Parole nuove

Il foodie: parlare di cibo non è stato mai così virale

  • Miriam Di Carlo
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2020.3240

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Copyright: © 2019 Accademia della Crusca


La parola foodie in anni recenti ha conquistato uno spazio nel lessico italiano tanto da contare 3.720.000 occorrenze sulle pagine in lingua italiana di Google (ricerca del 21/10/2019, che considera anche il plurale foodies): questo dato, seppur molto significativo, va comunque ridimensionato, considerando che nella ricerca confluisce un numero considerevole di nomi propri (riferiti, ad esempio, a ristoranti o a eventi). Il termine foodie è un prestito non adattato dall’inglese, formato da food ‘cibo’ e dal suffisso -ie (raramente -y: cfr. la scheda su selfie di Simona Cresti) e significa, quando usato come sostantivo, ‘persona interessata a tutti gli aspetti che riguardano il cibo’ o, come aggettivo, ‘che parla di cibo, che riguarda il cibo’, ‘per/da intenditori/appassionati di cibo’. La parola inizia a diffondersi in inglese attorno agli anni ’80, quando esce la guida di Paul Levy e Ann Barr dal titolo The Official foodie handbook. Le prime attestazioni che riporta l’OED, infatti, risalgono a quegli anni. In italiano la parola comincia a comparire circa un decennio dopo: la prima attestazione che riporta il volume sui Neologismi 2008-2018 della Treccani è un articolo del “Corriere della Sera” del 1997 il cui testo non viene però riprodotto. Da una ricerca nell’archivio dello stesso quotidiano risulta che la parola in questo caso non ha rilevanza lessicale (compare all’interno di un grafico senza alcun contesto linguistico e senza alcuna indicazione circa il significato) e dunque questa non può essere considerata una prima attestazione a tutti gli effetti. Risalgono invece al 2003 e 2004 le prime occorrenze di foodie all’interno di testi in lingua italiana che fanno comunque ancora un dichiarato riferimento a contesti in lingua inglese, occorrenze la cui enfasi grafica rivela una certa estraneità dell’autore al termine (virgolette nel primo caso e corsivo nel secondo, che presenta la forma plurale della lingua d’origine):

A San Domenico di New York la bresciana Odette Fava inventa “soft-crunchy” tartare di tonno con ostriche fritte, e “hot-cool”, halibut al vapore con cetrioli, uve e pomodorini, che fanno impazzire i “foodie” cultori della buona tavola. ([s.f.], [s.t.], “L’Espresso” (ediz. 6-9), 2003, p. 158)

Poi ci sono i magazines dei giornali della domenica, come il Sunday Times e l’Observer. Tra gli argomenti eterni: libri, viaggi e giardinaggio. In crescita la moda, i vini e la cucina. “In Inghilterra siamo diventati foodies, parliamo solo di cibo”, dice Goldsmith. (Beppe Severgnini, Quel giornalismo senza cravatta che accompagna il fine settimana, “Corriere della sera”, 7/5/2004, p. 25 sez. Cronache)

Su “Repubblica” foodie comincia a comparire dal 2009 e mantiene per un decennio una frequenza ridotta e abbastanza costante del termine (in media meno di 10 occorrenze all’anno tra singolare e plurale) per poi duplicare nel corso del 2019 le sue attestazioni annuali (fino al 21/10 ce ne sono 18). Questo dato è confermato anche dalle occorrenze su Google, che rivelano che a partire dal 2018 la parola (anche al plurale foodies) sta avendo un impiego sempre maggiore, con uno scatto significativo nell’ultimo anno (+85.300 risultati rispetto al 2018):


Come si vede, la parola comincia a comparire nel 2004 in testi in lingua italiana; ha un certo incremento d’uso intorno al 2009/2010 (biennio in cui compare su Google Dizionario la prima definizione del termine); nel 2015 subisce un incremento notevole, dovuto probabilmente all’Expo di Milano dedicata al cibo e all’adozione del nome Foody per la mascotte dell’evento; infine negli ultimi due anni, e soprattutto nel 2019, ha visto un crescendo considerevole. La parola comincia a essere inserita nei dizionari italiani dal 2014: compare prima nel Devoto-Oli 2014 e nello Zingarelli 2015 ed è stata registrata, come abbiamo già detto, nel recente volume che raccoglie i neologismi della Treccani (mentre manca all’interno del sito della stessa Treccani, anche nella sezione Neologismi). Foodie più frequentemente viene usato come sostantivo (un foodie, i foodies), ma se ne rileva anche l’uso come aggettivo: una rivista foodie, una manifestazione foodie ecc.:

Si chiama dieta mediterranea. Una dieta che non è una dieta. Tanto per cominciare, non demonizza nessun cibo e non prescrive nessun “esorcibo”. Semmai rappresenta la versione foodie della dolce vita. La declinazione contemporanea dell’epicureismo. (Marino Niola, Quando il cibo era l’origine di ogni bene, repubblica.it, 27/6/2017, [miei i grassetti])

Per quanto riguarda il plurale (cfr. la scheda di Consulenza di Raffella Setti sui plurali dei termini stranieri) per il momento prevale la morfologia inglese: “i foodies” ha 13.400 occorrenze su Google mentre “i foodie” solo 4.740. Per quanto riguarda il significato del sostantivo foodie, si sono aperte molte discussioni sul web circa la sua definizione e la sua (parziale o quasi totale) sinonimia con parole che già fanno parte del lessico italiano: buongustaio, gastronomo e soprattutto il francesismo gourmet:

È appassionato di cibo, cerca di conoscerne l’origine, cerca i prodotti migliori direttamente dagli artigiani del gusto e se compra nella grande distribuzione si concentra su freschezza e genuinità, approfondisce la storia dei prodotti tipici, organizza cene per gli amici ma spesso sceglie di mangiare fuori per provare la cucina di un nuovo ristorante, organizza viaggi per partecipare a degustazioni ed eventi gastronomici, ama l’aperitivo all'italiana, legge riviste di settore, dispensa consigli ai conoscenti su piatti e locali, mangia con atteggiamento da esteta perché apprezza ogni sfumatura del piatto che ha davanti. Ma non chiamatelo gourmet. È un foodie, un buongustaio, versione democratica del più austero esperto gastronomico. (S.f., Foodie, cibo e voglia di conoscere, espresso.repubblica.it, 30/9/2009)

In un articolo uscito sul supplemento di una testata on line dal titolo “Dissapore” vengono riportate alcune definizioni del termine proposte da alcuni giornalisti e scrittori come Antonio Scuteri di “Repubblica” ("appassionato di cibo"), Paolo Marchi ("esperto, appassionato, goloso, onnivoro") e Gianluca Biscalchin ("Il foodie è l’evoluzione digitale del gourmet di una volta"). La sinonimia che coinvolge gourmet e foodie (e meno frequentemente buongustaio) riguarda sostanzialmente il loro uso sostantivale: infatti quando sono aggettivi si nota una differenza di significato: gourmet significa ‘raffinato’ (una zuppa gourmet), mentre foodie ‘che riguarda il cibo, che parla di cibo’ o ‘per/da intenditori/appassionati di cibo’ (un evento/rivista foodie ma non *una zuppa foodie). Non mancano comunque alcuni esempi in cui foodie viene associato, quale aggettivo, a sostantivi che indicano vivande, con preferenza per una determinata categoria di cibi quali panini e hamburger:

Etichettatemi pure come radical-fricchettona, e inseritemi in quel gruppo di persone che, a vostro giudizio, avrebbero trangugiato il panino foodie chic di Maurizio e Andrea senza battere ciglio. (Frascamastro, Di McDonald, di Single Burger e dell’insostenibile leggerezza dell’opinione, foodemocracy.wordpress.com, 16/4/2015) 

La sinonimia dei sostantivi affiora sui quotidiani e sul web:

foodie (pronuncia it. fudi). Food in inglese significa “cibo”. L'argomento è molto presente nei giornali, nei blog e in tv e ha generato numerosi composti, da fast food a slow food. Nel 2015 è entrata nel vocabolario la parola foodie che significa propriamente “buongustaio”, analoga all’antico francesismo gourmet, ma che nell'uso italiano indica chi è interessato a tutto ciò che riguarda il cibo, dalle materie prime alle ricette, ai ristoranti e altro. ([s.f.], Dieci vocaboli dal nuovo mondo, repubblica.it, 15/10/2017, [miei i grassetti])

A volte, per giustificare la presenza di una parola nuova come foodie, si cercano le differenze con quelle preesistenti in italiano:

Il ‘foodie’ non è un gourmet professionista, ma neppure uno che non capisce nulla di gusti e sapori e si accontenta di qualunque cosa sia commmestibile [sic]. Il ‘foodie’ è un intenditore che ama il cibo per hobby, lo studia, lo mangia ed è attento a tutte le novità culinarie. ([s.f.], in Italia è il boom di ‘foodies’, siviaggia.it, 6/10/2009, [miei i grassetti])

Confrontando le definizioni delle parole che designano l’‘intenditore di cibo’ nei maggiori dizionari, ci si accorge che la prima parola che è entrata nel lessico italiano è buongustaio (secondo il Sabatini-Coletti e il Devoto-Oli 2019 risalirebbe al 1811; secondo il GRADIT e lo Zingarelli 2020 al 1781), seguita dalla parola gastronomo (dal francese gastronome, dalla base francese gastronomie: risalirebbe secondo tutti i dizionari al 1842 tranne per lo Zingarelli 2020 che anticipa al 1818). Segue, in ordine cronologico, il francesismo non adattato gourmet, il quale trova discordi tutti i dizionari nella sua prima attestazione (1905 per lo Zingarelli 2020, 1969 per il Sabatini-Coletti, 1972 per il GRADIT, 1990 per il Devoto-Oli 2019). L’ultima entrata è appunto foodie, che si può far risalire, come si è visto, al 2003. Ma quali sono le diverse sfumature di significato che possono giustificare l’entrata nel lessico italiano di una nuova parola che veicola sostanzialmente il medesimo significato di voci già in uso? Anzitutto, il primo significato di buongustaio, tralasciando l’accezione estensiva e dunque secondaria che può assumere (‘raffinato intenditore in campo artistico e letterario e sim.’ Zingarelli 2020), è quello di ‘amante e intenditore della buona tavola’ (Devoto-Oli 2019). L’accezione di ‘intenditore’ è presente anche in gastronomo, parola meno frequente nell’uso comune ma che comunque rappresenta una tappa importante nella storia del cibo in Italia; il termine ammicca alla cucina francese, vista come punto di riferimento ed esempio di raffinatezza: ‘chi si dedica all’arte culinaria [gastronomia] o ne è un profondo conoscitore; esperto di gastronomia’ (Devoto-Oli 2019). Gourmet, parola più frequente nell’uso dell’italiano rispetto a gastronomo, nelle definizioni di tutti i dizionari consultati significa ‘raffinato buongustaio’: anche in questo caso il prestito (qui non adattato) allude all’idea di raffinatezza che la cucina francese trasmette, veicolata anche dal significato del termine nel suo uso aggettivale. Infine foodie viene definito come:

Treccani Neologismi 2018: (iron.) ‘buongustaio appassionato di enogastronomia, che fa sfoggio di nozioni spesso superficiali e dilettantesche’
Devoto-Oli 2019: ‘persona particolarmente interessata a tutti gli aspetti della cultura gastronomica’
Zingarelli 2020: ‘chi è particolarmente interessato a tutto ciò che riguarda il cibo e la gastronomia’  (p. es. le materie prime, le ricette, i ristoranti, le tendenze ecc.) cfr. gourmet

Tra le definizioni spicca quella della Treccani che riporta la marca «ironico» facendo riferimento allo «sfoggio di nozioni spesso superficiali e dilettantesche». Questa accezione è presente nelle attestazioni di foodie ma non sempre. Nonostante il Treccani lo definisca come un ‘buongustaio’, il Devoto-Oli lo riferisca alla gastronomia e lo Zingarelli 2020 lo accosti al sostantivo gourmet, il termine foodie non si limita soltanto al significato sostanziale di ‘intenditore di cibo’ o ‘persona interessata o esperta di cibo’. L’OED infatti propone la definizione di: ‘a person with a particular interest in food, a gourmet (sometimes distinguished from ‘gourmet’ as implying a broad interest in all aspect of food procurement and preparation)’ [‘una persona con un interesse particolare per il cibo, un gourmet (spesso distinto dal ‘gourmet’ in quanto implica un ampio interesse per tutti gli aspetti del cibo, dall’approvvigionamento alla preparazione)’]. Il buongustaio, il gourmet (e il gastronomo) sono interessati soprattutto all’aspetto che riguarda la consumazione del cibo ed eventualmente a una sua valutazione che, a posteriori, dopo la consumazione, tenga conto della provenienza e della preparazione. Il foodie è qualcosa di più: è il cultore del cosiddetto foodism ovvero, stando all’OED: ‘a keen or exaggerated interest in food esp. in the minute details of the preparation, presentation and consumption of food’ [‘un interesse spiccato o esagerato per il cibo, nei minimi dettagli della sua preparazione, presentazione e consumazione’]. Inoltre il foodie è più un amatore che un vero e proprio professionista (come potrebbe essere invece il gourmet): si interessa alla materia prima e alla sua storia, alle proprietà nutritive e all’interazione tra le sostanze, agli effetti sull’organismo ma anche alla presentazione che ormai bisogna curare a regola d’arte. Non si limita a consumare il cibo e a valutarlo ma di solito lo prepara e lo immortala con fotografie pubblicate sui social network. Dalle definizioni rilevate su internet e dagli usi della parola, risulta che il foodie è interessato a tutti gli aspetti sociali (e quindi anche comunicativi) ed economici correlati al cibo:

I foodies non sono una scoperta recente. [...] Più che un segmento di mercato, i foodies sono espressione di una sorta di movimento culturale. Appassionati di cibo e attenti conoscitori, i foodies (4,5 milioni di italiani) sono persone inclini alla ricerca. [...] Sebbene molto interessati al cibo consumato fuori casa, amano anche cucinare, soprattutto piatti particolari che richiedono particolare cura. Organizzare cene è per loro anche un pretesto per la socializzazione, che ben esprime uno stile di vita improntato alla convivialità e alla qualità dei rapporti personali. (Giovanni Mattia, Il neo-lusso. Marketing e consumi di qualità in tempi di crisi, Milano, Franco Angeli, 2013, p. 143, [miei i grassetti])

Okay, okay, vengo al profilo, dicesi foodie [...]: - Uno che cerca i prodotti migliori dagli artigiani del gusto. [...] - Che se compra al supermercato si concentra su freschezza e genuinità. [...] - Che orgnanizza [sic] cene con gli amici per assaggiare l’ultima novità. [...] - Ma mangia anche fuori per provare un ristorante, fidandosi più della Rete che delle guide [...] - Che viaggia per partecipare ad eventi gastronomici [...]. - Che ama l’aperitivo all’italiana. [...]. - Che legge riviste di settore [...]. - Che dispensa consigli (a volte troppi) su piatti e locali. [...] - Insomma è la versione democratica e 2.0 del buongustatio [sic] di tognazziana memoria. (Massimo Bernardi, Riconoscersi: noi siamo i foodies e tu chi sei?, dissapore.com, 14/3/2013)

Il foodie si basa sulla ricerca e valutazione: ricerca del prodotto, della materia prima, della ricetta particolare ma anche dell’evento a cui partecipare (e fin qui poco si distacca dal significato di buongustaio-gastronomo-gourmet). Alla ricerca e valutazione si aggiunge la preparazione: le nozioni apprese attraverso la ricerca vengono messe in atto nella preparazione attiva delle vivande, curate esteticamente nei minimi dettagli. Ricerca, valutazione e preparazione si convogliano nella comunicazione e condivisione che può essere “reale” (attraverso l’organizzazione di cene o eventi) o virtuale (attraverso la pubblicazione delle foto delle proprie ricette e/o ricerche). L’aspetto sociale e social (legato ai social network) è evidente nella particolare fortuna che sta avendo negli ultimi anni l’hashtag #foodie nei profili italiani di Twitter e Instagram, spesso associato a foto che ritraggono vivande e, meno frequentemente, eventi e convegni incentrati sul cibo. L’andamento dell’hashtag #foodie, che compare su Twitter a partire dal 2009, nei “cinguettii” in lingua italiana, è indicativo della fortuna crescente del termine come hashtag: 


La tendenza #foodie comincia a essere impiegata più frequentemente negli anni 2013/2014 e subisce un incremento notevole nel 2015 ovvero nell’anno in cui l’Expo di Milano fa proliferare eventi incentrati sul cibo. Il foodie non è solo chi si interessa di cibo, ma chi effettua una ricerca sul cibo attraverso l’assaggio e il confronto, agevolato dalla concentrazione e dall’incontro di culture diverse in un unico luogo, quello dell’Expo. Il fatto che foodie sia correlato strettamente all’Expo è confermato da una leggera diminuzione di occorrenze della tendenza registrata nel 2016: circa 20 tweet in meno riportano l’hashtag in questione. Il dato del 2015 inoltre va interpretato alla luce della già ricordata adozione, da parte dell’evento milanese, della mascotte Foody: un volto di arcimboldiana memoria costruito con frutta e verdura. La pronuncia di foody coincide, in inglese come in italiano, con quella foodie e dunque non possiamo escludere che l’hashtag #foodie sia stato usato anche per alludere alla mascotte Foody. Il dato più significativo invece risulta essere quello del 2019, che conferma quelli precedentemente esposti a proposito dei quotidiani e delle ricerche effettuate su Google: negli ultimi due anni la parola foodie viene impiegata sempre più spesso proprio perché il foodie sta diventando uno modo di essere e di vivere alla portata di tutti.