, la produzione scientifica di ambito dialettologico di Luciano Agostiniani si concentra nella prima parte della sua carriera di docente e ricercatore – non a caso, a Firenze fu borsista e poi contrattista di Dialettologia –, per poi farsi meno frequente, ma non per questo meno rilevante sul piano scientifico, nella fase matura del suo percorso da linguista. Del resto, il suo interesse per questi temi andava oltre il mero dato editoriale ed emergeva spesso durante le lezioni risalenti alla docenza perugina e nelle conversazioni con noi allievi.
Una rassegna dei lavori che Agostiniani ha dedicato alla dialettologia e alla linguistica italiana non può che partire e prendere come punto di riferimento l’esperienza, a suo modo esemplare, dell’Atlante Lessicale Toscano2. Del progetto, nato proprio per impulso di Gabriella Giacomelli, fece parte fin dagli inizi. Egli stesso, nel ricordo di Gabriella Giacomelli pubblicato nel “Bollettino dell’Atlante Linguistico Italiano”, richiamava alla memoria “i pomeriggi passati […] ad esaminare e discutere gli schedoni cartacei su cui, artigianalmente, erano riportati i dati emersi dalle inchieste”3. A distanza di decenni Agostiniani ricordava quell’iniziativa con orgoglio e affetto: orgoglio per aver contribuito al raggiungimento di tale risultato, di assoluto valore scientifico, e affetto per il ricordo di una fase di vita intensa e proficua in termini di maturazione personale e di consolidamento di relazioni professionali, presto tramutatesi in vere e proprie amicizie.
Nella produzione scientifica di carattere dialettologico di Luciano Agostiniani sono individuabili due àmbiti di interesse primari. Il primo, la semantica, si concretizza proprio nell’attività svolta per l’Atlante Lessicale Toscano. La riflessione di Agostiniani in àmbito semantico si sviluppa sia sul piano teorico e di impianto dell’opera sia in relazione alla lettura critica dei dati. Per quanto riguarda la prima dimensione, le sue riflessioni contribuirono in maniera determinante alla configurazione del questionario per l’Atlante (riflessioni maturate, come egli stesso riconosce, in funzione di un approccio critico al modello lessematico di Coseriu4). Nelle Note al questionario Luciano Agostiniani metteva in evidenza la fondamentale distinzione tra domande semasiologiche (“che cosa significa?”) e onomasiologiche (“come si dice?”), con la constatazione che esse producono percorsi semantici speculari che pongono in relazione in maniera diversa lessico, designazione e descrizione5. Un altro punto rilevante è proprio la riflessione sui concetti di significato e designazione: il significato, nella sua natura prettamente linguistica, non sembra direttamente attingibile dallo strumento-questionario ma è ricostruibile attraverso la designazione, che appunto costituisce il medium tra terminologia e descrizione e che si articola in rapporto a strutture lessicali più o meno complesse6. Le strutture lessicali, e la ricostruzione dei complicati fenomeni di ristrutturazione dei campi semantici, sono poi l’oggetto di studi specifici che procedono dall’osservazione critica dei dati raccolti dal questionario. Esemplare, in questo senso, è la sua analisi dei termini dialettali per il pioppo e la loro funzione di designazione tanto delle varietà di pioppo quanto, in alcune aree, del sostegno della vite7. Questo lavoro, appunto attraverso la ricostruzione di complessi fenomeni di ridefinizione degli àmbiti di designazione lessicale, riesce a mettere ordine in un insieme di elementi apparentemente confuso e contraddittorio e a permetterne la lettura quale sistema, anche in chiave diacronica. Questi studi sono anche alla base di riflessioni specifiche sul concetto di marcatezza, che viene richiamato in rapporto alle condizioni in cui si affermano i processi di ristrutturazione lessicale8. L’interesse per la semantica e per le caratteristiche fondamentali della nozione di significato è alla base anche di alcuni lavori di paremiologia9, maturati nella breve ma intensa esperienza da borsista a Urbino presso Temistocle Franceschi. Del proverbio viene analizzato il rapporto tra contenuto linguistico e contenuto di pensiero, cioè concettuale, secondo modelli di generalizzazione che, mi pare, potrebbero tornare utili in un’analisi odierna dei meme.
Il secondo filone di studi, dopo quello semantico-lessicale di cui si è appena parlato, riguarda la fonetica e la fonologia. Luciano Agostiniani ha dedicato molti lavori all’osservazione di fenomeni fonetici e fonologici propri delle varietà dialettali toscane. In particolare, il suo interesse si è concentrato sui fenomeni di sandhi esterno e sulla loro qualificazione e motivazione in termini strutturali. Mi pare che in questo senso siano fondamentali i suoi studi sul rafforzamento sintattico, che mostra avere caratteristiche ben diverse da area ad area – a fronte della percezione esterna di un “indistinto toscano”, che è una banalizzazione perlopiù televisiva e cinematografica10 –, e quelli sui fenomeni di elisione e sulla loro caratterizzazione11. A questi temi si riconnettono gli studi sull’articolo determinativo nelle varietà dialettali toscane (il tipo ll’acqua di contro a l’acqua), e in particolare su quello di tipo fiorentino (i’ccapo), che produce rafforzamento sintattico ed è frutto di un fenomeno di palatalizzazione12. L’attenzione di Agostiniani per questi temi si esprime nella ricerca di regole d’uso coerenti con la documentazione e nella definizione di schemi di sviluppo diacronici che diano conto della differenziazione linguistica osservata.
È evidente che l’oggetto di studio principale dei suoi lavori, tanto di àmbito lessicale quanto di carattere fonologico, siano state le varietà dialettali toscane13, e in particolare il fiorentino, il pistoiese, il senese, l’amiatino e ancora il livornese, cui ha dedicato un lavoro specifico strutturato sull’analisi di un’opera letteraria in dialetto della metà del ’900 che Agostiniani aveva sostanzialmente riscoperto14. L’interesse per le varietà toscane procedeva ovviamente da una condizione personale di appartenenza ineludibile, cioè l’essere membro delle “comunità pistoiese e fiorentina, rispettivamente la mia comunità di origine e la comunità nella quale sono inserito da più di un ventennio”, come scriveva nel 198915, con la consapevolezza di avere a disposizione un punto di osservazione particolare e privilegiato in grado di dar ragione della complessità linguistica caratteristica della propria regione. Tale complessità, articolata non solo in chiave diatopica, ma anche in funzione di parametri diafasici, diastratici e diamesici, definisce un quadro generale costituito da vaste aree di sovrapposizione tra usi linguistici diversi. È quanto emerge, del resto, dall’analisi che Luciano Agostiniani e Luciano Giannelli presentarono nel 1984 al XVIII Congresso della Società di Linguistica Italiana, sull’italiano regionale16: i due constatavano l’assenza di confini netti tra varietà diverse nel contesto regionale toscano, tanto da ritenere la situazione linguistica toscana caratterizzata da sostanziale monolinguismo, con tratti di forte variabilità interna. Diventa centrale, nella loro descrizione, la nozione di continuum17, che riesce a rendere compiutamente la natura del parlato che caratterizza gli usi linguistici della regione, nell’àmbito del quale operano variabili linguistiche selezionate secondo parametri differenti da parlante a parlante (e condizionate, di nuovo, dal tratto fondamentale della marcatezza), ma senza che ciò porti alla definizione di varietà sociolinguistiche discrete.
Se, dunque, è la Toscana il centro degli interessi sociolinguistici di Luciano Agostiniani, va detto che non mancano interventi su altre realtà dialettali che, curiosamente, si collocano grosso modo ai due estremi cronologici della sua produzione scientifica. In un lavoro del 1975 ha affrontato la questione del sistema degli articoli determinativi di alcune varietà dialettali meridionali, proponendo un modello diacronico che riesce a spiegare sia i mutamenti fonetici occorsi sia l’emersione del rafforzamento sintattico, che in alcune varietà può anche acquisire valenza morfologica (è il caso di alcuni dialetti campani in cui l’opposizione o’ café / o’ ccafé permette di distinguere tra realtà numerabili e non numerabili)18. In un lavoro del 2008, poi, ha proposto un’ipotesi di spiegazione unitaria di fenomeni diversi che riguardano la nasale velare in tabarchino19. Il primo lavoro, che prende in considerazione il rafforzamento sintattico, è comunque riconducibile nel complesso a riflessioni di tipo sistematico su fatti di lingua osservati più o meno estesamente nelle varietà dialettali toscane; il secondo, invece, prende spunto dalla constatazione che in tabarchino (e in altri dialetti liguri) sembra operare un’apparente violazione del principio di massimizzazione dell’attacco sillabico.
L’attenzione alle dinamiche sociolinguistiche è centrale nei lavori di Luciano Agostiniani, tale che – e qui mi sia concessa una parziale digressione dal tema di questo intervento – essa è evidente anche nei suoi studi sulle lingue dell’Italia antica. Per esempio, si deve a lui se, da qualche decennio, si è iniziato a discutere di varietà e contesti d’uso anche in relazione all’etrusco. Ma è interessante notare anche come questi due àmbiti di ricerca, la linguistica preromana e la dialettologia, interagiscano nella sua produzione scientifica. È il caso dell’analisi sulla cosiddetta “gorgia” toscana, condotta insieme a Luciano Giannelli20: partendo da due prospettive diverse (rispettivamente, quella del linguista dell’etrusco e quella del dialettologo) i due hanno dimostrato l’insussistenza dell’ipotesi di un’origine etrusca del fenomeno di spirantizzazione delle occlusive intervocaliche tipico di gran parte delle varietà toscane, fenomeno che invece deve essere ricondotto a fatti di natura strutturale.
Vi è poi da ricordare, in rapporto a Luciano Agostiniani dialettologo e linguista, tutta l’attività di promozione scientifica attraverso convegni e seminari: dal XVI Congresso internazionale della Società di Linguistica Italiana a Firenze nel 1982, curato insieme a Patrizia Bellucci e Matilde Paoli, dal titolo Linguistica storica e cambiamento linguistico21, all’incontro di studi dal titolo L’Umbria nel quadro linguistico dell’Italia mediana a Gubbio nel 1988, organizzato insieme ai colleghi dell’ateneo perugino Margherita Castelli e Domenico Santamaria22, agli Atti del III Convegno della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana a Perugia nel 1994, ancora con gli amici e colleghi perugini Paola Bonucci, Giulio Giannecchini, Franco Lorenzi e Luisella Reali23, fino alla curatela a quattro mani con Paola Bonucci, sua allieva, del volume miscellaneo L’italiano parlato di Firenze, Perugia e Roma, del 201124, è evidente l’impegno di Luciano Agostiniani nel promuovere il confronto e la discussione, nonché la sua competenza nel fornire il giusto inquadramento teorico e metodologico per i vari temi di linguistica affrontati.
Un ulteriore aspetto della sua attività scientifica che non può non essere menzionato, data la rilevanza anche per il tema di questo intervento, è l’impegno in àmbito didattico. Negli anni ’80 Luciano Agostiniani ha partecipato a varie iniziative editoriali tese a fornire validi strumenti didattici di linguistica italiana per l’istruzione superiore. Uno in particolare, intitolato significativamente La lingua tra norma e scelta e scritto con Orestina Damico Boggio, Pierluciano Guardigli, Teresa Poggi Salani e Donata Schiannini25, mi pare significativo per interdisciplinarità e completezza. La parte di linguistica generale, a lui affidata26, è esemplare per cura nella definizione dei concetti e per chiarezza espositiva. Del resto, l’impegno didattico era parte integrante del suo essere ricercatore. Le sue lezioni erano magistrali per chiarezza e linearità nello sviluppo logico delle ipotesi e dei concetti. Il confronto con gli studenti era promosso e favorito, pur nel rispetto dei ruoli. L’eloquio era curato, il parlato cadenzato e profondo, da strumento espositivo il suo modo di parlare si faceva esempio di aderenza allo standard linguistico, così come tutti i suoi lavori, caratterizzati da una prosa chiara e da una progressione del discorso logica e ben strutturata dal punto di vista argomentativo.
Infine, Luciano Agostiniani era un parlante consapevole e capace di adeguare il proprio parlato a registri diversi. Faceva uso sapiente dell’ironia, era una persona con cui era piacevole parlare e da cui era normale imparare, ogni volta, qualcosa di nuovo. Era lucido, attento, dotato in maniera innata di un animo curioso che gli faceva notare subito qualche fenomeno linguistico particolare nei suoi interlocutori che magari poteva costituire lo spunto iniziale per un nuovo lavoro o semplicemente per una riflessione sui modi del comunicare umano, universale e particolare insieme.
Nota bibliografica:
* Desidero ringraziare l’Accademia della Crusca per avermi dato l’opportunità di presentare l’attività scientifica di ambito linguistico e dialettologico di Luciano Agostiniani, e in particolare il presidente Paolo D’Achille, il Consiglio direttivo e l’Accademica Segretaria Annalisa Nesi, che ha curato l’organizzazione della tornata accademica dedicata a Gabriella Giacomelli e a Luciano Agostiniani. Mi sia permesso un ringraziamento particolare a Gabriella Capecchi, che ha ripercorso con me le fasi dell’attività scientifica di Luciano Agostiniani colmando le mie lacune e permettendomi di ricostruire finalità e motivazioni di larga parte dei suoi studi.
Presentare l’attività scientifica di ambito etruscologico di Luciano Agostiniani e l’influenza determinante che essa ha avuto sui progressi recenti della disciplina richiederebbe molto più tempo e spazio di quelli concessi e in definitiva esulerebbe dai compiti e dagli obiettivi di questo intervento: basti il rimando ai suoi Scritti scelti e all’elenco delle pubblicazioni (fino al 2007) raccolti a cura di Augusto Ancillotti, Alberto Calderini, Giulio Giannecchini e Domenico Santamaria in due volumi della rivista ΑΙΩΝ (“Annali del Dipartimento di Studi del Mondo Classico e del Mediterraneo Antico Sezione linguistica” - Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, XXV-XXVI, 2003-2004).
Come è noto, i risultati delle indagini dell’ALT, inizialmente pubblicati su CD-ROM, sono stati successivamente riversati in rete e sono liberamente consultabili (ultimo accesso 30/5/2024). Sui temi del progetto ALT Luciano Agostiniani è intervenuto in più occasioni, sia da solo sia in collaborazione con altri appartenenti al gruppo di ricerca: si vedano Agostiniani 1973, 1977, 1978a, 1982a, 1982b, 1985a, Agostiniani et al. 1988a, 1989, 1992.
Agostiniani 2002.
Agostiniani 1977, p. 107; Agostiniani 1978a, p. 31.
Agostiniani 1978a, pp. 28-31.
Agostiniani 1978a, pp. 31-32.
Agostiniani 1977; su temi connessi cfr. anche Agostiniani 1973.
Agostiniani 1988, pp. 445-453. Sulla fondamentale nozione di marcatezza cfr. anche Agostiniani-Giannelli 1990, p. 229.
Agostiniani 1978b e 1981; cfr. anche Agostiniani 1976.
Quella tendenza che, con l’ironia che lo contraddistingueva, Luciano Agostiniani era solito descrivere come “il toscaneggiar di chi toscano non è”.
Agostiniani 1989 e 1993.
Agostiniani 1980 e 1982a.
Oltre ai già menzionati lavori prodotti nell’ambito della programmazione scientifica dell’ALT, sono da citare Agostiniani 1976 (una recensione a un lavoro di Patrizia Bellucci che tratta di letteratura popolare lunigianese), 1980 (sull’articolo determinativo prevocalico nelle varietà toscane), 1981 (sui proverbi nel dialetto della Valdinievole), 1982a (sull’articolo determinativo in amiatino e fiorentino), 1982b (ancora sulla Valdinievole), 1988 (sui fenomeni di ristrutturazione nel parlato in Toscana), 1989 (sull’elisione sempre nel parlato in Toscana), 1993 (sul rafforzamento sintattico in Toscana), 2004 (una prefazione al lavoro di Silvia Calamai sul vocalismo tonico dell’area pisana e livornese). A questi lavori sono da aggiungere due ricerche di àmbito toponomastico, una relativa al grossetano (Agostiniani 1985b) e l’altra all’area di Sestino (2003).
Agostiniani 1984.
Agostiniani 1989, p. 8.
Agostiniani-Giannelli 1990.
Agostiniani-Giannelli 1990, p. 229.
Agostiniani 1975.
Agostiniani 2008.
Agostiniani-Giannelli 1983 (in particolare Agostiniani 1983b).
Agostiniani et al. 1985.
Agostiniani et al. 1988b.
Agostiniani et al. 1997.
Agostiniani-Bonucci 2011.
Agostiniani et al. 1983; i materiali di questo lavoro sono alla base anche del successivo manuale Agostiniani et al. 1984.
Agostiniani 1983a.